Per il mondo dell’arte olandese il 2025 è iniziato letteralmente col botto. A fine gennaio, un muro dell’edificio che ospita il museo di Drents, nella città di Assen, è stato fatto saltare con dell’esplosivo; in soli tre minuti, i ladri hanno trafugato importantissimi reperti risalenti alla Dacia pre-romana che risultano tuttora dispersi. Dopo tre arresti effettuati lo scorso febbraio, a fine aprile le autorità olandesi hanno fermato altre due persone. Il 9 maggio avrà inizio il processo, con udienza pubblica.
Il furto
I ladri hanno agito nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, colpendo il museo a poche ore dalla chiusura della mostra “Dacia - Empire of gold and silver” (passata per Roma l’anno scorso). Per l’occasione, la Romania aveva inviato oltre cinquanta artefatti d’oro e d’argento, risalenti al periodo fra il XX secolo a.C. ed il III secolo d.C. Fra questi, l’elmo d’oro di Cotofenesti, reperto di straordinaria importanza storica ed artistica, trafugato insieme a tre bellissimi bracciali d’oro del I secolo a.C. La notizia del furto ha sconvolto la Romania. “L’elmo di Cotofenesti era sulla copertina dei nostri libri di storia”, spiega Tania Voinea, studentessa romena trasferitasi in Olanda, “per giorni non si è parlato d’altro”. Anche i bracciali hanno un importante valore simbolico: recuperati da scavi illeciti, la loro restituzione nel 2007 aveva rappresentato un momento di celebrazione del patrimonio culturale del Paese.
Sebbene la polizia olandese abbia ricevuto centinaia di segnalazioni nei giorni successivi al furto, con il passare delle settimane le speranze di ritrovare le opere vanno affievolendosi. Il rischio è che gli artefatti, interamente d’oro, siano stati liquefatti per ricavarne materiale grezzo. “L’oro antico è diverso”, spiega però la professoressa Donna Yates, esperta di traffico illecito di beni culturali, “quindi fondere l’elmo e i bracciali esporrebbe comunque i ladri al rischio di essere identificati”. Possibile che si tratti di un colpo “su commissione”, per conto di qualche criminale appassionato d’arte? Secondo Yates, anche questo scenario è improbabile. “Profili come quello del Boss dei Van Gogh sono molto rari. Perlopiù, questo tipo di furti coinvolge criminali comuni che non si rendono conto che oggetti come l’elmo di Cotofenesti sono difficilissimi da vendere. Cadono loro stessi vittima di una mistificazione del mercato. Così si arriva a casi estremi, come quello dei capolavori rubati dal Kunsthal di Rotterdam che sono stati inceneriti dalla madre di uno dei ladri per eliminare le prove del reato”.
La sicurezza nei musei
All’indomani del furto, le misure di sicurezza del museo di Drents sono finite nell’occhio del ciclone. In molti hanno criticato l’assenza di un guardiano nelle ore notturne, che avrebbe permesso ai ladri di agire indisturbati. Le modalità della rapina però spingono a una riflessione strutturale del sistema di protezione museale in Olanda, soprattutto alla luce dell’analogo furto, avvenuto pochi mesi prima, di alcune stampe di Andy Warhol da una galleria d’arte vicino Tillburg, e la clamorosa rapina al TEFAF Maastricht nel 2022. “Esistono piani anti-terrorismo che possono aiutare a prevenire questo tipo di operazioni”, suggerisce Yates. Rimane da capire quanto siano compatibili con il taglio dei fondi al settore culturale previsto dal governo olandese.
Secondo Yates, il furto al museo di Drents contribuisce a smantellare l’idea che i Paesi occidentali possano tutelare i beni culturali meglio di altri: “questo argomento continua a essere usato da chi si oppone alla restituzione di beni culturali in determinate aree del mondo. Evidentemente non è così”. Questo tipo di considerazioni si pone sulla scia di notizie come quella dei numerosi furti al British Museum, che scardinano la distinzione fra Paesi di serie A e serie B in ambito di tutela del patrimonio artistico e culturale.
Ripercussioni politiche e legali
Come era prevedibile, il furto ha creato fortissime tensioni diplomatiche fra i due Paesi coinvolti. Il primo ministro romeno Ciolacu ha immediatamente minacciato un’azione legale contro i Paesi Bassi, per ottenere un risarcimento dei danni “senza precedenti”. Dopo aver creato un team investigativo bilaterale, sotto l’egida dell’Eurojust, le comunicazioni fra i due Paesi sembrano essersi arrestate. La Romania avrebbe diffuso elementi confidenziali del contratto di prestito che hanno portato le autorità olandesi a terminare la collaborazione. Le informazioni in questione riguarderebbero il valore delle opere rubate che, secondo il sistema assicurativo olandese, costringerebbe l’Olanda a pagare 5,8 milioni di euro. Lo Stato olandese infatti si fa garante per danni fino al 30% del valore dei beni culturali ricevuti in prestito.
Al contempo si è aperto un fronte interno, che ha portato al licenziamento del direttore del Museo Nazionale di storia Romena Ernest Oberländer-Târnoveanu, accusato di aver permesso alle opere di lasciare il Paese senza le dovute precauzioni. L’avvocato olandese Auke van Hoek – esperto in tutela dei beni culturali – è dell’opinione che, per come formulata, la clausola sulla sicurezza fosse effettivamente ambigua. “Contratti di questo tipo dovrebbero fare sempre riferimento a specifici protocolli di sicurezza da applicare, mentre in questo caso sono state lasciate aperte diverse interpretazioni”.
Al netto dei termini giuridici, l’opinione pubblica romena si è concentrata sul doppiopesismo che emerge in situazioni come questa. “Se opere olandesi fossero state rubate in Romania, la stampa internazionale non avrebbe esitato a definirci dei ladri”, conclude Voinea. “A parti inverse, invece, il peso mediatico e diplomatico della vicenda sembra essere infinitamente minore”.
Di Livia Solaro maggio 2025
fig.1 Elmo Fotofenesti