Il “format” adottato dalle curatrici Nicoletta Baldini e Monica Bietti prospetta una rappresentazione delle vicende di Giovanni costruita attraverso un’ampia serie di oggetti di varia natura (ben 149), legati più o meno direttamente alla sua vita.
Dipinti, sculture, disegni, manoscritti e oggetti liturgici sono proposti al visitatore come finestre aperte sulle opere e i giorni del protagonista di questo racconto fatto essenzialmente di cose, deputate ad evocare i contesti attraversati dal primo pontefice della dinastia medicea. Lo schema di massima insomma – lo si nota, di passaggio – è analogo a quello su cui si articola la recente esposizione consacrata a
Pietro Bembo (
https://news-art.it/news/a-padova-una-grande-mostra-dedicata-a-pietro-bembo.htm), personaggio la cui traiettoria intellettuale, peraltro, si legò strettamente a quella di
Leone X, di cui fu segretario ai brevi.

La rassegna organizzata presso il
Museo delle Tombe Medicee è strutturata secondo un ordine cronologico, adeguato all’idea narrativa su cui poggia l’intero progetto. Si apre, pertanto, con una piccola galleria di ritratti dei personaggi prossimi a Giovanni de’Medici e con una sequenza di testimonianze connesse all’educazione del futuro papa, cresciuto nello splendore intellettuale della corte paterna.
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Sono esposti, ad esempio, il
Busto di Lorenzo il Magnifico in terracotta della National Gallery di Washington, eseguito da un anonimo maestro fiorentino (del XV o XVI secolo), il
Busto di Giuliano di Piero de’Medici in marmo, ascritto a
Michele Marini da Fiesole e databile ai primi anni novanta del Quattrocento (Museo del Bargello), come pure il molto discusso
Doppio ritratto attribuito (in questa sede) ad
Andrea del Castagno (Zurigo, Kunsthaus, forse del quinto decennio) e raffigurante due membri della famiglia Medici, identificati in via ipotetica con Piero e con lo stesso Giovanni.
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Accanto alle effigi medicee, inoltre, si trova anche il
Vaso dell’Institute of Arts di Detroit, memoria del matrimonio tra il Magnifico e Clarice Orsini, genitori di Leone X. Alcuni testi, inoltre, documentano la cultura antiquariale ed erudita entro la quale si formò il rampollo della dinastia medicea. Spicca tra essi l’
Opera di Plotino, incunabolo pubblicato per i tipi di Antonio Miscomini nel 1492 e impreziosito dalle magnifiche miniature di
Attavante degli Attavanti. Il volume, contenente le
Enneadi del filosofo del III secolo d.C., tradotte e commentate da
Marsilio Ficino, costituisce una trasparente attestazione della fioritura del pensiero neoplatonico nell’ambiente patrocinato dai Medici.

A rappresentare il gusto per le cose all’antica diffuso nel contesto umanistico fiorentino, inoltre, è esposto un bronzetto di
Antonio del Pollaiolo, raffigurante
Ercole e Anteo (Museo del Bargello, 1475ca), che forse proviene dalla camera di Giovanni sita nel Palazzo familiare in via Larga. Quale esempio dell’arredo della medesima dimora, la rassegna propone anche una
Madonna adorante il Bambino con San Giovannino che fa parte del
corpus del cosiddetto
Pseudo Pierfrancesco Fiorentino (Firenze, Museo Bardini). A quanto risulta dall’inventario dei beni del Palazzo di via Larga, quasi in ogni stanza erano presenti dipinti devozionali di questo tipo, prodotti da artigiani sospesi, sul piano stilistico,
tra Filippo Lippi e Francesco Pesellino.
La terza sezione presenta una panoramica sulla storia della città gigliata durante gli anni dell’esilio dei Medici (dal 1494 al 1512). Diversi sono, naturalmente, i riferimenti all’ingombrante presenza di
Savonarola, che segnò il corso degli eventi fiorentini negli ultimi anni del XV secolo.

È esposta, ad esempio, una
Pietà del
Perugino proveniente dalla chiesa di San Pier Maggiore a Firenze, distrutta nel 1784 (Coll. Ente Cassa di Risparmio di Firenze). L’opera era posta sulla facciata esterna del sacello della famiglia Albizzi e fu eseguita forse nel 1497 su commissione di Luca di Antonio di Luca, seguace del frate domenicano. Le vicende dell’allora cardinale mediceo, inoltre, sono illustrate per mezzo delle acqueforti che Pietro Santi Bartoli (1660-1667) derivò dagli
episodi della vita di Giovanni raffigurati sulle bordure degli arazzi vaticani, i cui cartoni furono commissionati a Raffaello intorno al 1515 dallo stesso personaggio, all’epoca divenuto papa.

Opere legate al pontificato di Leone X costituiscono la quarta sezione. Tra le immagini del successore di Pietro campeggia la copia eseguita da
Giuliano Bugiardini (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, databile 1523-25) del raffaellesco
Ritratto di Leone X con i cardinali Giulio de’Medici e Luigi de’Rossi. Il volto di quest’ultimo nella tela del Bugiardini è però sostituita dall’effigie di Innocenzo Cybo, figlio di Franceschetto primogenito di Innocenzo VIII e di Maddalena de’Medici, sorella di Leone X. Al periodo del papato, caratterizzato dalla programmatica promozione degli studi sull’antico, appartengono, tra l’altro, la cosiddetta
Lettera a Leone X di Raffaello (esposta in fac-simile), la celebre epistola dedicatoria, redatta con
Baldassar Castiglione, che avrebbe dovuto accompagnare un rilievo e la ricostruzione grafica della Roma antica; nonché due disegni raffiguranti rispettivamente il vestibolo e l’interno del Pantheon, attribuiti allo stesso Sanzio (Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe).
In mostra è presente anche l’incisione a bulino di Tommaso de’Cavalieri (1581) che traduce a stampa il fregio dipinto da
Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze sulla facciata di palazzo Capranica a Roma. L’
Allegoria della Fede Cristiana (o
Roma trionfante), affrescata dalla coppia di collaboratori di Raffaello, raffigurava l’omaggio dei popoli infedeli alla città papale ed era stata pensata come
omaggio alla politica di Leone X.

Giovanni de'Medici tornò a Firenze il 30 novembre 1515 e la città natale gli rese omaggio allestendo una raffinata trama di apparati effimeri destinati a decorare l’itinerario del pontefice. Diversi artisti di spicco presero parte all’elaborazione delle scenografie. Tra loro,
Ridolfo del Ghirlandaio, Francesco Granacci e Rosso Fiorentino. L’
Angiolino musicante di quest’ultimo (Uffizi, 1521) è esposto in rappresentanza dell’équipe di pittori impegnati nell’esecuzione degli apparati. Se già per altre opere presenti in mostra il nesso con Leone X appare piuttosto sfumato, in questo caso – occorre dirlo – la presenza della tavola di Rosso sembra francamente pretestuosa. L’esposizione del dipinto, infatti, si giustifica – secondo quanto si inferisce dalla scheda di Carlo Falciani in catalogo (scheda 102, p. 508) – perché l’angelo contiene un ricordo delle suggestioni donatelliane e michelangiolesche dei «bambini ridenti e ammiccanti» che comparivano nelle pale licenziate dall’artista intorno al 1514 e che «probabilmente saranno state evidenti anche nell’arco trionfale decorato dal Rosso per l’ingresso a Firenze di Leone X a Firenze nel 1515».

Nel gruppo di immagini dell’
entourage del papa accolto nelle
Cappelle Medicee si impone, se non altro per interesse filologico, un’inedita copia (parziale) cinquecentesca del
Ritratto del cardinale Bernardo Dovizi detto il Bibbiena, realizzato da Raffaello intorno al 1516-17 (Firenze, coll. privata). Il prelato – è il caso di sottolinearlo – fu segretario particolare di Giovanni de’Medici durante gli anni del pontificato.
Tra gli oggetti liturgici esposti risalta, invece, il raffinato
Pastorale donato da Leone X alla basilica fiorentina di San Lorenzo (Firenze, Museo delle Cappelle Medicee). L’opera, databile al secondo decennio del Cinquecento, è stata attribuita all’orafo Michelangelo di Viviano e imita nella parte sommitale un broncone di alloro, già simbolo del Magnifico, da cui sembra fiorire la figura di San Lorenzo. Si segnala, inoltre, la notevole miniatura attribuita a Monte di Giovanni del Fora che ritrae
Leone X in visita al Duomo di Firenze (Firenze, Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Codice R n. 13, f. 88r), realizzata certamente durante il soggiorno del 1515.
La ultime due sezioni infine, con disegni e manoscritti, ripercorrono rispettivamente le vicende della
Sacrestia Nuova di San Lorenzo e la storia della facciata, mai realizzata, della stessa chiesa.
La mostra, insomma, racconta la parabola di
Giovanni de’ Medici mediante una selezione vasta e per nulla scontata di “documenti”. Sebbene in alcuni casi, come detto, le opzioni risultino non del tutto pertinenti, i criteri adottati nella composizione del mosaico delle opere esposte permettono, se non altro, di conoscere pezzi spesso interessanti sotto il profilo storico e che compaiono di rado nelle rassegne dedicate al Rinascimento fiorentino. Da essi emerge, nitidamente, il profilo dettagliato di uno dei protagonisti di quella stagione, tra i principali responsabili di quell’
aurea aetas che germogliò a Firenze e Roma tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo.
Francesco Sorce, 28/3/2013
NELLO SPLENDORE MEDICEO. PAPA LEONE X E FIRENZE
Museo delle Cappelle Medicee
25 marzo - 6 ottobre 2013
Da lunedì a domenica, ore 8,15-16,50
Chiusura: seconda e quarta domenica del mese;
Prezzo biglietto Intero: € 9.00 (comprensivo dell’ingresso al Museo)
Catalogo Sillabe