Non è un caso, se la mostra sul pittore spagnolo dell’Ottocento Goya inizia proprio il giorno di Halloween.
Considerato “l’ultimo dei pittori antichi e il primo dei moderni”, vissuto tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, ha ritratto con maestria la
ragione e la
follia, gli
incubi e le
paure dell’inconscio reali ed immaginari, la drammaticità e gli orrori delle
guerre di un’epoca tormentata (del suo tempo ripeteva sempre nelle sue corrispondenze epistolari: “con tutto quello che sta bollendo in pentola!”), le
fucilazioni (in cui vi sono evidenti analogie con i quadri di Picasso), le
stregonerie, le
creature alatili come le civette che aleggiano, popolando scene
fantasy di sonni autobiografici notturni (“Il sonno della ragione genera mostri”, 1799, fig. 1), i
mastini (che ricordano quello di Baskerville), i
gatti (simboli di minacciose parabole),
l’Inquisizione (che perseguita Goya nel 1914 per la sua Maya Desnuda), il
Manicomio (fig. 2): il tutto condito con il suo inconfondibile tocco di ironia.

Ora con questi ingredienti
horror, che ci chiediamo, se ci porteranno un dolcetto o uno scherzetto, Palazzo Reale gli dedica una mostra “La ribellione della ragione” con ottanta dipinti proprio nel giorno dei mostri. Arrivano in prestito da importanti realtà museali internazionali ed è realizzata in collaborazione con la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid e con il Museo Goya e Fundacion Ibercaja. Il progetto è a cura di VictorNieto Alcaide, promosso dal Comune di Milano-Cultura e realizzato da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE.
Saranno presenti anche alcune delle più importanti
incisioni satiriche e irriverenti realizzate da Goya con le loro matrici di rame restaurate. Un’occasione unica per ammirarle nei loro dettagli originali a confronto diretto con le stampe.

Goya, come ben sappiamo, fu un mostro di bravura, circondato dai mostri dell’animo umano.
La paura dell’ignoto, di quello che non possiamo toccare con mano e lui che attraverso i suoi quadri ce lo porge nudo, a volte crudo, che scorre rapidamente dinanzi ai nostri occhi (e che ci fa scappare in fuga) o sotto mentite e voluttuose spoglie, che sospirano dormienti.
E’ come trovarsi in una
escape room: volete cercare di trovare una via di uscita o volete entrare in questo labirinto alla Escher, lasciandovi così sedurre e rapire?
Se optate per questa seconda scelta, vi sentirete pervasi da quel timore oscuro e brivido febbricitante che scorre sottopelle, che oggi lo scrittore
Stephen King chiamerebbe IT e che farebbe impallidire anche
Hannibal, se quest’ultimo vedesse le “
pitture nere” di Goya (in particolare il suo mordace e divorante “Saturno”, 1821-1823).
Chi o che cosa trama nell’ombra? Avete paura del buio? Allora artisti come
Caravaggio e
Goya, i due “pittori maledetti” per eccellenza, non fanno per voi.
Qualcuno come
George de La Tour sarebbe pronto a porgervi una candela, per illuminare meglio il vostro cammino o ve la allungherebbe Goya stesso nei suoi momenti inebriati e inondati dalla luce: eh si, perché non furono tutti avvolti dal buio e dalle tenebre.
Basti pensare al suo luminosissimo Autoritratto “vermeeriano” (fig 1), in veste di pittore all’opera dinanzi al suo cavalletto (per nulla tetro, in cui ci guarda con la sua schietta e sensibile sincerità, dritto negli occhi, mentre con il suo animo da scrutatore e da acuto osservatore (illuminato dalla ragione) e con la precisione di un incisore ci trapassa a raggi x.
Non dimentichiamoci che l’intensità dello sguardo e la forza penetrativa degli occhi erano molto importanti per Goya, in quanto era ciò che dava “voce” al dipinto e tutto il resto passava sfocato in secondo piano.
Un po’ come è accaduto per i
Simpson, la serie animata statunitense ideata dal fumettista Matt Groening nel 1987 per Fox Broadcasting Company, dove tutto ruota intorno alla pupilla degli occhi a palla dei componenti di questa celebre famiglia.
I primi dipinti di Goya caratterizzati da una pennellata vivace, originale e fresca, raffigurano
scene idilliache e di corte (come il Parasole, 1778, cartone per arazzi reali),
ritratti di nobili (nel 1799 ricevette l’ambita onorificenza di “Primo pittore di camera del Re”),
di famiglie reali (nelle quali mise in risalto, non solo lo sfarzo, ma anche i difetti). La tecnica è raffinata, vibrante e delicata: basti pensare alla tizianesca
Maya Desnuda alias Duchessa d’Alba sua
lover, che sembra aver ispirato nelle due versioni (una nuda e una vestita) anche
Picasso con il doppio volto di Dora, fotografa nonchè sua amante, musa e ispiratrice, ritratta in stato assorto e contemplativo in attesa forse del suo Minotauro.
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Lo sdoppiamento a poco a poco lascia il posto a opere più oscure e graffianti, talvolta caratterizzate da una vena
espressionista, che riflettevano l’immagine della umanità (talvolta disumana) e della società del tempo, che correva. L’artista spagnolo non si sentiva più un “Colosso” (fig.4), che andava controcorrente, ma era ormai disilluso, amareggiato e disincantato (come si evince dal suo Autoritratto all’età di sessantanove anni). Ma lungi da lui l’arresa.
L’ultimo quadro di Goya “La lattaia di Bordeaux”, 1827 (sua città di volontario “esilio” del suo
rush finale di vita) racchiude in grembo la corrente
dell’Impressionismo.
Detto questo, anche voi in questo momento sentite delle voci che affiorano dal profondo? Dei Capricci? Goya non potrebbe sentirle a seguito di una misteriosa malattia, che gli tolse l’udito (la sua casa di campagna fu ribatezzata infatti per questo la “Quinta del Sordo”).
E ora silenzio: i quadri in mostra saranno “cullati” con agitato ondulamento fino al 3 Marzo 2024.
Tra le sale si odrà solo la brezza leggera e poi in
progress sempre più forte e dirompente, causata dal movimento dapprima in punta di pennello e poi vigoroso e veemente di questo pittore aragonese, che scompigliò la storia dell’Arte (per questo non occorre fare una piega dal parrucchiere, prima di vedere la mostra).
Dubbi? Siete indecisi? Avete paura? Beh non visitarla sarebbe da pazzi. Tenete solo d’occhio l’orologio.
Goya possedeva infatti una carrozza come quella delle fiabe, ragion per cui la visita non dovrebbe potrarsi oltre la mezzanotte. Non ve la potete perdere!
E ora buonanotte e sogni
dark (poi passerà l’uomo nero o l’uomo Goya? Di certo avrà con sè le sue pitture “nere” cupe e scure).
Maria Cristina Bibbi
Info
Goya, “La ribellione della ragione”
Palazzo Reale, dal 31 Ottobre al 3 Marzo 2024
Web:
https://www.palazzorealemilano.it/mostre/la-ribellione-della-ragione
Legenda
- Il sonno della ragione genera mostri, 1799
- Il Manicomio, 1812-1819
- Autoritratto in studio, 1793-1795
- Il colosso, 1808-1812