Il dipinto,
Natura Morta, 1919, di Jean Metzinger (1883-1956) che fu gentilmente concesso in prestito temporaneo nel 2005 dal
Museo de Bellas Artes di Bilbao alla
Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, mi offrì l’occasione di illustrare le differenze (ma anche le interconnessioni) con alcune opere presenti nelle collezioni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna realizzate da grandi maestri italiani e internazionali, protagonisti nel primo decennio del secolo XX dei più travolgenti movimenti dell’avanguardia storica, ovvero il
Cubismo e il
Futurismo.
Come è noto, l’affermazione di un modo assolutamente inedito di rappresentare la realtà, sia come

reazione all’impressionismo, sia come abolizione del soggetto, avviene appunto attraverso la scomposizione della figura nel caso del cubismo, e nella esaltazione dinamica della linea e del colore nel caso del futurismo. Entrambi tuttavia cancellano definitivamente la prospettiva tradizionale e trattano la tela come superficie e la scultura con forti evidenze e sfaccettature fra pieni e vuoti. Entrambi i movimenti, poi, nascono a Parigi tra il 1908 e il 1909. E a Parigi erano presenti in quegli anni anche diversi artisti italiani che partecipavano al dibattito sul rinnovamento delle arti, e fra questi, per esempio,
Carlo Carrà (1881-1966) che nella sua prefazione al noto testo di
Guillaume Apollinaire (1880-1918) sui pittori cubisti del 1913, così scrive: “Per specificare

le cose diremo che nel 1908
Braque mandò al “
Salon d’Automne” alcuni quadri, e
Matisse che faceva parte della giuria ebbe a dire che erano fatti con dei “
petits cubes”. Questa comparazione venne ripetuta – prosegue Carrà – in un articolo di
Louis Vauxcelles nel
“Gil Blas” del 14 novembre dello stesso anno, e precisamente con le seguenti parole: «
il mépris les formes, réduit tout, site set figure set maison, à des schémas geométriques, a des cubes»1. Queste invenzioni, ha affermato Apollinaire, troveranno la loro formulazione negli studi di
Jean Metzinger2. Metzinger, infatti, nel 1910 scriveva: “Non ci interessiamo qui di un parziale «movimento» che contratta libertà già acquisite (quelle dell’interpretazione, della trasposizione, ecc.: mezze misure!) bensì di una liberazione fondamentale. Già sono

venuti alla ribalta uomini coraggiosi che sanno ciò che stanno facendo – sono veri pittori: Picasso, Braque…[…] Cezanne ci mostrava le forme che vivevano nella realtà della luce, Picasso ci offre una spiegazione materiale della loro vita reale nella mente…[…] George Braque conosce alla perfezione le grandi leggi naturali che giustificano queste libertà […] E questo miracoloso processo dinamico ha un contrappunto fluido in uno schema cromatico che dipende dall’ineluttabile doppio principio dei toni caldi e dei toni freddi”
3. Difatti noi vediamo nella
Natura morta con clarinetto, ventaglio e grappolo d’uva, 1911 ca., Roma, Gnam, di
George Braque (1882-1963), che le tonalità cromatiche sono appunto l’ocra, il grigio e il nero. Dirà lo stesso Braque, a proposito della sua tecnica: “La frammentazione mi serviva a stabilire lo spazio e il movimento nello spazio…”
4 Dunque Braque ammette implicitamente l’importanza del “movimento” nella ricerca cubista dei primi anni Dieci: movimento e dinamismo lanciati appunto dai futuristi nel 1909; e il movimento è altrettanto evidente nelle coeve opere di Picasso (si veda, per esempio,
Natura morta con clarinetto, 1911, Praga,
Narodni Galerie). In questa direzione è pure Carrà (tra frammentazione e movimento) nel suo famoso dipinto
La Galleria di Milano, 1912, già coll. Mattioli, e in deposito a lungo termine presso la
Peggy Guggenheim Collection di Venezia. Ma Picasso nel 1912 muta di nuovo il linguaggio: la

scomposizione cubista si va trasformando in campi di colore a piatto, come si evince dalla sua natura morta:
Bottiglia, chitarra, pipa, 1912-13 del museo di
Essen: qui il cubismo si fa più statico, i piani di colore si intersecano armonicamente sulla superficie, definiscono la “natura morta” per forme astratte, “con una tendenza più calligrafica che scultorea”, per usare le parole di
Gertrude Stein, e quindi perfettamente riconoscibile, ma dedotte dalla visione simultanea di oggetti reali, ricostruiti mentalmente dall’artista, ricordandoci le famose parole di Apollinaire nell’ottobre del 1912: “Il cubismo si differenzia dall’antica pittura perché non è arte di imitazione, ma di pensiero, che tende ad elevarsi fino alla creazione”
5.
Jean Metzinger, insieme ad un altro protagonista del Cubismo,
Albert Gleizes (1881-1953), è stato uno dei maggiori teorici del movimento: il loro famoso testo
Du Cubisme, fu edito a Parigi nel 1912, e questo importante documento suscitò subito un grande interesse, sia in Francia che in Europa. Ebbene, i due artisti sostenevano l’importanza del “dinamismo” all’interno della ricerca cubista: “Per creare uno spazio pittorico – essi affermavano – bisogna ricorrere a sensazioni tattili e motorie […]. Le forme situate entro questo spazio scaturiscono da un dinamismo che si crede di dominare.” E ancora: “Il comporre, il costruire, il disegnare, si riducano a ciò: il determinare con la propria attività il dinamismo della forma”
6.

Anche
Ardengo Soffici (1879-1964), nel suo significativo studio
Cubismo e Futurismo (1914) non manca di notare codesto dinamismo, laddove afferma, a proposito delle opere di Picasso: “Come ognuna di queste forme si animi internamente di mille accidenti […] finché l’una espandendosi nell’altra, compenetrandosi a vicenda, formino tutte insieme un tessuto organico, dinamico, riflettente tutte le caratteristiche vitali della realtà”
7. Ancora Soffici, comparando cubismo e futurismo, e definendo il primo fondamentalmente statico, poiché privilegiava lo studio dei “piani e dei volumi”, mentre nei pittori futuristi vede una sorta di sintesi nella quale è maggiore la “intersecazione e compenetrazione dei piani della realtà” e porta come esempio alcune parole del primo manifesto futurista: “I nostri corpi entrano nei divani e i divani entrano in noi, così come il tram entra nelle case, le quali a loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano”.
8 La volumetria, dunque, riveste un ruolo non secondario nel futurismo, così come il movimento nel primo cubismo, (detto “analitico”), ed è proprio l’opera pittorica di
Ardengo Soffici, Sintesi di un paese primaverile, 1913, Roma, Gnam, che, non a caso, fu presentata alla
“Esposizione di pittura futurista di Lacerba” a Firenze nel 1913-14, con un titolo più cubista che futurista:
Masse e piani di un paese, e ancora con quest’ultima denominazione fu presentata anche a Roma alla
Galleria Futurista di
Sprovieri nel 1914.
9
Altra testimonianza della tangenza fra cubismo e futurismo è il dipinto
La conquista dell’aria, 1913, Roma Gnam, di
Roger de La Fresnaye
(1885-1925) che presenta “un ulteriore sviluppo di forme circolari, ora sensibile anche alle linee-forza dei futuristi (in particolare Balla) […] che resterà tipico negli anni successivi. Così avviene nel rinnovato sintetismo della
Conquista dell’aria, 1913 …”
10, simili caratteristiche si notano pure in
Fanciulla + strada + atmosfera, 1913, Roma, Gnam di
Gino Severini (1883-1966), che l’artista presentò in quell’anno alla “
Galerie Der Sturm” di Berlino
11, dove avevano già esposto numerosi pittori cubisti con i quali egli era in contatto a Parigi negli anni Dieci: “Ci vedevamo spesso con Apollinaire e Picasso…” come ricorda nelle sue memorie; e, a proposito della sua pittura, così scrive: “ero condotto quasi automaticamente verso forme più ampie e verso un’idea di costruzione e di composizione che si avvicinava a quella dei cubisti. Del resto ho sempre lavorato in questo senso, fin dal 1910, quando ancora non dipingevo ballerine, autobus ecc…Per dire il vero la mia idea (che fu poi condivisa anche da molti cubisti e approvata da
Matisse stesso) era di portare l’espressione artistica ad una forma che conciliasse il desiderio di estrema vitalità (o dinamismo) dei futuristi con l’intenzione di costruzione, di classicità e di stile che era nei cubisti”
12. E difatti il dipinto
Fanciulla + strada + atmosfera, 1913 mette bene in evidenza la scomposizione formale cubista nel rappresentare i volumi della ragazza (probabilmente la sua fidanzata Jeanne Fort) non esente dalla simultanea dinamica futurista, conciliando appunto le compenetrazioni volumetriche cubiste con la vitalità degli effetti luminosi e rotanti della luce e del colore. E’ interessante notare come una figura femmMetzinger, Léger, Delaunay, Gleizes, inile viene colta nell’atto di camminare dallo scultore cubista
Alexandre Archipenko (1887-1964). Qui la frammentazione viene espressa per segmenti fra pieni e vuoti e le cui superfici risultano lisce, incise o rigate, creando un effetto pittorico di matrice impressionista; gli spazi vuoti definiscono la testa e il busto con linee dinamiche e arrotondate. La scultura è intitolata
Camminando, 1912, Roma, Gnam, e quindi intende senza dubbio evidenziare l’importanza del moto anche nella ricerca della scultura cubista. Archipenko aveva aderito sin dal 1910 al cubismo esponendo nel
Salon des Indépendents insieme a e nel 1912 alla
Galerie de la Boétie, nella famosa mostra della “
Section d’Or” con altri cubisti come
La Fresnay, Juan Gris, Louis
Marcoussis.13 Sulla base di
Camminando, lo scultore ha inciso la seguente iscrizione:
“Apres moi viendron des jours cand cet ouvre sidera, et les artistes sculpteron le space et le temp.”
Scolpire lo spazio e il tempo è concetto più o meno simile a quanto affermava il futurista Umberto Boccioni (1882-1916) nel 1913: “dare la forma simultanea che scaturisce dal dramma dell’oggetto con l’ambiente. E’ in questo modo che noi giungiamo alla distruzione dell’oggetto e della rappresentazione somigliante…..”
14. In fondo, come si vede, sono quasi le stesse conclusioni che si proponeva il cubismo analitico di
Braque e
Picasso, ma con una maggiore accentuazione del “dinamismo plastico” ricercato dai futuristi. Con l’
Antigrazioso, 1912, Roma, Gnam, esposto l’anno successivo a Parigi nella galleria dei cubisti “
La Boétie”,
Boccioni dimostrò di aver superato l’impressionismo scultoreo di
Medardo Rosso, raffigurando il volto della madre nel suo rapporto dinamico con lo spazio, attraverso una linea fortemente ondulata che sviluppa un moto accidentato di pieni e vuoti nella materia con una forte tensione esterna e interna che non è presente nella scultura di Medardo Rosso. E come ha notato giustamente
Calvesi: “E’ il momento dell’
Antigrazioso, quando Boccioni fonde le istanze polemiche di
Marinetti e le forme di Picasso, per puntare oltre il brio estemporaneo del primo ed oltre il talento del secondo…”
15. Boccioni, inoltre, condivide con l’amico
Archipenko (conosciuto nel 1912 a Parigi) l’uso delle linee spezzate che creano i vuoti nelle masse, ma gli consiglia di non allontanarsi troppo dal dettato cubista altrimenti “precipita nella scultura dei negri e degli orientali”
16, affermando con questo l’importanza della volumetria del primo cubismo nell’espressione dinamica del futurismo.
Note: