Dopo essere stato pressoché ignorato dai suoi contemporanei, si può dire, letteralmente, che Giovanni Serodine (Ascona o Roma, 1594/1600 - Roma, 1630) sia stato riscoperto dalla critica del Novecento, che gli ha infine riconosciuto il posto adeguato tra i pittori più originali e potentemente personali di area caravaggesca, e più in generale della corrente “naturalista”, della prima metà del Seicento.
Con il titolo
Serodine e brezza caravaggesca sulla "Regione dei laghi", la Pinacoteca Züst di Rancate presenta una selezionata retrospettiva del grande pittore, le cui opere vengono affiancate a dipinti di artisti che possono essere considerati suoi compagni di strada, permettendo di illustrare concretamente come il 'naturalismo', nelle sue varie declinazioni post-caravaggesche, avesse preso piede nelle terre prealpine in modo più profondo di quanto si era sinora sospettato. Se per ragioni conservative non è stato possibile portare a Rancate tutte le opere più significative selezionate nell’area che si estende all'incirca tra lago d’Orta e lago di Como, il catalogo offre un primo tentativo di censimento delle presenze artistiche orientate in senso realistico. Il ventaglio di opere coinvolge, oltre ad alcuni artisti ancora in attesa di trovare un nome, personalità come Guercino, Orazio Borgianni, Tanzio da Varallo, Giovanni Baglione, Domenico Fetti, Giuseppe Vermiglio, Matthias Stom, Hendrick ter Brugghen.
L'esposizione si prefigge di contribuire a una revisione della fisionomia critica di Serodine, e a tal fine sono state convocate quasi tutte le opere da lui eseguite che ancora si conservano in area ticinese accanto ad un nucleo di proposte di dipinti inediti.
A un quarto di secolo dalla rivelatrice mostra monografica che si svolse a Locarno e a Roma nel 1987, e a quasi vent'anni dall'ultima esposizione a lui dedicata sempre a Rancate, i tempi sembrano in effetti maturi per una riconsiderazione complessiva dell’arte di Serodine, la cui pittura iper-espressiva e marcatamente idiomatica è diventata un punto di riferimento ineludile in qualsiasi ricognizione dell’eredità caravaggesca: sebbene l’adesione di Serodine ai moduli dell’arte del grande maestro lombardo sorvoli ogni preoccupazione di letteralità - ben lontano dalla
Manfrediana methodus come da ciascuna delle varie ortodossie caravaggiste che si affacciarono sulla scena internazionale nei primi tre decenni del XVII secolo - e si giochi per intero sulla ben più ardua interpretazione dello spirito di quell’arte insuperabile, con accenti che, com’è stato tante volte rilevato, preconizzano esiti successivi della pittura europea (Rembrandt
in primis).
Giovanni Serodine, Ritratto del padre, Lugano, Museo Civico
Sta di fatto che tutte le non rare occasioni espositive che negli ultimi vent’anni si sono impegnate intorno alla categoria seducente ma anche ambigua e perniciosa di “caravaggismo”, allineando uno o molteplici capolavori di Serodine, hanno dato agio a studiosi e appassionati non solo di prendere atto in modo definitivo della superba qualità della sua pittura e della profondità della sua poetica, ma perfino di familiarizzare col suo complesso linguaggio formale, in una misura che probabilmente trent’anni fa, prima della mostra di Locarno-Roma, sembrava impronosticabile. Tale progressivo riposizionamento verticistico di Giovanni Serodine (morto, è bene rammentarlo, a non più di 35 anni) sulla scena dell’arte europea del XVII secolo, giunto forse ormai al suo compimento, giustifica l’attuale nuova proposta della Pinacoteca Züst, sempre sopraffina nella sua offerta culturale, nuovamente, come già nel 1993, sotto l’egida di Roberto Contini, tra gli esegeti più fedeli, consapevoli e acribiosi del pittore.