Al Palazzo Reale di Milano viene presentata una retrospettiva dell’artista piemontese Carlo Carrà, conosciuto particolarmente per i suoi quadri futuristi. Egli invece abbraccia più movimenti, come il divisionismo e il ritorno all’ordine, proprio come vuole segnalare la mostra, che mette in evidenzia ciò che non si conosce e che invece deve essere compreso per sapere di un vero artista a tutto tondo.
La prima sala della mostra riguarda il primissimo periodo artistico di Carrà, il periodo divisionista: a cavallo fra ‘800 e ‘900 il pittore viaggia molto, soprattutto in Francia, dove conosce i grandi pittori impressionisti e frequenta specialmente Monet e Pissarro. La tecnica dei primi quadri racconta l’influenza dei pittori francesi: l’uso dei colori fa sì che la luce dia la forma ai soggetti, dando un senso sinuoso e movimentato delle forme (tecnica che estremizzò poi col periodo futurista). Al contrario, i soggetti appartengono alla tradizione (tipicamente italiana) del divisionismo: con paesaggi naturali delle campagne e delle colline piemontesi, appartenenti all’infanzia del pittore. Con essi ha saputo comunicarela bellezza primitiva, la solitudine e un pizzico di melanconia che solo la natura può trasmettere.

La seconda stanza è dedicata al periodo futurista. Momento molto particolare e rivoluzionario che nasce a Milano nel 1909, dove Carlo conosce Marinetti, Boccioni, Russolo e Severini. Una fotografia li ritrae tutti con tanto di cappello e bastone come la moda di inizio secolo. Si inizia coi disegni. Essi fanno capire il sentimento forte, energico, meccanico del pittore. Non solo disegna linee e movimenti veloci con la china, ma descrive con frasi o parole sentimenti, situazioni e semplici pensieri di vita quotidiana. Non mancano le sperimentazioni dei collage, che utilizzerà anche nel periodo del primo dopo guerra avvicinandosi all’avanguardia della metafisica. E ora i quadri futuristi. La tecnica e i soggetti sono assolutamente inerenti al movimento, ma Carrà si distingue dagli altri pittori. Per lui l’innovazione di quella fase è soltanto un passaggio che fa parte della sua evoluzione artisticae non una meta raggiunta, anzi, sembra quasi che non si fosse mai staccato dal divisionismo e abbia continuato ad utilizzarlo con la consapevolezza del cambiamento radicale artistico che stava vivendo Milano e poi l’Italiain quel periodo. Con la consapevolezza che i tempi stavano cambiando e lui, insieme ad altri, stavano al passo, o meglio “marciavano” (e non marcivano) creando una delle più importanti avanguardie che l’Europa abbia mai conosciuto.
Passa la Grande Guerra. È il 1918. Il futurismo italiano è morto, come sono morti 37 milioni di italiani sul fronte, compreso il caro amico Boccioni.
La terza parte della mostra comprende più di una stanza e forse è proprio quella più sentita. Infatti, si nota la prestanza del curatore ad interrogarsi particolarmente su questo momento tragico e di “ritorno all’ordine” del primo dopo guerra. Qui notiamo un Carrà totalmente diverso. Sicuramente la delusione della guerra e le aspettative che poi si sono rivelate false, hanno cambiato radicalmente la maggior parte degli artisti italiani. Il genio abbraccia l’avanguardia metafisica e la critica di Magritte. Il collage è sempre presente, ma viene utilizzato in altro modo. Il pittore influisce alla corrente artistica “Ritorno all’ordine”, che prescrive, come da manifesto, la centralità della storia e della tradizione, del racconto e della celebrazione aulica rifiutando gli estremi dell’avanguardia, ritornando quindi ad un tipo di ispirazione tradizionale. Trasferitosi in Toscana, a Forte dei marmi, con la moglie e qualche amico, Carrà dipinge un’infinità di quadri. Rappresenta paesaggi marini, barche, tramonti, case nella campagna e bagnanti. I soggetti sono statici, rigidi, plastici, tutto è fermo, finto. Anche nel quadro delle bagnanti, utilizzato come manifesto della mostra, presenta queste caratteristiche: le figure sono immobili come manichini. La palette dei colori è soprattutto calda, coi rossi, gli ocra, gli arancioni, i marroni ma ci sono anche colori freddi (come ne “Il pino sul mare” del 1921) che vanno dal blu molto intenso al ciano al verde scuro. Sono questi i cromi che usa nei suoi quadri. Infine un cortometraggio Rai degli anni ’60 fa vedere il pittore nella sua casa al mare. Gioca a carte con gli amici, tra cui anche lo storico dell’arte Roberto Longhi, si dedica alla pittura, fuma una sigaretta con la moglie, gioca a bocce.

Insomma, di Carlo Carrà, un grande pittore e genio italiano, ne vale davvero la pena di conoscere la sua sensibilità e delicatezza con cui decifrava il mondo. Scorgere, per un momento, lo sguardo al percorso artistico, duro, vitale e immergersi all’interno di esso con un’esposizione seria e capace di riflettere l’emozione dell’artista.
Recensione a cura di Cecilia R. Rizzuto
Fig. 1 Figlie di Loth
Fig. 2 Composizione
Milano, Palazzo Reale, 4 ottobre 2018 - 3 febbraio 2019
MOSTRA CARRA' MILANO ORARI:
Lunedì: 14.30 - 19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30 - 19.30
Giovedì e sabato: 9.30 - 22.30