In un Martedì pomeriggio soleggiato mi reco nello
Studio Pedrazzini, zona
Stazione Centrale, incuriosita nel visitare una mostra che prende il nome da uno dei paesi che ognuno di noi ha studiato durante i propri anni scolastici, grazie al
Manzoni (
I Promessi Sposi).
Pescarenico, paese che si affaccia sul Lago di Lecco, diventa immediatamente il protagonista del mio primo scatto fotografico (foto A).
Filippo Carcano (Milano 1840 – Milano 1914), nell’opera
Allegria, Pescarenico nel Lago di Lecco (1880), esprime la personale massima espressione della Pittura del Paesaggio: il dipinto venne presentato alla
IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino del 1880 e, nello stesso anno, fu

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acquistato dal torinese
Ernesto Balbo Bertone conte di Sambuy.
L’inserimento del quadro nella collezione privata del conte lo tolse definitivamente dalle esposizioni pubbliche fino al 1914, anno all’esposizione alla
Pinacoteca di Brera, in occasione della grande retrospettiva organizzata pochi mesi dopo la scomparsa di
Carcano. Ed oggi si celebra la nuova esposizione milanese dell’opera, ben dopo 102 anni, grazie all’acquisto del dipinto effettuato direttamente da
Fabrizio Pedrazzini, creatore dell’omonima galleria-studio dove ha luogo l’esposizione in oggetto nonché presidente della
Federazione Italiana Mercanti d'Arte (oltre che vice presidente dell'
Associazione Antiquari Milanesi).
L’attento studio di
Allegria permette di appurare l’attenzione che poneva
Carcano nell’approfondire la relazione tra luce e colore, dando alla Pescarenico di fine ‘800 una sinuosità, una brillantezza e una “vitalità” che emergono dalla tranquillità e (quasi) monotonia date dai panorami timidi e sobri che si rispecchiano sulle acque del Lago di Lecco.
Questa elegante immagine paesaggistica venne affiancata da alcune opere realizzate da altri autori lombardi di fine XIX secolo, seguaci della medesima corrente pittorica di
Carcano.
Ed è così che nella galleria-studio ho modo di ammirare altre creazioni che hanno fatto della Pittura di Paesaggio il loro cavallo di battaglia: alcuni esempi sono il
Rio d’Aurelio di Miazzina (1881,
Achille Tominetti, foto B), il
Tramonto nel Parco di Monza, San Gerardo (1883-1884,
Pompeo Mariani, foto C),
Acquazzoni d’Aprile (1886,
Giorgio Belloni, foto D),
Aspettando i bragozzi, Chioggia (1892,
Leonardo Bazzaro, foto E) e, ultimo dal punto di vista cronologico,
Naviglio Grande, Milano (circa 1895,
Emilio Gola, foto F).

Un elegante e, al contempo, schietto naturalismo sboccia dai colpi di pennello degli autori lombardi di fine 1800, bramosi di catturare ed immortalare quegli scorci, più o meno estesi, di un paesaggio che sopravvive alla quotidianità della storia, raccontando le proprie peculiarità di generazione in

generazione.
Mostra contenuta e riservata la quale, nel suo “piccolo”, offre allo spettatore varie opportunità di avvicinarsi ad un soggetto vero, esistente ma al contempo distante dalla fugacità dell’essere umano fatta di attimi legati alla singola individualità. La natura, il paesaggio, si estendono in uno spazio temporale prolungato che, sebbene si trasformi nel trascorrere degli anni, lascia quell’impronta di fondo indelebile e immutabile, tanto cara alla memoria dell’uomo.
Ringrazio
Fabrizio Pedrazzini per aver dedicato il suo tempo a fornirmi nozioni preziose durante la mia visita, le quali mi hanno permesso di scoprire particolari utili ed interessanti, alcuni dei quali riportati anche nella presente recensione.
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