Roberto Daolio, foto di Alessandro Castigliani (part_)E’ difficile scrivere un saluto per una persona speciale come Roberto Daolio. E' difficile se è stato il tuo professore, il tuo relatore di tesi, un curatore, un caro amico e punto di riferimento generoso nel corso di questi anni. Impossibile però è tacere.

Soprattutto, sarà sempre banale e riduttivo quanto sapremo ricordare di lui, perché Roberto Daolio ha lasciato il segno. Terminato il Dams si rivela da subito un prezioso ricercatore e con Renato Barilli e Francesca Alinovi organizza nel 1977 l’importante Settimana della Performance, mentre nel 1980 contribuisce all’emergere del gruppo artistico dei Nuovi Nuovi, proseguendo con moltissime altre mostre che tracciavano le sue scelte e la sua personalissima linea.

Prezioso collaboratore di "Flash Art", matura un suo stile critico molto particolare e raffinato, in grado di penetrare in modo interdisciplinare opere e percorsi artistici. Diventa una figura di riferimento per Bologna durante tutti gli anni ‘80 e ‘90, anni in cui è in contatto con tutta la scena nazionale e con le più importanti gallerie e istituzioni museali, mantenendo sempre un profilo estremamente attivo e innovativo fino ad oggi.

Ma Roberto era anche una “persona” fondamentale tra le pareti dell’Accademia di Belle Arti: professore di Antropologia culturale, ti metteva immediatamente di fronte alla complessità del fare arte, entrava nelle pieghe del significato e si rivelava come punto di riferimento per gli studenti più attenti che lo “inseguivano”. La figura del curatore, dell’uomo e del professore non si sono mai scisse in lui, nonostante l’Italia non abbia creato opportunità sufficienti per personalità del suo calibro.

Roberto Daolio è sempre stato in grado di promuovere e stimolare il “sacro fuoco” tra i suoi studenti: arrivava in Accademia con il suo fare distinto, affabile e allo stesso tempo molto riservato, e io come studentessa nutrivo inizialmente una certa soggezione, perché si avvertiva quanto fosse importante avere un colloquio con lui. Andare a mostrare e discutere il lavoro con Daolio è stato per me, allo stesso tempo, uno dei momenti più emozionanti di tutto il mio percorso artistico. Questo perché lui, in Accademia, era un vero talent scout, nel senso più ampio del termine: lui creava relazioni, conversazioni, rivoltava i percorsi di ognuno dando spunti bibliografici e di ricerca. Soprattutto cercava autenticità, non voleva bluff, esigeva con un sorriso serietà e impegno.

L’arte verso cui ti indirizzava era sì un tassello di un sistema che ti insegnava a conoscere, ma più che altro doveva essere una coerente filosofia di vita. Artisti come Maurizio Cattelan ai suoi primordi, Mario Airo’, Eva Marisaldi, Cuoghi Corsello, Alessandra Tesi, Luca Vitone, Claudia Losi, Gianluca Cosci, Maurizio Mercuri, Sabrina Mezzaqui, Alessandra Andrini, Maurizio Finotto, Fabrizio Rivola, Davide Bertocchi, Italo Zuffi e moltissimi altri, tracciano anni di ricerca e di impegno a trasformare il talento in percorso, e dialogo. Prezioso il suo sodalizio con l’artista, collega e carissima amica Mili Romano, che ha portato tra le altre cose ai bellissimi eventi di "Accademia in Stazione", creando spaccati di arte pubblica partecipata ante litteram, che “invitavano a non dimenticare l’evento terroristico nella Stazione di Bologna”, dando modo agli studenti dell’Accademia di muovere i primi passi al di fuori degli spazi artistici istituzionali: non a caso da questa esperienza sono usciti gli artisti Sissi, Marina Fulgeri, Andrea Nacciarriti, Chiara Pergola, Paolo Chiasera. Preziose le collaborazioni con Via Farini e con Care of di Milano, realtà fondamentali per giovani artisti bolognesi che volessero misurarsi in ambiente nazionale, ricevendo attenzione e opportunità al di fuori della propria città.

Roberto Daolio 2Chi era dunque Roberto? Un vero e proprio critico e curatore, figura in Italia spesso ibrida, ma in lui perfettamente incarnata, come studioso instancabile, e produttore di display sempre innovativi. Poi era un amico, che tuttavia non agiva per familismi, ma era capace di fare anche selezioni dure e proprio per questo era di stimolo e pungolo per tutti. Amico perché sempre trovava il piacere e il tempo dell’incontro e della condivisione familiare, pronto a gioire per i successi dei suoi ex studenti. Abbiamo brindato insieme diverse volte dopo la tesi per occasioni espositive o borse di studio ricevute. L’ultima volta ricordo il suo entusiasmo nel sapermi parte del corpo docente dell’Accademia di Bologna, i continui incoraggiamenti, come artista, la fiducia e la stima che sapeva comunicarmi anche nei momenti a volte difficili. Mi resterà sempre la sua sobrietà, unita alla sua forza e audacia, pronto a rimettersi in gioco e a dare spazio anche all’ultimo iscritto, così come all’artista che veniva da una partecipazione alla Biennale. La stima diffusa per il suo nome, rispettato e amato ovunque, ne sono conferma. 

E’ da qui che voglio continuare, è questo che voglio conservare: la stima, il rispetto, le risate e l’ironia che alleggeriva le lezioni su Levi Strauss, comunicandotene la necessità, ma sapeva ridicolizzare la boriosità falsa o la spocchia che mai lo ha colto e che mai ha sopportato.

Ti saluto, Roberto, e ti porterò nel cuore, al di là dei ruoli, come un esempio di autentico “Umanista” che ho avuto la fortuna di incontrare.
Annalisa Cattani, 30/06/2013

(Fotografie di Rita Canarezza, 1, e di Mili Romano, 2)