
Alla morte, il
Grechetto lasciò nel suo studio un
imponente fondo di grafica, che andò disperso sul mercato soprattutto veneziano e i cui fogli divennero da subito oggetto di desiderio dei collezionisti, tra l’altro garantendogli una notevole fama postuma. Un secolo più tardi, nel 1762,
Re Giorgio III acquistò in blocco la prestigiosa raccolta di Joseph Smith, l’influente console britannico presso la Serenissima che fu anche (se non soprattutto) un eccezionale collezionista,
in primis dell’amico Canaletto. I
circa 250 disegni di Castiglione e della sua cerchia che questi aveva messo insieme nel tempo passarono, così, alla Royal Collection, andando a costituire il
più importante nucleo esistente di opere su carta del pittore, un’ampia selezione del quale è oggi esposta in questa mostra straordinaria e raffinatissima alla
Queen’s Gallery, presso
Buckingham Palace, "Castiglione: Lost Genius".

A cura di
Timothy J. Standring e Martin Clayton e forte di una
novantina di pezzi fra incisioni e soprattutto disegni (assai vari per formato, tecnica, livello di finitezza, destinazione funzionale, soggetto e carattere), l’esposizione si prefigge di ridare il giusto lustro alla reputazione dell’artista - invero oggi un po’ sbiadita, se non tra gli addetti ai lavori, almeno presso la più vasta platea degli appassionati - mettendone pienamente in luce le alte qualità formali e l’inesauribile inventiva in quanto disegnatore e incisore, certo
fra i più significativi non solo della scuola genovese ma dell’intera epoca barocca.

La formazione genovese del Castiglione si compì presso lo studio di
Giovanni Battista Paggi (1554-1627): un
atelier molto attivo e frequentato anche dagli artisti stranieri, in primo luogo fiamminghi, che all'epoca transitavano numerosi in quella che era una delle città più ricche e uno dei principali porti d’Europa (fenomeno del quale i
lunghi soggiorni di Rubens e Van Dyck rappresentano gli esempi più noti ed eclatanti). In questo contesto Castiglione maturò ben presto una vasta e articolata esperienza, che sarebbe stata di fondamentale importanza per lo sviluppo della sua carriera.

Grechetto si trasferì Roma verso il 1630, poco più che ventenne, durante il pontificato di
Urbano VIII Barberini (1623-1644), e vi restò fino al 1637. In quell’ambiente straordinariamente competitivo, gremito di artisti di alto livello provenienti da tutta Europa, Castiglione prese a modello l’opera di alcuni dei più affermati pittori sulla scena capitolina -
Nicolas Poussin e Claude Lorrain, innanzitutto - giungendo entro la fine degli anni Trenta a mettere a punto un suo stile assolutamente peculiare.

Tornato a Genova probabilmente nel 1637, Castiglione fu nominato nel 1642
Cavaliere dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio: un legame da cui derivarono per lui nuovi e facoltosi clienti. Il quinto decennio fu, in effetti, un periodo estremamente produttivo e fertile per il Grechetto. Assistito dal
fratello minore Salvatore, eseguì molti dipinti per le più ricche famiglie di Genova, e fu in quegli anni che cominciò a cimentarsi in una lunga serie di
grandi disegni a olio (largamente testimoniati in mostra), di altissima qualità e particolare fascino, che avrebbero caratterizzato tutta l’ultima parte della sua vicenda professionale, quando, a partire dal sesto decennio e sino alla morte, si divise, assieme al fratello, tra Genova e la corte dei Gonzaga a Mantova.

Uno dei tratti distintivi del gusto figurativo del
Castiglione risiede nella
speciale attrazione che egli nutrì sempre nei confronti dell’esotico, di cui sono testimonianza le tante
teste di orientali da lui raffigurate in dipinti, disegni e incisioni (molte delle quali presenti in mostra).

Le “teste di carattere” (non solo di orientali, naturalmente) costituirono, in effetti, uno dei suoi generi di elezione, peraltro ancora
relativamente di nuovo conio in Italia nella prima metà dei Seicento.
In quest’ambito egli trasse certo ispirazione dai
tronies già molto diffusi e richiesti dal mercato in area nord-europea, soprattutto nei Paesi Bassi: una tipologia che raggiunse il suo vertice insuperabile con
gli esemplari eseguiti da Rembrandt e dal suo formidabile milieu (della cui produzione, soprattutto quella incisoria,
Grechetto può essere considerato non solo un originale interprete, ma anche, assieme a
Stefano Della Bella, il più rilevante
canale di conoscenza e diffusione in Italia).

Castiglione riservò sempre, in effetti, una speciale attenzione allo strumento dell’incisione, ma fu nel corso del quinto decennio che cominciò a impegnarsi con maggiore assiduità su questo
medium figurativo, ottenendovi notevoli riscontri commerciali, come conferma l’alto numero di copie che furono tirate delle sue invenzioni grafiche. Le incisioni del Grechetto si caratterizzano per
finezza e creatività tecnica, drammaticità dell’impianto luministico, invenzione compositiva e originalità iconografica, includendo anche tematiche di chiaro impianto moralistico, come la caducità dei beni e delle attività terrene (
Vanitas). Si deve al
Grechetto, tra l’altro, l’invenzione della tecnica del
monotipo, in grado di produrre effetti particolarmente contrastati ed espressivi di luce e di ombra, che egli seppe sfruttare al massimo grado, come la mostra londinese documenta attentamente.
Luca Bortolotti, 31/10/2013
Castiglione: Lost Genius
A cura di Timothy J. Standring e Martin Clayton
The Queen's Gallery, Buckingham Palace
1° novembre 2013 - 16 marzo 2014
Orari:
Tutti i giorni dalle 10 alle 17:30 (ultimo ingresso alle 16:30)
http://www.royalcollection.org.uk
Per tutte le immagini:
Royal Collection Trust/ © Her Majesty Queen Elizabeth II 2013