Dopo l'intervento critico di Francesca Callipari, ospitiamo oggi l'articolo di Giorgia Terrinoni. Due giovani studiose e critiche d'arte, preziose collaboratrici di News-Art, esprimono due punti di vista contrastanti. Li registriamo con piacere, come facciamo sempre. (pietro di loreto)
 

The Floating Piers: dopotutto non è brutto!

 
 ‘Vi farò camminare sulle acque’
(Christo)
 
 
Avendo letto, nei giorni scorsi, un’infinità di polemiche sorte intorno a The Floating Piers, l’opera pubblica, temporanea e gratuita (18/06 – 3/07) che Christo ha realizzato nello scenario estremamente suggestivo del Lago d’Iseo (Brescia), non sono riuscita a non pensare alla diversa sorte toccata a Spiral Jetty, l’opera iconica, visibile/invisibile, che Robert Smithson installò nel 1970 nel Great Salt Lake dello Utah. Alcuni mesi fa negli Stati Uniti si discuteva, infatti, se trasformare Spiral Jetty nel nuovo simbolo nazionale dello stato americano.
 
Una manciata di parole spese a spiegare chi è Christo (Christo è il progetto artistico comune dei coniugi Christo Javacheff e Jeanne-Claude Denat de Guillebon, scomparsa nel 2009), un artista che in Italia manca da più di quarant’anni, e che cos’è The Floating Piers, ma una cascata di parole spese sull’afflusso eccessivo di visitatori, sulla necessaria manutenzione quasi quotidiana dell’opera, sull’accesso privilegiato consentito ai vip, sulla variabilità climatica cui le aree lacustri sono – ovviamente! – soggette, sulla sostenibilità ecologica – allo scadere dei sedici giorni la struttura sarà rimossa e dismessa attraverso un processo industriale di riciclaggio, come avviene per tutti gli interventi pubblici dell’artista – ed economica dell’opera – la famiglia Barletta ha o meno supportato finanziariamente un artista che, notoriamente, si autofinanzia? – sull’aumento delle tariffe alberghiere, sulla guerra ai taxi d’acqua abusivi. Notizia particolarmente degna di nota è stata poi quella relativa all’invito a cena di Christo da parte di Carlo Cracco!
Non ho alcuna intenzione di partecipare al coro polemico dei giorni scorsi suscitato dall’apertura dell’installazione con un altro genere di polemiche, quelle relative a certa nostra italianità e al rifiuto, ormai anacronistico ma quasi endemico, che nutriamo nei confronti dell’arte contemporanea: Mi piacerebbe invece restituire al lavoro di Christo in Italia quel che merita.
 
Nel 2004, quando Genova fu capitale europea della cultura, Palazzo Ducale ospitò una vasta rassegna sull’arte del XX secolo. Qui, il lavoro di Christo era illustrato con un’esaustività che non ho mai più visto altrove. Di alcuni dei suoi spettacolari interventi pubblici realizzati in varie parti del mondo, l’esposizione scandagliava tutte le fasi progettuali, fatte di tempi lunghissimi, di schizzi d’artista, di ricerca sui materiali, di analisi geologiche e metereologiche, di forme di autofinanziamento (la coppia ha sempre ricavato i fondi necessari alla realizzazione delle installazioni dalla vendita delle proprie opere a collezionisti privati, gallerie e musei), di permessi concessi e negati, etc.
Da una rassegna che partiva dai primi oggetti impacchettati, sorti nell’ambito del Nouveau Réalisme e memori dei ready-made di Duchamp e Man Ray (Wrapping Objects, fine ’50 – fine ’60) e che analizzava i progetti monumentali all’aperto – Valley Curtain (Colorado, 1970-1972), Running Fence (California, 1972-1976), Surrounded Islands (Miami, 1980-1983), The Pont Neuf Wrapped (Parigi, 1975-1985), The Umbrellas (Giappone e California, 1984-1991), Wrapped Reichstag (Berlino, 1972-1995) e The Gates (New York, 1979-2005) – veniva fuori l’immagine di due artisti che avevano cercato di superare i limiti tradizionali di pittura, scultura e architettura e di modificare il concetto stesso di arte pubblica, creando opere effimere, spettacolari, gioiose e gratuite.
 
Christo ha iniziato molto tempo fa a concepire dei progetti per l’Italia, alcuni dei quali non sono mai stati realizzati. Il suo legame con il nostro paese risale ai primi anni ’60, a seguito di una serie d’importanti mostre personali, prima alla Galleria Apollinaire di Milano e alla Galleria La Salita di Roma (entrambe del 1963), poi alla Galleria Gian Enzo Sperone di Torino (1964).
 
Durante il soggiorno romano del 1963 Christo impacchettò una delle statue di Villa Borghese. Era la prima volta che impacchettava un monumento, sebbene di dimensioni modeste. L’operazione fu eseguita senza chiedere le dovute autorizzazioni ma nessuno protestò, pensando si trattasse di un intervento di restauro. La statua rimase impacchettata per ben sei mesi.
 
Nell’estate del 1968 a Spoleto, in occasione dell’allora avanguardistico Festival dei Due Mondi, la coppia di artisti pensò d’impacchettare il Teatro Nuovo ma, in questo caso, l’autorizzazione fu negata. Così, mentre Christo era impegnato con la Kunsthalle di Berna, Jeanne-Claude si guardò a lungo intorno e scelse di lavorare su un’alta torre medievale – uno dei principali elementi architettonici che s’incontrano lungo la strada sinuosa che porta a Spoleto – e sull’emblematica fontana barocca di Piazza del Mercato. In entrambi i casi, il tessuto bianco in polipropilene fissato con la corda, cangiante al sole e ondeggiante al più leggero soffio di brezza, creava una nota gioiosa. I drappeggi rimasero in situ per tre settimane.
 
Due anni dopo, Christo tornò in Italia, a Milano, impacchettando il monumento a Vittorio Emanuele II in Piazza del Duomo e il monumento a Leonardo da Vinci in Piazza della Scala. Le due opere si potevano ammirare contemporaneamente dal centro della Galleria Vittorio Emanuele, essendo situate alle due estremità della stessa.
 
Nel 1974, per quaranta giorni, un tratto delle Mura Aureliane (250 metri) di Roma, presso Porta Pinciana, fu completamente impacchettato col solito tessuto in polipropilene bianco e la corda. Il progetto, messo in opera in quattro giorni da quaranta operai, fu coordinato da Guido Le Noci, proprietario della Galleria Apollinaire e amico di lunga data della coppia. L’installazione faceva parte della ormai famosissima mostra Contemporanea, curata da Achille Bonito Oliva per gli Incontri Internazionali d’Arte; mostra, in quegli anni sconvolgente, anche per la scelta della location, ovvero il garage sotterraneo di Villa Borghese.
 
Parlando della sua recente installazione Christo ha detto: ‘Coloro che faranno esperienza di The Floating Piers avranno l’impressione di camminare sull’acqua (…). A seconda dei momenti del giorno, i riflessi della luce e dell’acqua trasformeranno il colore giallo brillante del tessuto in tonalità più rosse o più dorate’.
Per sedici giorni, dal 18 giugno al 3 luglio (tempo permettendo, ha precisato l’artista), la superficie del Lago d’Iseo è stata ripensata. 100.000 metri quadri di tessuto giallo scintillante, sostenuti da un sistema di pontili galleggianti formati da 220.000 cubi di polietilene ad alta densità, si spostano seguendo il movimento delle onde, come delle banchine fluttuanti (The Floating Piers appunto). L’artista ha creato un percorso pedonale, a pelo d’acqua, lungo tre kilometri, cui s’aggiunge un altro kilometro e mezzo lungo la strada pedonale tra Sulzano e Peschiera Maraglio.
I visitatori possono fare esperienza dell’installazione, percorrendone l’intera lunghezza. Da alcuni percorsi presenti sulle montagne che circondano il lago viene restituita una suggestiva prospettiva a volo d'uccello dell’intera installazione.
The Floating Piers è il più importante progetto su larga scala realizzato dai tempi di The Gates (New York, 2005). Dopotutto, non è brutto!
ROMA 2 / 2016                     Giorgia Terrinoni