Immagine di settembre ottobre 2009La deposizione delle presunte ossa di Caravaggio da parte dell’amministrazione comunale nel monumento funerario inaugurato il 18 luglio scorso a Porto Ercole, ha scatenato numerose polemiche tra giornalisti, cittadini e storici dell’arte. Per via delle polemiche apparse su quotidiani  che puntavano il dito sugli sprechi dei soldi pubblici, gli organizzatori si sono risentiti al punto di minacciare querele e risarcimenti, a mezzo di comunicato stampa, nei confronti di Tomaso Montanari, storico dell’arte e polemista del “Fatto quotidiano”, che ha avuto l’ardire di denunciare lo spreco di denaro pubblico intorno all’operazione “Caravaggio” gestita dal Comune toscano. Coprotagonista dell’evento che ha visto sorgere il monumento funerario è l’associazione privata che si occupa di beni culturali presieduta dal pubblicista Silvano Vinceti, che si è occupato personalmente negli anni scorsi della ricerca e del ritrovamento dei presunti resti di Michelangelo Merisi.


Ma andiamo ai fatti. In occasione dei 400 anni dalla morte del pittore Michelangelo Merisi da Caravaggio il 4 luglio 2010 giungono a Porto Ercole (GR) via mare in una teca di vetro alcuni presunti resti dello scheletro del sommo maestro portati da Silvano Vinceti, frutto di ritrovamenti di ossa umane nei pressi del cimitero di San Sebastiano e di successivi studi su questi resti ossei a cura dello stesso Vinceti. All’epoca dell’annuncio, in pieno festeggiamento dell’anniversario del Merisi, uno studioso emerito del Caravaggio, il Prof. Vincenzo Pacelli, venuto a mancare pochi mesi orsono, tuonò: “Si tratta di una barzelletta che offende l’intelligenza delle persone”.

PortoErcoleOssaCaravaggioLe motivazioni di questa dura osservazione scaturivano da 15 anni di studi di documenti di archivio dedicati dal Pacelli alla morte del Caravaggio, che secondo l’opinione del professore (forse non ha torto) non sarebbe deceduto in terra di Toscana (vedi l’intervista su News-Art https://news-art.it/news/sulla-vita-e-la-morte-di-caravaggio.htm). Le motivazioni addotte riguardo la non autenticità delle ossa di Caravaggio furono attentamente vagliate da Pacelli e vennero affidate tra il 2010 e 2012 allo studio dei medici Giuseppe Castaldo e Nicola Silvestri, del quale egli pubblicò le osservazioni  nella sua ultima monografia dedicata al pittore lombardo, Caravaggio tra arte e scienza(1) . Nel loro saggio Castaldo e Silvestri spiegano con argomentazioni convincenti del perché quelle ossa non sono del Caravaggio. I due studiosi prendono in considerazione principalmente, tra gli argomenti utilizzati dagli scopritori, la presenza di piombo nelle ossa e l’esame del DNA. Gli studiosi, in sintesi, rilevano ed eccepiscono che il piombo presente nei resti umani è “una caratteristica, in un paese di mare, anche dei marinai che bevono l’acqua dalle cisterne di piombo”. Difatti i sostenitori della scoperta, guidati da Vinceti, rilevavano che la presenza di piombo nelle ossa prese in considerazione rendeva maggiormente credibile che i resti fossero di Caravaggio, atteso che i pittori maneggiando i colori che contengono piombo potevano assumerne involontariamente quantità rilevabili da specifiche analisi.
L’assioma piombo/Caravaggio sembra sia stato considerato dagli scopritori uno degli elementi dirimenti ai fini dell’accertamento del fatto che i resti fossero di Michelangelo Merisi, mentre i medici citati ne hanno escluso il collegamento diretto, stante la facilità di diffusione nella località marittima, oltre naturalmente alla totale mancanza di prove dirette ed inderogabili tra il pittore e resti ritrovati.

Copertina_Caravaggio(3)L’altro argomento “forte” utilizzato dagli scopritori è l’esame del DNA effettuato sui resti ossei. L’esame del DNA, a cura del Vinceti e degli altri sostenitori della scoperta, sembra sia pari all’85% rispetto al DNA di alcuni abitanti di Caravaggio (BG) che riportavano il nome di Merisi o Merisio. Gli studiosi incaricati dal Pacelli anche in questo caso hanno escluso l’efficacia dell’esame del DNA sulla scorta degli elementi di comparazione fatti analizzare dagli scopritori, valutati come del tutto insufficienti.
Ebbene, se consideriamo che per ritenersi giuridicamente attendibile un esame del DNA è richiesto un livello di compatibilità pari o superiore al 99,99%, non si capisce come possa essere sufficiente l’85% per affermare che i resti siano del Merisi. Senza contare che i Merisi o Merisio nel caravaggino già nella seconda metà del 1500 erano numerosi e non tutti parenti fra loro, come ci illumina Giacomo Berra nel suo saggio “il giovane Caravaggio in Lombardia”. Come se non bastasse, il fratello minore di Michelangelo Merisi, Giovan Battista, che abbracciò la carriera ecclesiastica nei primi mesi del 1584, non ebbe figli, mentre la sorella Caterina ne ebbe due: Francesco, nato nel 1594 e Michelangelo, nato nel 1609, i quali presero naturalmente il cognome del padre Bartolomeo Vinizzoni. E’ fuor di dubbio che questi sarebbero gli unici a essere titolati nella discendenza ad eventuale compatibilità con il DNA, ove i loro resti fossero ancora rintracciabili: ma non c’è notizia, a quanto risulta, che possa darci conferme in questa direzione.

In ultimo non si può non prendere in considerazione il famoso foglio volante ritrovato a Porto Ercole contenente notizie sulla morte del Merisi. Ancora nella monografia citata a cura di Vincenzo Pacelli, con argomentazioni serie Gerardo Maria Cantore parla della “fortunosa scoperta del foglietto volante in un libro dei conti del 1656 che fissa la morte del celebre artista il 14 luglio del 1609”(2) . Le riflessioni svolte dal Cantore riguardo la dubbia autenticità del foglietto volante si basano in parte sul fatto che il Concilio di Trento aveva stabilito che in ogni chiesa, senza deroghe, si sarebbe tenuto un liber mortuorum dove dovevano essere annotate l’età del morto, la condizione sociale, l’arte, il mestiere, le cause della morte e sintetiche notizie sulla famiglia.
Nel foglietto volante non ci sono notizie sul defunto. Perché Michelangelo Merisi da Caravaggio non è registrato in tali libri? Non risulta, per di più, che in quei giorni sia registrato altro cadavere anonimo. Perché ricordare su un foglietto volante, sembra mai analizzato scientificamente, un evento che poteva essere aggiunto a margine del liber mortuorum? Se si fosse voluto cum grano salis emendare un errore si sarebbe intervenuto là dove l’errore era stato commesso: e quindi, sul libro dei morti. Il foglietto anonimo inserito in un libro dei conti del 1656 sul piano della veridicità sembra esibire un retroterra decisamente dubbio.

Ottavio Leoni_Caravaggio(1)Il problema sollevato con coraggio da Pacelli sulla reale fine del Caravaggio e sulla possibilità che non sia mai giunto a Porto Ercole è da considerare molto seriamente sotto il profilo delle scienze giuridiche e criminali. Non bisogna scordarsi dei fatti storici accertati, quali l’attentato alla vita di Caravaggio pochi mesi prima all’Osteria del Cerriglio a Napoli; né si può, sotto il profilo giudiziario, negare un fatto  rilevante quale la condanna dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, che considerando Caravaggio un traditore “Putridum e fetidum…” lo privava dell’abito e dei suoi privilegi connessi allo status di Cavaliere.
L’Ordine Cavalleresco di Malta nei secoli aveva fatto dell’obbedienza un usbergo contro gli “arditi” che ne ingrossavano le fila. Il mantenimento dell’ordine e della disciplina in ogni aggregazione umana di carattere militare si basa sull’idem sentire di valori e doveri condivisi sino in fondo e ad ogni costo, che devono essere rispettati da tutti. L’aver concesso in deroga il titolo di Cavaliere a Caravaggio senza aver fatto quella sorta di praticantato richiesto a tutti quelli che aspiravano al titolo, quale ad esempio quello di imbarcarsi almeno per un anno e andare a combattere contro le flotte turche, e averlo fatto fuggire facilmente era una eccezione alle regole molto pericolosa, un precedente che sarebbe potuto essere reclamato da chiunque e che metteva a rischio la credibilità che l’Ordine cavalleresco aveva raggiunto nei secoli intorno al suo potentato militare.

L’attentato alla vita di Caravaggio a Napoli non è che il primo atto di una morte annunciata e rimandata di poco. La messinscena e il depistaggio in Italia hanno del resto radici consolidate, che da Caravaggio si estendono purtroppo sulla vicenda dell’Italicus, Ustica, Capaci sino a Via d’Amelio. In claris non fit interpretatio.
Renato Di Tomasi, 23/07/2014

Note:

1. G. Castaldo, N. Silvestri, Perché quelle ossa non sono di Caravaggio, in V. Pacelli - G. Forgione, a cura di, Caravaggio tra arte e scienza, Paparo edizioni, Napoli 2012, pp. 350 e ss.
2. G. M. Cantore, Il foglietto volante di Porto Ercole: da atto di morte del Merisi a falso moderno, in V. Pacelli - G. Forgione, a cura di, Caravaggio tra arte e scienza, Paparo edizioni, Napoli 2012, pp.354 e ss.