di Andrea Dusio
 
L'esposizione a Milano dell' Annunciazione di Filippino Lippi, proveniente da San Gimignano (per la curatela di Alessandro Cecchi), consente di fare il punto sulla figura di quest'artista che per molti versi è sempre rimasto nel cono d'ombra di Botticelli, e che invece merita una lettura critica più profonda, in ragione non solo del suo eclettismo, ma anche della capacità di far da cerniera tra la generazione di pittori fiorentini che finì per lavorare nella Cappella Sistina, quella dei contemporanei di Leonardo, e il rinnovamento figurativo portato dalla Maniera. L'occasione è offerta dall'iniziativa messa in opera ogni anno dal Comune di Milano a Palazzo Marino, grazie al prestito di un dipinto offerto alla città per il Natale.
La commissione dei due tondi a Filippino risale al 1483. L'anno precedente, il primo aprile 1482, i priori di parte Guelfa del Comune di San Gimignano deliberavano, “pro honore comunitatis”, per l'onore della comunità, di ornare l'Udienza dei priori con la pittura di un'Annunciazione. Il 13 gennaio 1483 venne deciso di aumentare la spesa, per poter avere due dipinti quadri o tondi, l'uno raffigurante l'Angelo annunciante, l'altro l'Annunziata. Sappiamo che le pitture furono ultimate entro il 19 maggio 1484, allorché venne disposta la loro collocazione. Sei anni dopo i tondi vennero dotati delle due cornici intagliate, dipinte, argentate e dorate che li adornano tuttora.
I documenti sono relativi agli stanziamenti, e dunque non contengono il nome di Filippino, che dovette essere suggerito da Lorenzo il Magnifico. La scelta, operata dai priori Angelo di Romeo Salvucci e Francesco di Giovanni di Giusto Buonanni, avvenne l'8 febbraio 1483.
Va ricordato in tal senso che San Gimignano era entrata nell'orbita di Firenze dalla metà del secolo precedente, adottandone gli uffici e le magistrature. Libero Comune dal 1199, la cittadina era stata a lungo legata a Siena, come dimostra anche la Maestà del Palazzo Comunale (1317), opera di Lippo Memmi, ed esemplata su quella del Palazzo Pubblico di Siena, realizzata da Simone Martini. Ma i legami con Siena non erano stati del tutto interrotti, se è vero che il grande Jacopo della Quercia agli inizi del terzo decennio del XV secolo realizzò per la controfacciata della collegiata le statue lignee dell'Angelo Annunziante e dell'Annunciata. La seconda metà del secolo aveva visto però San Gimignano teatro dell'attività di Benozzo Gozzoli, reduce dall'exploit degli affreschi fiorentini della cappella di Palazzo Medici poi Riccardi, con la Cavalcata dei magi, completata all'inizio del settimo decennio. Dal 1463 al 1467 Benozzo ha infatti operato continuativamente a San Gimignano, lasciando gli affreschi in Sant'Agostino con storie della vita del Santo, in uno stile molto vicino al suo capolavoro fiorentino. Nella stessa chiesa è il capolavoro di Piero del Pollaiolo, quell'Incoronazione della Vergine che data al 1483, anno della commissione a Filippino, e che consolida l'idea dell'attenzione verso gli artisti che si muovevano allora a Firenze tra i due diversi modelli di Leonardo e Botticelli. Filippino era stato nella bottega del secondo, con un ruolo non da comprimario, tanto che Berenson passava la sua attività giovanile sotto il nome suggestivo dell' “Amico di Sandro”, a sottolineare il carattere di autonomia inscritto già negli esordi del figlio di fra' Filippo Lippi, nato dalla relazione scandalosa con la monaca agostiniana Lucrezia Buti nel 1457, nel convento di Santa Margherita di Prato.
Filippino era rimasto orfano di padre nel 1469, e già nel 1472 era stato accolto da Botticelli nei suoi allievi, rimanendo a bottega per sei anni. Nel 1481, in virtù dell'assenza da Firenze di Leonardo, che era a Milano, e di Botticelli, Ghirlandaio, Perugino e Cosimo Rosselli, impegnati a Roma per la già citata affrescatura della Cappella Sistina, il giovane artista si vide commissionare l'impegnativo completamento del ciclo in Santa Maria del Carmine lasciato incompiuto diversi decenni prima da Masaccio e Masolino. Ebbe così l'occasione di confrontarsi direttamente con il testo capitale della pittura fiorentina del Quattrocento, e il risultato gli procurò una serie di importanti commissioni pubbliche e private, tra cui spicca il tondo realizzato per i Corsini, con la Madonna col bambino, angeli e San Giovannino, ora nelle raccolte della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.
I tondi per San Gimignano, ora conservati nella Pinacoteca dei Musei Civici, sono legati alla solennità con cui si festeggiava a Firenze e nei territori nella sua orbita il primo giorno dell'anno che si faceva procedere ab incarnatione, e che principiava dalla data del 25 marzo. Come ricorda anche Giovanni Morale nel suo contributo in catalogo, a partire dal dipinto di Ambrogio Lorenzetti nel 1344, ora nella Pinacoteca Nazionale di Siena, l'Annunciazione nell'ambito della cultura figurativa italiana si pone “quale primo esempio di un cammino prospettico che sfocerà in una rinascimentale rappresentazione dello spazio”. Daniel Arasse per primo, ne “L'annunciazione italiana”, ha teorizzato attraverso un esercizio di iconografia analitica il tentativo degli artisti di rendere visibile ciò che non lo è, a partire dalla presenza dello Spirito Santo, per arrivare a quella dell'Angelo (si pensi all'Annunciata di Antonello da Messina), attraverso una concezione spaziale che sarebbe alla base dell'invenzione della prospettiva. “Ci piace pensare, seguendo anche gli studi di Damisch oltre a quelli di Arasse, che l'impossibilità per un artista di raffigurare la trascendenza del tempo, che per un istante lacera l'hic et nunc del tempo umano, possa sfociare in una ricerca dell'ampliamento spaziale”, scrive ancora Morale.
Di certo i tondi di Filippino confermano questa tensione verso una raffigurazione dello spazio che chiede all'occhio di chi li osserva un tentativo di sintesi speculativa. Il tondo di sinistra rappresenta l'angelo inginocchiato, su di un pavimento in prospettiva centrale. Sulla sinistra si riconosce un loggiato con balaustra, aperto sul paesaggio. Il tondo di destra contiene più elementi descrittivi, ed è evidentemente influenzato dall'apparizione a Firenze del Trittico Portinari di Hugo Van Der Goes, collocato sull'altare di Sant'Egidio il 28 maggio 1483. Alla profonda suggestione prodotta da quest'opera si deve l'attenzione al dato naturalistico, ma anche il carattere sottilmente descrittivo dello still-life che si osserva nel tondo dell'Annunziata, con i vasi e gli albarelli nella scansia che richiamano gli iris e il giglio rosso dell'Adorazione del maestro fiammingo.
In primo piano si vede un faldistorio, vibrante di riflessi metallici, come quelli che erano riservati alla seduta di alti prelati ed ecclesiastici. A lato della nicchia a destra si osserva la presenza di un orologio meccanico, che già compare in un affresco di Botticelli in Ognissanti, con la raffigurazione dello studio di Sant'Agostino. I tondi sono in tal senso un momento di prima mediazione tra la scuola di Botticelli e il fulmine a ciel sereno del Trittico di Van der Goes, che porta una novità prorompente nella pittura fiorentina. Di lì in avanti Filippino, soprattutto con i due grandi cicli per Santa Maria sopra Minerva a Roma e per la Cappella Strozzi in Santa Maria Novella, approfondirà un'altra direzione di ricerca figurativa, compendiando la tradizione masaccesca con la sua formazione botticelliana, in esiti in grado di confrontarsi con Perugino, e senza subire l'arretramento stilistico cui va incontro il suo maestro con la contraddittoria esperienza della stagione vissuta sotto l'influsso della predicazione del Savonarola. 
 
Fig. 1 Filippino Lippi, Annunziata
Fig. 2 Filippino Lippi L’annunciazione
Fig. 3 Perugino Adorazione dei pastori
 
Dicembre 2019