Firenze, la città che più di ogni altra trabocca d’arte in ogni sua forma, nei musei così come nelle piazze, è ultimamente al centro di numerose polemiche per un caso davvero singolare che vede scontrarsi l’arte contemporanea con questioni burocratiche.
La situazione riguarda nello specifico l’artista francese
Clet Abraham, figlio dello scrittore
Jean Pierre Abraham, e in particolare la sua scultura in vetro resina dal titolo “L’uomo comune”, ormai sotto inchiesta dal 2005.
L’uomo comune o meglio “
l’omino”, come viene “affettuosamente” denominato dai fiorentini, fu installato dall’artista per la prima volta nella notte del 19 gennaio di cinque anni fa, proprio mentre in
Palazzo Vecchio si esponeva il
teschio di diamanti di
Damien Hirst. L’opera di
Clet fu però rimossa e trasferita presso la depositeria comunale.
Per nulla intimorito da tale azione e convinto della sua idea di porre l’arte al centro della libera fruizione popolare, l’artista nel giugno 2013 posizionò nel medesimo punto una copia in polistirolo, tentativo però anche questo rivelatosi vano e che si concluse con il danneggiamento dell’opera da parte di ignoti, avvenuto nel luglio 2014, che ha gravemente leso la struttura della scultura, motivandone la rimozione allo scopo di salvaguardare l’incolumità dei passanti.
Allo stesso tempo è stata avviata in procura un’indagine contro l’artista per deturpamento del paesaggio, in quanto i lungarni in città sono tutti sottoposti a vincolo paesaggistico e soprattutto perchè il
Codice dei beni culturali vieta le opere eseguite senza autorizzazione. In teoria, dunque,la violazione si estinguerebbe con la rimozione dell’opera, cosa che per l’«uomo comune» avviene ormai di frequente, trasformando questa vicenda in una questione infinita.
Secondo quanto riscontrato dalla procura l’opera, oltre a non avere l’autorizzazione, “ostacolerebbe la fruibilità del ponte”, motivazione contestata dall’artista stesso che ha provato a far ricorso, ritrovandosi a pagare una multa di 191 euro.
Clet ci aveva, dunque, riprovato ad aprile di quest’anno ricollocando, in netta polemica con le installazioni di
Jan Fabre in
piazza della Signoria, “
l’omino” su
ponte alle Grazie. L’opera è qui rimasta fino al 23 giugno, quando è stata nuovamente rimossa dai vigili del fuoco.
L’artista che non perde però mai la sua ironia e sempre più determinato nella sua polemica contro l’arte contemporanea e le scelte intraprese in merito dal
Comune di Firenze, ha così commentato, sarcasticamente, la vicenda: «c
on quest'opera volevo far passare un messaggio, e ringrazio calorosamente la procura di Firenze per avere spontaneamente partecipato all'esperimento con ben due procedimenti penali. Volevo infatti verificare e dimostrare pubblicamente quanto il solo sogno di un passo libero (rappresentato dall'uomo comune) potesse risvegliare lo spirito di censura degli appassionati della norma».
Una vicenda, dunque, che si configura sempre più come una battaglia tra autorità, che impongono, giustamente, il rispetto delle disposizioni vigenti in materia di
Beni culturali, e libertà d’espressione e diritto di protesta di un artista, che trova in tal situazione un grande consenso popolare.
Certamente si tratta dal punto di vista legale di un’opera abusiva, ma continuare a rimuoverla e ad alimentare polemiche e battaglie legali contro lo spirito irriverente e determinato di un’artista come
Clet non porterà mai da nessuna parte. L’Uomo comune tutto sommato non sembra deturpare affatto il paesaggio; anzi ormai si è ben integrato con il paesaggio ed è talmente impresso nella mente dei fiorentini che passando in questi giorni sul ponte alle grazie se ne sente quasi la mancanza.
D’altro canto, come affermato da
Clet «
Firenze si sta aprendo all’arte contemporanea e questo è positivo,ma ci vuole una vera alternativa».
Forse il Comune fiorentino dovrebbe far qualcosa in più per promuovere gli artisti che ha già sul proprio territorio e in parte la protesta di Clet vuol porre l’accento proprio su questo punto. Non è necessario cercare grandi nomi per avvicinare la gente all’arte contemporanea.. In fondo basterebbe riportarla nelle piazze e metterla a stretto contatto con il pubblico.
11/ 7 / 2016 Francesca Callipari