La scorsa estate, a Ispica, ho avuto tra le mani per tutta la mia vacanza un vecchio numero di
Flash Art con su in copertina un crocifisso dipinto, con ai piedi del Cristo una testa, quella di Adamo. L’opera in copertina è straordinaria.
Franco Rella correda l’opera del pittore e racconta le visioni come un filosofo, filosofeggiando, accarezzando la lingua del colore e delle figure visibili come probabilmente oggi non s’usa più fare, novellando quanto vediamo sulla tela, cercando di svelarci le parti intime dell’opera.
Anacronistica visione quella di esporre l’opera di un artista che aveva senso in quell’epoca remotissima. Fu in agosto che così scrissi al vecchio gallerista di Bonechi, perché ho sempre sostenuto che il suo lavoro è davvero singolare in pittura, e per diversi motivi volevo averne notizia, vedere dei suoi quadri. Non ho mai avuto risposta.

Oggi questo viaggio in Arezzo merita per chi ancora non conosce l’itinerario breve ma intenso, terrestre e celeste di Bonechi, e per chi, come me, ha sempre visto e mirate le sue opere su vecchie riviste o cataloghi o, peggio, via Internet. E mentre andavo con amici, in macchina, pensavo a quell’opera, quella
Crocifissione: ho sempre desiderato vederla. Una
Crocifissione, pensate un po’: il Cristo fatto con segni nervosi, con colori ocra, terrosi, si aggrappa al cielo azzurro, anch’esso fatto con segni nervosi e crudeli, che però trovano l’equilibrio e la calma apparente della morte… E inseguendo con la visione della memoria, riflettevo come quei segni così particolari sembra siano stati spiegati come il lavoro tenace e solido di un ragno, una ragnatela folta di segni forma l’immagine tesa verso un tempo inconsolabile e fermo, l’immobile monumento del sacrificio dell’uomo-dio, e della pittura, che all’epoca rinasceva come non poteva diversamente e che poi s’è disfatta per riprendersi complessa, per farsi problema, come sempre. Speravo di trovarla al
Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Arezzo, ma non c’era.

E invece lo spazio s’apre con
Figure, curioso quadro ‘nero’ del 1983 e si chiude con
Le città celesti del ‘93. Tra la prima sala del museo, ricco di molte opere, si spiega il percorso di Bonechi dalle figure enigmatiche del 1988, dalle sculture di bronzo alle
Conversazioni.
Il segno grumoso d’ingresso diventa sempre più sottile, nervoso, si plasma, e il colore comincia a pensare alto, si fa pulito, s’ingrassa di luce, una luce che oggi sembra bestemmia nella pittura contemporanea, un colore che subito mi ha fatto pensare all’esordio della pittura; un vero miracolo pare imbastito, tanto da rendercelo insopportabilmente isolato,
tutt’altro che anacronista. E miracolose sono opere che potrebbero essere anche minori: le
Conversazioni a tempera su carta sono insostenibili e la sua pittura vacilla tra la fine e l’inizio. Le figure, attraversate le stanze, si allungano e iniziano a sparire per poi tornare sempre più solide, terrestri, e l’opera più singolare e snervante è
Bagnanti proprio perché mostra qualcosa che era devastante nel suo tempo (il 1993), e lo è nel nostro, 20 anni dopo.

Strano a dirsi, ma ho conosciuto solo un altro artista che mirando in alto, operando col sacro, ha avuto
un'evoluzione assai simile a quella di Bonechi, ma di Bonechi più vecchio, di un altro secolo, e terra, e scultore:
Salvo Monica (1).
Scopro che esiste un
inconscio collettivo iconografico o metafisico, non saprei dire, ma di sicuro le immagini di questo artista taciuto fin qui - immagini riscontrabili sia nell’opera grafica sviluppata nell’ultimo ventennio della sua lunghissima vita, sia nelle sue sculture - sembrano appartenere anche all’immaginario di Bonechi:
stesso sentire e stessa perizia tecnica, che mira ad andare altrove rispetto al nostro tempo abituato a riflettere apocalissi dappertutto - non l’Apocalisse come rivelazione - e questo pone il lavoro di Bonechi al di sopra di tutto: un lavoro, il suo, che pare negare la morte per mostrarci il suo miracolo, quella resurrezione o redenzione che segretamente la pittura attende adesso, e soprattutto adesso, visto che l’obsolescenza apre al possibile, ancora e ancora.
L’opera di Bonechi, però, dovremmo vederla isolata, in ampi spazi, i quadri lasciati soli per comprenderne tutta la redenzione irradiante, che opere come
Figure tengono in serbo. Vedere una mostra come questa ad Arezzo, sommersa di opere simili, antiche, in parte deprime la vera novità dell’opera pittorica di Bonechi, così diversa dai nostri contemporanei, grandi pittori come
Luc Tuymans, Michael Borremans, Elizabeth Peyton, Jhon Currin, eccetera.

Bonechi noi potremmo guardarlo dentro un’asta televisiva e pensarlo minore – molti giovani storcono il naso dinanzi alla perfezione e alla bellezza consolidata delle sue figure - oppure vicino a opere come quelle di un
Felix Gonzalez-Torres: pensate quale trauma, la folgorazione rigenerante dei suoi gialli, i suoi verdi aciduli, il suo blu miracoloso. Le sue figure, se isolate, potrebbero espandersi, potremmo quasi condividerle con opere di artisti quali
De Dominicis, o
James Lee Byars.
Di tutte le opere infine ricordo un campo bianco, non pubblicato sul catalogo, con sterpaglie, un giardino, un Eden pensavo. Lì mi sono fatto fotografare. E sono felice di averlo incontrato adesso, col rammarico che nell’85 ho abitato un mese ad Arezzo, lui era vivo e nei paraggi, potevo scrivergli, ma ero troppo giovane, ero, e lui sarà.
Francesco Lauretta, 28/06/2013
(1) Salvo Monica, scultore, Ispica (Ragusa) 1917 – Siracusa 2008.
Francesco Lauretta, pittore, è nato a Ispica (Ragusa) nel 1964. Vive e lavora a Firenze.
Tutte le riproduzioni fotografiche sono opera di Francesco Lauretta.
La mostra:
A poco meno di un ventennio dalla prematura scomparsa, la Soprintendenza di Arezzo dedica una retrospettiva a
Lorenzo Bonechi. Curata da Michele Loffredo, la mostra,
"Lorenzo Bonechi: viaggio terrestre e celeste", presenta una selezione antologica di
60 opere, tra olii, tempere, sculture e incisioni.
Biografia:
Lorenzo Bonechi nasce nel 1955 a Figline Valdarno e muore prematuramente nel 1994 all’età di 39 anni. La sua prima produzione è legata alla grafica, che resterà una costante della sua attività. Nei primi anni ‘80 raggiunge notorietà all’interno della corrente di ritorno alla figurazione denominata
Pittura Colta, dalla quale si staccherà verso la metà degli anni ‘80, proseguendo il suo originale cammino. L’attenzione dedicata alla sua opera è testimoniata dalle numerose partecipazioni a rassegne sull’arte italiana, da studi critici e mostre postume, già a partire dalla
Biennale di Venezia del 1995, dove gli furono dedicate due sale del padiglione italiano.
Lorenzo Bonechi: viaggio terrestre e celeste
23 giugno - 15 settembre 2013
Museo nazionale d’arte medievale e moderna di Arezzo
Via San Lorentino, 8
Tel. 0575/409050
Tutti i giorni 8,30-19.00. Chiuso il lunedì.
Ex abbazia di San Salvatore a Soffena di Castelfranco di Sopra
lunedì-venerdì 10-12, sabato-domenica 10-12 e 17-19;
Tel. 055.9147711 / 338.5263810