Giovanni Cardone Ottobre 2025
Fino al 25 Gennaio 2026 si potrà ammirare al Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano di Roma la mostra dedicata a Pablo Picasso – ‘ Il linguaggio delle idee’ a cura di Joan Abellócon Marco Ancora e Carlota Muiños. L’esposizione prodotta da Navigare Srl per iniziativa culturale promossa da Ministero della Difesa e Difesa Servizi S.p.A gode del patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, Ambasciata di Spagna a Roma, Instituto Cervantes Roma e CIU Unionquadri. Il progetto espositivo presenta un’ampia panoramica sull’arte e sulla vita dell’artista andaluso celebrando il talento e la creatività del rivoluzionario pittore, scultore e incisore nato a Malaga, abbracciando 50 anni della sua lunga vita, conclusasi nel 1973, a 92 anni. La mostra intende raccontare l’artista e l’uomo Picasso, la sua evoluzione artistica, le influenze, le collaborazioni, le amicizie e lo stile, i temi ricorrenti e i simbolismi, in un lungo percorso ricco di sperimentazioni e rivoluzioni. Un itinerario composto da oltre 100 opere e articolato in sei sezioni, tra ceramiche, incisioni, manifesti, fotografie e un solo dipinto, per restituire l’immagine di un artista inquieto, sperimentatore instancabile, profondamente immerso nelle trame della propria epoca. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Picasso apro il mio saggio dicendo : Pablo De Ruiz Picasso nacque la sera del 25 Ottobre 1881 a Malaga, in Andalusia, Spagna. Il cognome fu acquisito, non dal padre, ma secondo la legge spagnola, dalla madre Maria Picasso y Lopez, le cui origini sono testimoniate da ricerche che avviò l’artista stesso durante la sua vita e che conducono all’Italia. Il padre, insegnante nella locale scuola d’arte, lo avvia molto precocemente all’apprendistato artistico.
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Nel 1891 frequenta la Scuola D’Arti e Mestieri di La Coruna, in Galizia, ma già nel 1895 viene ammesso all’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Il suo talento si rivela subito ed il giovanissimo Picasso ha modo di esprimersi attraverso l’esecuzione di opere secondo i canoni classi, in maniera eccellente. Due anni dopo frequenta anche la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid. La sua iniziale produzione artistica sarà influenzata anche dalla visione e dallo studio dei grandi artisti spagnoli del passato, a cui si dedica in particolare durante la sua permanenza a Madrid, con una assidua frequentazione del Museo Del Prado. Diego Velàzquez e Francisco Goya sono i suoi pittori preferiti. La sua eredità artistica, tuttavia, non è da ricercare esclusivamente nei suoi compatrioti spagnoli, quanto piuttosto nei maestri della sua patria di adozione, la Francia, nella tradizione dei lontani Jean Auguste Dominique Ingres oppure di Nicolas Poussin. O meglio ancora, nei maestri di tali maestri, tra cui Leonardo Da Vinci, Raffaello Sanzio, Andrea Mantegna. Nell’ottobre del 1900, Picasso, non ancora ventenne, si reca per la prima volta a Parigi; vi ritornerà l’anno successivo per poi restarvi a lungo, più di cinquant’anni. Parigi rappresenta il cuore dell’Europa, dell’innovazione ed è la culla di grandi movimenti sia artistici che letterari. In ogni campo si sente la spinta della ricerca e voglia di allontanarsi da un passato che per quanto riguarda la pittura, è rappresentato dal Romanticismo. È in questo ambiente cosmopolita e fitto di incontri con intellettuali ed artisti fondamentali per la sua metamorfosi, che il giovane e talentuoso Picasso si immerge e troverà il suo humus intellettuale ed artistico. Inizialmente lo stile del giovane Picasso oscilla tra l’ammirazione per Cézanne e le generiche tematiche impressioniste e postimpressioniste, come ben si evidenzia nell’opera, Bevitrice di assenzio, 1901 . Opera nella quale sono ancora evidenti sia il riferimento a Degas, sia il tributo a certe figure di donne perdute, di ToulouseLautrec. Nell’autunno del 1901, il suo stile conosce una prima evidente evoluzione, conseguenza anche della forte emozione suscitata dalla morte del suo amico poeta Carlos Casagemas . Inizia per Picasso il cosiddetto “periodo blu”, che si protrarrà fino a tutto il 1904. Durante questo periodo, la sua produzione artistica sarà tutta incentrata sull’uso di colori freddi, quali il blu appunto, dal quale si è tratta la definizione e di altre tonalità derivate quali l’azzurro, il turchino, il grigio. È chiara la velatura di tristezza e melanconia che Picasso esprime in tutte le opere appartenenti a questo periodo. Tristezza e melanconia che ritroviamo anche nei temi e nei soggetti delle opere. I personaggi sono poveri ed emarginati, segnati dal dolore, sconfitti dalla vita. Poveri in riva al mare, noto anche come Tragedia, fu realizzato a Barcellona nel 1903, quando l’artista frequentava l’ambiente anarchico e socialisteggiante del cabaret Els Quatre Gats, (I Quattro Gatti), conducendo egli stesso una vita di grandi privazioni e ristrettezze economiche. I tre personaggi ritratti sulla sabbia della spiaggia, in riva al mare, sono scalzi ed infreddoliti, rappresentano la dolorosa metafora moderna della Sacra Famiglia. Il loro misero aspetto, tuttavia, non toglie loro dignità, anzi le figure austere acquisiscono un rilievo per la loro silenziosa monumentalità. La figura severa della madre, vista di spalle, riprende la solida volumetria di alcuni personaggi giotteschi. Inoltre nonostante l’uso della tavolozza quasi monocroma, l’artista riesce a differenziare marcatamente i tre elementi primigeni della natura e della filosofia antica: la terra, rappresentata dalla spiaggia, l’acqua dal mare e l’aria rappresentata dal cielo.

Questi tre elementi sono presenti sullo sfondo, che viene suddiviso dall’artista in tre fasce orizzontali. Lo sfondo contrasta, con la sua geometrica uniformità, con i tre personaggi in primo piano, ottenendo il risultato di isolarli, creando una scena che sottolinea ulteriormente il loro dramma. I toni freddi e gli atteggiamenti dimessi e chiusi degli adulti, trasmettono con intensità la durezza delle emozioni e l’assenza di speranza. La freddezza della scena è tangibile. Per spirito di umanità, l’artista lascia un barlume di vita, di speranza, nel fanciullo, che con il gesto delle mani cerca, prima il padre, toccandolo, ma non provocando nessuna reazione. L’altra mano invece è rivolta verso la madre anch’essa chiusa ed isolata, ma è possibile pensare che questa mano sia rivolta verso altri, verso altro. I soggetti e l’impianto compositivo de la Tragedia, si ritrovano anche in tutte le altre opere del periodo, segnalando il periodo come riflesso di una predisposizione d’animo pessimista e malinconico. Quando nel 1905 Picasso dipinge la Famiglia di saltimbanchi, la sua ricerca lo ha progressivamente portato ad arricchire la propria tavolozza con l’uso di varie e delicate gradazioni di rossi, di rosa e di arancioni. La nuova tecnica coinvolge tutta la produzione pittorica di questa fase, che assume così caratteristiche di assoluta e immediata riconoscibilità. L’abbandono dei toni freddi del precedente periodo e l’inizio di quello rosa coincidono in parte anche con le vicende umane dell’artista, che a Parigi incomincia a riscuotere qualche successo e che, soprattutto, conosce Fernande Olivier , la prima donna veramente importante della sua vita. L’opera ripropone ancora una volta una famiglia, tema assai caro al Picasso precubista. I sei personaggi, tre adulti e tre bambini, sono colti in un momento di silenziosa attesa e la loro serietà pensosa ed un poco mesta stride con la variopinta stravaganza dei costumi di scena che ancora indossano. Picasso del resto, fu sempre particolarmente ispirato ed attratto dalla vita circense. Egli interpreta la dura quotidianità di clown, acrobati e giocolieri che con grande sensibilità e discrezione, mettendone in evidenza la misera vita di poveri girovaghi. L’arlecchino di spalle, nel quale possiamo vedere un autoritratto di Picasso, volge lo sguardo lontano, mentre tiene teneramente per mano la bimba con il tutù e le scarpette rosa, che tanto ricorda le eteree ballerine di Degas. Il paesaggio deserto e desolato contribuisce a sottolineare la solitudine dei personaggi, ognuno dei quali, nonostante la prossimità agli altri, è comunque solo con i propri pensieri, come in attesa del manifestarsi di qualche misterioso evento. La loro definizione pittorica non fu semplice: le indagini radioscopiche hanno svelato la presenza di vari pentimenti e correzioni, quasi che Picasso fosse giunto per gradi alla soluzione compositiva finale, senza averla presente fin dall’inizio. É nell’autunno del 1906 che Picasso incomincia a lavorare ad un dipinto di grandi dimensioni che sarà completato solo verso la fine dell’anno successivo, il 1907, dopo una lunga elaborazione, non priva di correzioni, cancellazioni e pentimenti. Il 1907 è la data quindi, che segnerà l’inizio di una nuova era nella storia dell’arte, dopo allora nulla fu più come prima: era nato il cubismo . L’opera nasce da una serie di numerosi schizzi preparatori, che evidenziano una prima stesura che prevedeva sette figure, ridotte poi a cinque. Le demoiselles rappresentate sono le prostitute all’interno di un bordello di Avignone: le geometrie dei corpi sono semplificate, pur mantenendo le solide volumetrie riprese da Cézanne e lo sfondo viene materializzato, nel senso che non viene interpretato come elemento di sfondo, in rapporto con le varie figure, ma diviene esso stesso oggetto, che viene scomposto e quindi rimaterializzato in piani geometrici e taglienti che si innestano anche sulle figure umane, eliminando quindi la netta definizione dei contorni, risultandone compenetrate. Alla stessa stregua viene rappresentato la natura morta sul tavolino, in centro ed in basso del dipinto, composta dal cesto di frutta e dal tovagliolo. Questo dettaglio è l’evocazione di un'altra natura morta assai nota e rappresentata nell’opera di Èdouard Manet, Colazione sull’erba, 1863. I volti delle figure femminili sono raffigurati seguendo due solchi diversi: quelli delle figure centrali vengono ripresi dalla scultura iberica, mentre le due figure sulla destra risentono dell’influsso delle maschere rituali dell’Africa nera. Per la prima volta, Picasso vuole rappresentare una scena secondo un nuovo punto di vista, fuori dal comune. Egli non intende creare una semplice espressione visiva, ma mentale e per far questo stravolge prima di tutto le regole della prospettiva, scomponendo i volumi della figura in diversi piani. In un piccolo acquerello su carta eseguito nella primavera del 1907, troviamo composto l’equilibrio distributivo che sarà poi riproposto nella grande tela. I personaggi sono già ridotti a cinque figure femminili. La tenda sulla sinistra, ha perso ogni volume e, così come il cesto di frutta in primo piano, appaiono allo stesso livello del gruppo delle demoiselles. Picasso continua a lavorare anche sullo studio dei dettagli delle singole posture e dei volti. A fronte di una forte geometrizzazione del volto, permane evidente la volontà di ricercare e mantenere un effetto volumetrico ottenuto con gli effetti del chiaroscuro, dal quale sembra non riuscire ad alienarsi. Di pari passo con la ricerca cubista, Picasso sviluppa anche le ricerche nella rappresentazione anatomica dei lineamenti dei volti. Picasso fece uno studio sul busto di donna nuda per le “Demoiselles d’Avignon”, 1907, si nota che il volto assume contorni molto più marcati e taglienti: è la rappresentazione del volto dal chiaro influsso delle maschere tribali africane. La volumetria del volto è ottenuta, con alcuni tratti lineari ed altri incrociati obliquamente, a rete, ottenendo un effetto tridimensionale, che imita la tecnica del chiaroscuro, esprimendola come una sorta di colta citazione dei canoni della pittura del passato. Anche nel piccolo acquerello di Testa di “demoiselle”, 1907.

I temi cubisti emergono con sempre crescente evidenza. Il naso della fanciulla è rappresentato di profilo, mentre gli occhi e l’intero volto sono visti frontalmente. Anche in questo volto, Picasso non sembra ancora aver voluto abbandonare del tutto il chiaroscuro, che qui è ottenuto mediante successive accentuazioni di colore intorno agli occhi, sugli zigomi e sopra le arcate sopraccigliari. È possibile citare di Picasso, Il ritratto di Ambroise Vollard, 1909 1910 come l’opera più famosa appartenente al periodo del Cubismo analitico. La composizione è minuziosamente frastagliata, quasi esplosa e, sia il personaggio, che lo fondo, appaiono sullo stesso piano. Non vi è la ricerca fotografica del ritratto, tuttavia, attraverso pochi elementi, la figura del collezionista e mercante d’arte, Ambroise Vollard, viene rappresentata in modo riconoscibile. Si rileva subito la sua fronte ampia e calva, che sovrasta i marcati lineamenti, gli occhi sono dipinti con le palpebre abbassate ed il naso è corposo. Al centro, si nota il giornale reso con alcuni tratti taglienti e diagonali; in alto a sinistra, è rappresentata una bottiglia, che privata di connotazione prospettica, sembra fluttuare nella tela. Altri elementi sono distinguibili: un libro sullo scaffale, un bottone del panciotto, una manica della giacca. I piani della rivista e della giacca di sovrappongono e l’uno non cela l’altro. È subito chiaro che Picasso in quest’opera non mira alla rappresentazione di un ritratto realistico, ma è alla ricerca di un aspetto psicologico più profondo del soggetto, rifiutando nettamente di fermarsi alla conoscenza esteriore. Tra il 1912 ed il 1913 Georges Braque e Picasso indirizzano le loro ricerche verso una ricomposizione degli oggetti precedentemente frammentati in oggetti nuovi, a volte fantastici, che pur mantenendo una qualche analogia con i modelli originali, vivono di una loro realtà autonoma, caratterizzata anche dall’uso di colori brillanti e volutamente antinaturalistici e non verosimili. In questo delicato, ma significativo passaggio, acquisterà un ruolo tutt’altro che secondario, anche Juan Gris, il terzo grande artista cubista. Si avvia quindi la fase del Cubismo sintetico, nella quale si attua quella innovativa equivalenza tra pittura e natura di cui Picasso e Braque rivendicavano l’originalità rivoluzionaria. Infatti, l’artista giunge a creare forme s situazioni che non hanno più alcun rapporto con quelle già note, anche se di esse conservano a volte alcune caratteristiche distintive e sempre in qualche modo ben riconoscibili. Per sottolineare ulteriormente il diverso uso che è possibile fare dei frammenti di realtà derivati dalla scomposizione analitica, Braque inventa la tecnica dei papiers collés e Picasso quella dei collages, strumenti espressivi che verranno poi ripresi anche in ambito surrealista e successivamente, in varie esperienze artistiche del dopoguerra. Nel primo caso vengono applicati sulla tela dei ritagli di giornale e di carta da parati di varie qualità e colori, mentre nel secondo si utilizzano anche materiali eterogenei quali stoffa, paglia, gesso o legno. In questo modo i due artisti tentano di scindere la forma dal colore, utilizzando un ritaglio di stoffa, espressione di puro colore, per definire un oggetto di tutt’altra natura, espressione di pura forma. Con papiers collés e collages, in altre parole, si rende evidente che il colore, pur agendo simultaneamente alla forma che lo contiene, è assolutamente distinto da essa, che, a sua volta, esiste a prescindere dal primo. Nel 1914 ha inizio la Prima Guerra mondiale in Francia e Picasso si trova ad Avignone. Gli avvenimenti esterni vengono a spezzare l’evoluzione che si sta delineando nel suo stile pittorico e molti amici dell’artista, fra cui Braque, sono immediatamente chiamati alle armi. La grande stagione del Cubismo è bruscamente interrotta ed anche quando successivamente, nel 1916 Braque rientrerà a Parigi, i percorsi artistici dei due amici sono ormai divisi. Anche Picasso rientra a Parigi, ma è una Parigi sconvolta, nulla è come prima. É in questa atmosfera parigina cupa e tetra, che una nuova presenza entra nella vita dell’artista e ne muterà la direzione: si tratta di un giovane esile, dal viso stretto ed il corpo d’efebo: è Jean Cocteau. Incontrandolo nel 1916, Picasso gli chiese di posare per uno dei suoi quadri di Arlecchini, ma la struttura cubista dell’opera distrusse quanto del suo modello potesse essere passato. Da quel momento si instaurò subito un profondo rapporto di amicizia ed all’inizio del 1917 Picasso di trovò di fronte ad una proposta del tutto insolita. Jean Cocteau chiese a Picasso di realizzare i costumi e la scenografia di un balletto che sarà a tutti gli effetti, il primo balletto cubista. Picasso lo accompagnò a Roma nel febbraio del 1917, per incontrare la compagnia dei Balletti russi di Sergej Diaghilev e preparare le scene ed i costumi del balletto Parade di Jean Cocteau e Léonide Massine con musiche di Eric Satie. Qui conobbe la ballerina russa Olga Koklova, che faceva parte del corpo di ballo di Diaghilev e che, l’anno successivo, diventerà sua moglie. Mentre è in Italia, Picasso visita Napoli e Pompei. Il soggiorno in queste città ricche di testimonianze di arte antica classica, lascia un segno profondo nell’artista che nell’anno seguente realizzerà opere che testimoniano un chiaro ritorno al realismo. Visiterà anche Firenze e Milano, trascorrerà l’estate in Spagna con i Balletti russi e quindi rientrerà In Francia. L’estate del 1918, sarà a Biarritz dove dipingerà una serie di opere sul tema delle bagnanti. Nel 1919 Picasso parte per Londra in compagnia di Sergej Diaghilev e collabora alle scene ed ai costumi del balletto di Léonide Massine El sombrero de tres picos (Il cappello a tre punte) con musiche di Manuel de Falla. Nel 1920 continua a lavorare per Diaghilev e realizza le scene ed i costumi del balletto di Léonide Massime Pulcinella con musiche di Igor Stravinskij. É nel 1921 che Picasso si stabilisce a Fontainbleau dove dipinge le due versioni dei Trois musiciens(I tre musicisti) , ma prima, mentre era ancora a Parigi, ha il tempo di realizzare scene e costumi del balletto Cuadro Flamenco, suite di danze andaluse tradizionali rappresentato dai Balletti russi di Sergej Diaghilev. Nei Tre musici, Picasso riprende i temi del Cubismo sintetico ma utilizza un uso del colore del tutto nuovo, definito dai critici “fumettistico”. Il dipinto su tela di grandi dimensioni, raffigura due personaggi tipici della commedia dell’arte: un Pulcinella che suona il flauto ed un Arlecchino chitarrista che, insieme ad un monaco con uno spartito fra le mani, suonano un motivo musicale, mentre un grosso cane se ne sta accucciato sotto il tavolo. Sono stati abbandonati i cromatismi monocromi terrosi e grigi degli anni Dieci ed alle complesse frammentazioni della ricerca analitica, Picasso contrappone e distende colori più vivaci su piani ampi e piatti, in una visione rigorosamente frontale. Il senso di profondità viene negato ai personaggi, ma viene recuperato nello sfondo, costituito dalle pareti laterali e dal pavimento che lasciano intuire una stanza. La prospettiva tuttavia, è illusoria e alterata, in quanto la parete laterale di sinistra appare in maniera innaturale più lunga, suggerendo uno spazio sghembo, proprio come quello ricostruito nelle scenografie teatrali alle quali stava lavorando durante gli anni Venti. Nel 1920 inizia il periodo neoclassico: esegue nudi monumentali e contemporaneamente esegue composizioni cubiste. Infatti la ricerca cubista di Picasso negli anni Venti cede il passo alla ripresa di certi temi classici, ispirati fortemente dal suo soggiorno in Italia nel 1917, a Roma per la precisione, durante la sua permanenza in occasione della preparazione delle scenografie e costumi del balletto Parade. L’artista non è alieno allo stesso fascino che aveva coinvolto Renoir, successivamente alla sua permanenza in Italia nel 1881 e la conoscenza dal vivo delle opere di Raffaello e di Michelangelo. Il riavvicinamento al Classicismo di Picasso può essere messo in linea con lo stato d’animo che aleggiava in tutta Europa in questo periodo, con il cosiddetto richiamo all’ordine. La Grande bagnante, esprime il trionfo monumentale di giovinezza e carnalità sicuramente ispirate anche dalla recente gravidanza della moglie, la ballerina russa Olga Koklova. Il corpo sodo e severo del personaggio femminile, riempie con prepotenza tutto lo spazio disponibile, protendendosi verso l’osservatore con braccia e gambe che non obbediscono più ad alcuna logica proporzionale o prospettica. Tale elaborazione è la conseguenza anche delle ricerche cubiste, le cui innovazioni permangono anche in questa serie di ritratti, che vengono realizzati in uno spazio privo di riferimenti dimensionali.

La figura recupera una volumetria massiccia e maestosa, liricamente addolcita dallo sguardo trasognato e senza tempo. Il riferimento al Classicismo viene accentuato dal panneggio che trattiene il senso monumentale dell’opera e giocato sugli stessi toni dello sfondo ed allude anch’esso ad un nuovo e più consapevole ritorno all’ordine, al cui interno, forme e colori ritrovano luminosità, compattezza ed emozioni. Nel 1922 Picasso dipinge lo scenario per il balletto L’apres-midi d’un faune con musiche di Claude Debussy. Cura la scenografia per l’Antigone di Jean Cocteau, presentato al Théatre de l’Atelier de Charles Dullin. Illustra Cravates de chauvre (Cravatte di canapa) di Pierre Reverdy. È nell’estate del 1922 che Picasso trascorre l’estate con la famiglia in Bretagna, dove dipinge Deux femmes courant sur la plage (Due donne che corrono sulla spiaggia). Si tratta di una guache su compensato, dai colori brillanti e vivaci, nota anche semplicemente con il titolo La corsa. In essa sono rappresentate due giovani donne che corrono festose tenendosi per mano, con i capelli sciolti al vento. L’effetto d’insieme, di grande solidità ma anche di vivacità e dinamismo, rimanda l’immagine a due moderne menadi danzanti su di uno sfondo sospeso e senza tempo. Anche la linea dell’orizzonte, che taglia geometricamente in due il dipinto, ripropone con pacatezza il tema classicheggiante, dopo l’esuberanza dirompente della rivoluzione cubista. Nel 1924 Picasso dipinge il sipario, le scene ed i costumi per il balletto Mercure, musiche di Eric Satie, realizzato dal conte Etienne de Beaumont a favore degli immigrati russi. Lo spettacolo messo in scena a Parigi, al Théatre de la Cigale, viene aspramente criticato e non riscuote successo di pubblico. Realizza il sipario per il balletto Le train bleu per il quale viene impiegato l’ingrandimento del dipinto Due donne che corrono sulla spiaggia. La guerra civile spagnola ebbe inizio con un colpo di Stato militare il 17 luglio 1936. La notizia arrivò a Parigi il giorno dopo e già numerosi compatrioti bussarono alla porta di Picasso. Arrivarono da entrambe i campi avversi, ma Picasso all’istante, definì la sua posizione. La repubblica spagnola si assicurò la sua celebrità nominandolo Direttore del Prado mentre contemporaneamente si andavano sgombrando i capolavori da Madrid per metterli al sicuro. La guerra civile in Spagna lo toccò più che non abbia mai fatto un altro avvenimento mondiale. Forse attendeva, più o meno inconsciamente, qualcosa di più grande del suo travaglio d’artista, con cui potersi identificare oppure più naturalmente riaffiorava in lui la ricerca di una comunione con la sua terra perduta da tempo. La guerra civile si trascinò pesantemente per tre lunghi anni. Il 26 aprile 1937 la cittadina basca di Guernica venne distrutta dai bombardieri tedeschi: le vittime furono civili, donne e bambini, colti di sorpresa da una morte atroce, prima strage degli innocenti del nostro tempo. Picasso aveva ricevuto già da alcuni mesi l’incarico di realizzare una grande opera da esporre al Padiglione spagnolo per l’Esposizione Universale di Parigi del 1937, ma sino a quel momento non aveva ancor dato inizio a nessuna nuova tela. Quando ricevette la notizia del bombardamento di Guernica, rimase sconvolto e la sua risposta fu la realizzazione in soli due mesi, dell’enorme tela che intitolò Guernica . L’opera rappresentò, e rappresenta, un atto di accusa contro la guerra e la dittatura. La posizione politica dell’artista era già stata esplicitamente espressa, a favore della democrazia e contro il fascismo e nella Germania nazista le sue opere vennero bruciate in pubblico come esempio di arte degenerata. Insieme all’Italia fascista di Mussolini, la reazione all’esposizione di Guernica, fu derisoria, quando invece in tutto il mondo suscitò commozione. Guernica costituisce uno dei punti di sintesi più alta ed ispirata di tutta l’arte picassiana ed in questo dipinto egli riesce a superare e fondere Cubismo analitico e Cubismo sintetico. La gestazione dell’opera fu documentata dagli scatti fotografici di Dora Maar, permettendoci di venire in possesso delle fasi dello studio preparatorio della grande tela che già per le dimensioni importanti, poco meno di quattro metri di altezza e circa otto di lunghezza, agisce come manifesto ideologico e politico, realizzato per essere contemporaneamente osservato dal più alto numero di persone possibile. Il dipinto rappresenta esattamente il drammatico momento del bombardamento. La scelta del monocromo giunse per detrazione. Da uno degli scatti dei bozzetti preparatori, si nota che in una prima fase aggiunse colore e texture con ritagli di carta da parati, usando il rosso sangue per colorare le lacrime della donna in basso a destra. Più tardi rimosse tutti i colori. Nel periodo blu, infatti prese consapevolezza che l’uso di una tavolozza monocromatica poteva produrre immagini potenti e quindi eliminò il colore poiché sentiva che poteva distrarre, diminuendo l’impatto del quadro. La scelta cromatica si fissa quindi su una gamma di grigi e azzurri sul fondo antracite. Lo schema geometrico compositivo è costituito da tre fasce verticali, una più grande centrale nella quale sono concentrate la maggior parte delle figure e le due laterali, uguali, poste in maniera simmetrica. L’ambientazione è contemporaneamente interna ed esterna. La lampada accesa in alto, quasi al centro dell’opera lascia intuire un interno, mentre gli edifici in fiamme aprono lo scenario. Questo dualismo di visione non è solo espressamente cubista, ma intende anche significare lo squarcio di un edificio, che viene dilaniato da un crollo e che mostra gli intimi interni domestici di una casa che vengono così esposti allo sfregio della guerra. La lampada diviene anche il simbolo della tecnologia del ventesimo secolo che con la sua potenza terrificante ci può distruggere. Come spiega Tomàs Llorens Serra “in spagnolo il termine usato per lampadina elettrica “bombilla” è come il diminutivo di “bomba”. Quindi è una metafora poetica verbale per indicare la potenza terrificante della tecnologia che ci può distruggere”. La prima impressione allo sguardo è caos, ma l’opera sta già urlando e trasmette tutte le emozioni umane rappresentate: caos, terrore, strazio. La rappresentazione è molto dinamica ed il susseguirsi di luci, espresse con il colore bianco e le ombre in nero e grigio-azzurre, sottolinea il sinistro risultato delle esplosioni ed il divampare degli incendi. Le bocche spalancate e rivolte al cielo, di umani ed animali, rendono udibile lo strazio ed il dolore. Solo la grandezza del Picasso maturo è in grado di esprimere tutto ciò. Nel secondo dopoguerra Picasso intraprende una intensa attività di ceramista, creando piatti, vasi antropomorfi , statuette. Attività che continuerà per gli anni Cinquanta e Sessanta, alla quale affiancherà quella di grafico, di stampatore. A testimonianza di ciò numerose linoleografie, acqueforti, litografie, senza mai smettere di dipingere: nell’ultimo periodo della propria vita Picasso mostra una vitalità intellettuale che, unitamente alla volontà di sperimentare sempre nuove tecniche, ne fa un punto di riferimento obbligato per tutta l’arte del Novecento. Nel 1954 muore Henri Matisse, suo amico e storico rivale artistico e Picasso inizia un lungo studio sul tema del colore, tema nel quale egli stesso lo considerava superiore. Picasso trae diretta ispirazione dalle Odalische . dai colori sgargianti del suo amico Matisse ed allo stesso modo tenendo in considerazione il più grande maestro colorista che egli conoscesse, Eugène Delacroix. Picasso realizza in questo periodo quindici tele, sul tema delle Donne di Algeri ognuna contrassegnata da una lettera dell’alfabeto, dalla lettera “A” a “O”.

Nell’ultimo e più completo dipinto della serie, un grande olio del 1955, Donne di Algeri “O”, 1955 , preceduto da una serie di schizzi preparatori, l’artista rappresenta quattro figure femminili all’interno di un fantasioso harem rutilante di colori, nel quale prevalgono tendaggi e tappeti, caratteristici di una rappresentazione orientaleggiante. In questo dipinto i tendaggi ed i tappeti sono rappresentati dalle superfici tratteggiate geometricamente nella metà destra dell’opera, mentre nella metà sinistra, è presente un personaggio che indossa un ricco costume tradizionale: si tratta di Jacqueline Roque, sua ultima moglie e musa ispiratrice. Le altre figure femminili nude rappresentate, due in piedi sullo sfondo ed una terza sdraiata sul tappeto con le gambe accavallate, si riallacciano stilisticamente all’esperienza cubista degli anni Dieci. L’ambientazione, nonostante sia immaginata fra le pareti di una stanza, appare nel complesso calda e vivace, risentendo degli influssi sia del luogo di realizzazione della Costa Azzurra, con i suoi ampi orizzonti, sia del contesto storico, in quanto in quegli anni era in corso la guerra di liberazione algerina dal predominio coloniale francese. Nel novembre del 1968 dipinge Nobiluomo con pipa 1968 , un vivacissimo olio, che rappresenta una sorta di giocoso autoritratto, nel quale Picasso schematizza la figura di un uomo che fuma vestito in costume di altri tempi. I pochi tratti elementari ed un uso violento e spregiudicato del colore individuano ogni particolare della scena: la parrucca riccioluta al colletto plissettato, i polsini ricamati, la lunga pipa dalla quale si levano morbide volute di fumo arancione, la poltrona con lo schienale che termina con una sfera decorativa, il vaso di fiori, che controbilancia e chiude verso sinistra tutta la composizione, sullo sfondo di un allegro tendaggio. Jacqueline Roque fu la seconda ed ultima moglie di Picasso, la donna con cui visse sino all’ultimo. Lei era una ceramista, orfana e già divorziata a 26 anni. Lui aveva 72 anni ed era già ormai molto famoso. La conquistò decorando con una grande colomba il muro della sua casa in Costa Azzurra, luogo in cui vissero insieme. Pablo Picasso morì a Mougins, l’8 aprile del 1973.
La Mostra e Suddivisa in Sei Sezioni:
Prima Sezione
Picasso, gli amici e le donne
È proprio un argomento assiale, ormai, la storia dell’arte classifica le opere del Maestro attraverso periodi segnati dalle sue relazioni con le donne, siano esse amanti che mogli, o amiche. I suoi ritratti più riconosciuti e databili raffigurano loro. Al di là di nuove narrative, Picasso vive tra i due secoli XIX e XX, dove il tema dell’eguaglianza è ancora in sviluppo, ancora oggi non è una corsa finita. L’unica donna a rifiutarlo, dopo 10 anni di relazione e due figli, sarà François Gilot. In mostra troviamo esposte insieme la
Donna che Fuma,1906-07, (attribuito alla sua prima compagna, Fernande Olivier), e l’opera di un suo grande amico come Ángel Fernández de Soto. Fra i vari temi trattati da Picasso stanno a pari merito con gli altri le maschere della commedia dell’arte, Arlecchino in particolare. Con il suo costume a losanghe compare, anche a distanza di decenni, a partire dal periodo blu e rosa, seduto in un caffè parigino, il Lapin Agile, inmezzo a saltimbanchi o in disparte in altre maniere. Picasso, a Montmartre, inizia a frequentare i clown del circo Medrano e ne resta affascinato. Soprattutto durante gli anni del periodo blu e di quello rosa una umanità variegata disaltimbanchi, acrobati, pagliacci e giocolieri si confondono con gli arlecchini.Al
periodo blu appartiene l’opera
Arlecchino e la compagna, nota anche come
I due saltimbanchi. Essa è una delle poche, fra quelle pervenute, a ritrarre due figure anziché una:questo contribuisce a enfatizzare il senso di desolazione della coppia, il loro estraniamento, l’incomunicabilità. I due personaggi rappresentano, probabilmente, il grande amico di Picasso eartista, Carles Casagemas, con la ballerina e modella Germaine sua finta amante, per la quale si suicidò nel 1900. In
Dueacrobati con il cane, del 1905, i protagonisti sembrano muoversi in un ambiente tridimensionale, nel quale si intravedono delle case e qualche leggero accenno di paesaggio. Idue circensi hanno però lo sguardo perso nel vuoto, triste, e mentre un'atmosfera di incertezza e precarietà li avvolge ed essi rimangono come smarriti. In corso di attribuzione,
Paesaggio lussureggiante,1930 circa, di Àngel Fernández de Soto, col quale Picasso ha condiviso studi e la scoperta dei bordelli a Barcellona. Due litografie dedicate al nudo e all’amicizia femminile, accompagnano il De Soto. Dal profano al sacro, s’incorporano le illustrazioni pubblicate nel 1966 in
Le sablemouvant, che dedicò come omaggio postumo al suo grande amico e poeta surrealista e mistico Pierre Reverdy (1889-1960).
Seconda Sezione
I linoleum, una nuova scoperta
Picasso sfruttò la duttilità del nuovo materiale e la facilità d'uso delle sgorbie sul linoleum, disegnando praticamente sulla lastra mentre sollevava il materiale, lasciando in rilievo la superficie della matrice che avrebbe ricevuto l'inchiostro. Le sue esperienze con altri tipi di stampa, come l'intaglio, resero Picasso un maestro consumato di strumenti come il bulino, che permette di rimuovere il metallo dalle dure lastre di rame per creare delle incisioni. Con il linoleum, tuttavia, l'artista scoprirà che la sgorbia non richiede una pressione o una forza eccessiva per rimuovere il materiale dalla lastra, che si stacca da solo, senza bisogno, come nel caso del bulino e del rame, di un taglierino per rimuovere definitivamente il metallo in rilievo. Ciò consente al tratto di mantenere la sua freschezza originale e riflette più fedelmente la capacità dell'artista di giocare con le linee. Fu a Vallauris, con l'aiuto dello stampatore locale Arnèra, che iniziò a familiarizzare ulteriormente con la linoleografia, in particolare nel 1951. Si trattava di un manifesto per la mostra che si teneva lì quello stesso anno. Lo stesso fece l'anno successivo: di nuovo un manifesto per la mostra annuale di Picasso a Vallauris, ancora con una grande tiratura, con molte copie stampate su carta già colorata. Tra il 1953 e il 1954, collaborò a un'edizione per l'
Union desArtsPlastiques di Vallauris, per la quale realizzò di nuovo una piccola stampa in bianco e nero raffigurante una donna nuda davanti a un sole. Linee bianche su sfondo nero, sfruttando la facilità di tracciamento sulla lastra con una sgorbia. Tuttavia, nel 1954, sebbene il manifesto per la mostra di Vallauris fosse ancora una volta programmato, avrebbe rivelato una complessità tecnica fino ad allora sconosciuta. Sarebbe stata la prima volta che Picasso lavorava con due lastre, contrastando e fondendo forme e colori, trasformando il motivo apparentemente semplice di un vaso di ceramica in un vero e proprio esercizio cubista di simultaneità e meticolosità. Esiste una fotografia di André Villers, un altro dei preziosi documentari grafici della vita o delle vite di Picasso, che potremmo datare all'estate del 1955, in cui vediamo Picasso e sua figlia Maya sfilare per le strade di Vallauris, nel preciso istante in cui la loro auto decappottabile passa sotto un grande arco, i cui falsi conci sono i manifesti realizzati dallo stesso Picasso per le sue mostre in città. Tra questi ci sono sette diverse linoleografie, la più antica delle quali è datata 1951. È da quest'anno in poi che possiamo dire che il rapporto continuativo di Picasso con il linoleum ebbe inizio, ma in base a quanto fatto fino a quel momento e brevemente ripercorso qui, il suo vero e intenso rapporto con il mondo del linoleum deve essere datato al 1955, poiché è da allora che esso divenne semplicemente un'attività artistica tra le tante, perseguita con la perseveranza, la saggezza e la sicurezza di sé con cui l'artista trattava il materiale visivo, indipendentemente dalla tecnica, dallo strumento o dal prodotto in suo possesso all'epoca. Tutti i linoleum, 20 elementi dal 1958-61, sono della Fundación Museo de Artes do Gravado á EstampaDixital, Artes, A Coruña (Galizia - Spagna).
Terza Sezione
Le Tricorne
Picasso insiste sempre sull’idea che nella sua opera «gli stili non esistono» e questo è testimoniato dal lavoro fatto in collaborazione con
Parade, un balletto russo con i testi del suo amico Jean Cocteau. Grazie a lui Picasso, nel 1917, incontra a Roma Sergej Diaghilev, fondatore dei
Balletti russi che chiederà al genio la creazione delle scene, dei costumi e del sipario di
Parade. L’avventura italiana ha lasciato segni formidabili non solo nella storia dell’arte, ma anche nella danza, nel teatro e nella vita stessa di Picasso. Affitta uno studio a Via Margutta a Roma e in quell’atelier abbozza i primi studi per i costumi e prende vita il sipario, dipinto su di un enorme tela di cotone e iuta. Egli raffigura donne, saltimbanchi e suonatori sempre sottolineati da una certa mestizia. E poi un cane che dorme, un cavallo alato che ha sul dorso una bambina, anch’essa alata, che viene presa per mano da una scimmia su di una scala. Dopo
Parade seguiranno altri lavori per i balletti, tra i quali spicca quello per il balletto di ispirazione spagnola
El sombrero de trespicos, cioè “Il cappello a tre punte” che in francese divenne noto come
Le Tricorne. Picasso diede prova di grande fantasia estro e ingegno. Picasso crea costumi e scene con una vivace cromia mediterranea, inserendo richiami dell’arte popolare iberica, fatta di colori forti e gusto per le decorazioni. In questo periodo Picasso conosce la ballerina Olga Khokhlova. I due si innamorano, si sposarono nel 1918 e la relazione durò fino al 1935. In totale, l'opera riunisce 33 pezzi (32 fototipi e un'incisione, a Roma ne mostriamo 25) che riproducono i disegni originali dei costumi e delle scenografie che Picasso realizzò. L'opera, prodotta da Sergey Diagilev per i “BalletsRusses”, con la coreografia di Léonide Massine e la musica di Manuel de Falla, fu presentata per la prima volta al Teatro Alhambra di Londra nel 1919. Con le opere originali, Picasso realizzò una serie di cartelle in edizione numerata contenenti le 32 riproduzioni delle scene e dei costumi, che furono pubblicate dal gallerista Paul Rosenberg nel 1920, un anno dopo la prima del balletto a Londra. I fototipi o collotipi sono riproduzioni fotografiche monocromatiche, che poi devono essere colorate a mano, come Picasso ha fatto in questo caso, con ognuna di quelle pubblicate da Rosenberg.
Quarta Sezione
Ultimo periodo: Côte d’Azur, foto e mostre
Presentiamo qui una selezione di manifesti, come esemplari della varietà di tecniche elaborate da questo grande artista onnipresente, che segna un prima e un dopo nella storia dell'arte contemporanea. Nove manifesti di mostre a lui dedicate, molte delle quali realizzate nel corso degli ultimi anni della sua vita e da lui stesso disegnate attraverso tecniche come il linoleum (73x53 cm), un lontano e piccolo riflesso dell'ammirazione provata nel suo primo viaggio a Parigi nel 1900, per gli enormi manifesti a colori puri realizzati da Toulouse-Lautrec, che pubblicizzavano la vita notturna della grande città. Sono inoltre esposte le fotografie nella casa e in studio, in situazioni intime con la famiglia o nelle sue passeggiate o attività pubbliche, scattate degli amici Edward Quinn e André Villers (che in sua assenza potevano aggirarsi per casa sua e fotografare tutto ciò che era appetibile e curioso). Un totale di 15 fotografie a lui dedicate, scattate dal 1951 fino a pochi giorni prima della sua morte, e che mostrano come l'insaziabile curiosità del Maestro abbia influenzato la sua varietà di linguaggi, idee, tecniche e stili. La sua opera si è sviluppata, nel suo periodo tardivo, nella zona costiera mediterranea della Francia, la Côte d’Azur (Costa Azzurra) dove, con le feste e le villeggiature di gente importante, si volevano dimenticare le sofferenze dell’ultima guerra, attraverso un gran sentimento di divertimento, la
joie de vivre.
Quinta Sezione
Carnet de A Coruña, 1894-1895
Edizione facsimile del 1971, 14.5 x 20 cm, accompagnata da uno studio del critico d’arte catalano Joan Ainaud de Lasarte (1919-1995), Barcellona, Editoriale Gustavo Gili, 1971. Sono 780 esemplari numerati. Due volumi in cofanetto: il primo, con introduzione di Joan Ainaud de Lasarte, brossura con risguardi in velina, 70 pp.; il secondo, con copertina rigida in tela, facsimile del libretto originale. Testi in spagnolo, francese e inglese. Il Museo Picasso A Coruña, proprietario dell’esemplare in mostra, ha fatto la scansione dei 107 disegni che contiene, che sono le prime opere di Picasso, realizzate intorno ai suoi 13-14 anni, che si possono vedere, singolarmente, nella sala video in mostra.
Sesta Sezione
Arti minori e sperimentazioni
Alle Arti minori, quelle più vicine all’artigianato, appartengono le otto ceramiche e una serigrafia su lino, dedicata ai raduni studenteschi rivoluzionari degli anni Cinquanta. Nel 1946 Picasso, a Golfe-Juan in Costa Azzurra con il suo amico Louis Fort, decise di visitare la mostra di ceramiche a Vallauris. Si interessò particolarmente allo stand
Madoura e chiese di essere presentato ai proprietari: Suzanne e Georges Ramié. Lo invitarono al loro laboratorio di ceramiche Madoura. Lì fece tre pezzi che lasciò ad asciugare e cuocere. Un anno dopo Picasso tornò a vedere come i pezzi si erano rivelati. Era felicissimo della qualità del lavoro e chiese se potesse farne altri. I Ramié acconsentirono e un’area del laboratorio venne organizzata appositamente per lui. Immediatamente iniziò a lavorare, ispirandosi al suo repertorio di schizzi. Così ebbe inizio una lunga e produttiva collaborazione tra Picasso e Madoura; l’intero personale divenne parte di un processo creativo con lui, aiutandolo e assistendolo su tutti i materiali di cui aveva bisogno, al fine di poter avere dei manufatti perfettamente rifiniti. Suzanne Ramié condivise con lui la sua vasta esperienza, insegnandogli tutti i segreti della ceramica. I manufatti spaziavano da vasi, sculture, placche, piastre fino ad un servizio completo per la cena. I temi familiari comprendevano scene di corrida, ritratti e natura: capre, uccelli e pesci. In 24 anni furono creati centinaia di pezzi in edizione limitata, tutti incisi con il marchio di Madoura.
Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano - Roma
Pablo Picasso. Il linguaggio delle idee
dal 4 Ottobre 2025 al 25 Gennaio 2026
dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 19.30
Sabato e Domenica dalle ore 9.30 alle ore 20.30
Foto Allestimento della mostra Picasso. Il linguaggio delle idée dal 4 Ottobre 2025 al 25 Gennaio 2026 Museo Storico della Fanteria dell’Esercito Italiano - Roma courtesy Navigare srl