laughartNel 1949 Ernst Gombrich (L’arte e le figurazioni satiriche nell’epoca romantica, in A cavallo di un manico di scopa. Saggi di teoria dell’arte [1963], Torino 1971, p. 182) lamentava un’incuria ingiustificabile da parte della storia dell’arte nei confronti delle immagini satiriche, considerate dallo studioso austriaco documenti di indiscutibile importanza sul piano storico-sociale, ma anche laboratori di sperimentalismo semiotico, da esaminare con cura per comprendere, tra l’altro, le modalità dell’azione del dominio iconico sullo spettatore.
 
Da allora l’orizzonte degli studi è certamente cambiato, sebbene non proprio lungo le vie aperte da Gombrich. Nondimeno, l’attenzione per questa categoria di opere è cresciuta sensibilmente, generando una produzione scientifica notevole sul piano quantitativo e diverse occasioni espositive rilevanti (da ultimo la mostra newyorkese del 2011-2012: Infinite Jest. Caricature and Satire from Leonardo to Levine, cat. a cura di Constance C. McPhee, Nadine M. Orenstein, New York 2011).
 
1.James_Gillray_Wierd_Sisters_1791(1)Il volume di Marta Sironi costituisce un tentativo apprezzabile e riuscito di conferire il debito rilievo alla grafica umoristica nell’ambito delle ricerche storico-artistiche, evitando le angustie dell’indagine puramente settoriale. Dedicato alle vicende delle immagini che, nel corso degli ultimi tre secoli, hanno fatto dell’ironia sul mondo dell’arte, il libro opera una ricognizione a largo spettro su diversi contesti europei, organizzando il materiale setacciato attraverso una doppia articolazione, cronologica e iconografica. La rappresentazione satirica dell’arte è indagata, dunque, nei suoi sviluppi diacronici e analizzata mettendo a fuoco, specie nella seconda parte del testo, i motivi più abituali e ricchi di implicazioni per ciò che concerne la percezione dell’universo artistico da parte del comune sentire.  Il percorso tracciato dalla studiosa si apre con un breve esame introduttivo sullo scenario inglese settecentesco, vera fucina del repertorio europeo per i successivi duecento anni, grazie all’ingegno, tra gli altri, di William Hogarth e James Gillray (fig. 1). Nel XVIII secolo, in effetti, la satira visiva è interessata da un’inedita fioritura, che si radica nell’ambito dei processi di rinnovamento del sistema dell’informazione. L’immagine satirica diventa parte integrante del complesso meccanismo della comunicazione, che tende ad allargare progressivamente il proprio spettro ricettivo acquisendo lo statuto di un vero e proprio genere, specie all’interno della stampa periodica. Per la capacità di diffusione e per la consolidata efficienza della sua retorica, erede di sperimentazioni plurisecolari (si pensi, ad esempio, alla propaganda luterana e a quella cattolica nel pieno delle lotte religiose cinquecentesche), essa dimostra di possedere un potenziale non indifferente nel modellare l’opinione pubblica. 
2_Cham_Revue_comique_du_salon_1851_Le_Charivari_1851Tra i soggetti trattati dalla satira, il mondo dell’arte riceve progressivamente una crescente considerazione. Vengono, così, tematizzati diversi aspetti della vita artistica, che sollecitano evidentemente la discussione in un pubblico composto sempre meno dagli addetti ai lavori. Una delle cornici tematiche ricorrenti è data dalla querelle tra conservatori e progressisti. La disputa diviene presto una sorta di canovaccio entro il quale confluiscono varie classi di argomenti, assumendo il carattere di sceneggiatura di base per la rappresentazione umoristica dell’arte. 

Delineato il contesto genetico della grafica satirica moderna, Ridere dell’arte prosegue considerando ampiamente il fenomeno francese dei Salons caricaturaux, esploso a Parigi negli anni Quaranta dell’Ottocento e disseminatosi presto nel resto del continente, Italia compresa. Tale fenomeno, legato alla diffusione delle riviste illustrate, consiste nella riproduzione delle opere esposte nelle mostre più importanti (anzitutto i salons parigini), solitamente raffigurate attraverso i registri della caricatura e della parodia e condite da didascalie volte ad enfatizzare gli aspetti ritenuti più bizzarri delle opere stesse. I Salons caricaturaux costituiscono un significativo spazio di commento sul contemporaneo ed esprimono spesso un punto di vista critico e conservatore nei confronti delle tendenze meno allineate con la tradizione.
3_Bruno_Paul_Der_Munchener_Jugend_Brunnen_Simplicissimus_1897Vi si palesa, in effetti, la propensione a intendere la satira nel senso più consueto, come pratica protesa ad emendare il vizio, attraverso la stigmatizzazione dell’impertinenza delle proposte formali e tematiche maggiormente innovative. In questa prospettiva, Gustave Courbet risulta, non per caso, uno dei bersagli preferiti degli strali dei vignettisti, intenti a ridicolizzarne i tratti stilistici più distanti dal canone cristallizzato (fig. 2). L’autrice ricostruisce la cornice culturale in cui nasce il Salon caricatural e analizza l’opera, non di rado arguta e sottile, di molti dei protagonisti di quella stagione: sfilano così, nelle pagine del libro, i lavori di diversi maestri francesi, come Honoré Daumier, Cham (Amédée de Noé), Bertall (Charles Albert d’Arnoux), Gustave Doré, André Gill, Felix Nadar, Albert Robida, e quelli dei colleghi italiani (Casimiro Teja, su tutti) e inglesi, senza peraltro che siano perse di vista le peculiari declinazioni nazionali di questa particolarissima produzione.

4_Franz_von_Stuck_Die_Malmaschine_Fliegende_Blatter_1888Il volume sposta quindi l’inquadratura sulla rappresentazione satirica di alcuni dei movimenti che hanno caratterizzato la storia dell’arte tra il XIX e i primi decenni del XX secolo. Marta Sironi prende in esame la ricezione dei Preraffaelliti, dell’Art Nouveau e di “Novecento” non solo nelle riviste umoristiche, ma anche nei periodici che ebbero un ruolo decisivo nella divulgazione delle esperienze moderniste. Accanto a “Punch”, “Assiette au Beurre” e “Italia Ride”, spiccano, ad esempio, “Jugend” e “Simplicissimus”, che pubblica (5 giugno 1897) un’illustrazione di Bruno Paul, intitolata Der “Münchener Jugend” Brunnen, giustamente ritenuta emblematica dall’autrice (p. 90): una moderna fontana della giovinezza tramuta le donne che vi si bagnano, ritratte in modo realistico, in figure connotate dal tipico tratto dello Jugendstil (fig. 3). Paul allude dunque, non senza ironia, allo straordinario potere di rinnovamento dello stile “giovane”, capace di trasformare ogni cosa con la quale venga in contatto. Quanto al contesto italiano, invece, la studiosa si sofferma sulla grafica intenta a mettere alla berlina gli ideali antigraziosi di “Novecento” e di Mario Sironi, in particolare, biasimato parodisticamente, insieme a molti altri, per l’inclinazione a deformare le figure umane.
 
5_Giovanni_Manca_Quando_il_pubblico_sarà_convertito_Guerin_Meschino_1933L’ultima parte del libro è dedicata al censimento analitico dei tipi sociali che abitano il sistema dell’arte visto dai disegnatori umoristici. I capitoli finali passano quindi in rassegna molti dei cliché legati all’immagine dell’artista d’avanguardia, che la satira ha contribuito a fissare nella percezione dell’uomo della strada, trasformando gli artisti in vere e proprie maschere del teatro sociale (fig. 4). È ben evidenziato il gioco degli stereotipi messo in atto dagli illustratori, che sfruttano il meccanismo tipicamente satirico della pura riconferma del già noto: lo stesso, per intenderci, delle barzellette articolate sui luoghi comuni.
Nella galleria di “macchiette” descritta dall’autrice, un posto speciale è riservato ai topoi relativi alla figura della pittrice: l’ironia si appunta sulla supposta naturale inclinazione femminile alle frivolezze e alla visione sdolcinata della realtà, che si riflette immancabilmente sullo stile delle artiste. Tra i soggetti che compongono lo scenario delle arti nuove, inoltre, emerge anche il ritratto ironico del pubblico delle mostre, di cui vengono visualizzati i costumi, le abitudini e ovviamente le reazioni sempre più sconcertate di fronte ad opere sempre più incomprensibili.
6_Pinsel_an_die_Front_Brennessell_1935In pieno clima di disputa tra passatisti e innovatori, d’altra parte, la satira giunge a paventare l’ipotesi che “quando il pubblico sarà convertito”, come recita il titolo di una vignetta di Giovanni Manca (“Guerin Meschino”, 11 giugno 1933), si riderà di fronte allo Sposalizio della Vergine di Raffaello e si celebrerà invece, quale capolavoro, un dipinto di Mario Sironi (fig. 5). Per gli umoristi testimoni del cambiamento radicale portato dalle avanguardie, del resto, l’arte è divenuta pericolosa a tal punto che essa non si limita più soltanto a pervertire il gusto, facendo dimenticare il bello, ma può persino essere brandita come un’arma. Nella polemica contro le “degenerazioni” delle nuove correnti, infatti, le tele espressioniste vengono impiegate per terrorizzare l’esercito abissino, che fugge di fronte alle inquietanti figure del repertorio del “Ponte” (fig. 6).

Nel complesso, insomma, Ridere dell’arte è un testo pregevole, perché allestisce utilmente una grande vetrina per materiali poco frequentati, vagliati per giunta con inusuale sobrietà e interpretati con acuta precisione. I lavori raccolti, osservati sempre nel loro contesto più ampio, sono considerati opportunamente quali testimonianze rilevanti per la storia del gusto, nonché un affaccio di singolare nitidezza, ancorché critico, sull’evoluzione degli stili modernisti.
 
Il vasto corpus collezionato presenta, inoltre, diversi elementi interessanti, ad esempio, per gli studi sull’ironia e la parodia nelle immagini, terreni di ben nota complessità e sondati negli ultimi tempi da una letteratura fortunatamente in crescita. Il libro di Sironi, in effetti, sfiora appena la questione, concentrandosi prevalentemente sugli aspetti storici, ma può essere integrato, sotto questo profilo, con la lettura del saggio recente di Margaret A. Rose (Pictorial Irony, Parody, and Pastiche. Comic interpictoriality in the arts of the 19th and 20th centuries, Bielefeld 2011) dedicato a lavori analoghi a quelli discussi in Ridere dell’arte. Rose prospetta una teoria generale dell’ironia, a partire dalla quale vengono studiati sistematicamente i modi della sua manifestazione in ambito figurativo, analizzando la parodia e il pastiche alla luce delle prospettive sull’intertestualità.
7_Paul_Sandby_Puggs_Graces_1753_©_The_Trustees_of_the_British_MuseumLe vignette considerate da Marta Sironi, comunque, offrono spunti di rilievo anche per quanto riguarda la ricerca sulla retorica (della satira) visiva. Da questo punto di vista, appaiono specialmente degne di attenzione le non poche immagini che agiscono sulla base di una tattica meta-pittorica, operando sulla deformazione della maniera dei loro bersagli. Procedere con un paio di esempi può giovare quantomeno alla definizione del campo. Il primo caso si incontra quasi sulla soglia del volume e riguarda la polemica condotta dal pittore paesaggista Paul Sandby contro le posizioni di William Hogarth espresse nell’Analysis of Beauty (Londra 1753). Sandby, nello stesso anno dell’edizione dell’Analisi della Bellezza, realizza un’incisione intitolata Puggs Graces che si prende gioco dell’ideale estetico del rivale rappresentando il pittore intento a mettere su tela tre Grazie deformi, i cui corpi sono resi grotteschi dall’impiego caricaturale della linea serpentina tanto amata da Hogarth (fig. 7).
Il meccanismo satirico generale consiste nel prendere di mira i caratteri salienti dello stile del target, considerati alla stregua di formule, e nel renderli grotteschi attraverso varie modalità di rielaborazione (la deformazione, naturalmente, è tra gli strumenti più immediati). Nella stampa, la linea serpentina è assunta quale sineddoche dello stile di Hogarth – la parte per il tutto –, mentre lo stile stesso costituisce una metonimia dell’artista. Sandby usa il segno che il rivale concepisce come elemento fondante della bellezza per costruire forme francamente brutte, smontando in sostanza le premesse teoriche dell’avversario. L’immagine si comporta quindi come un’argomentazione, che lo spettatore è portato a comprendere piuttosto agevolmente. La tesi espressa dall’incisione è pressappoco la seguente: se la linea serpentina può dare origine al brutto, allora non può essere condizione della bellezza. 
 
Ugualmente significativo è l’esempio della rappresentazione congegnata da Bertall per schernire la “modernità” di Gustave Courbet (figg. 8, 9). Il vignettista raffigura i personaggi di alcuni suoi quadri come fossero giocattoli di legno. La trovata attiva una ricca tastiera di riferimenti: i balocchi, infatti, sono una metafora fulminante della semplificazione popolare e primitiva della forma realista, ma alludono anche al carattere infantile dei temi quotidiani propagandati dal pittore come la nuova frontiera dell’arte.
Il pubblico difficilmente non vede proprio ciò che Bertall, forse un po’ ingenerosamente, ha voluto far notare grazie al dispositivo metaforico: l’arte di Courbet è un gioco da ragazzi e non va presa tanto sul serio.
8_Bertall_Couleur_du_Salon_de_1852_Le_Journal_pour_Rire_1852_part9_Gustave_Courbet_Les_demoiselles_du_village_NYC_Metropolitan_1851-52 















Le cose tuttavia, si sa, hanno preso un’altra piega, e il pittore è stato assunto definitivamente nel pantheon dei padri del Modernismo, così come molti altri tra gli artisti dileggiati dagli umoristi del loro tempo figurano tra i giganti della contemporaneità. La brace della satira, in ogni caso, continua a covare sotto le ceneri ben coperte da una storiografia ormai più che secolare. E le immagini migliori, in virtù della folgorante efficacia che le contraddistingue, continuano a insinuare qualche dubbio salutare, non necessariamente retrogrado, sul valore di certe proposte artistiche. 
                                                                                                                                                                         Francesco Sorce, 14/02/2013