Il Museo del Paesaggio di Verbania ha di recente inaugurato la stagione espositiva estiva con la mostra
Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione.
Visitabile fino al 3 Ottobre presenta oltre 90 opere dei due grandi artisti del Novecento Carrà e Martini, ideatori di un nuovo linguaggio pittorico e scultoreo. La maggior parte delle creazioni è di grafica e si divide per appartenenza tra la collezione del Museo ed una privata milanese.
L’evento culturale è a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore della struttura museale.
Di
Carrà sono esposte circa cinquanta tra
acqueforti e
litografie a colori, che tracciate con tratto lineare ed essenziale, si diramano tra case di paesaggi (Case a Belgirate e Casa dell’amore, 1922) e dodici illustrazioni visionarie di angeli, demoni, creature mitologiche e realistiche. Quest’ultime hanno come sfondo la seconda guerra mondiale, specchio di drammatici momenti e vennero realizzate nel 1944 per un’edizione “Versi e prose” del poeta “folle” Rimbaud. Un monito nefasto scorre dietro la schiena dell’osservatore, ma al contempo di speranza. Pensare che erano passati ben sedici anni dalle ultime incisioni (ricordiamo che gli anni Venti vedono protagonista l’acquaforte, ora invece la litografia).
Sempre in quel periodo apparsero paesaggi della serie “Segreti” dall’aria incantata, immersi in una quiete rarefatta e sospesa del lago di Como, ben diversa da quella futurista, caotica e dinamica della Galleria di Milano (1912-1949).
Insieme a
Giorgio De Chirico Carrà darà origine ad una pittura metafisica, tramite cui si indaga la realtà, fissando un punto nell’oscurità in attesa di qualcosa (La casa dell’amore, 1924) o andando oltre (in greco meta) l’apparenza delle cose, scrutandole nell’intimità (La casa dell’amore, 1924).
I manichini di De Chirico sembrano prendere vita animandosi, mentre quelli di Carrà rimangono composti, nonostante abbiano una racchetta tra le mani ed un punto di vista obliquo che li “attraversa” come nella Fanciulla dell’Ovest (1919-1949).
E allora ci chiediamo se bisogna per quieto vivere nascondere, celarsi agli occhi altrui, invece di mostrarsi arditi e disinibiti, svelando talvolta anche dei retroscena piccanti e tabù di certe situazioni abitudinarie, che ormai stanno strette? Non è forse meglio vivere comodamente i propri comodi in modo rilassato, come se si stesse facendo un
pic nic, nonostante siano in realtà scomodi?
La verità è che a volte si preferisce avere gli occhi offuscati, anziché vedere la realtà così com’è, lasciando le cose incompiute, labili, come in un tratto pittorico (Gli amanti, 1927).
Questo a dimostrazione che anche se tutto non quadra, non bisogna essere squadrati dall’alto in basso e giudicati, se considerati “colpevoli” di un gesto o di un’azione non ritenuta corretta (L’amante dell’ingegnere, 1921-1949).
Le cromie del Carrà dal 1949 si faranno sempre più tenui e intangibili come visioni.
Le sue prime incisioni risalgono al 1922-1923. Solo dal 1924 vi si dedicherà scadenzialmente in modo meticoloso. In totale ne realizzerà trentatrè. L’artista opera attraverso un segno scarno, in quanto si basa sulla sottrazione degli elementi.
Alle creazioni di Carrà si sommano quelle di
Arturo Martini: in mostra ne troviamo circa quaranta, realizzate tra il 1921 e il 1945, tra cui le incisioni dalla fitta trama, che quasi rendono
dark l’intera superficie, ma che fanno comunque “vedere attraverso”, eseguite a Blevio nell’estate del 1935 (come l’hopperiana Attesa, fig.1) su soggetti già trattati in scultura o presenti in incisioni precedenti o inedite.
Confrontarsi con questo linguaggio pittorico diventa per lui quasi una sfida. La sua bravura tecnica è parziale e si considera un principiante, che parte quasi da zero con i suoi dubbi, difficoltà esecutive e annesse delusioni. Lo dichiarerà alla moglie Brigida in una delle sue tante corrispondenze epistolari: “di scultura non ne posso più, sono nauseato, deve nascere la mia pittura ora, devo spuntarla, non mollo l’osso (come farebbe anche il fedele amico dell’uomo di Ulisse e il cane, 1936-37).
Durante la stagione autunnale da Vago di Lavagno aggiungerà poi: “poter dipingere con la mia cassetta di colori
en plein air i paesaggi che mi circondano, è un desiderio che ho da tempo”.
Tutto questo lo colma di gioia, nonostante sia consapevole della precarietà economica, che deriva dall’attività artistica.
Che bagno di luce cromatico! I colori della tavolozza lo avvinghiano, come fossero dei “tentacoli”, che lusingano una Nausicaa.
Il 17 Febbraio 1940 alla Galleria Barbaroux di Milano, Martini “brinda” alla sua prima mostra di pittura.Ventitrè opere, dipinti nel 1939 tra Vago, Burano e Milano. Da esse traspare una solidità tipica scultorea e allo stesso tempo un lirismo poetico, che sembra modellato sulle note di
Ghost.
Insieme alle incisioni troviamo esposte dieci sculture tra cui
La famiglia degli acrobati (1936-37, fig.3) e tre tele tra cui la rintemprante e rigenerante Siesta (1946, fig.2) e la rasserenante profezia di Clori (1942).
Le figure non hanno più le “articolazioni” irrigidite dentro un segno soffocante, ma sono libere di lanciarsi in voli pindarici ed elastici. Finalmente possono prendere le cose alla leggera in modo etereo: soavità, che accende un
remind dell’intervista di Dicembre scorso rivolta da Alessandro Banchero durante la trasmissione Italia Si alla grandissima “etoilè della Scala”
Carla Fracci, purtroppo scomparsa di recente, ma che rimarrà nei nostri cuori come “l’eterna fanciulla danzante”.
Ariosa aria di libertà, che si respira tra le sale del
Palazzo Viani Dugnani, in cui è sito il Museo del Paesaggio, sottoposto da poco ad una rimarchevole ristrutturazione, che lo ha ampliato a nuove sale espositive. Il percorso è reso più agevole grazie anche all’attivazione di un ascensore, che collega i due lati della struttura.
Siete pronti a tornare questa estate finalmente a “siestare” tre metri sopra il cielo vista lago in compagnia di Carrà e Martini?
Maria Cristina Bibbi
Didascalie immagini
Figura 1. L’attesa, 1935
Figura 2. La siesta, 1946
Figura 3. La famiglia degli acrobati, 1936-37
Info
Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione. L’opera grafica
Museo del Paesaggio Viani Dugnani, Via Ruga 44 – Verbania Pallanza
Fino al 3 Ottobre 2021
Web: www.museodelpaesaggio.it
Ufficio stampa: Lucia Crespi tel 0289415532 – 0289401645,
lucia@luciacrespi.it
Catalogo: Edito dal Museo del Paesaggio