Carmelo Occhipinti, docente di Storia della Critica dell’arte e Museologia e storia del collezionismo, presso l’Università degli Studi di Tor Vergata di Roma, nonché Direttore responsabile della Rivista e delle Collane monografiche Horti Hesperidum, ha appena pubblicato, per la collana monografica della rivista che dirige, un saggio di storia dell’arte intitolato Dittico Leonardo da Vinci Caravaggio.
Il saggio è stato estrapolato da una pubblicazione, in fase di chiusura, che contiene più di centoventi capitoli dedicati alla illuminazione delle opere d’arte, che parte dal tardo medioevo fino ai giorni nostri.
Carmelo Occhipinti, infaticabile studioso dell’arte dal medioevo sino ai giorni nostri, con questo lavoro ha messo in rapporto l’utilizzo della luce di due campioni dell’arte figurativa e grafica: Leonardo da Vinci che ci ha lasciato in eredità arte figurativa realizzata su manufatti in affresco, tela e legno e tanta arte grafica e Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, di cui conosciamo solo l’arte figurativa su tela e tavola.
Lo studioso per confrontare le tecniche luministiche dei dipinti dei due artisti ha titolato Dittico il proprio scritto, utilizzando un termine di origine greca. Dittico, il sostantivo, utilizzato da Carmelo Occhipinti esprime al meglio e con potenza metaforica il rapporto tra i due artisti. Difatti, per dittico, secondo i nostri vocabolari di lingua italiana, si intende:” Coppia di tavolette, per lo più di legno o di avorio, unite per mezzo di una cerniera […]”. Dittico, quindi, è la chiave di volta per l’interpretazione della luce rispetto alle opere realizzate dai due artisti vissuti in tempi diversi, ma uniti da una cerniera artistica e tecnica che li rende, seppur a distanza di tempo, vicini nel modo di illuminare alcuni dipinti.
Nel saggio, l’autore, inizia mettendo in rilievo gli studi di Leonardo sugli effetti della “luminazione” di pittura e scultura e della loro percezione. Il Maestro da Vinci, avanti anni luce per l’epoca in cui visse, in tutto lo scibile della scienza, si era posto il problema del lume “interno” ed “esterno”, e quindi, della luce rappresentata dentro il quadro e quella riflessa dalla superficie. L’autore ne ripercorre, con studi a tutto campo, il problema della luce che già a partire dal medioevo artisti e trattatisti cominciavano a porsi, a cominciare dalle testimonianze arrivate sino a noi e contenute nel Codex Urbinas Latinus del 1270. Il Dittico Leonardo Caravaggio non solo ripercorre la storia del passato, ma volge lo sguardo al presente mettendo in evidenza come ai nostri giorni il nuovo modo di illuminare le opere mortifica l’arte, stravolgendo quel concetto luministico che gli artisti avevano ideato per la fruibilità delle loro creazioni.
La seconda parte del saggio è dedicata a Caravaggio e la tradizione leonardiana del “lume alto”. Qui l’autore per motivare le sue convinzioni, più che condivisibili, parte dal biografo del Merisi più accreditato tra tutti gli scrittori, per la riconosciuta serietà storiografica e per essere un intenditore d’arte: il medico senese e collezionista d’arte Giulio Mancini.
E difatti, fu l’archiatra senese il primo ad occuparsi dopo la morte del pittore milanese del lumeggiar tra i pittori che nell’Urbe avevano seguito l’esempio luministico del Merisi. Carmelo Occhipinti analizza il brano del testo contenuto ne Le considerazioni sulla pittura, rimasto inedito sino al secolo scorso, traendo le proprie scrupolose valutazioni comparative. L’analisi, fatta dall’autore, sulle considerazioni di Giulio Mancini sull’utilizzo della luce vengono confrontate con le nozioni espresse sullo stesso tema da Leonardo nel Trattato della pittura. L’autore mette in rapporto il “lume alto” teorizzato da Leonardo e tutte le tecniche di illuminazione delle opere teorizzate nei suoi scritti dal Maestro da Vinci con le opere del Merisi, motivando attraverso una approfondita analisi di scritti del passato che parte dal Lomazzo e che passa da Du Fresne, sino a Sandrart, Bellori, Scannelli e Passeri.
Nel testo un esempio pratico è costituito dalla riflessione sull’utilizzo della luce, che si serve di più fonti, in un’opera attribuita da parte della critica al pittore lombardo come La cattura di Cristo in collezione privata italiana, comparata con quella ritenuta da parte della critica originale o la prima redazione, oggi esposta presso il Museo di Dublino. Ma appunto perché l’utilizzo della luce, in questa ultima versione irlandese, appare poco convincente all’autore, l’opera viene derubricata con riserva al pittore Gerard van Honthorst. Occhipinti, pur non esprimendosi sull’originalità dell’opera in collezione privata, ritiene che questa redazione sotto il profilo luministico sia quella più convincente.
La prudenza difatti è d’obbligo, e d’altra parte, l’opera in collezione privata italiana non potrà essere giudicata finché non sarà esposta al pubblico e apprezzata dal vivo. Il modo di dipingere del Merisi con il suo inconfondibile ductus pittorico tipico nel lombardo, fatto da abbozzi e pennellate lunghe, consentirà alla Cattura di Cristo in collezione privata di escluderla o includerla nel corpus delle opere certe di Michelangelo Merisi.
Renato Di Tomasi, 9 febbraio 2023
 
 
 
 
Dittico Leonardo da Vinci Caravaggio, Carmelo Occhipinti, Collana Horti Hesperidum, 2023, p.66. € 18,00
Il libro può essere acquistato prenotandolo alla casa editrice Universitalia scrivendo all’indirizzo web
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