Sperimentazioni, luce e movimento,
di pittura di Paolo Signore visibile fino al 9 giugno
Intervista all’artista che attraverso il colore esprime le infinite sfaccettature dell’animo umano
E’ stata inaugurata venerdì 26 maggio, presso la Galleria Sallustiana di Roma, la personale dell’artista romano Paolo Signore. Un’esposizione che consta di un corpus di circa trenta dipinti, volta a fornire una esaustiva testimonianza sulla produzione di questo pittore che, seppur abbia cominciato la sua attività artistica soltanto da qualche anno, mostra uno stile eclettico e assolutamente coinvolgente.
Abbiamo incontrato Paolo Signore nella serata di apertura dell’esposizione che, curata da Egidio Maria Eleuteri, ha visto un grande afflusso di visitatori e la presenza di esperti del settore come il Prof. Claudio Zambianchi dell’Università la Sapienza di Roma, il quale ha introdotto tra l’altro anche il primo catalogo dell’artista, pubblicato lo scorso marzo da Artemide Editore.
Paolo, come ci si sente alla prima personale? Più emozione o più paura di presentarsi al pubblico, mettendo in mostra tutto ciò che è stato frutto di un intenso lavoro sia a livello fisico che mentale?
A dire la verità c’è stato poco tempo per emozionarsi... Sono state talmente tante le cose da fare. I dettagli da controllare. Oltretutto era la prima volta che organizzavo una esposizione d’arte e davvero c’erano tante cose da imparare e da sapere. Non sono mancati i momenti di sconforto dove mi chiedevo: ma non potevo semplicemente dipingere e... basta? Chi me lo ha fatto fare di esporre? Tuttora non saprei come rispondere a questa domanda. Per fortuna non me la hai fatta...
Il vernissage ha ottenuto un ottimo riscontro di presenze e di critica. Raccontaci le sensazioni che hai provato nella serata inaugurale e quali sono le tue aspettative riguardo a questa esposizione:
Mediamente non amo essere al centro della attenzione. Poi però quando mi ci trovo, devo dire che la sensazione è piacevole: mi sento a mio agio. Nella vita non sono mancate le occasioni di esposizione, durante la lunga stagione dell’impegno politico, o tuttora nel mio lavoro di manager della ricerca sociale. Oltretutto, essendo assolutamente nuovo del mondo artistico, sono completamente incosciente di tanti rischi e inciampi. Quindi l’ho vissuta con una certa serenità, anche in quanto non consapevole. Sono stato me stesso, semplicemente. Penso sia il segreto per tanti momenti importanti nella vita. Se ti accettano così come sei bene. Altrimenti è inutile recitare delle parti, incarnare personaggi che non ti appartengono: prima o poi la verità, per gli altri, o per te stesso, viene a galla.
Per quanto riguarda le aspettative, il mio percorso in gran sintesi è stato questo: innanzitutto dipingere; poi provare a vedere se quel che facevo poteva piacere attraverso la partecipazione ad alcune collettive; ed infine tentare un approccio con il qualificato mondo della critica e di soggetti specializzati del settore attraverso la personale: per ora il tentativo sembrerebbe riuscito considerati i giudizi lusinghieri di critici, curatori, siti web specializzati e altro.
Hai ri-scoperto l’arte in età matura, passione che era emersa tra infanzia e adolescenza e che come molti artisti, hai lasciato andare per una buona parte della tua vita. Alla luce di ciò, oggi cosa rappresenta per te la pittura e quali consigli ti sentiresti di dare ai giovani artisti, che a seguito delle tante difficoltà di questo periodo storico, abbandonano i propri sogni in cerca di un futuro economicamente più sicuro?
Innanzitutto ritengo che andrebbe rispolverato il detto di Mao Tse Tung: “grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”. Sì è vero la crisi è stridente e regna l’incertezza. Ma questo può essere anche un fattore positivo per giovani che si affacciano alla loro vita. Oltretutto, come disse Joni Mitchell: “Quando il mondo diventa un pasticcio enorme con nessuno al timone, è il momento per gli artisti di lasciare il segno”. Quindi tanto più perché siamo in una fase di passaggio da un vecchio mondo ormai in via di estinzione a uno nuovo ancora da definire, i giovani hanno un grande ruolo e l’arte potrebbe essere un grande strumento per ridefinire l’essere sociale nei tempi a venire. Sarebbe anche ora di smetterla di piangersi addosso al grido di “O tempora! O mores!”, rimboccarsi le maniche e dimostrare cosa ognuno di noi può davvero fare per uscirne.
Per quanto mi riguarda la pittura è la mia fonte di energia e un terzo occhio con cui leggere e interpretare la realtà. Recuperare il mio lato artistico è stata una delle cose migliori che abbia mai fatto. Abbandonando le mie pretese di trionfo del razionale e di controllo estremo dell’ambiente e dedicandomi a una conoscenza più legata ai sensi e meno alla razionalità, ho trovato un nuovo equilibrio personale e anche... in fin dei conti... modi più adeguati di intendere la realtà e di vivere la contemporaneità. Non potrei più farne a meno del mio istinto artistico, della sensibilità artistica.
Sarà che non sono mai stato particolarmente amante della fantomatica sicurezza economica che ho sempre considerato aleatoria e, in fondo in fondo, posticcia... Ma credo che sia molto più “sicura” una sincera ed energetica passione per l’arte che non un qualsivoglia impiego “sicuro” in un ministero o alle Poste... E poi cosa vuol dire “sicurezza” nella nostra era cosiddetta “liquida”? L’unica certezza è che ci dobbiamo muovere.
Lo sguardo artistico sul mondo, la creatività, l’innovazione salveranno la specie umana dal baratro. Ormai siamo costretti ad essere nuovi, mentre finora abbiamo potuto crogiolarci in un mondo cognitivo asfittico, chiuso e provinciale, quindi confido che in tempi non remoti la situazione migliorerà...
Il colore è fondamentale in molte tue opere.. è il mezzo attraverso il quale riesci a dar voce ai tuoi svariati mondi interiori e alle più intime sensazioni. Paolo Signore è però anche monocromia, fumetto e molto spesso figure che rimandano ad un tormento interiore! Come pensi di proseguire in questo tuo percorso artistico? Sei alla ricerca di un tuo stile o preferisci seguire l’istinto?
Per carità!!! Io a trovare un mio stile non ci penso proprio. A me piace tutta l’arte, dai graffiti alla street art. Ma poi quando si tratta di dipingere, l’unica mia strada percorribile è quella di dare libero sfogo alla mia creatività, a ciò che ho dentro. Altrimenti non mi riesce e il quadro viene fiacco, privo di forza ed energia... E oltretutto non mi diverto, non godo, non viaggio... E allora che senso ha?
Io ho tutti e due i filoni: quello figurativo e il cosiddetto informale. Continuerò così. Facendo ciò che vedo dentro di me e tentando di riportarlo sulla tela. Anche se segretamente mi piacerebbe trovare una fusione tra i due stili. Un primo tentativo di ciò è il mio quadro “Sole”... Non male.
Il mio percorso artistico comunque è semplice: passare più tempo possibile davanti al cavalletto o a un album da disegno e dipingere, disegnare e vedere cosa esce fuori...
Comunque, per riprendere il discorso dello stile personale, tutto sommato credo che le mie opere siano abbastanza riconoscibili. Soprattutto si tratta spesso di quadri o disegni che non lasciano indifferenti, che colpiscono, producono una reazione emotiva. Se da una parte sono ancora tecnicamente acerbo e inesperto, dall’altra però faccio sempre uno sforzo affinché chi vede la mia opera venga colpito da qualcosa, che sia un’ondata di colori, un simbolo, una luce o un volto, uno sguardo... Bella o brutta che sia, una mia opera deve produrre emozione. Isolina Mariotti parla di un “grido ininterrotto che invade il mondo circostante...”: una buona definizione credo.
Nella tua pittura s’intravede anche un forte legame con la tua città, Roma, di cui ritrai spesso monumenti o particolari scenari. Roma nella sua infinita bellezza, nei suoi problemi e nelle sue miserie, ma Roma è anche creatività e soprattutto arte! In questo momento di particolare fervore politico, ad un passo dalle prossime elezioni comunali, cosa pensi si possa fare per accrescere e migliorare il rapporto di questa città con l’arte in generale, in tutte le sue manifestazioni?
Sicuramente il successo riscosso da quadri come Invidia e Cielo su Roma mi hanno dato nuove motivazioni a sviluppare la mia linea su Roma in cui ritraggo scorci tutto sommato stranoti della città eterna, ma con inquadrature e soprattutto colori nuovi e inconsueti.
Per quanto riguarda l’arte per Roma e IN Roma, cioè come elemento integrante della vita e della politica romana, siamo talmente all’anno zero che qualsiasi cosa si faccia sarebbe benedetta. Qui non parlo del patrimonio architettonico e museale. Io faccio riferimento all’enorme patrimonio di artisti alle radici dell’erba, pieni di passione e di voglia di fare, che vivono a Roma, ma in tutta Italia, e ai quali andrebbe dato spazio e sostegno. Perché per esempio non realizzare una Factory romana, un luogo dove far incontrare i talenti artistici della città, dove dare libero sfogo e amplificazione al grande talento e alla creatività che ribollono sotto la superficie di questa città terribile e meravigliosa insieme? Magari potrebbe essere una iniziativa trasversale alle forze politiche che si contendono la guida del Campidoglio in questi giorni... Chissà... Certo mi rendo conto che di fronte alle emergenze cittadine, la questione artistica possa sembrare un lusso o un parlare d’altro. Ma son convinto non sia così. Come dicevo prima: se non liberiamo energia, non apriamo le menti, non rimettiamo un po’ in gioco le anime, ogni altra cosa rischia di essere asfittica o di corto respiro.
Nonostante tu abbia cominciato da poco quest’avventura artistica, hai già partecipato a numerose collettive. Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Si è vero. Ho partecipato a cinque collettive e una personale in quattro mesi. Volevo iniziare a conoscere il mondo delle esposizioni. Ho imparato tanto. Ho capito che le esposizioni servono a farsi conoscere e a costruire un CV, ma no di certo a vendere, a differenza di quel che si potrebbe pensare. Ho intuito alcune delle numerose dinamiche che intercorrono tra artisti, galleristi e curatori. Ho potuto constatare che c’è una grande offerta espositiva e che volendo si può passare la vita a esporre, se hai abbastanza tempo e denaro, ma non è detto che tutte queste opportunità siano di alta qualità. Ho conosciuto tante persone, artisti, galleristi, curatori, alcuni di grandissima qualità umana e artistica; ho creato e consolidato una rete di appoggio tecnico (dal corniciaio allo spedizioniere di fiducia per esempio) che considero importante. E tante altre cose.
Ora intendo selezionare un po’ le occasioni espositive. Per un po’ di tempo esporrò poco perché voglio dedicare ogni ora disponibile a dipingere, che è la cosa che più mi piace. Il mio approccio al quadro ha bisogno di tempi lunghi: mi metto là e sperimento, tiro fuori, immagino e dipingo e più ci sto, più l’opera matura, prende forma e si sviluppa. E poi vorrei fare delle cose ad hoc per partecipare ad alcuni premi o concorsi artistici come Celeste, anche se sono in un ritardo enorme. Poi l’anno prossimo ricomincerò ad esporre, magari, perché no, all’estero.
Nel percorso fino ad ora intrapreso sei riuscito comunque ad ottenere gratificazioni e specialmente l’apprezzamento del pubblico. Sebbene molto sia dovuto certamente al tuo talento e alla tua capacità di promuovere la tua arte, senti comunque di dover ringraziare qualcuno che ti ha sostenuto o aiutato in questo percorso ancora molto lungo?
Devo ringraziare tantissime persone. In particolare quelli che mi hanno sostenuto nei primissimi tempi, quando la mia passione sembrava la farneticazione di uno spostato che aveva battuto la testa. Claudio Zambianchi su tutti che ha scritto l’introduzione al mio catalogo. E Vincenzo Innocenti Furina, editore di Artemide che per primo mi ha dato l’idea di pensare aldilà del mio naso, ma anche la mia insegnante d’arte Silvia Valeri mi ha molto confortato e aiutato, fino al mio amico Fabio Massimo Signoretti che ha raccolto la mia prima intervista organica pubblicata su “Paolo Signore, opere”. Ringrazio il prof. Eleuteri che, insieme a Francesca Triticucci e Francesca Basso, hanno fatto un bel lavoro per la personale alla Sallustiana. I galleristi che hanno ospitato le mie opere come Chie Yoshioka e Floriano Massera. E, last but not least, un grande grazie lo devo anche a te che con la tua passione per l’arte mi hai sempre dato aiuto e consigli preziosi. Ma ci sono tante e tante persone che aiutano un artista e magari a volte non ne sono neanche consapevoli: lo aiutano con una battuta, un incoraggiamento, un commento calzante fonte di ispirazione. In questo hanno un ruolo dagli amici e parenti, fino ai tanti affezionati amatori che mi seguono sui social. Ed infine un grande grazie lo voglio dire a tutti quegli artisti che ho incontrato lungo questo breve, iniziale ma intenso cammino, che con la loro passione, la loro dedizione, la loro capacità di vedere, osservare e rappresentare, la loro tenacia e anche le loro insicurezze, mi hanno fatto amare un mondo pieno di contraddizioni come quello dell’arte, ma soprattutto ricco di passionalità, creatività e talento (mi piacerebbe nominarli, ma sono molti… e poi comunque sanno che mi riferisco a loro). Quello che oggi ci vuole...
Grazie per le tue parole!
In un momento storico così difficile per l’arte contemporanea, dove critici e galleristi tendono troppo spesso a proporre un’arte incomprensibile e sostanzialmente poco comunicativa, opere del genere dimostrano quanto sia importante riflettere e soffermarsi ancora sull’infinito dibattito tra arte e non arte, evidenziando la rilevante funzione che essa svolge all’interno del tessuto sociale. Le opere di Paolo Signore catturano l’osservatore, lo attraggono all’interno della tela trasportandolo in un’altra dimensione, in un viaggio bellissimo tra inconscio e realtà dove questi è costretto a liberarsi di tutte le catene che attanagliano la propria esistenza, librandosi in un volo coraggioso verso la vita. L’arte, dunque, non soltanto come mera rappresentazione di elementi, figure o schizzi di colore ma piuttosto come strumento in grado di evocare sensazioni, volte ad indagare nelle profondità dell’animo umano, innescando un dialogo tra artista e osservatore che va al di là dell’individualità, divenendo messaggio per l’umanità!