Cesare Lampronti,

uno dei più importanti antiquari romani, esperto e appassionato di dipinti antichi,

titolare di una galleria conosciuta a livello internazionale che ha fatto la storia dell’antiquariato, ha da qualche tempo scelto di lasciare la prestigiosa sede romana di via del Babuino per trasferire l’attività a Londra.

La nostra intervista incomincia proprio da qui: perché questa scelta ? si tratta di una mera questione economica, dovuta al minore peso fiscale, oppure ci sono altre considerazioni?

R- Non è stata una scelta intervenuta solo per motivi economici, si è trattato di una decisione ponderata, dettata soprattutto dalla volontà di crescere qualitativamente, entrando più a fondo in un mercato, come quello inglese, che senza dubbio è più favorevole, dove esiste una maggiore liberalità e la possibilità per un antiquario di operare senza essere oberato da tutti quei cavilli che qui in Italia ne frenano l’attività; pensi, solo per dirne una, ai tempi che occorrono per ottenere il permesso di esportazione di opere.

D- Pare però che a questo proposito sia in cantiere una iniziativa di legge che consentirebbe l’esportazione di opere d’arte valutate sotto un determinato prezzo; questo, qualora accadesse, potrebbe a suo avviso consentire una ripresa del mercato anche in Italia ?

R- Guardi: io ho due aziende una in Inghilterra ed una qui; e qui in Italia ribadisco che i tempi per chiedere ed effettuare l’esportazione sono biblici; io spero davvero che una legge del genere possa esserci, ma per adesso la situazione è questa ed è tale da scoraggiare ogni impresa.

D- Lei opera ormai prevalentemente a Londra, non posso quindi non chiederle un parere su come la Brexit (cioè l’uscita della Gran Bretagna dalla U.E.) potrà incidere in particolare per questo tipo di attività; qual è il suo parere? Che succederà ?

R- Credo sia ancora troppo presto per dare delle risposte credibili; posso dire che a mio avviso possono intravedersi due possibilità: una è che ci potrebbero essere conseguenze di carattere doganale riguardo al transito delle merci, tali da riflettersi sulle attività di commercio; l’altra invece è che l’Inghilterra finisca per divenire una specie di ‘porto franco ’ e quindi con una possibilità ancora maggiore dal punto di vista commerciale; ma, come dicevo, non si possono ancora fare previsioni concrete.

D- Dalle interviste precedenti alla sua, ma anche da altre fonti, ho potuto cogliere la considerazione che le gallerie d’arte antica specializzate in particolare in dipinti antichi o generalmente in alto antiquariato dovrebbero aprirsi maggiormente all’arte contemporanea per superare  gli  attuali motivi di crisi, e non a caso si vedono gallerie storiche esporre da qualche tempo anche artisti contemporanei; lei che ne pensa? E soprattutto, lei che è riconosciuto storicamente come uno dei commercianti tra i massimi esperti di Old Masters pensa di potersi dedicare anche al contemporaneo?

R- No, io sono nettamente contrario, innanzitutto perché credo che ognuno debba mantenere ed anzi salvaguardare la propria specificità, senza contare che, in un periodo di difficoltà come quello che stiamo vivendo, sono proprio la professionalità e la competenza che premiano; non ci si può improvvisare quello che non si è per seguire una tendenza che può apparire favorevole ma che poi può sempre cambiare.

D- A questo riguardo, restando nel discorso delle merceologie diverse da quelle dei dipinti antichi e dell’antiquariato tradizionale, va registrato ormai da qualche tempo un sensibile aumento di interesse per le antichità orientali, in particolare cinesi, anche da parte delle gallerie tradizionali e delle case d’asta; le chiedo cosa ne pensa e se lei segue questa tendenza.

R- Da circa cinquant’anni seguo questo settore e quindi mi sento autorizzato a dire che non credo ci sarà in Italia per questo genere di tipologie un vero e serio mercato; diverso il discorso è per le case d’asta che per loro stessa natura devono essere in grado di proporre certe merci per andare incontro ad ogni tipo di clientela.

D- Torniamo ai dipinti antichi, che sono la sua specialità, oltre che la sua passione; se dovesse dare un giudizio sull’andamento del mercato nel primo semestre chiusosi con le aste londinesi di inizio luglio, e prima della riapertura della stagione, sia per quanto riguarda la sua galleria che più in generale a livello internazionale; quale bilancio e soprattutto quali prospettive per gli Old Masters?

R- Per quanto concerne il mercato internazionale vanno bene le opere molto importanti, di grande rilievo storico e artistico, ma devono avere una attribuzione più che sicura, uno stato di conservazione ottimo, una provenienza certa –questo è un dato che viene sempre più richiesto- ed è normale che tutto questo comporti un restringimento del mercato,  con riflessi inevitabili anche sul mercato medio che peraltro da diverso tempo è parecchio in sofferenza.
D- Ecco, fermiamoci un attimo su questo che è un dato di fatto; perché è da tempo che il mercato cosiddetto medio è in sofferenza; lei che idea si è fatta?
R- Innanzitutto perché la classe della buona borghesia –diciamo così- dei professionisti si trova inviluppata in forme di controllo fiscale a mio avviso sempre più vessatorie qui in Italia, e sempre più penalizzanti. Potrei farle il caso della Francia, dove com’è noto è stato recentemente rinvenuto un dipinto importante ritenuto di mano di Caravaggio; non entro  naturalmente perché non mi compete nel merito dell’attribuzione, anche se lo trovo interessante, quello che voglio dire però è che c’è un interesse dello stato francese ad acquistarlo a un prezzo elevatissimo, con forti agevolazioni fiscali, cosa che rende il discorso molto importante, ma che in Italia sarebbe impensabile.

D- A proposito di prezzi elevatissimi, lei che ha una competenza ed un’esperienza pluriennali che idea si è fatta del record price realizzato a New York dalla Danae di Orazio Gentileschi?

R- E’ stata una operazione di mercato; è vero che Orazio Gentileschi è un grande artista, un grande nome nel campo degli Old Masters, tuttavia quel dipinto era in pratica già venduto prima di essere battuto, e comunque se pensiamo a quali esorbitanti valori sono arrivati e vengono venduti alcuni artisti contemporanei non credo che ci si debba meravigliare.

D- Per ritornare sul tema del mercato dei dipinti antichi, per quanto riguarda l’azienda Lampronti può dirci qual è la situazione attuale? Non le chiedo di farci vedere i bilanci naturalmente, ma la curva –per così dire- è ascendete o discendente rispetto ai vostri standard abituali?

R- Per quanto riguarda l’Italia la situazione oggi è molto difficile, soprattutto per i motivi cui accennavo, burocrazia, ritardi, fisco; il mercato inglese diciamo che è diventato un po’ più difficile perché tutto è assai più selettivo e soprattutto gli italiani non hanno più quel peso e quella considerazione che avevano una volta; tra l’altro, come accennavo, gli acquirenti hanno ora necessità di sempre maggiori certezze per investire grosse cifre e non a caso trovano più favorevole rivolgersi al mercato del moderno e contemporaneo; comunque devo notare che anche qui, in questo campo specifico, anche per i nomi più prestigiosi –ad esempio Fontana, per dirne uno- la situazione non è più tanto scontata.

D- Forse sono arrivati troppo in alto come valutazione?

R- E’ possibile, ed in ogni caso mi pare che anche qui siamo ora in una fase discendente che riguarda anche gli artisti viventi; insomma, è difficile dire quando ma la situazione che si è venuta a creare con certe valutazioni di artisti contemporanei mi pare destinata a ridimensionarsi. Se consideriamo che oggi con 50 – 100 mila euro si può acquistare un ottimo quadro antico, nel mercato del moderno e contemporaneo la stessa cifra basterebbe per una fotografia considerando i prezzi stratosferici di certe opere e di certi autori. Io credo che alla fine però le cose si chiariranno.

D- Non crede sia anche una questione di cultura ? di educazione all’estetica antica ? Fra i giovani, ad esempio, è un fatto che l’antico interessi poco e, al contrario, molta più attenzione ed interesse dedicano all’arte contemporanea.

R- E’ vero, ma il fatto è che l’arte antica italiana è un’arte problematica che comporta tante variabili che non si riscontrano in nessun’altra parte del mondo né tanto meno nell’arte contemporanea. Io credo che ci sia molto da lavorare sotto questo aspetto tra i giovani, magari facendo interagire il mondo dell’educazione e della cultura con quello antiquariale, dando a quest’ultimo anche maggiori opportunità e visibilità.
D- Le cose però dott. Lampronti non mi pare che vadano in questa direzione, se è vero che quest’anno nella Biennale d’Antiquariato che si tiene da anni tradizionalmente a Palazzo Venezia e  di cui lei è uno degli animatori, pare siano state vietate da parte della nuova Direttrice le iniziative collaterali, quali dibattiti, mostre, presentazioni di libri e così via.

R- E’ vero, è così, e purtroppo di problemi ce ne sono stati e ce ne sono anche altri. Che dire ? Diciamo che nel nostro paese gli antiquari non hanno la stessa dignità e considerazione che si riscontra invece all’estero, in altri paesi.

D- E’ una questione di rappresentatività? Forse sarebbe necessario anche per voi l’istituzione di un Album professionale?

R- No, non è affatto questo il punto; quando si insediò il ministro Franceschini si disse da parte di molti che finalmente per il nostro campo di attività le cose sarebbero andate nel verso giusto, che sarebbe stata tutta un’altra cosa … Ma in realtà secondo me il ministro non può fare niente: sa cosa avrebbe dovuto fare appena insediato? Avrebbe dovuto licenziare subito dli alti gradi gerarchici, fare realmente e totalmente piazza pulita; altrimenti avrà sempre le mani bloccate.

D- Quindi, a suo parere, il vero problema da affrontare per un efficace rilancio del settore dell’antiquariato riguarderebbe l’attuale organizzazione del Ministero dei Beni Culturali in sostanza?

R- Diciamola tutta: all’interno di queste strutture e anche dentro il Ministero credo ci sia proprio una sorta di odio verso la nostra attività perché c’è odio verso quanto concerne il mercato e quindi il commercio, l’antiquariato, e così via; se non ci si libera di questo modo di pensare penso proprio che le cose non cambieranno mai, a prescindere dai ministeri; a noi basterebbe vivere  in un paese dove non ci si debba rammaricare del proprio mestiere.

D- E tuttavia, per ritornare alla Biennale, personalmente mi pare controproducente che non sia neppure più possibile organizzare, per esempio, la presentazione di un libro, cioè svolgere quelle attività collaterali che danno sempre una forte impronta culturale a questi eventi.

R- Veramente la nuova Direttrice ha fatto anche di peggio, ma è meglio sorvolare. Quello che le posso garantire è, stando così le cose, che questo è l’ultimo anno che la Biennale si svolgerà a Palazzo Venezia.

D- Vorrei chiudere chiedendole –sulla base della sua esperienza pluriennale- che consiglio si sentirebbe di dare ad un giovane che intendesse intraprendere la professione dell’antiquario.

R- Mah, guardi è davvero una risposta difficile. Io ho aperto l’attività a Londra proprio in considerazione del fatto che lì c’è una diversa considerazione e stima per il lavoro dell’antiquario; al contrario, accingersi a lavorare in un paese dove questo lavoro a quanto pare è snobbato, dove di continuo sorgono ostacoli di tutti i tipi, dove la professionalità non solo non viene considerata e favorita ma addirittura disprezzata, fa veramente male e fa riflettere: dunque, cosa crede che potrei o dovrei consigliare ?

D- Un’ultima domanda per finire: dopo tanti anni, e tanto prestigiosi, di attività che l’hanno portata ad essere tra i grandi professionisti del settore, se dovesse scegliere quello che è stato il ‘colpo’ che ritiene più importante e che le ha dato maggiore soddisfazione non dico dal punto di vista economico, o se vuole anche dal punto di vista economico, ma soprattutto che le fa pensare che non lo dimenticherà mai?

R- In effetti, ce ne sono stati molti, ma certamente quello che ricordo e ricorderò sempre con il massimo piacere è stato il primo ‘colpo’, quello che è un po’ come il primo amore, che non si scorda mai, cioè aver scoperto in un mercatino a piazza Fontanella Borghese il ritratto di Jean Paul Marat, firmato sotto la cornice da Jacques Louis David; ero molto giovane, fu una soddisfazione immensa.
di Pietro di Loreto                                       Roma 23 / 9 / 2016