Giovanni Cardone Marzo 2023
Fino al 14 Maggio si potrà ammirare al Museo di Roma in Trastevere la mostra dedicata ad Armando Trovajoli nel decennale della sua scomparsa Armando Trovajoli. Una leggenda in musica a cura di Mariapaola Trovajoli, Alessandro Nicosia e Federica Nicosia. L’esposizione è promossa e prodotta da Roma Capitale,è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare. Musicista eclettico e dalla versatilità ineguagliabile, ha raccontato in musica quasi ottant’anni di vita e di costume, le sue melodie sono state la colonna sonora della generazione del dopoguerra, regalando sogni e segnando una pagina fondamentale della cultura italiana. Inventore di un nuovo metodo musicale, nelle sue composizioni tratta il materiale sonoro con semplicità e autenticità, celando tra le righe la sua grande sapienza. Autore di brani indimenticabili, le sue partiture, dal linguaggio immediato ed universale, permeano la storia, pietre miliari che hanno contribuito alla rinascita della commedia musicale italiana, reinventandone il suono. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Armando Trovajoli e sulla musica da cinema apro il mio saggio dicendo: Il sonoro in Italia fu adottato con tre anni di ritardo. Solo nel 1930 fu girata la prima pellicola con il nuovo sistema adottato negli Usa nel 1927. E’ il segno delle difficoltà che i produttori, a corto di capitali, dovettero affrontare. Fu il Fascismo che, annettendo grande importanza alla cinematografia, prese in mano la situazione, rilanciando l’industria nazionale. Il rapporto tra regime e cinema è stato già illustrato . Inutile ripetersi. Basterà ricordare che, qualsiasi cosa si dica sul cinema degli anni Trenta e primi Quaranta, sullo sfondo si staglia l’ombra del governo. Il primo film sonoro italiano fu La canzone dell’amore, 1930, di Gennaro Righelli, girato anche nelle versioni francese e tedesca. Il film inaugurò anche quella che sarebbe divenuta una specificità della nostra cinematografia d’anteguerra: incentrare la trama su alcune canzoni e su noti cantanti come interpreti. Interi film, con storie esilissime, furono girati esclusivamente per fare cassetta sfruttando la popolarità del cantante in voga. Il cinema si nutrì e fu veicolo della musica leggera del tempo. Film come Gli uomini che mascalzoni, 1932, di Mario Camerini, o Vivere!, 1937, di Guido Brignone, e altri analoghi, mandarono in visibilio le platee. Protagonisti e mattatori delle pellicole erano grandi voci dell’opera, quali Tito Schipa o Beniamino Gigli, e della canzonettistica, come l’affascinante, Alberto Rabagliati (22 film, in Italia e Usa, dagli anni Trenta fino ai Sessanta, con registi del calibro di Lattuada, Bragaglia, Soldati, Mankiewicz, Germi, D. Risi). Un gusto, nel complesso un po’ trash, ma che corrisponde a una corda che vibra nel pubblico italiano. Quei film degli anni Trenta furono, infatti, un’anticipazione del filone – il cosiddetto “musicarello” - che, a partire dagli anni Sessanta, ha imperversato nell’Italia del miracolo economico. E’ quello della cinematografia gorgheggiante dei vari Gianni Morandi, Little Tony, Adriano Celentano, Bobby Solo, Massimo Ranieri, fino alle pellicole partenopee di “caschetto d’oro”, Nino D’Angelo, degli anni Ottanta. Il musicarello degli anni Trenta-Quaranta si inaridì durante il conflitto 1939-1945. Poi persa la guerra, la voglia di cantare passò del tutto. La cinematografia italiana, mise da parte canzoni e telefoni bianchi, si vestì di stracci e scelse le rovine delle città bombardate come scenario. Nasceva così il “neorealismo” , creazione tutta italiana, che si nutrì di squallore e sentimenti intensi. Tutte cose che costavano poco. Il modo migliore di fare di necessità virtù: girare film suggestivi senza soldi. Di qui, anche l’uso di interpreti non professionisti, i cosiddetti “attori della strada”. Anche la musica si adattò ai film e ai tempi. Così affiancando immagine povere e realistiche, i suoni si fecero discreti e aspri.
Un critico dell’epoca, Fernando Ludovico Lunghi, disse a proposito del nuovo stile musicale cinematografico: “La parola stile potrebbe sembrare forse troppo impegnativa. Ma è certo che il film neorealista vuole la sua musica” . Questa nuova espressione si realizzò inserendo nella colonna sonora materiali extramusicali (rumori) e musica preesistente  folk allo scopo di dare alle immagini un sovrappiù di “realismo”. Non è quindi un caso che tra i maggiori coadiutori musicali dei registi neorealisti sia emerso Goffredo Petrassi, celebre musicista classico, ma aggiornato ed esperto dei nuovi suoni degli spartiti contemporanei. Petrassi ebbe un feeling particolare con Giuseppe De Santis, il regista di Riso amaro, 1949, e di Non c’è pace tra gli ulivi, 1950. Scrisse la musica per entrambe le pellicole utilizzando canti popolari, jazz e canzoni alla moda. Altrettanti ingredienti per dare “realtà” alle scene. Negli anni successivi, ormai psicologicamente lontani dalle ferite della guerra e dall’estetica avvilita del neorealismo, Petrassi collaborò, sempre in modo originale, con Pietro Nelli, La pattuglia sperduta (1954) e Valerio Zurlini, Cronaca familiare (1963). Un altro notevole interprete del neorealismo musicale fu Renzo Rossellini. E’ stato il compositore preferito del fratello, il regista Roberto, e musicò per lui Roma città aperta, 1945, Paisà, 1946, Germania anno zero, 1948, Stromboli, terra di Dio, 1949. Alessandro Cicognini fece invece coppia con Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, un duo regista-sceneggiatore che ebbe un parte fondamentale nel cinema italiano tra il 1944 e il 1955. Cicognini scrisse gli spartiti di Sciuscià, 1946, Ladri di biciclette,1948, Umberto D, 1951, Il tetto, 1955. Tanto Rossellini che Cicognini si accordarono allo stile dei loro registi. Il duro neorealismo di Roberto Rossellini trovò nel fratello un interprete molto sorvegliato che spogliò la propria musica di ogni melodismo e fece un uso ripetuto e consapevole del silenzio. Il neorealismo intimistico di De Sica fu invece perfettamente accompagnato dalla vena tardo romantica e crepuscolare di Cicognini, il quale si avvalse invece della melodia per commuovere lo spettatore all’unisono con la malinconia delle storie zavattiniane. Quella neorealistica fu una stagione di media lunghezza. A metà degli anni Cinquanta era esaurita. Gli stilemi pauperisticodrammatici furono sostituiti da una cinematografia più lieta, anche se amara, sarcastica e fustigatrice dei vezzi italici. Era venuto il turno della “commedia all’italiana” che - col neorealismo- dette il maggiore contributo propriamente italiano alla cinematografia internazionale. La nuova generazione di musicisti per il cinema conquista la ribalta negli anni Cinquanta- Sessanta. Il più anziano, Francesco A. Lavagnino (1909-1987), era un concertista di musica classica che a più di 40 anni dette una svolta alla propria vita legandola al cinema. Scrisse oltre 200 colonne sonore per pellicole di genere diversissimo. Fu tra i primi italiani a collaborare con produzioni e registi stranieri, quali i francesi René Clément e Christian-Jacque e gli americani Henry Hathaway e Orson Welles. Con Wells firmò Othello, 1952, scrivendo uno spartito in cui l’uso volutamente retorico della musica esaltava il clima metafisico della pellicola girata, un po’ follemente, in Marocco, Crimea, sulle rive del Dniestr, a Venezia, Roma e Parigi. Tra il film italiani musicati da Lavagnino, i simil-documentari (lungometraggi) in voga in quegli anni, Magia verde, 1954, Continente perduto, 1955 (di Carlo Lizzani), L’impero del sole, 1956, L’ultimo paradiso, 1957, La muraglia cinese, 1958, Calypso, 1959. Mario Nascimbene (1913-2002) era allievo di Ildebrando Pizzetti che – come si ricorderà - fu il primo musicista “alto” a collaborare col cinema in Cabiria . Nascimbene ha scritto le partiture per 300 film. Fu un grande sperimentatore e creò combinazioni sonore non meno avveniristiche di quelle dei musicisti più spericolati d’Europa e America. Usò nuove sonorità ottenute con macchine per scrivere, incudini, catene, piastre metalliche, ticchettii di orologi. Creò, con un ingegnere del suono, Gianni Mazzarini, il “Mixerama”, una consolle con tutti i suoni sopra citati e vari altri. Per una pellicola inglese del 1966, Un milione di anni fa, di ambientazione preistorica usò il suo “Mixerama” riuscendo a ottenere più di sessanta effetti sonori solo per il tempo di scorrimento dei titoli di testa. Per lo stesso film, con un lascito che è poi valso per tutte le pellicole del genere cavernicolo, creò degli effetti sonori per i dinosauri di solenne primitività. Per le danze di guerra degli ominidi, Nascimbene usò un percussionista di collana di castagne, tre suonatori di pietre solisti, un suonatore di mascella d’asino e un solista di “rastyrophon”, nome pomposo inventato dal maestro buontempone per un comune rastrello da giardino. Carlo Rustichelli lavorò molto con Pietro Germi ed ebbe due nomination all’Oscar, per Divorzio all’italiana, 1961, di Germi e per Le quattro giornate di Napoli, 1962, di Nanni Loy. Fu lui a musicare L’armata Brancaleone, 1966, di Mario Monicelli. Celeberrimo, anche per l’attività della sua personale orchestra e le numerose apparizioni tv (oltreché per qualche vicenda sentimentale), è stato Armando Trovajoli, romano, è stato l’autore del più moderno inno alla Capitale, Roma nun fa la stupida stasera, canzonetta composta per la commedia musicale Rugantino. Trovajoli non è solo un compositore, ma un musicista jazz di prim’ordine. Ha suonato con Miles Davis, Louis Armstrong, Duke Ellington, Chet Baker e Django Reinhardt. Tutto in lui, a cominciare dalla duttilità, lo portava all’incontro col cinema. Questo avvenne nel modo più casuale. Un giorno incontrò il regista Alberto Lattuada in Piazza di Spagna. “Era disperato –raccontò Trovajoli-. Mi disse: . In 24 ore gli scrissi quella str…zta del Negro zumbon, lui ci girò la scena con la Mangano e De Laurentiis ci fece pure i soldi perché la canzone andò in classifica anche in America” . Il film di Negro zumbon era Anna, 1951. De Laurentiis, entusiasta, chiese a Trovajoli un’altra canzone da tenersi di riserva per qualche altri film. Il Maestro però gli rispose picche. “Io non scrivo canzoni disse al produttore napoletano marito di Silvana Mangano . Se vuoi ti scrivo una colonna sonora”. Fu così che Trovajoli si dette al cinema, De Sica gli affidò la partitura de La ciociara e Trovajoli divenne il più noto musicista per film degli anni Sessanta e della storia del Cinema Italiano. In tutte le sue pellicole fece un uso enorme del jazz che era la “sua” forma di espressione musicale. Roma l’ha visto nascere, crescere, formarsi e divenire un artista geniale di fama mondiale. Lui, dal canto suo, ha sempre corteggiato la capitale con le note, ne ha cantato la fiabesca atmosfera, sublimemente umile e nobile, il fascino dei vicoli e delle strade. Armando Trovajoli è l’autore della celebre canzone “Roma nun fa’ la stupida stasera” del ’61, in cui il chiarore lunare, il “cri cri” dei grilli, le “stelle più brillarelle” e il “ponentino più malandrino” hanno fatto storia, continuano a brillare nell’immaginario collettivo, a far sognare e innamorare intere generazioni. Vapore trasognato nell’atmosfera tremula di Roma, questa romantica canzone tra Rugantino e la bella Rosetta nella commedia “Rugantino” del ’62 fu composta, nella prima edizione, per Lea Massari e Nino Manfredi con testo di Pietro Garinei e Sandro Giovannini. Canzoni come “Ciumachella de Trastevere” per Lando Fiorini o “Nunje da’ retta Roma” per Gigi Proietti, interpretata da questo con testo di Luigi Magni nel ’73, “Che m’è ‘mparato a fa’ ” per Sophia Loren con testo di Dino Verde del ’58, “Lady luna”, “Per una notte no” per Gianni Morandi del ‘64, la celebre “Aggiungi un posto a tavola” per Jhonny Dorelli nell’omonima commedia del ‘74, hanno scolpito il nome di Trovajoli, eclettico e finissimo sperimentatore, tra i grandi autori della musica leggera. Trovajoli inizia a studiare violino da bambino, mostrando uno straordinario talento musicale. Dopo il diploma in pianoforte e composizione musicale al conservatorio di musica di Santa Cecilia, nel ’37 entra nell’orchestra di Rocco Grasso e nel ’39 è membro di un gruppo jazzistico rinomato, quello di Sesto Carlini. Perfeziona gli studi musicali al Conservatorio Santa Cecilia di Roma nel ’48, coltivando la passione per il jazz e per la musica leggera. Nel ’49, degna di nota è la sua partecipazione al “Festival du Jazz de Paris” dove suona nella famosa “SallePleyel”. Profondo conoscitore ed estimatore della cultura popolare e della tradizione musicale dell’ ‘800, Trovajoli compone diverse trasposizioni per il teatro come quella per la commedia musicale “Ciao Rudy” di Garinei, Giovannini e Magni. Studia molto i motivi popolari dell’800, evocati continuamente e rielaborati nella sua musica; diviene famoso pianista e uno dei più importanti jazzisti italiani. Suona con artisti del calibro di Miles Davis, Chet Baker, Stephan Grappelli, Louis Armstrong, Duke Ellington e altri. Dirige un’orchestra di musica leggera per la RAI a partire dagli anni ’50 con un organico particolare di 12 violini, 4 viole, 4 violoncelli, 1 flauto, 1 oboe, 1 clarinetto, 1 corno, l’arpa, il vibrafono, chitarra elettrica, contrabasso, batteria e il pianoforte suonato da lui. Le sue creazioni musicali mescolano innovazione e impostazione jazzistica in eleganti e sofisticate modulazioni trasmesse dai microfoni di Radio Roma o durante le serate del settimanale musicale “Eclipse”, di cui è protagonista tra il ’52 e il ’53 assieme a Piero Piccioni. Incide un disco dal titolo “Musica per i vostri sogni” e dopo collaborazioni radiofoniche e trasposizioni per il teatro, nel 2007 è insignito del Premio speciale David di Donatello alla carriera, nel 2010 del premio “Federico Fellini 8 ½” per l’eccellenza artistica a Bari al Bif&st. Trovajoli è stato prolifico compositore di un centinaio di colonne sonore per film a partire dagli anni ’50. Sarto sapiente che ha tagliato e cucito melodie su misura per il “corpo sensuale” del cinema di quegli anni, rivestendolo di struggenti, briosi, malinconici o sognanti commenti musicali, firmava spesso con pseudonimi, come Roman Batrov. Le sue straordinarie e travolgenti partiture, come animate dal ‘magico mix’ che esplode quando un’assoluta padronanza della tecnica s’incontra con il talento creativo, hanno sapientemente espresso gl’interni e contraddittori sentimenti che albergano nell’immenso, frastagliato coacervo dell’animo umano. Le musiche di Trovajoli hanno impreziosito perle intramontabili della cinematografia italiana, come “Riso amaro” di Giuseppe De Santis del ’49 assieme al compositore di musica classica d’avanguardia Goffredo Petrassi, “Anna” di Alberto Lattuada del ’51 con Nino Rota, “Due notti con Cleopatra” di Mario Mattòli del ’54, “Una giornata particolare” del ’77 di Ettore Scola, “Giovani e belli” del ’96 e “Profumo di donna” del ’74 di Dino Risi, “La ciociara” del ’60 e “Matrimonio all’italiana” del ’64 di Vittorio De Sica, “Un giorno in pretura” di Steno, “Permette? Rocco Papaleo” del ’71 di Ettore Scola, film che per esempio dipinge con ritmi ebbri e strimpellanti. E la lista potrebbe continuare all’infinito, fino alle ultime colonne sonore composte nel ’96. Un talento vulcanico e iperattivo, dunque, fino alla fine, che ha partecipato a quel magico lavoro di squadra, a quella sintesi ‘alchemico-magica’ tra immagini e suoni, a quell’esattezza di tono, a quella sublime e misteriosa sintonia d’intenti che s’instaura, durante la gestazione di un film, tra regista, sceneggiatori, compositori, attori, tecnici e via dicendo. E tra arte e vita, set e mondo, individuo e collettività. Irresistibili ritmi scivolano davanti allo sguardo guardando “Anna” o “C’eravamo tanto amati”, e immergono lo spettatore in ieratici momenti di riflessione, struggente malinconia o in febbrili danze, fin quasi a far venir voglia di ballare, trasmettendo un’ebbrezza e un’inspiegabile, impagabile felicità. E’ il caso delle sensazioni che sgorgano sentendo la leggendaria canzone del maestro Trovajoli del ‘54 “El negro zumbon” (firmata con lo pseudonimo V.Roman) ballata dalla sbarazzina Silvana Mangano nel film “Anna”, diretto nel ’51 da Lattuada. Lo spartito di Trovajoli, quel ritmo così esotico e indomabile, travolgente, è entrato nella storia della cinematografia italiana e mondiale ed è stato ripreso da Nanni Moretti nel secondo episodio (Isole) di “Caro diario” e da Giuseppe Tornatore in “Nuovo cinema paradiso”. La voce di Silvana Mangano, sia nel parlato che nel canto, è doppiata, anche nell’altra canzone “Non dimenticar”, dalla cantante italiana FloSandon’s, in auge nell’immediato dopoguerra. La Mangano si limita, in queste scene, a cantare in perfetto ‘playback’. Una frenesia febbrile, intinta di ritmi tropicali, un’effervescenza contagiosa avvolgono l’attrice che balla e canta sulla scena e il gruppo di neri che dietro di lei suonano divertiti maracas e tamburi, nel buio fumoso di un night-club. La scena, preceduta dalla Mangano in vesti di suora sopraffatta dai ricordi del passato, è un’esplosione di vita, divertimento e leggerezza allo stato puro, quasi come se la storia per un attimo si stoppasse per far godere gli spettatori di uno spettacolo dentro lo spettacolo. Convulso, appassionato, irresistibile. Proprio come la musica e la feconda meteora esistenziale di Armando Trovajoli. Interessante che il maestro, sempre dichiaratosi non credente, faccia scatenare così, al suon di questi ritmi tropicali e sensuali, il personaggio di Anna che, da cantante e ballerina, diventerà una suora con mansioni d’infermiera in un ospedale. Lo stesso dicasi per la commedia musicale “Aggiungi un posto a tavola” con protagonista il parroco Don Silvestro in un paesino di montagna: Trovajoli disse di aver avuto dei problemi nell’ideare una musica consona al contesto clericale.
La musica di Trovajoli è un fuoco inestinguibile, il cui crepitio rivela un’infatuazione del maestro per la ricchezza della vita e per i sotterranei ritmi tribali, irrefrenabili che animano da sempre il prisma palpitante dell’intimo umano. Essa è ancora oggi in grado di contagiare di un brio seducente e immortale gli ascoltatori. Il maestro, anche se scomparso nel silenzio, è vivo nell’armonia adrenalinica ed emozionante dei suoi spartiti, delle sue composizioni trepidanti e birichine, nell’anima – eterna bambina – della sua musica.  Ricordiamo che fu accademico di Santa Cecilia e Cavaliere di Gran Croce dell'ordine al merito della Repubblica italiana, appassionato di pianoforte e jazz, è passato dalla commedia musicale al cinema, alla radio, alla tv. Dice Trovajoli: “È valido anche il silenzio, ma dove ci dev’essere una sottolineatura, una sensazione, un pathos…. un qualcosa che faccia vibrare lo spettatore bisogna farlo con l’orchestra…”. Cantore di Roma,protagonista di una storia d’amore infinita con la sua città durata tutta la vita,eterna e perenne senza enfasi, romanticamente sconfinata. Ha reso onore a Roma con la sua arte e sostenuto, nel corso della sua carriera, numerose iniziative per la città. Il 30 maggio 2013, tre mesi dopo la sua scomparsa avvenuta il 1° marzo 2013, Roma Capitale gli ha reso omaggio intitolandogli il Ponte della Musica Armando Trovajoli. Nella mostra al Museo di Roma in Trastevere sarà possibile ripercorrere, attraverso una ricca collezione di documenti, foto, video, musiche, oggetti personali, come i suoi inconfondibili occhiali, l’itinerario di una vita e una carriera eccezionale che tocca la memoria collettiva. In mostra anche il copione e la partitura cui stava lavorando nei suoi ultimi giorni: sognava di fare una versione teatrale del film Tosca. Non è stata un’impresa facile raccontare la sua grande avventura in un’esposizione: l’idea nasce da Mariapaola Trovajoli per recuperare uno spazio dove stimolare l’interesse del pubblico e rivivere ricordi ed emozioni, con la musica e oltre. Dietro una lunga ricerca di materiali, esposti per la prima volta, si documenta l’immenso patrimonio artistico e la vita di un uomo prodigioso. Nove le sezioni in cui è suddivisa l’esposizione: Gli inizi, Il Jazz,Il Pianoforte, La Radio, Il Cinema, Le Commedie musicali, La Televisione, Le Passioni, Il Maestro e Roma. La mostra sarà arricchita anche da un catalogo edito da Gangemi Editore che contiene storia, immagini e anche un lungo elenco di straordinarie testimonianze, da Sophia Loren, Pippo Baudo, Renato Zero, Sabrina Ferilli, Valerio Mastandrea e tanti ancora.
Museo Roma in Trastevere
Armando Trovajoli. Una leggenda in musica
dall’ 11 Marzo 2023 al 14 Maggio 2023
dal Martedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 20.00
Lunedì Chiuso