E’ in corso fino al 15 luglio 2018 al Museo d’Arte di Mendrisio la mostra Franca Ghitti scultrice, dedicata all’artista camuna con una meticolosa selezione di una sessantina di creazioni, che ripercorrono le tappe della sua lunga carriera . E’ anche la prima retrospettiva allestita in un museo svizzero.
Parallela all’esposizione si innesta “Natura e Uomo” della collezione Bolzani, importante donazione di circa cento opere d’arte italiana del Novecento di celebri artisti tra i quali Morandi, Sironi, Carrà, Soffici, Guttuso, Morlotti e Vedova.
Morandi e il suo inesauribile dialogo con l’interiorità ed essenza delle cose, fino ad arrivare alla sparizione del soggetto medesimo: paesaggio e natura morta diventano così un semplice punto di partenza per approfondire il terreno di indagine delle stesse forme.
Morlotti dalle radici pittoriche lombarde: negli anni Sessanta molti dei suoi quadri hanno come soggetto gli ulivi, a seguito di un lungo soggiorno nella città di Bordighera.
Sironi con le sue black lines, che delineano dinamiche cromie di figure, intersecate con l’ambiente circostante.
Carra’ dalle pennellate, che si muovono dal centro verso l’esterno (“La pittura deve cogliere quel rapporto che comprende il bisogno di immedesimazione con le cose”).
Marini con le forme e i volumi stilizzati delle sue famose sculture denominate “Cavallo e cavaliere”, che simboleggiano l'unione uomo-natura.
Vedova con le sue “geometrie nere” ed una costante volontà di ricerca e spirito di innovazione.
Soffici e il suo paesaggio toscano dalle tonalità “legnose”.









Franca Ghitti, Mappa dei campi arati, 1979-1980


E’ proprio il legno uno dei materiali principi usati da Franca Ghitti.
A partire dai primi anni 50, l’artista crea una serie di dipinti, sempre in equilibrio tra rilettura e modernita’, dove senso della tradizione ed invenzione si uniscono, dando alla luce opere originali e suggestive tra cui i Racconti della Valle.
Successivamente si avvicina allo studio delle mappe della Val Camonica, “reinventandole” attraverso incisioni su tavolette di legno, che rievocano i mestieri di un tempo.
Negli anni 60 realizza con sapiente maestria artigianale le sue prime sculture lignee, ponendosi fin da allora l’obiettivo di dare a materiali carichi di una storia di produzione e di vissuto una nuova e precisa collocazione spazio-temporale.                                                                                                                                                                     Soffici, Paesaggio toscano, 1943



Dal 69 al 71 vive e lavora in Kenya, venendo a contatto di culture tribali, che la portano a
conoscenza di “altri alfabeti”, ossia di alternativi codici formali di espressione. La sua ricerca artistica si muove in un ambito di rupestre indagine antropologica e primordiale, ideando un articolato programma iconografico di grande spessore. L’artista predilige le forme geometriche elementari sviluppate secondo un ordine calcolato, che danno vita a figurazioni sempre diverse, in cui è la natura stessa a creare simmetrie.
Rientrata in Italia lavora il legno e gli scarti dei processi di lavorazione del ferro, recuperando utensili legati alle vecchie tradizioni di lavoro rurali nei boschi e nelle antiche fucine della sua valle.


Franca Ghitti, Vicinia, Tavola degli antenati n.1, 1976

Riutilizza legni logorati dal tempo e intemperie, rimanenze di segherie, traversine ferroviarie, chiodi e ritagli delle moderne industrie urbane di metalli. L’artista li fonde, li manipola, li assembla e li usa come unità componibili per opere di grandi dimensioni. I reperti abbandonati nelle fucine vengono rinsaldati in nuove sagome e le lastre in ferro lasciano trasparire una fragile solidità.
Nelle sue composizioni in legno i tronchi posti in verticale diventano “presenze totemiche” e sono  attraversati da fessure verticali, prodotte dalla lama da taglio di segheria, che ne indeboliscono la compattezza rendendoli friabili, ma pur sempre protetti dal fondo in acciaio corten.
Il legno si rivela un materiale leggero ed estremamente resistente, che assicura una incredibile rapidita’ di esecuzione e che garantisce una durata illimitata nel tempo. La sua leggerezza permette di realizzare strutture snelle e versatili.
Nel 79 l’artista crea Ghitti-Gates una scultura cancello per il Museo Agricolo di Merano.
In seguito nel 97 realizza importanti installazioni pubbliche, tra cui quella di un’imponente struttura a cascata in ferro, che invita ad un’esplorazione immersiva e che allo stesso tempo fa emergere le immense potenzialita’ dell’artista.
Le installazioni reinterpretano in chiave contemporanea gli elementi dell’antica architettura, che ne costituiscono sempre il parametro di riferimento.
Nel 2007 si dedica ad una scultura leggiadra con tre vele leggermente inclinate formate da irregolari e sottili elementi ferrosi parallelamente accostati.
Durante tutto l’arco del percorso artistico i lavori “ghittiani” si sono espansi orizzontalmente, generando tondi caleidoscopici “kleeniani”, spirali, o si sono allungati verticalmente fino a diventare colonne, pareti, porte, cancelli, cascate, o ancora si sono agglomerati assieme, creando dei boschi.
E’ lunghissimo sia l’elenco di mostre in spazi pubblici, università e gallerie private in Italia, Europa e America, sia quello di monografie, edizioni artistiche e cartelle grafiche.
Franca Ghitti ha altresì intrecciato i suoi percorsi di vita e di ricerca con personaggi della cultura e letteratura come il genio italiano Italo Calvino, i cui motti di leggerezza, rapidita’, esattezza, visibilita’, molteplicita’ e coerenza, ben si addicono alle sue creazioni; quest’ultime sembrano trovare negli spazi del museo il loro habitat naturale e invitano l’osservatore alla percezione di cio’, che è racchiuso nell’atto metamorfico della natura e raggiungibile solo con uno sconfinamento del pensiero (potremmo definirlo una green connection mindfulness ossia amare la terra per un ritorno alla natura).
L’artista ha cercato di restituire con il suo gesto libero e introspettivo, svincolato da stili o generi, ciò che si nasconde nella segreta tessitura della natura, che è il principio della vita stessa.
Il visitatore si rispecchia così in questa forza generatrice, intesa come guida e sostegno dei processi evolutivi e attraverso un dialogo con essa può raggiungere il proprio benessere interiore, fino a identificarsi con i suoi ritmi e farli propri.
Come ha scritto Freccero, uno dei massimi intellettuali americani, “l’universalità della Ghitti è tale, da permettere a ciascuno di noi di leggere in essa la nostra storia”.
La sua intera opera procede verso una luce e una leggerezza crescenti, che però lasciano intravedere un silenzioso senso di frammentarietà.
Quando saremo pronti a varcare e a scomporre questi cancelli a mosaico, avremo ben chiaro, che il futuro va cercato nelle nostre radici. Solo allora riscopriremo la vera natura delle cose.
 
                                                                                 
                                  
 4.5.2018  Cristina Bibbi
 

Info

 
Museo d'arte di Mendrisio
 
ORARI
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10.00-12.00 / 14:00-17:00
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lunedì chiuso (festivi aperto)
 
Web: http://museo.mendrisio.ch/index.php?id=321