Giovanni Cardone Febbraio 2023
Fino al 18 Luglio 2023 si potrà ammirare presso Palazzo Tarasconi Parma la mostra dedicata Roy Lichtenstein Variazioni Pop per celebrare i cento anni dalla sua nascita, egli stato uno dei maggiori interpreti dell’arte del XX secolo e un maestro della Pop Art. La mostra è stata curata da Gianni Mercurio è patrocinata dal Comune di Parma è prodotta da GCR,General Service and Security,con la Direzione Artistica di WeAreBeside, per l’ideazione di MADEINART, presenta i numerosi temi affrontati dal grande artista americano attraverso una selezione di oltre 50 opere (edizioni e serigrafie, sperimentazioni su metallo,tessuti e plastica oltre a fotografie e video) provenienti da prestigiose collezioni europee e americane. Anche sei suoi esordi nella litografia e nella xilografia risalgono al 1948,seguiti a distanza di un biennio dalle stampe all’acquaforte e acquatinta, fu dopo il periodo “eroico” della pop art, la prima metà degli anni ’60, che il suo lavoro e la sperimentazione nel campo della riproducibilità tecnica affiancarono sistematicamente quello della pittura, attuata con una pari metodologia rigorosa e organizzata su variazioni dei temi pittorici che l’artista ha sviluppato nel corso degli anni. Lichtenstein ha lavorato ai suoi soggetti senza mai sovrapporre nello stesso momento serie diverse,dedicando a ciascuna un periodo circoscritto di lavoro. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Roy Lichtenstein apro il mio saggio dicendo : Ciò che per me accomunava tutti i popist era la creazione di lavori che avevano a che fare con l’idioma della cultura di massa, avvertita innanzitutto nei grandi centri urbani. Tale linguaggio era formato da pubblicità, fumetti, design, fotografie quali elementi ricorrenti. Attraverso le proprie opere, gli artisti pop dimostravano di volersi distanziare dalla pittura d’élite che aveva continuato a caratterizzare anche il primo Novecento a favore della nobilitazione di quanto ritenuto basso. Nell’opera d’arte pop trova spazio anche ciò che non è meraviglioso a favore di elementi provenienti dalla vita quotidiana, al punto che «nella cultura di massa non c’è nessuna discontinuità tra arte e vita» . La pop art esprime la cultura di massa che è a sua volta espressione dell’epoca di cui ne è figlia: «La cosiddetta cultura popolare, o “cultura di massa” a seconda dei punti di vista, non è né il frutto di tradizioni culturali regionali né un’emancipazione delle classi popolari, ma deriva piuttosto dalla crescente industrializzazione delle società occidentali, che ne regola il contesto e i meccanismi» . L’inclusione della quotidianità è un tratto distintivo della Pop Art e concorre a fare sì che l’opera arrivi al fruitore in tutta la sua immediatezza. Filosoficamente, in testi e bibliografie sulla Pop Art non mancano riferimenti al saggio di Walter Bejamin L’oeuvre d’art à l’epoque de sa reproduction mechanisée in cui il filosofo scrive che «l’opera d’arte è sempre stata riproducibile» avendo cura di precisare che «la riproduzione tecnica dell’opera d’arte è invece qualcosa di nuovo»  oltre a introdurre termini onnipresenti nei dibattiti sulla pop art quali “aura” e “autenticità”. Altri rimandi filosofici frequenti ai pragmatisti  basti pensare al modello semiotico di Peirce in Nomenclature and Divisions of Triadic Relations in cui egli introduce i concetti di representamen (ciò che rappresenta l’oggetto), interpretante (come si interpreta l’oggetto) e oggetto stesso. Certo, è doveroso precisare che la quotidianità che favorisce tale immediatezza è inclusiva dei contenuti dei mass media: a partire dalle star hollywoodiane avvicinate all’uomo comune grazie alla loro immagine reiterata e riprodotta ovunque fino ad arrivare alle sfavillanti scritte segnaletiche. Nel corso del Novecento, la serialità è diventata parte integrante del paesaggio americano attraverso le pubblicità. Volendo leggere nell’arte lo specchio del tempo in cui è prodotta, in Lichtenstein e in Warhol si trovano dunque numerosi esempi del fascino che tale mutamento paesaggistico ha esercitato in loro. La serialità dell’elemento pubblicitario, soprattutto se riferito a prodotti industriali come generi alimentari, abiti, arredi ed elettrodomestici, fa sì che anche nell’arte si passi dal rigore all’atto sistematico. Oggetto di tale atto sistematico saranno proprio generi alimentari, abiti, arredi, elettrodomestici, fumetti, e tutto ciò che si presenta mutato dall’industrializzazione tant’è che anche il tipo di rappresentazione sarà fortemente ispirato alla tecnologia dell’industrial design. La serie di quadri Brushstrokes (1965-1966) intende essere, oltre che la rappresentazione dell’«annullamento pulsionale del soggetto» , un commento ironico sul «culto eccessivo del gesto nell’espressionismo astratto quello dei quadi di Jackson Pollock, per esempio». Attraverso l’ingrandimento della pennellata e l’isolamento dal contesto pittorico, Lichtenstein «distrugge anche le fondamenta dell’idea che l’arte moderna ha di sé, basata sull’originalità artistica e sul carattere unico dell’opera d’arte»  a favore del «linguaggio standardizzato del fumetto, un linguaggio specializzato nella produzione della stampa» . Nella sua opera, poi, «i quadri della serie possono dirsi veramente conclusi solamente dopo la stampa serigrafica» . La rappresentazione di elettrodomestici e generi alimentari ha originato diverse scuole di pensiero tra i critici d’arte, soprattutto per quanto concerne il grado di ironia e sarcasmo in rappresentazioni del genere. Per Argan, «se nella Pop Art c’è un’intenzione satirica, non è esplicita»  per Dorfles, si tratta invece di «ironizzazione della civiltà consumistica» . Quando la parola è stata data agli artisti stessi, invece, è stato difficile ricevere dichiarazioni di schieramenti decisi - «non sono molto certo del genere di messaggio sociale contenuto nella mia arte, ammesso che ve ne sia uno». È più probabile che siano stati mossi dalla volontà di giocare con gli effetti del consumismo. Riprendendo il motto di McLuhan “il medium è il massaggio”, Osterwold sottolinea come nella pop art «Il medium non trasmette solo messaggi, non è solo forma e veicolo di comunicazione, ne è anche il soggetto, il tema, lo scopo finale» e ciò deve accadere con immediatezza. In Roy Lichtenstein  si palesa il nuovo modo di considerare la pittura. Roy Lichtenstein utilizza le immagini dei media pur rimanendo fedele all’immediata unità del quadro tradizionale. Il suo è uno stile pulito e distaccato in quanto si tratta di superfici impersonali che di primo acchito sembrano rifiutare le profondità soggettive che si riscontravano nell’espressionismo astratto. Anche i contenuti sono altrettanto superficiali e paiono farsi beffa della profondità intrinseca nel concetto di arte. Con Lichtenstein il contenuto basso sembra annientare la forma alta. Il paradosso sta nell’autore nel definirsi come classico, votato a scopi tradizionali e intenzionato a adattare le fonti iconografiche popolari ai parametri delle belle arti. Le principali fonti iconografiche popolari da cui attinge sono i fumetti. Con Lichtenstein l!artista diventa l!esperto in un ramo particolare: nel suo caso quello della comunicazione visiva che si esplica nel genere del fumetto. La tendenza alla specializzazione del lavoro, caratteristica della società moderna raggiunge anche l!arte visuale, ponendo in liquidazione definitiva, assieme alla figura, il ruolo tradizionalmente assegnato all!artista, centrale e totalizzante nei confronti del mondo. Il gesto dell!artista, sentito ancora come preponderante ed espressione della sua soggettività nell!espressionismo astratto, con Lichtenstein sembra scomparire. Lichtenstein non si limita a copiare banalmente queste fonti, ma adotta al contrario un preciso modus operandi. Il processo consiste nel selezionare una o due vignette da una striscia, trarne uno schizzo di uno o più motivi. Proiettare il disegno su tela servendosi di un episcopio per tracciare i contorni dell’immagine a matita e appore già alcune modifiche. Riempire le forme con i puntini a stencil, colori primari, inserti verbali e linee dai contorni spessi. Pur sembrando fabbricate, le sue opere, in realtà sono una stratificazione di riproduzione meccanica (il fumetto) e lavoro manuale (il disegno, le linee e stencil a pittura), al punto che diventa quasi impossibile distinguere tra manuale e meccanico. Abbiamo definito la Pop Art come un’arte di bivalenze, in questo caso è la contaminazione tra pittorico e fotografico che trova in Lichtenstein la sua applicazione più sistematica. Per esempio, i puntini Ben-Day, un processo di stampa risalente al 1879 coniato da Benjamin Henry Day, da Lichtenstein sono sempre dipinti. L’immagine pop non è mai semplice e scontata come appare a prima vista, invece di affermare l’aspetto stereotipato delle sue immagini trovate cerca di sfruttarlo per renderlo complesso. Uno degli scopi di questo artista è proprio dimostrare che le fonti basse possono servire gli stessi scopi nobili perseguiti dalla pittura alta, creare forma e uniformare. Un aspetto interessante che emerge è la discrepanza tra l’armonia del tableau e ciò che vi si oppone culturalmente ovvero il fumetto o la pubblicità. Un’armonia che paradossalmente disturba entrambi. In questo modo Lichtenstein introduce una serie di dualismi ambigui sia tra alto e basso che tra astratto e figurativo. All’immediatezza del quadro modernista si oppone in uno scambio instabile, l’effetto mediato dell’immagine a stampa. Lichtenstein punta all’impatto, questo tipo di pittura prevede un fruitore che assorba il quadro in un unico sguardo, un pop istantaneo. L’impatto implica una reazione immediata e non contemplativa, proprio come avviene nelle immagini della cultura di massa che con i loro colori e slogan verbali puntano a catturare l’attenzione dello spettatore. Il materiale di Lichtenstein è già mediato in partenza. In parte, le forme di espressione e di astrazione modernista erano state sviluppate proprio per resistere agli effetti della riproduzione meccanica mentre quelle di Lichtenstein non possono più essere protette da una simile pressione ed è per questo che realizza delle riduzioni cartoonistiche di riproduzioni a stampa di svariati maestri dell’espressionismo e dell’astrazione da lui chiamate versioni ‘idiote’. Già nel 1963, l’artista inizia a produrre parodie di Picasso del momento cubo-surrealista come in Woman with Flowered Hat, del 1964 Mondrian neoplastico in Non-Objective I e II  e della Cattedrale di Rouen e dei Covoni di Monet  tra il 1968 e il 1969. Se le rivisitazioni di Picasso e Mondrian ci dicono implicitamente che la riproduzione meccanica ha trasformato la ricezione che un tempo sembrava il più privato e non-oggettivo dei linguaggi modernisti, con Monet invece Lichtenstein non fa altro che schematizzare ciò che già era presente nel modello, ovvero la ripetizione delle pennellate e la serialità delle immagini come se già in Monet vi fosse una componente meccanica. Sostanzialmente per Lichtenstein il mondo nel suo complesso naturale o artificiale è sua volta soggetto, proprio come l’arte, al processo di riproduzione meccanica. I media hanno ormai fagocitato il medium e quasi tutto può essere trasformato in immagine. L’artista americano adotta un atteggiamento critico verso gli aspetti di questa cultura consumistica attraverso una strategia che sollecita una «trasposizione mimetica in tropi», che prevede il trattamento di queste componenti come figure retoriche. Nel mondo consumista analizzato da Lichtenstein persino gli stili dell’arte modernista, ma non solo, si cristallizzano in cliché presenti nelle linee spesse, nei colori accesi e nella riproduzione di processi meccanici. La pennellata gestuale che è espressione di soggettività viene trasformata in emblema congelato. Il pittore pone la più sottile cura nel trattenere la vita dell’immagine tutta in superficie, privandola di profondità e spessore, sacrificando ogni attributo narrativo ed espressivo alla semplice presenza e, se vogliamo, espressività ottica. Stabilendo un’indipendenza ironica fra la parola e l’immagine anche il classico balloon entra a far parte dell’immagine. Di fronte ad un’opera di questo artista, come ad esempio Crying Girl, del 1963 ciò che subito ci colpisce è il fatto che appare come un’opera interamente riprodotta meccanicamente, il gesto dell’artista sembra esser fagocitato dalla stampa. Eppure, dietro questo stile apparentemente impersonale e stereotipato, la classica bella donna bionda e un po’ fragile dei fumetti, vi è una potente drammaticità che ci spinge ad interrogarci sul chi sia questa donna e sul perché sta piangendo. Qui sta il fulcro del processo di Lichtenstein: non si tratta soltanto di prendere un’immagine dai fumetti e copiarla, ma qualcosa di più, ovvero prendere quell’immagine e trasporla in un’opera che abbia la capacità di suscitare una serie di quesiti, sensazioni e deduzioni che vanno ben oltre l’aspetto denotativo. È la mediazione di una mediazione. I mass media generalmente controllano le coscienze delle persone alle quali, se vengono dati determinati codici di femminilità e mascolinità tramite il cinema, la televisione, i fumetti e la pubblicità, finiranno per perseguirli. Se viene detto loro che hanno bisogno di quel determinato prodotto per stare bene faranno di tutto per averlo. La manipolazione artistica delle fonti popolari serve ad un’introdurre un elemento di dis-identificazione nel meccanismo stesso di identificazione mass mediatica con lo scopo di risvegliare le coscienze delle persone. Nella società dei consumi tutto può essere spettacolarizzato e reso più appetibile come le armi e la guerra. In un’opera come Whaam!  Del 1963 Lichtenstein rappresenta una battaglia aerea nello stile del fumetto. Questo dipinto, oltre a ispirarsi ai fumetti popolari e ai film hollywoodiani di quegli anni ambientati durante la Guerra Fredda, va letto come monito alle implicazioni della guerra e va ricordato che è stato completato poco prima dello scoppio della guerra in Vietnam. Lichtenstein dipinse la realtà di un mondo irreale e scintillante in chiave ironica non solo nel linguaggio, ma anche nelle emozioni, persino in un momento così drammatico come la guerra. Se Lichtenstein è interessato ad assimilare immagini basse ai parametri della cultura alta e a mantenere saldi i valori dell’unicità pittorica e della totalità estetica di fronte alle pressioni della cultura di massa, mettendo alla prova il tableau tradizionale evidenziandone le nuove condizioni di esistenza entro la società dei consumi.  Infine posso dire che con la standardizzazione e tipizzazione sono termini che hanno caratterizzato il secolo scorso. L’eco di tali termini e soprattutto la pratica a cui si riferiscono sono ancora parte della nostra quotidianità. Il progresso tecnologico che gli artisti pop hanno inglobato nei propri lavori fa parte di un mondo in cui la serialità e l’automazione sono così presenti da fare sì che in alcune narrazioni sono inquinati sia il gusto e il senso critico del singolo che le relazioni interpersonali. Probabilmente l’esperienza di Roy Lichtenstein non demonizza il soggetto di un elemento proposto in serie od ossessivamente è molto più importante imparare a capire ed essere consapevoli del modo in cui ciò accade. Quindi la mostra,seguendo un andamento principalmente cronologico che coincide con uno sviluppo tematico, ripercorre l’intera carriera artistica di Lichtenstein a partire dagli ’60, in cui ritroviamo i suoi temi e generi, dai fumetti e la pubblicità, la natura morta, il paesaggio,le incursioni nell’astrazione e nelle forme dei grandi maestri, gli interni bidimensionali, fino alla serie dei nudi femminili. Il catalogo che accompagna la mostra di Roy Lichtenstein al suo interno troveremo gli scritti della scrittrice e storica dell’arte Avis Berman.
Biografia di Roy Lichtenstein
nasce a Pittsburg (Stati Uniti) nel 1923 ; proviene da una famiglia agiata della media borghesia di New York. E' durante l'adolescenza, nel tempo libero, che comincia ad interessarsi all'arte ed al design. Nel 1939, alla fine dell'ultimo anno di liceo, il giovane si iscrive ai corsi estivi della Art Students League di New York. Durante la scuola, Lichtenstein si appassiona grandemente alla musica jazz. Nel 1942, si iscrive ai corsi del Professor H. L. Sherman, « Il disegno attraverso lo sguardo », in cui gli studenti, seduti nell'oscurità, devono disegnare degli oggetti istallati in mezzo alla stanza, illuminati dal flash di una macchina fotografica per un solo istante; le teorie di Sherman sulla "percezione ben ordinata", che privilegiano l'esperienza visiva, saranno fondamentali nell'opera di Lichtenstein.Nel 1947, Lichtenstein termina con successo gli studi secondari e lascia New York ; si iscrive all'Università dell' Ohio da cui uscirà diplomato in Belle Arti nel 1949. Durante questo periodo fa dei ritratti e delle nature morte, si coglie l'influenza di Picasso e Braque segue ugualmente un corso di scultura. Interrompe gli studi durante la seconda guerra mondiale e lavora nell'esercito americano dal 1943 al 1946. Tiene un quaderno di schizzi, disegna dei paesaggi e fa dei ritratti ai soldati. Dopo la guerra riprende gli studi nell' Ohio e si diploma; Lichtenstein viene assunto come professore. La sua prima esposizione ha luogo in Canada nel 1951. Si trasferisce a Cleveland nel 1951, dove abiterà per sei anni, con frequenti visite a New York. Fra due periodi di produzione artistica esercita differenti professioni. In questo periodo il suo lavoro oscilla tra cubismo ed espressionismo. All'inizio del 1952, Lichtenstein si unisce alla scuderia di artisti della galleria John Heller a New York ed espone delle interpretazioni ironiche e post-cubiste di pitture famose di genere americane del XIX secolo; è il periodo pre pop-art. Nel 1957, va a vivere a New York.
Roy Lichtenstein inizia ad insegnare all'Università dello Stato di New York nel 1958 (a Oswego, a nord dello Stato di New York). Nel 1960, inizia ad insegnare all'Università di Rutgers, dove risente molto dell'influenza di Allan Kaprow, anche lui insegnante nella medesima università. Durante il suo primo anno a Rutgers, il lavoro di Lichtenstein è astratto. E' in questo contesto che nel 1961 realizza i suoi primi lavori pop, riprendendo delle immagini dei fumetti con delle tecniche attinte alla cartellonistica pubblicitaria. Nel 1961, Leo Castelli comincerà ad esporre le sue opere nella sua galleria di New York ; e qui ha luogo la sua prima Personale nel 1962. In questo stesso anno le opere pop di Lichtenstein sono presenti in sei grandi esposizioni americane. Diventa uno degli artisti più significativi del movimento della PopArt americana. La sua opera si ispira fortemente alla pubblicità ed al fumetto (comics), l'immaginario popolare dell'epoca. Lichtenstein utilizza un sistema di trama e per ispirarsi si basa su degli stereotipi dell'igiene o del cibo. L'artista ama il piatto e cede alla convenzione pubblicitaria. All'inizio degli anni 90 con la famiglia prende delle disposizioni per creare una fondazione privata che faciliti l'accesso al pubblico alla sua arte ed a quella del suo tempo. Colpito da una polmonite, Lichtenstein si spegne nel 1997 a Manhattan (New York).
Palazzo Tarasconi Parma
Roy Lichtenstein Variazioni Pop
dal 11 Febbraio 2023 al 18 Luglio 2023
dal Martedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Lunedì Chiuso 
 
Le Foto dell’Allestimento della mostra Roy Lichtenstein Variazioni Pop  credit © LaltroSCATTO