AutoritrattoIl Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita una mostra dedicata a Helmut Newton, già presentata a Houston e Berlino.

Il titolo dell’evento rimanda ai tre libri più noti del fotografo, pubblicati tra la fine degli anni Settanta del Novecento e l’inizio del decennio successivo. L’istituzione romana accoglie, dunque, 200 scatti tratti da White Women, Sleepless Nights e Big Nudes, offrendo l’opportunità di ripercorrere alcune delle tappe che hanno segnato la storia della fotografia di moda attraverso la produzione di uno dei suoi protagonisti conclamati.


Big_NudeHelmut Newton è lo pseudonimo di Helmut Neustädter, nato a Berlino nel 1920 da genitori ebrei. Allievo di Yva (Else Neülander-Simon) tra il 1936 e il 1938, il giovane fotografo è costretto a lasciare la Germania a causa delle leggi razziali promulgate dal nazismo. Dopo un soggiorno a Singapore, si trasferisce in Australia, dove, nel 1948, sposa l’attrice June Brunell, che, sua compagna per tutta la vita, diverrà nota a sua volta come fotografa con il nome di Alice Springs. Negli anni Cinquanta, Newton inizia a collaborare con Vogue, nelle edizioni australiana, inglese e francese.
La prima personale è del 1975 (Galleria Nikon di Parigi), quando il fotografo ha già raggiunto la notorietà. L’anno successivo esce il primo libro, White Women, a New York e Londra: il volume raccoglie alcune delle immagini che hanno contribuito ad introdurre il nudo nel mondo delle fashion magazines (Vogue, Harper’s Bazaar, Elle e Marie Claire, tra le altre), rompendo in modo significativo con la tradizione e prospettando possibilità nuove per il sistema della moda. Al libro è stato riconosciuto per tempo un ruolo innovatore, come testimonia l’importante Kodak Photobook Award conferito all’autore.
 
Al 1979 risale, invece, la pubblicazione di Sleepless Nights (di nuovo New York e Londra), un’ulteriore raccolta di fotografie apparse su varie riviste. Le pagine delle “notti insonni” attestano chiaramente l’intenzione di Newton di trasformare degli scatti promozionali in veri e propri ritratti, costruiti con cura meticolosa della composizione e spesso qualificati dalla presenza di set capaci di conferire alle immagini una qualità narrativa. La celebre teoria di nudi monumentali di Big Nudes viene edita, infine, nel 1981 (Parigi e Londra), chiudendo la trilogia su cui, come detto, si basa la mostra del Palazzo delle Esposizioni.
 
Rue_Aubriot_French_Vogue_Paris_1975Negli anni Novanta si moltiplicano i riconoscimenti: Newton è insignito dallo Stato francese del Grand prix National de la photographie (1990) e riceve il titolo di Commandeur de l’Ordre des Arts et Lettres (1996). Quindi, in occasione del suo ottantesimo compleanno, viene organizzata nel 2000 una retrospettiva a Berlino, poi allestita anche a Londra, Tokio, Mosca e Praga. Helmut the Hermit, come lo chiamava affettuosamente la moglie, muore a Los Angeles per un incidente d’auto il 23 gennaio del 2004.
 
L’esposizione romana, riunendo i “capolavori” dell’autore, costituisce una vetrina di assoluto interesse per ragionare su alcuni punti problematici della fotografia e di quella di Newton in particolare. In forma meramente stenografica e perlopiù interrogativa, se ne squadernano qui di seguito i più urgenti, almeno per chi scrive, con l’auspicio che l’evento possa rappresentare l’occasione per un dibattito, magari proprio sulle pagine di questo sito. 
 
Anzitutto, a quale categoria appartengono le immagini di Newton? Sono opere d’arte, come vuole un’opinione diffusa? Se così fosse, ciò implicherebbe la concezione della fotografia come arte, idea notoriamente per nulla pacifica (vedi, tra gli altri, in proposito MAYNARD 2001 e WARBURTON 2003). Oppure si tratta di fotografie di moda, talentuose quanto si vuole, ma pur sempre strumenti pubblicitari, e pertanto qualificate da un regime di esistenza assai differente da quello degli oggetti artistici? E ancora: solo alcune sono da considerare come arte (i Big Nudes, ad esempio), sulla scorta, eventualmente, delle intenzioni dell’autore e dei contesti di pertinenza?
 
Saddle_I_Sleepless Nights_Paris 1976_©_ Helmut_Newton_EstateTali rovelli ontologici sono gravidi di conseguenze sotto molti rispetti: nei diversi casi, infatti, si mobilitano differenti e complesse architetture di concetti, valori e possibilità interpretative che risultano difficilmente conciliabili. Nondimeno, il punto sembra passare del tutto inosservato nei giudizi sul fotografo. 
Il problema, inaggirabile, può essere sfumato optando, ad esempio, per l’applicazione di una delle cosiddette teorie procedurali dell’arte. Il quesito centrale si può allora riformulare come segue: quelle di Newton sono foto di moda che qualcuno ha trasfigurato – nell’accezione definita da Arthur Danto (1981) – in opere d’arte? Ma chi, nel caso, e sulla base di quali ragioni, esattamente, ha prodotto l’interpretazione costitutiva concepita dal filosofo americano? Oppure si tratta di “oggetti” pensati artisticamente dall’autore, la cui (vera) natura si è però rivelata soltanto nel momento in cui sono stati candidati per l’apprezzamento del mondo dell’arte – per dirla, in questo caso, con John Dickie – passando dalle pagine patinate di Vogue, ad esempio, a quelle altrettanto patinate di White Women?
Da_Maxim’s_Paris_1978Se considerati arte, in effetti, i lavori di Newton forniscono un caso di scuola per misurare aspirazioni e limiti di questi tipi di prospettive ontologiche, dal momento che si tratta di artefatti ai quali viene modificato radicalmente lo statuto entro determinati contesti. Quand’anche si accettasse serenamente un impegno di orientamento “istituzionale”, comunque, resterebbe da sapere in quali circostanze si sia verificata la metamorfosi e sulla base di quali argomenti: resterebbe da sapere, insomma, perché un certo contesto abbia scelto di assumere le immagini del fotografo tedesco nel mondo dell’arte.
 
Sulla falsariga degli interrogativi precedenti, ci si può anche chiedere, peraltro, se il Palazzo delle Esposizioni accolga le fotografie di Newton in quanto opere d’arte, ovvero se provveda a “battezzarle” all’interno della classe degli oggetti artistici. Non è questa, ovviamente, la sede per sciogliere il nodo metafisico. Tuttavia, pare assennato esplicitare se non altro una delle principali ricadute derivanti dalla natura incerta delle immagini di colui che non disdegnava l’appellativo di "the king of kink".
 
Il dubbio sullo statuto degli oggetti in discussione si ripercuote in maniera determinante sulla sfera valutativa: esso investe in particolare il problema dell’adeguatezza dell’apprezzamento e, di conseguenza, quello del giudizio (in proposito, almeno: MCIVER LOPES 2008). Va da sé: la valutazione dei lavori di “Helmut l’eremita” cambia, e di molto, se si parte dal presupposto che siano opere d’arte o scatti promozionali. 
I problemi, comunque, non si esauriscono qui. Le immagini del fotografo, in effetti, presentano molti connotati dei cosiddetti “oggetti ansiosi”. Ammesso che si tratti di arte, ci si può chiedere, ad esempio, a quale genere di arte appartengano.
 
DressedMolte fotografie di Newton presentano un esplicito contenuto sessuale, confezionato in modi che costituiscono una sorta di marchio di fabbrica. In questi casi, si tratta di arte erotica, pornografica o pornografia tout court? Dopo che importanti istituzioni espositive hanno prodotto il ben noto “effetto museo”, fungendo da enormi virgolette in grado di agire sullo statuto delle immagini di Newton, per le quali – conviene ricordarlo – era stata coniata l’etichetta di porno-chic, si può accantonare, almeno in questa sede, la classe della pornografia tout court. Restano le altre due categorie, sulla cui problematica distinzione è fiorita di recente una letteratura assai robusta (vedi MAES e LEVINSON 2012). 
La questione, di nuovo, è decisiva in rapporto al giudizio. Per una qualificazione di base – sia pure senza perdere di vista certe sue criticità – pare utile ricorrere alla definizione formulata da Jerrold Levinson (2006a: 253), che include indubbiamente anche i lavori di Newton: «erotic art is art that treats its sexual content in a particular way or that projects a certain attitude toward it. Erotic art is art aimed at arousing sexual interest, that is, at evoking sexual thoughts, feelings, or desires in viewers, in virtue of what it depicts and how it is depicted, and which achieves some measure of success in that regard».
 
NakedCiò detto, comunque, bisogna ancora isolare l’interesse specificamente artistico delle foto erotiche di Newton. Si può invocare, in proposito, l’“opacità” delle immagini (contrapposta alla “trasparenza” della pornografia), vale a dire la capacità di orientare lo sguardo dello spettatore non solo su ciò che esse rappresentano, ma su come è articolata la rappresentazione, chiamando in causa, in sostanza, lo stile dell’autore (vedi LEVINSON 2006b: 262-263). Questa tesi forse non risolve il problema, ma fornisce, se non altro, un punto di partenza per affrontare il tema del valore. Superate le difficoltose questioni tassonomiche, del resto, gli scatti di Newton pongono ulteriori nodi sul piano del giudizio. Qual è, infatti, il modello valutativo adeguato per essi? 
Molti, nel corso del tempo, hanno enfatizzato la reificazione del corpo femminile da parte del fotografo, evidenziando come i difetti morali delle sue immagini comportino un giudizio complessivo negativo. Altri, invece, narcotizzando le questioni relative al dominio morale, hanno sottolineato piuttosto l’eleganza formale e la smagliante tecnica compositiva delle fotografie di Newton, adottando il tipico “argomento estetico”, secondo il quale, in sintesi, valore morale e valore estetico sono del tutto indipendenti e vanno tenuti ben distinti nella valutazione. Anche in questo caso, ci si limita ad accennare i problemi in campo, senza entrare nel merito di una discussione che imporrebbe ben altra sistematicità (sulle due prospettive accennate, comunque, vedi CARROLL 2010). 
Come si vede, ad ogni modo, le opere di Newton sembrano fatte apposta per sollecitare la discussione su alcuni principi cardinali delle teorie dell’arte e della critica, che si rafforzano o si indeboliscono proprio nel confronto con lavori del genere e che è sempre bene non dare troppo per scontati. La mostra romana, da questo punto di vista, apre uno spazio di riflessione da non mancare.
                                                                                                      Francesco Sorce, 1 marzo 2013
Riferimenti bibliografici:
DANTO 1981
A. C. Danto, The Transfiguration of the Commonplace, Cambridge.
MAYNARD 2001
P. Maynard, Photography, in The Routledge Companion to Aesthetics, a cura di B. Gaut e D. McIver Lopes, London – New York, pp. 477-490. 
WARBURTON 2003
N. Warburton, Photography, in The Oxford Handbook of Aesthetics, a cura di J. Levinson, Oxford (2a ed. 2010), pp.614-626.
LEVINSON 2006a
J. Levinson, What is Erotic Art?, in Contemplating Art. Essays in Aesthetics, Oxford, pp. 252-258.
LEVINSON 2006b
J. Levinson, Erotic Art and Pornographic Pictures, in Contemplating Art. Essays in Aesthetics, Oxford, pp. 259-274.
MCIVER LOPES 2008
D. McIver Lopes, True Appreciation, in Photography and Philosophy. Essays on the Pencil of Nature, a cura di S. Walden, Blackwell, Malden (MA), Oxford (UK), Carlton (AU), pp. 210-230.
CARROLL 2010
N. Carroll, Art and the Moral Realm, in Id., Art in Three Dimensions, Oxford, pp. 175-200.
MAES E LEVINSON 2012
Art and Pornography, a cura di Hans Maes e Jerrold Levinson, Oxford UP.

DIDASCALIE IMMAGINI:
1. Helmut Newton, Autoritratto con la moglie e le modelleVogue Studio, Paris 1981, © Helmut Newton Estate
2. Helmut Newton, dalla serie Big Nudes, Paris 1981, © Helmut Newton Estate
3. Helmut Newton, Rue Aubriot, French Vogue, dalla serie White Women, Paris 1975, © Helmut Newton Estate 
4. Helmut Newton, Saddle I Sleepness Night, Paris 1976, © Helmut Neton Estate
5. Helmut Newton, Da Maxim’sdalla serie Sleepless NightsParis 1978, © Helmut Newton Estate
6. Helmut Newton, Ecco vengono IIdalla serie Big NudesParis 1981, © Helmut Newton Estate
7. Helmut Newton, dalla serie Big Nudes, Paris 1981 © Helmut Newton Estate 
 
Helmut Newton. White Women / Sleepless Nights / Big Nudes
6 marzo - 21 luglio 2013
Palazzo delle Esposizioni, Roma
Orario
Martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 - 20.00
Venerdì, sabato: 10.00 - 22.30
Domenica: 10.00 - 20.00
Lunedì: chiuso 
Biglietti: Intero € 10,00 Ridotto € 7,50