picasso_tre-musicisti
Il genere di relazione che in questa sede proveremo a interrogare (quello fra musica e cubismo) ha una natura plastica e per vari versi controversa, sulla quale mi sembra necessario spendere qualche parola preliminare di carattere generale (o teorico, se si vuole).

L’oggetto critico che qui si vuole mettere a fuoco è, infatti, il legame fra il cubismo per come lo conosciamo - dirompente, trascinante, rivoluzionario, utopistico movimento-guida nell’ambito delle avanguardie dell’arte figurativa fra la fine del primo e il secondo decennio del Novecento, che s’ispira all’ultimo Cézanne e ruota intorno alle grandi personalità di Picasso e Braque, e poi Delaunay, Gris, Metzinger, Léger, Picabia… - e la musica all’incirca coeva.

Si tratta di una connessione che vanta basi storiche certe ma che pone questioni critiche molteplici e non di poco momento. Procedendo per gradi, la prima domanda di ordine generale alla quale si dovrebbe rispondere, almeno implicitamente, potrebbe essere formulata così: entro quali limiti, con quali precauzioni e per quali finalità può risultare lecito e utile importare una definizione nata in riferimento a una certa classe di oggetti (per esempio, l’arte figurativa) allo scopo di qualificare un’altra e sostanzialmente diversa classe di oggetti (per esempio, la musica)? Un quesito del genere si pone quando diciamo che Jacob Arcadelt o Andrea Gabrieli sono musicisti “rinascimentali”, o che Beethoven è “romantico” (ma anche, a scelta, “classico”), o Debussy “impressionista” (ma anche, a scelta, “simbolista”): operazioni di sintesi concettuale del tutto comuni ma non per questo meno ardite, che, se pragmaticamente sembrano creare ben pochi problemi, per poter risultare fondate e di qualche utilità è necessario mantenere sotto controllo nei loro effettivi confini semantici. Il che vale a maggior ragione quando proviamo ad avvicinare, per quanto indirettamente e con la massima prudenza, a un qualsiasi musicista del Novecento storico l’etichetta di “cubismo”.
 
Picasso_Donna_con_mandolinoPassando dal generale al particolare i problemi si moltiplicano e proveremo qui di seguito a sintetizzarli sotto forma di quesiti critici. Innanzitutto, 1) per quale produzione musicale può risultare filologicamente fondata la connessione al cubismo e ai suoi artisti principali? 2) In quali composizioni si riscontra una condivisione di programma o di poetica con la pittura cubista? E in quale musica, invece, si possono stabilire più generali affinità stilistiche o di carattere con essa? Infine, 3) quale produzione musicale dei primi decenni del Novecento è assimilabile all’arte cubista quanto a ruolo svolto, impatto socio-culturale, influenza sui musicisti delle generazioni successive?

Si tratta di domande che, pur intrecciandosi in più punti, sollevano problematiche diverse e mettono capo a risposte diverse e talora perfino contraddittorie fra loro. Detto in breve, infatti, la prima concerne essenzialmente contatti e collaborazioni effettivamente determinatisi fra pittori cubisti e musicisti coevi, e quindi assume come parametri sostanziali puntuali coordinate spazio-temporali e ambientali comuni (essenzialmente la Parigi degli artisti d’avanguardia fra il 1910 e non oltre la metà degli anni ‘20). Le date qui sono essenziali perché ancorano, seppure con una certa elasticità, i nomi individuati a una fase precisa sia della storia del cubismo come “movimento” sia delle loro personali parabole creative (com’è noto in alcuni casi assai volubili).
 
braque-violino_spartitiLa seconda domanda mette al centro la questione delle connessioni e delle affinità, più o meno intenzionali, di poetica e/o di stile (marginale nel punto precedente), a prescindere dalle tangenze reali, fisiche e professionali che possono essersi prodotte fra i vari artisti.
La terza, infine, richiede una comparazione per così dire assoluta, in termini di ruolo, importanza, qualità, fama, effetti, tra la produzione dei principali esponenti del cubismo e i principali musicisti d’avanguardia della prima metà del Novecento.
 
juan_gris_chitarra_e_clarinetto_1920Cominciamo intanto col riassumere brevemente i principali dati in nostro possesso che consentono di fondare il discorso storico intorno alle relazioni, innegabili, fra la musica e il cubismo.

Innanzitutto sappiamo che musica, musicisti e strumenti musicali, evidentemente non per caso, furono protagonisti di tanti dipinti di Braque, Picasso e Gris. Sappiamo poi che diversi pittori cubisti, in particolare Delaunay e Picabia, hanno esplicitato anche a livello di poetica l’interesse e l’affinità tra musica e pittura (per loro, oltre che per Duchamp e Léger, Apollinaire impiegò il termine di “orfismo”, a sottolineare la componente lirica e in senso lato musicale della loro pittura).
 

Picasso_Parade(1)Sappiamo, inoltre, che Picasso e Léger furono impegnati a più riprese nella realizzazione di scene e costumi per spettacoli musicali, lavorando a fianco di compositori di prima importanza (sebbene in anni di progressivo distacco dalla temperie stricto sensu cubista, la cui imagery venne riducendosi sempre più a una sorta di repertorio da cui attingere liberamente).
 
Picasso_costumi_ParadePicasso nel 1917 eseguì su commissione di Diaghilev (il grande impresario e produttore del Balletto russo) le scene, i costumi e il grande sipario del balletto Parade, su soggetto di Cocteau, con la musica di Satie e le coreografie di Massine: uno dei grandi eventi artistici (al contempo spettacolare fiasco e grande affermazione dello spirito modernista) della Parigi bellica; nel 1919, sempre per Diaghilev, Picasso ideò scene, costumi e sipario de Le tricorne (Il cappello a tre punte), balletto sulle musiche di Manuel De Falla messo in scena al teatro Alhambra di Londra; e l’anno dopo, ancora per Diaghilev, creò la scenografia di Pulcinella sulle musiche (pienamente neo-classiche) di Igor Stravinsky. Nel 1924 fu impegnato nel balletto Mercure, ancora con le musiche di Satie e la coreografia di Massine, e infine, poco dopo, nelle scene per un adattamento di Cocteau dell’Antigone di Sofocle con le musiche di Arthur Honegger.
Leger_Skating_RinkLéger fu autore delle scenografie per il balletto Skating Rink di Rolf de Maré, da un poema di Ricciotto Canudo e su musiche dello stesso Honegger (1922); quelle per La Creation du monde (1922-1923), ancora per la Compagnia Svedese di Balletto di Rolf De Maré, sui testi di Blaise Cendrars e la musica di Milhaud, col quale il pittore collaborò nuovamente quasi tre decenni più tardi per l'opera Bolivar. Nel 1924 Léger girò il film sperimentale Le ballet mécanique con le musiche di George Antheil, e infine, ma siamo ormai nel 1948, fu impegnato nelle scenografie del “balletto industriale” Les pas d’acier di Sergei Prokofev, di nuovo, come già per il Bolivar, con le coreografie di Lifar.
 
Leger_La_Creation_du_mondeLeger_-_Bozzetto_per_La_Création_du_Monde












Erik_Satie_ParadeCom’è agevole constatare, tra i musicisti ricorrono soprattutto i nomi di Erik Satie, Darius Milhaud e Arthur Honegger: questi ultimi due tra i membri di  maggiore spicco de Les six, il gruppo di compositori attivi a Parigi che, sotto l’egida di Cocteau e con la benedizione esterna proprio di Satie, s’impegnarono, ma senza alcuna omogeneità programmatica, per un generico e di fatto piuttosto blando rinnovamento in chiave modernista e anti-romantica della musica francese.
 
l'Herbier_l'inhumaineOltre alla succitata Creation du monde con le scene di Leger, Milahud compose nel 1919-1920 le musiche per il balletto Les Boeuf sur le toit (Il bue sul tetto), coi testi di Cocteau e le scene di Raoul Dufy, e nel 1924 fu impegnato nella colonna sonora per il film d'avanguardia di Marcel L’Herbier L’Hinumaine, alle cui scenografie, apertamente ispirate all’arte cubista e futurista, collaborò nuovamente Léger.
Accanto ai nomi di Milhaud e Honegger si può al più richiamare quello del terzo esponente principale dei Six, Francis Poulenc, il quale musicò nel 1919 Le Bestiairie, ou Le cortège d’Orphée, su testi di Guillaume Apollinaire, primo grande critico e cronista del cubismo, del quale, nel corso del quarto e quinto decennio, Poulenc tornò a più riprese a musicare gruppi di Poémes per voce e pianoforte.
 
Milhaud_Le_Boeuf_sur_le_toit(2)Per richiamarci alle distinzioni operate introduttivamente, sono stati dunque Satie in primis, e poi Milhaud e Honegger, le personalità che hanno avuto maggiori incroci professionali e ambientali con i protagonisti del cubismo, e hanno più profondamente condiviso con loro il clima culturale d’incomparabile effervescenza della Parigi a cavallo della prima guerra mondiale. Sarebbe però arduo sostenere che nelle loro composizioni siano presenti sostanziali elementi comuni con l’opera di Picasso, Braque, Gris o Léger. In Milhaud troviamo certamente una volontà di semplificazione strutturale, una libertà anti-accademica nella commistione di elementi spuri, che contempla suggestioni jazz (ma ben più vicine a Gershwin che a Fletcher Henderson o Louis Armstrong: tra l’altro è da rimarcare che le prime de La Creation du monde e della Rhapsody in Blue si ebbero a tre mesi di distanza l’una dall’altra, ai capi opposti dell’oceano), spunti melodici di carattere esotico (brasiliani o in senso lato africani), un generico “primitivismo”, un uso disinibito di temi popolari e un’inventiva piacevolmente licenziosa nella ritmica e nell’orchestrazione dei suoi brani, all’interno però di una cornice armonica rigorosamente tonale e di una indiscutibile gradevolezza melodica: infinitamente più potabile, leggera e “innocente”, va da sé, dell’arte di Picasso, Braque o dello stesso Léger. Fatte le debite proporzioni col pubblico parigino degli anni ’20 (che comunque ne aveva già viste e sentite di cotte e di crude), ascoltato oggi un brano emblematico come Le Boeuf sur le toit risulta del tutto accattivante e sin quasi disimpegnato nella sapiente e lieve ironia delle sue garbate trasgressioni ritmiche, melodiche e coloristiche.
Il discorso su Satie e Honegger (compositore di rango indiscutibile, quest’ultimo, a dispetto di una fama e di una presenza nelle sale da concerto decisamente circoscritte) imporrebbe specifiche messe a fuoco ma, mi sembra di poter dire, non muterebbe la sostanza del ragionamento, che può essere così sintetizzata: questi musicisti furono bensì contigui ad alcuni dei grandi attori del cubismo, ma di fatto poterono condividere assai modestamente lo spirito, i presupposti programmatici e le sperimentazioni che sostenevano potentemente l’attività di quelli, perche nella loro opera il demone dell’avanguardia ricevette sempre una prudentissima accoglienza e le istanze del modernismo albergarono in forme superficiali: e di certo non si renderebbe un buon servigio a Picasso (o Braque, o Léger, o Gris), ma per altro verso neanche a Satie, Milhaud o Honegger, paragonando sotto qualsiasi rispetto la natura e il peso specifico delle loro rispettive produzioni.
 
Stravinsky_dirige_Sacre_du_printempsSe vogliamo individuare più profonde affinità programmatiche o di carattere tra il cubismo e la musica del tempo, è evidente che dovremo rivolgerci altrove: pur considerando le differenze di stile e di dichiarazioni d’intenti, e gli scarti di cronologia, è chiaro che su questo piano più generale di valutazione, indipendente dalla stretta contingenza storica, i veri compagni di strada di Picasso e Braque saranno allora, in primo luogo, lo Stravinsky selvaggio del Sacre du printemps, e poi (forse perfino maggiormente, al di là dell’evidente pertinenza di carattere con le coeve poetiche espressioniste) lo Schoenberg del Pierrot Lunaire, il Bartok del Castello del Principe Barbablù, il Berg del Wozzeck, il Webern della Sinfonia op. 21.

Berg_WozzeckSe, infine, la domanda è se esista ed eventualmente quale sia un “movimento” musicale paragonabile in termini di importanza e influenza al cubismo, in quanto vertiginoso fattore di sviluppo dell’arte visiva del XX secolo, la risposta, fatta salva la portata storica e ovviamente il livello artistico dello Stravinsky di Petrouchka, Sacre, Histoire du soldat, Apollon Musagète, mi sembra obbligata: è la Scuola di Vienna di Schoenberg, Berg e Webern, da cui di fatto dipende (seppure talora per contrasto) tutta la musica d’avanguardia occidentale della seconda metà del Novecento.
                                                           Luca Bortolotti, 31/01/2013
 
 
03lunaire2_rNota bibliografica

Per il taglio scelto in questo breve scritto - orientato a interrogare nella sua configurazione teorica il problema dei rapporti tra cubismo e musica - direi che, almeno per le mia conoscenze di non musicologo, una bibliografia in senso stretto “di riferimento” non c'è. Esistono certamente, altresì, moltissimi studi, cronache, raccolte di documenti, cataloghi di mostre dedicati alla vita culturale parigina dei primi due decenni del Novecento e all’infinità di rapporti che colà allora s’intrecciarono fra pittori, scultori, letterati, musicisti, coreografi: e a una piccola parte di quelli essenzialmente si rimanda in questa nota.
Il presente intervento, in ogni modo, è costruito assai più sulle mie riflessioni di storico dell’arte interessato alla musica che sullo stato del dibattito intorno alle relazioni fra arti visive e musica nei primi decenni del secolo.
Se mi sembrerebbe incongruo e assurdo fornire qui di seguito una bibliografia su Picasso, Braque, Leger o sul cubismo, citando per esteso, tanto per dire, gli scritti di Leymairie o Penrose, Valsecchi o Prat, Barr o Rubin, Golding o Rosemblum (studiosi insostituibili, che il lettore troverà citati in qualsiasi lavoro dedicato a questi argomenti), per approfondire l’aspetto storico-culturale e più strettamente legato all’ambiente musicale mi limito a suggerire:
R.H. Myers, Eric Satie, Paris, Gallimard, 1981;
E. Hurard-Viltard, Le Groupe des Six ou le Matin d'un jour de fête, Paris , Klincksieck, 1987;
R. Schattuck, Gli anni del banchetto. Le origini dell’avanguardia in Francia (1885-1918), Bologna, Il Mulino, 1990;
M. Guatterini, M. Porzio, Nijinska, i Sei e Satie, Milano, Mondadori, 1991;
J. Roy, Le Grupes des Six, Paris, Editions du Seuil, 1994;
F. Testi, La Parigi musicale del primo Novecento. Cronache e documenti, Milano, EDT, 2003.
La danza delle avanguardie. Dipinti, scene e costumi da Degas a Picasso, da Matisse a Keith Haring, a cura di G. Belli, E. Vaccarino Guzzo, cat. della mostra, Rovereto, MART, 17 dicembre 2005 – 7 maggio 2006, Milano, Skira, 2005.