locandina_fig 1«Ahi crudo Amor, ch'ugualmente n'ancide | l'assenzio e 'l mèl che tu fra noi dispensi, | e d'ogni tempo egualmente mortali | vengon da te le medicine e i mali!» (IV, 92).
Così Torquato Tasso parla dell’amore nella Gerusalemme liberata, già preludendo al piano nefasto ordito dalla bellissima maga Armida contro gli eroi cristiani. L’amore nel IV canto attrae i valorosi cavalieri allontanandoli dalla missione guidata da Goffredo di Buglione, ma più in generale è il motore che innesca quasi tutte le vicende più importanti della trama epica. 

Il sentimento amoroso è anche il tema chiave intorno al quale ruota la mostra Dardi d’Amore. Pittura e poesia nel Barocco emiliano (fig. 1), inaugurata il 13 settembre scorso presso la nuova sede del Museo civico d’arte di Modena, nata come un’iniziativa collaterale del Festivalfilosofia sull’amare tenutosi tra Modena, Carpi e Sassuolo il 13, 14 e 15 settembre. L’esposizione nasce dalla sinergia tra il Museo Civico d'arte, la Galleria Estense, la Biblioteca Estense e la Banca Popolare dell'Emilia Romagna, ed è stata curata da Davide Gasparotto (direttore della Galleria Estense), Lorenzo Lorenzini (conservatore del Museo civico d'arte), Lucia Peruzzi (curatrice delle raccolte della Banca popolare dell'Emilia Romagna) e Milena Luppi (responsabile dell'ufficio Catalogazione e Fondi antichi della biblioteca Estense).

L’occasione è doppiamente importante da segnalare, non solo perché consente di vedere opere in questo momento inaccessibili al pubblico, data l'inagibilità della Biblioteca e della Galleria Estense dopo il terremoto del 2012, ma anche perché mette insieme sculture, dipinti, incisioni e testi a stampa di grande qualità. Le opere coprono un arco temporale che va dalla seconda metà del Cinquecento fino al Seicento inoltrato e restituiscono due interpretazioni dell’argomento amoroso: una di ascendenza classica, incarnata dagli amori degli dei e dalla personificazione del dio dell’amore; l’altra centrata sulla letteratura di età moderna ed esemplificata attraverso la rappresentazione dei tormentati avvicendamenti sentimentali dei protagonisti della Gerusalemme liberata.

Tasso_La Gierusalemme liberata … con figure di Bernardo Castello, Genova 1590_Modena, Biblioteca Estense_fig 2Pubblicato dapprima senza l’autorizzazione dell’autore, il poema eroico della Gerusalemme liberata uscì a Ferrara il 24 giugno 1581 nella prima edizione accordata dal Tasso, per i tipi di Baldini e a cura di Febo Bonnà, riscuotendo un successo popolare subitaneo, testimoniato anche dalla grandissima eco dell’opera nel campo delle arti visive. Infatti le potenzialità immaginifiche offerte dall’intreccio narrativo impresso dal Tasso agli episodi d’amore saranno presto recepite dagli artisti, che cercheranno altrettanto precocemente di tradurle sul piano visivo.
Al 1590 risale una delle più belle edizioni a stampa del poema, illustrata dalle incisioni del pittore genovese Bernardo Castello (Genova, 1557 – 1629), che entro il primo decennio del XVII secolo racconterà ancora la trama dei versi tassiani negli affreschi del Palazzo Bernardo e Giuseppe De Franchi a Genova.

Amico di poeti e letterati quali Chiabrera, Marino e Cebà, Bernardo Castello approntò i disegni per le incisioni di questa rara edizione – il cui esemplare in mostra è patrimonio della Biblioteca Estense di Modena – già entro il 1586, anno in cui il letterato Angelo Grillo li portò a Ferrara per presentarli al Tasso. Le illustrazioni non solo riscossero un grande apprezzamento da parte del poeta, che omaggiò Castello dedicandogli un sonetto, ma furono ammirate ben presto anche da altri artisti tra cui Agostino Carracci, che più tardi le inciderà a sua volta. Le immagini di Castello, pur risentendo delle ghiribizzose trovate figurative del suo primo maestro Andrea Semino, ancora profondamente tardo-manieriste, presentano un impianto delle figure più saldo e una maniera di trattare il paesaggio che ritorna come una delle sue cifre stilistiche peculiari, riscontrabile ad esempio in quadri più tardi come il Narciso alla fonte e l’Apollo e Dafne, entrambi presso la Galleria Pallavicini di Roma.

Nell’incisione con Rinaldo tra le braccia di Armida (fig. 2), l’artista orchestra una scena in cui, sullo sfondo di una costruzione classica e immersi in una fitta boscaglia, appaiono la maga e l’eroe obnubilato dalle arti seduttive della stessa maliarda, mentre giace completamente abbandonato tra le sue braccia. In basso sulla destra, nascosti tra le fronde e intenti a spiarli, compaiono invece i due soldati crociati che riporteranno Rinaldo sul campo di battaglia. L’invenzione compositiva di Bernardo Castello, caratterizzata dal taglio fortemente scenografico, pare anticipare il gusto teatrale del Barocco e costituisce un modello strutturale per tutti coloro che si troveranno a dover impaginare visivamente l’episodio descritto.

Tiarini_Rinaldo_partIl percorso espositivo prosegue presentando altre importanti interpretazioni delle favole epiche del Tasso, concepite durante la stagione del Barocco emiliano. Ad esempio, il bolognese Alessandro Tiarini (Bologna, 1577-1668), allievo di Prospero Fontana e Bartolomeo Cesi, si misurò in più occasioni con il brano in cui Rinaldo impedisce il suicidio di Armida. Nel quadro della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, immagine peraltro scelta per rappresentare l’intera mostra (fig. 1), Tiarini usa ancora una tavolozza di scuri risentiti e ombre profonde, che esaltano la sensualità e nello stesso tempo la violenza della scena, facendo emergere da un lato la grazia discinta di Armida, che ha scoperto il petto per pugnalarsi con il dardo, e dall’altra la brutalità virile di Rinaldo, che la trattiene serrandole in alto il polso per impedirle di muoversi.

Lana_Erminia ritrova_Tancredi ferito, 1630-35_Modena, Museo Civico d'Arte (fig 3)Decisamente più pacati i toni espressi dal pittore e incisore ferrarese Ludovico Lana (Ferrara?, 1597 – Modena, 1646), allievo forse dello Scarsellino, la cui maniera non è immune dalla pittura di Guido Reni e Guercino. In più occasioni i grandi poemi eroici della tradizione letteraria italiana fornirono a Lana materia su cui riflettere; suoi, ad esempio, erano due dipinti perduti con gli Sponsali di Ruggero e Bradamante e Clorinda battezzata da Tancredi realizzati per il palazzo ducale di Sassuolo. In mostra è esposto Erminia ritrova Tancredi ferito, un quadro degli anni Trenta del Seicento (fig. 3), in cui la matrice guercinesca, che si rileva nell’orchestrazione della scena e nella gamma dei colori, costituisce ad evidenza un saldo punto di riferimento.

Gli episodi d’amore della Gerusalemme liberata continueranno ad avere una fortuna notevole anche nel corso del Seicento inoltrato. Desubleo_Tancredi battezza Clorinda_1665-75 ca (fig 4)Ne è un esempio il grande dipinto di Michele Desubleo (Maubeuge, 1602 – Parma, 1676), anch’egli profondamente interessato ai temi letterari e in particolare alla trama tassesca. Nell’opera tarda raffigurante Tancredi battezza Clorinda (fig. 4), dipinta verso la fine degli anni Sessanta e custodito nel Duomo di Parma, Desubleo inscena l’atto estremo in cui Tancredi, dopo aver affrontato e ferito a morte l’amata Clorinda, non avendola riconosciuta, la converte alla fede cristiana battezzandola con l'acqua raccolta nel suo elmo. Nessun cedimento all’angoscia della tragedia è concesso ai personaggi, qualificati dai gesti eloquenti e teatrali.

L’altro filone narrativo della mostra, che corre parallelo a quello della Gerusalemme liberata, è rappresentato dall’amore nel mondo classico. Dopo aver trovato una sua altissima teorizzazione alla fine del Quattrocento nel movimento neoplatonico, nel secolo successivo il tema si era già diffuso e in qualche misura volgarizzato attraverso un gran numero di libri, commenti e repertori illustrati, che offrivano agli artisti modelli per le raffigurazioni delle divinità pagane.

Cartari_Le imagini de i dei de gli antichi, 1587_Modena, Biblioteca Estense Universitaria_(fig 5)Anche in questo caso l’esposizione ripercorre le diverse tappe osservandole alla luce delle interpretazioni tardo cinquecentesche e barocche, proponendo pezzi di notevole bellezza e curiosità. Degna di attenzione, sotto questo profilo, è ad esempio la tavola illustrata tratta da Le imagini con la spositione de i dei de gli antichi di Vincenzo Cartari, Venezia 1556 (ed. Ziletti, Venezia 1587), in cui appaiono tre Cupidi con vari attributi iconografici (fig. 5).

Tra le cose più belle, inoltre, vi è certamente il dipinto del Guercino (Cento, 2 febbraio 1591 – Bologna, 22 dicembre 1666) con Venere, Marte e Cupido (fig. 7), custodito dalla Pinacoteca Estense di Modena, in cui Venere insegna ad Amore a scagliare i dardi alla presenza di Marte. Grazie alla testimonianza di Carlo Cesare Malvasia sappiamo che l’opera fu eseguita per il duca di Modena, e da un inventario della fine del Settecento conosciamo anche la sua ubicazione nella Camera dei Sogni nel palazzo ducale di Sassuolo.

Del tema ci rimangono anche immagini intense e divertenti come quella proposta dal gruppo marmoreo di Antonio Raggi (Vico Morcote, Canton Ticino, 1624 – Roma,1686), in cui due putti piuttosto pugnaci incarnano l'Amor sacro e l'Amor profano, secondo una rielaborazione barocca degli antichi Eros e Anteros (fig. 6). Nella tradizione, Eros è notoriamente il dio dell’amore, mentre Anteros è interpretato in modi diversi: può essere considerato come il vendicatore dell’amore non corrisposto, come il difensore dell’amore reciproco, persino come il distruttore dell’amore stesso, anche se, nella maggior parte dei casi – come affermava Erwin Panofsky – «la funzione dell’Anteros classico [...] era stata quella di garantire la reciprocità nelle relazioni amorose».

Raggi_Amore sacro Amor profano, Modena, Galleria Estense (fig 6)Nei secoli XV e XVI, poi, la concezione di Anteros subisce una progressiva trasformazione: «i moralisti e gli umanisti di tendenza platonica erano inclini a interpretare la preposizione antì come ‘contro’, anziché ‘in cambio di’, trasformando così il Dio dell’amore reciproco in una personificazione di virtuosa purezza». Per tanto la coppia Eros-Anteros si traduce nella contrapposizione tra l’Amore carnale terreno e l’Amore spirituale celeste, come sembra avvenire nella interpretazione di Raggi (E. Panofsky, Studi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento [1939], Torino 1975, p. 177-178).

I due piccoli lottatori, che richiamano i gruppi scultorei di età ellenistica, si affrontano vigorosamente, come senza pietà nella lotta è l’amore descritto ancora da Tasso in uno dei sonetti (80) delle Rime per Lucrezia Bendidio: «Qualhor Madonna i miei lamenti accoglie | e mostra di gradire il foco, ond’ardo | sprona il desio, che più di Tigre, o pardo | ma poi se per frenare l’ardite voglie | Di sdegno s’arma, e > volge < vibra irato sguardo | Già far non può quel corso lento, o tardo | Perché lo sdegno s’addolcisce, e prende» (cito da D. Isella, Per un’edizione delle «Rime amorose» del Tasso, in Le carte mescolate vecchie e nuove, a cura di S. Isella Brusamolino, Torino 2009, p. 80)    
 
Giulia Bonardi, 29/9/2013

 

 

DARDI D’AMORE. Pittura e poesia nel Barocco emiliano a Modena
Fino al 6 gennaio 2014

Guercino_Venere, marte e Cupido 1633-34, Modena, Galleria Estense (fig 7)Museo Civico d'Arte
Palazzo dei Musei
Modena, Largo Porta Sant’Agostino 337

T. +39 059 203 3100/3125
museo.arte@comune.modena.it
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Orari sale espositive:
martedì-venerdì: 9-12
sabato, domenica e festivi: 10-13 e 16-19
lunedì chiuso

Ingresso gratuito

 



Didascalie delle immagini:
1. Immagine della locandina (part. di Alessandro Tiarini, Rinaldo impedisce il suicidio di Armida, coll. Banca Popolare dell'Emilia Romagna)
2. Torquato Tasso, La Gierusalemme liberata … con figure di Bernardo Castello, Genova 1590, Modena, Biblioteca Estense
3. Ludovico Lana, Erminia ritrova Tancredi ferito, 1630-35, Modena, Museo Civico d'Arte
4. Desubleo, Tancredi battezza Clorinda, 1665-75 ca, Parma, Duomo
5. Vincenzo Cartari, Le imagini de i dei de gli antichi, Venetia 1587, Modena, Biblioteca Estense Universitaria
6. Giovanni Barbieri, detto Guercino, Venere, marte e Cupido, 1633-34, Modena, Galleria Estense
7. Antonio Raggi, Amore sacro Amor profano, Modena, Galleria Estense.