“La città degli Uffizi”, serie di mostre voluta e diretta da Antonio Natali, ritorna all’Oratorio di Santa Caterina all’Antella di Bagno a Ripoli ospitando un’esposizione binaria dedicata a Francesco Granacci, pittore fiorentino noto per la sua stretta amicizia con Michelangelo, e Giovanni di Lorenzo Larciani, artista viceversa non ricordato da Giorgio Vasari nelle Vite e assurto agli onori della cronaca solo negli anni Sessanta del Novecento: a tracciarne un primo profilo fu Federico Zeri, all’interno dello studio dedicato agli “Eccentrici Fiorentini” nel 1969, che per l’allora ancora anonimo pittore creava l’etichetta di “Maestro dei paesaggi Kress”.
Curatori dell’esposizione sono Lucia Aquino e Simone Giordani, specialisti di pittura fiorentina che ai due artisti hanno da tempo dedicato parte delle loro ricerche, con risultanti importanti e in quest’occasione editi nel catalogo pubblicato da Polistampa, d’ora in avanti strumento imprescindibile per coloro che vorranno accostarsi alla conoscenza di Granacci e Larciani. Metodologicamente la mostra è difatti validissima non solo perché precorsa da un’accurata indagine scientifica – fondata tanto sulla connoisseurship che sulla ricerca d’archivio – ma ancora, rispettando lo spirito dell’iniziativa, poiché volta a mettere in luce capolavori del territorio spesso ignoti ai più, alcuni dei quali restaurati per la circostanza, non senza rivelare sorprese di grande interesse.
È questo il caso della Madonna col Bambino, san Donnino e il beato Gherardo di Villamagna della Pieve di San Donnino, la cosiddetta Pala di Villamagna, liberata da uno strato di sporco e vernici ingiallite che ne nascondevano l’intensa cromia dei verdi e dei rosa, così come le delicate sfumature degli incarnati, specialmente del volto della Vergine e del Figlio. La composizione è la medesima che l’artista aveva utilizzato negli anni dieci per la Pala Girolami (Firenze, Galleria dell’Accademia), ma qui è tuttavia declinata in una chiave meno rigorosa, vivacizzata da vistosi colori e da panneggi più torniti, meno spigolosi e secchi. La maestria del pittore è evidente nella delicatezza che impiega a realizzare dettagli come le frange del drappo rosa che cela lo sfondo dispiegandosi dal trono, o l’interno di pelliccia del mantello del santo sulla sinistra.
Se l’opera di Villamagna è una sorpresa inaspettata, sono invece capolavori noti del pittore l’Ingresso di Carlo VIII a Firenze e la Decapitazione di sant’Apollonia, quest’ultima proveniente da un complesso polittico, composto da 15 pezzi, che l’artista realizzò per il monastero benedettino dedicato all’omonima santa negli anni trenta (si veda in proposito il saggio di Simone Giordani nel catalogo). A dispetto dell’immagine non del tutto positiva tratteggiata da Giorgio Vasari, Granacci fu invece protagonista della maniera moderna a Firenze, coinvolto in cantieri importanti come la decorazione della Camera Borgherini, condivisa con artisti di primo piano quali Andrea del Sarto e Pontormo.
Sin dalla giovinezza Francesco fu vicino agli ambienti culturali più attivi della città, dapprima presso il Giardino di San Marco sotto l’egida di Lorenzo il Magnifico, poi nella bottega del legnaiolo e architetto Baccio d’Agnolo, con il quale artisti della portata di Filippino Lippi, i Sangallo, Raffaello, e talvolta Michelangelo, dibattevano delle arti. Né lo si potrà dimenticare tra coloro che si recavano ad apprendere gli insegnamenti di Masaccio presso la Cappella Brancacci, o la nuova lezione impartita da Michelangelo con la Battaglia di Cascina, cartone che egli poté studiare insieme a pochi altri col permesso del maestro. L’artista ha tuttavia suscitato poco l’interesse degli studi: attende infatti con urgenza di essere aggiornata e rivista la monografia che gli dedicava ormai negli anni Settanta Christian Von Holst (Monaco 1974).
Al Granacci si riallaccia in più occasioni il Larciani, prendendone a prestito trovate compositive ed interpretandole con quella vena personalissima, non poco bizzarra ed eccentrica, che gli fu propria e grazie alla quale raggiunse apici considerevoli (certo non si potranno nondimeno segnalare le altrettante vistose cadute). Al contrario di quanto accade per Francesco Granacci, su Lorenzo gli studi sono in pieno fermento, con nuove attribuzioni e precisazioni documentarie, specialmente a seguito del contributo con il quale Louis A. Waldman nel 1998 ne rendeva nota l’identità, mandando così in pensione il “Maestro dei paesaggi Kress” di Zeri (The Burlington Magazine, CXL, pp. 456-469).
Di mano dell’artista sono presenti in mostra cinque pezzi, tra i quali spicca per preziosità e raffinatezza la bella Allegoria della Fortuna della Galleria degli Uffizi. A metà tra una strega e una fata, la fanciulla approda in primo piano trainata da uno sgangherato thiasos marino, reggendo nella mano destra una vela rigonfia, e lasciando sullo sfondo una città portuale e turrita – realizzata con sole pennellate di azzurro e bianco – che non si esiterebbe a definire “ariostesca”, se si sapesse l’opera provenire da Ferrara.
Non meno ricercato è il Ciborio del Monastero di Santa Maria di Rosano, in questa occasione per la prima volta attribuito al pittore, prodotto di una probabile collaborazione con il legnaiolo Nanni Unghero. Cinque pannelli, un Cristo Risorto e quattro Angeli, che ancora una volta mostrano un pittore attento al dettaglio ricercato, fratello di un cartolaio (forse pure miniatore), che con la punta del pennello torna a definire i riccioli dorati delle presenze celesti, qui e lì a bordare i panneggi svolazzanti e talvolta trasformati in ghirigori, descrivendo meticolosamente il piumaggio delle ali.
Francesco Granacci e Giovanni di Lorenzo Larciani trovano nell’Oratorio di Santa Caterina all’Antella un luogo d’eccezione ad accoglierli, una mostra preziosa per uno scrigno altrettanto splendido, edificato per volere della famiglia Alberti a metà del Trecento e affrescato dal “Maestro di Barberino”, Spinello Aretino e Pietro Nelli.
Antonio Geremicca, 26/11/2013
Francesco Granacci e Giovanni Larciani all’Oratorio
di Santa Caterina all’Antella
14 settembre 2013 - 12 gennaio 2014
Oratorio di Santa Caterina all’Antella o delle Ruote, via del Carota (Bagno a Ripoli)
Catalogo Edizioni Polistampa
Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì 10-17.30; sabato e domenica 10-19; 31 dicembre 10-13.
Giorni di chiusura: lunedì, 25 dicembre 2014 e 1 gennaio 2014.
Ingresso alla mostra: € 6,00 intero; € 5,00 ridotto
Didascalie immagini
1. Francesco Granacci (Villamagna, Firenze 1469/1470-Firenze 1543), Madonna col Bambino tra i santi Sebastiano e Francesco, dopo il 1517, Olio su tavola, cm 181 × 162 Castelfiorentino, Museo d’Arte Sacra di Santa Verdiana, AFS 446078 (courtesy Polistampa)
2. Francesco Granacci, Madonna col Bambino tra san Donnino e il beato Gherardo da Villamagna, 1530-1535 (?) Olio su tavola, cm 170 × 143 Villamagna, Pieve di San Donnino (courtesy Polistampa)
3. Giovanni di Lorenzo Larciani (Firenze 1484-1527), Allegoria della Fortuna, 1520-1525 circa, Olio su tavola, cm 30,5 × 24,5 Firenze, Galleria degli Uffizi, inv. 1890, n. 10100 (courtesy Polistampa)
4. Giovanni di Lorenzo Larciani, Madonna col Bambino, 1515-1520 circa, Olio su tavola, cm 84 × 65, Arezzo, Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna (in deposito esterno dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze), inv. 1890, n. 83 (courtesy Polistampa)