La mia ferma convinzione è che, al pari di altre copie e derivazioni dall'
Elemosina di San Rocco,
eseguita da Annibale Carracci per la Confraternita di San Rocco e oggi alla Gemäldegalerie di Dresda (fig. 1), la tela qui in oggetto essenzialmente stia a testimoniare la fortuna di questo capolavoro, una delle opere fondamentali della prima maturità di Annibale: una fortuna che trovò il suo principale canale nelle
stampe di traduzione, che in questo caso cominciarono ad essere realizzate
assai precocemente.
Per come la vedo io il resto sono ipotesi azzardate, che cercano di dimostrare l'indimostrabile.
Annibale aveva inizialmente progettato la composizione del dipinto impaginata nel senso opposto? Visto che la gestazione del quadro si protrasse, come scrive lo stesso Annibale, per "
sette over più anni" non è impossibile pensarlo, anche se un simile errore di partenza sembrerebbe improbabile.
In ogni caso
il cambio di verso avrebbe implicato delle modifiche compositive. Poniamo che fossero stati gli stessi confratelli dell'oratorio a dire ad Annibale che il suo quadro, inizialmente destinato alla parete destra, sarebbe invece stato collocato su quella sinistra: a quel punto è ragionevole supporre che egli lo avrebbe interamente ripensato (e che non avrebbe mancato di ricordarlo a Giulio Fossi, che gli faceva fretta: “Guardate che siete voi che mi avete fatto perdere del tempo!”).
Il fatto poi che nel ‘modelletto’
San Rocco faccia l'elemosina con la sinistra (la
manus diaboli) è un elemento che milita a favore della sua derivazione dalla stampa in controparte e non dall'originale.
In ogni modo, che si tratti di una 'prima idea' di Annibale è un'ipotesi che non sono disposto a prendere in considerazione, e la cui fallacia, sotto il profilo dello stile e della qualità, dovrebbe risultare evidente a chiunque conosca la sua pittura.
Morale: al di là delle indagini diagnostiche, che possono al più circoscrivere l'esecuzione del quadro entro un
range piuttosto ampio (tra la fine del '500 e la metà del '600: per la diagnostica sono 50 anni, per la storia dell'arte sono due distinte ere geologiche), gli storici dell'arte non possono abdicare alle ragioni dell'analisi stilistica e del giudizio qualitativo, da condurre attraverso il confronto con altre opere stilisticamente e qualitativamente omogenee.
Se i confronti risultano fallimentari da questo punto di vista, è inutile procedere oltre.
Concludo. Se invece decidessimo che le indagini diagnostiche possono fornirci dei risultati più 'oggettivi' rispetto a quelli offerti dall'esame stilistico-qualitativo, allora dovremmo avere la coerenza di assumerli fino in fondo, senza aggiungere altro: e dunque limitarci a dire che il dipinto è opera di 'Pittore, 1590/1640'...
Daniele Benati, Università di Bologna, 09/11/2013