La storia delle pioniere italiane dell’
Arte Astratta del Novecento, sta per sbarcare nelle sale settecentesche di
Villa Olmo a Como a partire dal 19 Marzo prossimo, il mese delle donne.
Carla Badiali con la sua Composizione n. 3 del 1932-1936 ci regala una “spritzosa” locandina da “aperitivo jazzista” dell’evento culturale.
Le sue opere sono conservate in permanenza presso la
Pinacoteca civica della dimora storica comasca.
Organizzata dal Comune di Como a cura di
Elena di Raddo, la mostra si collega ideologicamente a “L’altra metà dell’Avanguardia”, esposizione ideata da Lea Vergine, presentata a Palazzo Reale di Milano nel 1980, che rilanciò in modo inedito l’attività di oltre cento artiste europee, russe ed americane,
cut out ossia “ignorate e scomparse”. Da invisibili divennero così visibili.
Ora a distanza di tempo si viene a creare una ramificazione immaginaria (Ah quel ramo del Lago di Como!) “attraccando” in prima banchina (prima sala espositiva) con la sezione
Segno e Scrittura di
Carla Accardi (fig.2) e il suo gruppo Forma (fondato il 15 Marzo del 1947 insieme ad Achille Perilli & co., protagonista dell’arte milanese astratta). Artista del dopoguerra italiano dai segni primordiali, incisivi e non delicati, ebbe un
feeling istantaneo con i pittori e gli intellettuali, che erano soliti incontrarsi nell’
atelier di Renato Guttuso. Negli anni’60 Carla realizza gli “alfabeti immaginari”, la cui carica cromatica esplosiva risente dell’influsso della Pop Art. Le sue opere sono dei veri e propri labirinti ottico-visivi. (“un dipinto deve dirti quello che vuole in brevissimo tempo e deve riuscirci attraverso una sensazione – ossia il piacere dell’occhio” – cit. Accardi ).
Mentre con lo sguardo navighiamo in queste superfici sconfinate, giungiamo alla seconda banchina:
Du Pasquier,
Fedi e
Chung Eun Mo con la sezione
Geometrie .
Incorpora una simbologia intrinseca dell’impenetrabile (
no see through) la
“Struttura XXX” di Fernanda Fedi (1975): siamo donne, siamo tutte d’un pezzo, siamo d’acciaio, dimostriamo una volontà ferrea da sempre in ogni circostanza della vita, operiamo in
multitasking, siamo un passo avanti! Il
woman power è rappresentato anche dalle opere di Chung Eun-Mo: l’artista coreana dipinge figure architettoniche e cerchi geometrici di colore armonici, che richiamano quelli del
curling (entrambi danno una bella spinta, una artistica, l’altra sportiva e soprattutto ambedue hanno fatto centro! A livello di apprezzamento si intende). Nata a Seul nel 1946, vive in Italia dagli anni ‘80 (dopo un lungo periodo di studi tra New York, Parigi e Monaco), passando da Roma, spostandosi a Torre Orsina (borgo medievale umbro arroccato) ed infine Milano, dove ha acquistato una grande casa-studio nel creativo e
multicolor quartiere di Nolo.
Du Pasquier con le sue opere ci apre invece tutte “le porte delle possibilità infinite” e così ci ritroviamo lì “sedendo e mirando” davanti al suo quadro, come fossimo dinanzi ad una finestra aperta sul mondo.
Mentre ci spostiamo alla terza banchina ci chiediamo: cosa lega queste artiste a Como?
Beh sicuramente la Struttura XXX come le altre opere, ben si addicono all’architettura razionalista territoriale, ma anche la presenza del Setificio del Lago, famoso in tutto il mondo per la sua fervida manualità creativa. L’opera di Fedi è come una trama setosa luccicante e “zoomata”. Dall’acciaio al ferro il passo è breve e ci ritroviamo così nella sezione di
Meditazione/Concetto con
Franca Ghitti e le sue forme sperimentali sul linguaggio moderno e nuove linee di ricerca. Lei ci “culla” con le sue incisioni lignee. Il legno e il ferro sono gli elementi principi, due “promessi sposi”, che ci riportano indietro nel tempo. Siamo come su una barca, che naviga sulla terraferma. Indimenticabile è la sua scultura leggiadra con tre vele leggermente inclinate, formate da irregolari e sottili elementi ferrosi, parallelamente accostati. Con i materiali utilizzati si crea un legame primordiale.
Un corpo a corpo come quello protagonista della sezione successiva:
Corpo/Azione/Re-Azione, in cui il dipinto diventa il risultato di un atto o di una elaborazione.
Come si indaga anche nella dimensione partecipativa dell’arte nel secondo Dopoguerra nella sezione
Spazio/Luce. La modernità è uno degli aspetti più caratteristici dell’astrazione. Vengono utilizzati materiali nuovi come vetro e
neon. In questa area troviamo le opere di
Vigo e
Varisco.
Siamo pronti a lasciarci trasportare dal vento a bordo di una vela luminosa, costeggiando le sponde del Lago di Como?
E’ quello che ci propone Nanda Vigo con il suo “Trigger of the space”, 1974 : opera in cristalli, specchi e
neon, è giunta in prestito dall’Archivio Nanda Vigo di Milano. L’installazione sarà collocata al piano nobile della Pinacoteca, dedicato ai progetti temporanei.
Le opere di Varisco sono invece come “ancorate” (sono ospitate e allo stesso tempo ospitano l’ambiente circostante, sagomandolo, senza riempirlo) ed il caso e l’inaspettato sono terra di esplorazione. Vengono percorse rotte inusuali, “circumnavigando” il disponibile spazio visibile.
Largo a queste donne artiste! Anche la nostra fantasia prende il largo…sul Lago di Como.
Maria Cristina Bibbi
Didascalia Immagini
- Carla Badiali, Composizione n. 3 del 1932-1936
- Carla Accardi, Sezione Segno e Scrittura
- Fernanda Fedi, Struttura XXX, 1975
- Chung Eun Mo, Sezione Geometrie
- Du Pasquier, Sezione Geometrie
- Nanda Vigo, “Trigger of the space”, 1974
Info
Astratte. Donne e astrazione in Italia 1930-2000
Villa Olmo, Como, dal 19 Marzo 2022 al 29 Maggio 2022