Dopo l’intervento di Nicola Spinosa (che ha fatto registrare un seguito da record per la nostra rivista) www.news-art.it prosegue la serie di interviste tese a far luce sui problemi sollevati dalla Riforma Franceschini, con il contributo di studiosi –oggi Andrea Emiliani- tra i più competenti per titoli ed esperienze.



Per il professor Andrea Emiliani è come se il tempo non passasse, sempre attivo e partecipe come è, alle iniziative di carattere storico artistico in particolare quelle che riguardano autori ed epoche su cui per decenni ha impegnato i suoi studi e le sue ricerche. Presiede l’Accademia Clementina a Bologna, ed è stato Sovrintendente per i Beni Artistici e Storici per le province Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, direttore della Pinacoteca nazionale di Bologna, nonché fondatore e presidente dell'Istituto per i beni culturali dell'Emilia-Romagna e ha fatto parte del Consiglio superiore dei beni culturali; ha insegnato Museologia all’Università di Bologna. Impossibile in poche righe dar conto di tutte le pubblicazioni e delle iniziative locali e a carattere internazionale di cui è stato artefice, e che gli sono valse prestigiose  onorificenze. Ultimamente la rivista Valori Tattili gli ha dedicato un numero monografico “Una vita per l’Arte. Scritti in onore di Andrea Emiliani”. Attento osservatore di tutto quanto concerne la tutela dei beni culturali (ha anche diretto importanti recuperi e restauri) ha fatto già sentire la sua voce sui problemi sollevati dalla Riforma Franceschini.

D: Prof. Emiliani in un recente convegno a Ferrara alla presentazione di un’opera giovanile attribuita al Guercino lei ha fatto un cenno molto critico alle nuove norme contenute nella Riforma Franceschini dei Beni culturali, scatenando un boato di applausi: vogliamo parlarne meglio?
R: Certamente; sono molto preoccupato perché credo che questa cosiddetta riforma non solo non porterà ad alcun risultato ma aggraverà la situazione; la gestione dei Beni culturali passerà sotto la direzione di sottoprefetture: mi sembra una cosa abominevole,che neppure in uno stato di polizia sarebbe concepibile.
D: Cioè teme che si realizzi un eccessivo accentramento ?
R: Peggio, temo soprattutto la non cultura degli eventuali addetti. A suo tempo, Corrado Ricci aveva creato una Direzione generale altamente qualificata, governata da un Consiglio Superiore cui facevano parte personalità di alta cultura, universitari, accademici, cioè il meglio e il massimo di quanto era possibile mettere in campo, e perfino il fascismo non aveva mai pensato di rimettere in discussione quelle scelte né di demolire una struttura di quella caratura, che anzi Bottai divenuto ministro dell’Educazione nazionale aveva salvaguardato proprio nel momento in cui si varavano le maledette leggi razziali, nel 1938; come è noto preferì poi la legione straniera allontanandosi dal fascismo. Quello che accade ora con queste nuove normative è totalmente in contraddizione e non c’è ombra di intelligenza in questi cambiamenti, per questo ne ho fatto cenno al convegno di Ferrara
D: In effetti ha ricevuto molti consensi.
R: Si, io ogni tanto ci provo, approfittando delle occasioni che si presentano per parlare direttamente al pubblico, anche perché oggi tutta l’informazione è assoggettata ai media, e se si eccettuano testate come la  vostra che lavorano in piena libertà, la manipolazione dell’opinione pubblica è un rischio costante.
D: Cosa trova lei di particolarmente errato nella nuova normativa
R: Secondo me quello che soprattutto è errato è il principio con il quale mi pare ci si sia mossi, cioè un principio di valorizzazione tutto teso al riscontro economico; per capirci meglio, non si concepisce una valorizzazione delle strutture museali e delle opere che custodiscono passando attraverso la cultura e la ricerca, bensì attraverso altri mezzi: le feste, i ricevimenti, le occasioni mondane, queste cose qui, che si pensa possano incrementare il numero degli spettatori e il turismo; è come se trattandosi di valorizzare l’opera di Torquato Tasso, ad esempio, si pensasse di utilizzarlo come attrattiva turistica, cioè per come sarebbe funzionale per attrarre più turisti possibile. Qui il ruolo dei media è veramente nefasto, perché da tempo si trasmette un’idea dell’arte e della critica d’arte basata sulle apparizioni in tv se non peggio sugli insulti personali, come accadde anni fa al povero Zeri che invece di reagire come sarebbe stato il caso ci si mise a piangere; ecco, far apparire la critica d’arte come uno spettacolo è qualcosa di inverecondo.
D:  Una delle normative più discusse e criticate della Riforma è quella che ha portato o sta portando a dirigere complessi museali di grande prestigio persone provenienti da esperienze straniere, mentre peraltro i vincoli normativi sono sempre gli stessi, come la cronica mancanza di risorse e così via.
R: E’ proprio così; pensi che una volta, quando eravamo nella miseria, la vecchia miseria democristiana durata più o meno fino al termine del secolo scorso –e lo dico con qualche simpatia, considerando l’avvento successivo di un’epoca di buffoni e buffonate- la storia dell’arte ma soprattutto l’idea dell’arte in generale si traduceva in una politica fondata sul principio sacrosanto della conservazione, della tutela e della valorizzazione del patrimonio, un principio che nasceva dalla conoscenza delle cose che è la sola che consente di ben operare. Posso pure dire che è un principio che durava da oltre un secolo, le cui origini risalgono al Cavalcaselle , che poi il sistema giolittiano aveva mantenuto e rafforzato quando nel 1909, su iniziativa di Corrado Ricci, fu varata la legge che diede il definitivo assetto al settore delle antichità e belle arti, riordinando tutte le materie concernenti il patrimonio storico, artistico e archeologico del paese. Una normativa che venne per fortuna confermata ed ampliata in pieno fascismo nel convegno delle soprintendenze che si svolse sul finire degli anni trenta a Roma ad opera di Bottai ma guidato con molta intelligenza da Giulio Carlo Argan, allorquando prese vita l’Istituto Centrale per il Restauro e le soprintendenze  assunsero forma e funzioni che non avevano mai preso.
D: Insomma c’è tutta una storia che riguarda la tutela del patrimonio storico artistico e questa riforma secondo lei -che tra l'altro è un vero esperto in proposito- non la rispetta?
R: Si certo, c’è una storia lunga più di un secolo e la Riforma non ne ha tenuto conto a mio parere ed ha proceduto nel più volgare livellamento di ruoli e funzioni; ma perché? Perché i principi sono altri, come le dicevo; i principi sono quelli basati sullo spettacolo, sull’apparire in tv, sull’idea che l’arte non implica studi, sacrifici, ricerche quanto piuttosto ritorni economici. E guardi che anche i grandi operatori commerciali del settore, i migliori antiquari non sono affatto d’accordo con queste gestioni eterodosse, non ci stanno, non ne vogliono sapere: abbiamo presentato alla Biennale dell’Antiquariato la quinta edizione voluta proprio da loro del volume sulla normativa circa la tutela dei beni culturali, per evidenziare la volontà di non sottostare ad una concezione del settore artistico basata su nastri, lustrini e mondanità. Queste occasioni, come anche l’evento di Ferrara cui abbiamo fatto cenno, s’impongono quanto meno perché concorrono a ristabilire la vera realtà delle cose e i rischi che si corrono quando l’arte viene piegata al fattore economico e poco o niente alla crescita civile e sociale.
D: Le dicevo anche delle critiche per l’arrivo di questi nuovi direttori per lo più da strutture straniere gestite spesso in modo del tutto diverso rispetto a come è in uso da noi.
R: Infatti questo anche è un problema, soprattutto rispetto alla gestione e al collocamento del museo rispetto al territorio e sono d’accordo con Spinosa che l’ha rimarcato. Posso rispondere parlando della realtà che conosco meglio, cioè questa di Bologna, che è stata da sempre sede di un soprintendenza storicamente forte, nel senso che fin dalla nascita della Pinacoteca -che possiamo far risalire al tempo dei rientri delle opere da Parigi, dopo le spoliazioni napoleoniche, ma già prima se vediamo quanto fece il papa Benedetto XIV- il raccordo territoriale è stata una caratteristica basilare; noi si partiva sempre con pochi mezzi a disposizione ad esplorare la provincia e il resto del territorio e non dico sempre ma spesso riuscivamo a fare nuove scoperte, nuove acquisizioni; facevamo  riunioni e progetti, lanciavamo la “campagna di miglioramento” girando per tutti gli spazi territoriali; oggi Bologna non ha più il territorio, perché la soprintendenza non esiste più, adesso esiste il Polo: mi spiegate cos’è ora  ‘sto Polo? Vorrei chiedere ad un politico che me lo spiegasse; in questo momento Bologna è solo la Pinacoteca. E mi pare che lo stesso stia accadendo per le altre grandi realtà museali e territoriali nelle quali le soprintendenze hanno sempre avuto un rilievo straordinario, penso a Napoli, con Molaioli, Causa, Spinosa, a Roma con Strinati, a Firenze … Senza contare che questi arrivi di nuovi direttori dall’estero suonano come uno smacco per gli studiosi italiani.
D: Vuol dire che  secondo lei le nomine non rispondo a criteri idonei a garantire soluzioni adeguate ?
R: Ma guardi che il ‘valorizzatore’ che viene dall’estero, chiamiamolo così, è stato scelto da una commissione costituita da persone serie e competenti, come Paolo Baratta che è stato il selezionatore. Ricordo che ci siamo sentiti, avemmo un colloquio in proposito prima delle nomine, voleva sapere cosa ne pensassi.
D: Ecco, dunque c’è stato un contatto precedente, quanto meno sono stati sentiti altri pareri?
R: Si, ma io non ho potuto esprimere nessun parere perché non conoscevo i nuovi nomi; ho parlato con Baratta e gli ho fatto presente che così, senza sapere i nomi, non sapevo dirgli cosa ne pensavo; gli ho fatto però anche presente che mi sembrava una vera e propria destituzione dei conservatori italiani.
D: Insomma, lei pensa che non sia stato tenuto nel debito conto il lavoro dei direttori e degli addetti ai lavori del nostro paese?
R: Guardi, tanto per cominciare l’allontanamento del  prof.  Natali dagli Uffizi, per dirne una, è una cosa vergognosa: ma poi in Italia ci sono anche giovani capaci e in grado di farsi valere se gli si dà l’opportunità; il problema semmai è che anche chi riesce a farsi luce poi non ha strumenti e mezzi per operare; nella crisi generale che attraversiamo il settore artistico è quello che ci rimette di più e con leggi come questa sarà ancor più svantaggiato perché si perde l’idea della tutela dell’opera d’arte. Con i vincoli permanenti che restringono l’operatività  e senza mezzi si corre ovviamente il rischio che si devii per altri lidi, cioè verso quegli eventi mondani di cui dicevo, quanto meno per far vedere che qualcosa si fa e si muove. Poi mi pongo un altro problema: i sindacati che faranno? Come si porranno di fronte ad un ‘valorizzatore’ che magari  non è al corrente di usi e regole consolidate? E chi sarà competente a dare ordini? Sarà bello vedere come funzioneranno le cose nei prossimi quattro anni, senza risorse, senza soldi per restaurare ecc . Qui a Bologna nell’Istituto per i Beni culturali creato da me quarant’anni fa i dipendenti danno l’impressione di non sapere cosa stanno a fare. Vedo purtroppo il rischio di molta confusione che è il frutto di chi opera senza conoscere la realtà delle cose.
D: Concludiamo con un auspicio professore. Lei che ha maturato per anni un’esperienza non solo di studi e ricerche ma anche di gestione e tutela del patrimonio cosa si sentirebbe di consigliare dopo questa conversazione  al ministro Franceschini che è anche un suo corregionale.
R: Beh, innanzitutto spererei  che non si alzasse e se ne andasse come ha già fatto un paio di volte. E’ vero, lui è di Ferrara; magari lo avessi di fronte. Gli direi soprattutto una cosa; gli direi ‘cerchiamo di capire cos’è la critica d’arte’, perché solo dalla normale e banale esercitazione della pupilla nasce la possibilità di occuparsi di queste cose affinché la loro conoscenza si possa tradurre in possesso critico e creativo. E’ tutto qui, non è difficile; lo hanno fatto Raffaello, Canova, Cavalcaselle, Roberto Longhi, Venturi : si tratta di guardare guardare guardare … La normativa non può nascere che da una vera ed effettiva conoscenza, ecco tutto.