Giovanni Cardone Maggio 2023
Fino al 3 Settembre 2023 si potrà ammirare alla Tate Modern di Londra la mostra Hilma di Klint e Mondrian. Forme di vita a cura di  Frances Morris, Nabila Abdel Nabi, Laura Stamps e Amrita Dhallu. Saranno esposte circa 250 opere, tra cui dipinti, disegni e materiali d’archivio, la mostra rivelerà come la loro arte riflettesse nuove idee radicali, teorie e scoperte scientifiche in un’epoca di rapidi cambiamenti sociali, ha anticipato il museo. Mostra organizzata da Tate Modern e Kunstmuseum Den Haag. In una mia ricerca storiografica e scientifica sull’Astrattismo e sulle figure di Hilma di Klint e Mondrian apro il mio saggio dicendo : “Quasi non si può dire che dipinga, ma piuttosto, che costruisce due o quattro quadrati. Vive come un monaco, tutto è bianco e vuoto, a parte i quadrati dipinti rossi, blu e gialli che sono sparpagliati ovunque nella stanza bianca che gli fa da studio e da camera da letto. Ha anche un piccolo giradischi con musica negra. È poverissimo e ha già 58 anni, somiglia a Kandinskij, ma è persino migliore e più solo” (Hilla Rebay Solomon a Rudolf Bauer, 1930). Oggi misuriamo la modernità dell’arte di Piet Mondrian nel nostro quotidiano, negli interni delle case che abitiamo, nella grafica delle riviste, nei manifesti sui muri delle città. Grandi architetti come Le Corbusier, Adolf Loos, Mies van der Rohe, Walter Gropius, ma anche artisti e designer come László Moholy-Nagy hanno risentito direttamente dell’attività di Mondrian. Il suo programma estetico, le intuizioni geometriche hanno inciso fortemente sulla formazione del gusto contemporaneo. Sembra un paradosso, ma proprio il successo delle opere di Mondrian e la possibilità di essere tradotte e interpretate in vari campi delle arti visive hanno incoraggiato una cattiva comprensione dell’artista e della sua personalità. Spesso è stato visto come uno sperimentatore di forme, di patters misurabili, riproducibili per via geometrica. Nel 1911 lo Stedelijk Museum di Amsterdam ospita una esposizione di artisti contemporanei, Mondrian scopre Cézanne e il cubismo di Braque e Picasso. A quest’epoca Mondrian è un pittore di formazione accademica, con alle spalle qualche prova da paesaggista vicino alla scuola neoimpressionista dell’Aja. Pratica un simbolismo figurato dalle tinte sature dove l’interazione tra linea e colore esprime significati simbolici. Iscritto dal 1909 alla Società Teosofica e filosofo autodidatta, tenta di esprimere un messaggio di progresso e di miglioramento dell’umanità ma usa la pittura come un linguaggio convenzionale e allegorico. Davanti al cubismo si accorge che esistono mezzi più funzionali ai suoi scopi. Pochi mesi dopo Mondrian si trasferisce a Parigi. Lavora a una serie di dipinti che rappresentano alberi, una serie di grande bellezza e forse il prodotto più affascinante del suo momento cubista. Mondrian sottopone i rami degli alberi a un processo di ortogonalizzazione. Cerca di rendere evidente la griglia intrinseca alla figura, che per lui è versione figurativa dell’ordine intimo cui si adeguano tutti i fenomeni naturali. Applica una tecnica di astrazione rigorosissima. I contorni si aprono, sfondo e soggetto si confondono, le linee tendono a seguire un andamento ortogonale. Il cubismo di Mondrian ha caratteristiche molto originali. Non ama i soggetti tipici dei cubisti, ritratti e nature morte sono troppo legati all’arte tradizionale. Parte dalla osservazione delle facciate dei palazzi di Parigi. Come i futuristi, vede nel fenomeno della grande città un’opera d’arte collettiva dei tempi moderni. È colpito soprattutto dai muri messi a nudo dalle demolizioni parziali degli edifici che, semidistrutti, rivelano un ordine strutturale di piani ortogonali e linee rette. Ricorre al procedimento usato nella serie degli alberi, ma la crisi è in agguato perché la riduzione all’ortogonale produce un reticolo “troppo dogmatico”, un equilibrio troppo perfetto e inerte.
Lo scoppio della prima guerra mondiale sorprende Mondrian in Olanda e quello che doveva essere un breve soggiorno estivo diventa una lunga permanenza, che terminerà nel 1919. Contatti discontinui con gli ambienti artistici olandesi, le condizioni generali d’incertezza dovute al conflitto, portano Mondrian a rallentare la produzione artistica e all’approfondire il proprio programma estetico. Con l’entusiasmo dell’autodidatta mette insieme una cultura filosofica aggiornata; studia gli scritti di Gerardus P. J. Bolland, filosofo neohegeliano della scuola di Leida, i primi pensatori romantici, come Novalis e Hölderlin e gli ultimi simbolisti francesi, soprattutto Mallarmé. Si interessa di teosofia, una disciplina filosofica e contemplativa che coniuga l’evoluzionismo darwiniano ad aspetti mistici e prescrizioni di tradizione orientale.La poetica di Mondrian si basa sulla convinzione che esista una verità che egli chiama “l’universale”. È il principio unitario di tutto, l’essenza del reale, l’unità che sta sotto la molteplicità dei fenomeni della natura. Il compito dell’artista è cogliere l’universale attraverso un salto contemplativo ed esprimerlo secondo un criterio di bellezza. La formulazione teorica di questo criterio prende le mosse dalla meditazione su scritti neohegeliani dove la bellezza è un equilibrio di opposti. L’opera d’arte ha il compito di esprimere questo rapporto di armonia e accompagnare l’evoluzione dell’umanità verso una società futura consapevole, progredita e pacifica. Dopo un primo periodo di isolamento, all’arrivo in Olanda, comincia uno scambio di lettere con gli altri artisti che praticano arte astratta. Tra tutti, trova una speciale sintonia con Theo van Doesburg sui problemi dell’astrazione geometrica in pittura. L’affinità è tale che, nel 1917, si uniscono in un’associazione e pubblicano un periodico, “De Stijl”, che attrae la collaborazione di artisti e architetti dalle idee moderniste. Sullo sfondo di “De Stijl” prende le mosse anche il movimento che conosciamo come neoplasticismo in olandese Nieuwe Beelding, “Nuova Plastica”. Nella sua Introduzione al Neoplasticismo in pittura (1917) Mondrian scrive: “La vita dell’odierno uomo coltivato si sta allontanando sempre più dal naturale: diventa sempre più astratta. Là dove il naturale (esteriore) diventa sempre più ‘automatico’, vediamo che l’interesse vitale si concentra sempre più sull’interiorità. La vita dell’uomo veramente moderno non è rivolta all’elemento materiale in quanto tale, né è in prevalenza una vita del sentimento, ma appare piuttosto come una vita più autonoma dello spirito umano, il quale sta diventando più cosciente di sé. L’uomo moderno pur essendo un’unità di corpo, anima e spirito presenta una coscienza muta: ogni espressione di vita assume un aspetto diverso, e precisamente un aspetto più determinatamente astratto. Ciò avviene anche nell’arte: essa sta esprimendosi come prodotto di una nuova dualità nell’uomo: come prodotto di un’esteriorità coltivata e di un’interiorità approfondita e consapevole; quale pura espressione plastica dello spirito umano essa si esprime attraverso un aspetto plastico puro, un aspetto astratto”. L’astrazione ha in Mondrian il significato di sottoporre le apparenze del mondo fenomenico a un procedimento di riduzione, per ricondurre l’infinita varietà e accidentalità del reale a pochi e costanti elementi di base, ossia a delle invarianti, rappresentate dalla linea retta, orizzontale e verticale, da colori primari, rosso, giallo e blu, e dal non-colore, bianco, nero e grigio. Il quadro viene costruito a partire da questi elementi di base per successive articolazioni oppositive e non a partire da forme geometriche. Il piano rettangolare infatti, non che essere primario, è piuttosto il risultato della pluralità delle linee rette in opposizione ortogonale. È il ritmo di tali opposizioni che costringe la composizione a rimettersi sempre in questione e indica la possibilità di un superamento dell’arte verso la vita. Mondrian individua nell’opposizione ortogonale – orizzontale e verticale – una dualità: il primo dei due termini incarna l’elemento naturale, l’altro quello spirituale, e l’unità è esattamente l’equilibrio all’interno di questa dualità. Il neoplasticismo che costituisce la conquista pittorica del Mondrian più maturo implica l’annullamento della forma chiusa, ovvero di una sintesi che superi la differenza e riconosca nella forma, in quanto composizione, “la dualità delle linee rette in un rapporto ortogonale fra loro”. Secondo Mondrian il neoplasticismo deve “esprimersi nell’astrattezza di forme e colore, nella linea retta e nel colore primario determinato” ed è proprio per mezzo di questi elementi astratti che può essere “creata plasticamente” anche quell’unità che “non è direttamente visibile nella realtà apparente”. Tale unità dunque può essere determinata soltanto astrattamente attraverso il ritmo della composizione, ossia della forma, e implica la liberazione dell’arte da ogni finalità rappresentativa. Così attraverso l’astrazione, e quindi l’esclusione dell’individuale, il neoplasticismo esprime “l’universale, che si manifesta, velato e nascosto, nell’aspetto naturale delle cose”. Per questo Mondrian afferma che soltanto con il neoplasticismo “in arte è possibile che l’universale abbia un’apparenza visibile, la quale però non lo lega all’individuale”. Ma, si domanda Mondrian, il neoplasticismo, una volta che si sia liberato di ogni finalità rappresentativa, è ancora pittura, oppure sirisolve in un vuoto decorativismo? La risposta è che esso, proprio perché è riuscito a utilizzare “l’espressione dei rapporti attraverso la linea e il colore, è non solo pittura, bensì vera pittura, una pittura che non ha fatto ricorso alla forma limitata”. Del resto “ogni artista è sempre stato colpito inconsciamente dalla bellezza della linea e del colore e dai rapporti di questi di per se stessi e non per ciò che potrebbero rappresentare”. Liberandosi dalla forma limitata e dalla rappresentazione particolare il neoplasticismo, può così rappresentare “l’espressione universale della vita che è al di sopra del tragico”. Non a caso il ritmo libero della neoplastica è l’espressione del ritmo della vita: esso è dato dall’unità-dualità di universale e individuale, ovvero di invariante e variabile, e tale rapporto non può essere prefissato da alcuna forma limitata. Se la neoplastica si basa esclusivamente su valori plastici che si esprimono nel ritmo libero, vale a dire non limitato da alcuna forma, dei rapporti di linee e di colore, essa deve al cubismo la possibilità di questo suo affrancamento da finalità rappresentative. Secondo Mondrian infatti è grazie alla creazione di un ritmo libero che la neoplastica rappresenta lo sviluppo non solo del cubismo ma di ogni pittura. È proprio perché all’interno della composizione neoplastica i rapporti di linee e colori si mostrano in un equilibrio dinamico, ossia in un ritmo libero, che il neoplasticismo sfugge al pericolo di risolversi nel puro decorativismo e nel geometrismo; in esso infatti i piani rettangolari si dissolvono nel ritmo delle linee rette in opposizione ortogonale fra loro. È questo un punto che Mondrian ribadisce: “È un grave errore credere che la neoplastica costruisca i piani rettangolari l’uno accanto all’altro, come sassi. Il piano rettangolare deve essere considerato piuttosto come risultante della pluralità della linea retta in opposizione ortogonale”. Per Mondrian dunque la neoplastica non si risolve nella ricerca dell’invariante costituita dal rapporto ortogonale, poiché al contrario essa “cerca di esprimere l’invariante e il variabile nello stesso tempo e in equivalenza”. Se il compito del neoplasticismo è quello di distruggere l’equilibrio statico per instaurare un equilibrio dinamico, la conseguenza di tale compito è “la distruzione della forma particolare e la costruzione di un ritmo di relazioni scambievoli di forme reciproche di linee libere”43. Secondo Mondrian l’arte non figurativa corre sempre il rischio di capovolgersi in arte figurativa se si introducono nell’opera una o più forme particolari; è questo il motivo per il quale “l’arte non figurativa viene creata stabilendo un ritmo dinamico di relazioni reciproche determinate che escluda la formazione di qualsiasi forma particolare”. Il ritmo, che sta alla base dell’arte neoplastica, costituisce l’espressione stessa della vita: “Meravigliosamente determinato e ricco di vitalità, esso [il ritmo] si esprime nella musica e nelle danze del vero jazz, dello swing e del boogie-woogie. In conseguenza dell’accentuazione del ritmo e della riduzione delle forme e colori naturali, nell’arte plastica il soggetto perde importanza”. Tutta la forza del neoplasticismo consiste infatti nel creare “l’azione mediante la tensione delle forme, delle linee e l’intensità dei colori”. Tutto ciò implica l’esclusione dei caratteri particolari del soggetto e dell’oggetto giacché questi “velano l’espressione pura della forma, del colore e della relazione”. L’immagine che tutti conoscono di Piet Mondrian è quella di un distinto e serio signore con occhiali tondi senza montatura, che sembra perfettamente in linea con il rigore della sua pittura. Così appare già nei ritratti fotografici di André Kertész degli anni Venti. Ma il suo aspetto, prima del trasferimento a Parigi nel 1912, era ben diverso. In un autoritratto a matita del 1909 lo vediamo con uno sguardo acceso e con una lunga barba da mistico ispirato. È difficile credere che quell’uomo di trentasette anni, impregnato di esoterica spiritualità teosofica, sarebbe diventato il caposcuola dell’astrazione geometrica e punto di riferimento essenziale, nel gruppo di De Stijl, per lo sviluppo del modernismo razionalista nell’architettura e nel design. Ma, a parte il cambiamento di aspetto e la correzione del cognome (che era Mondrian), l’artista rimane fondamentalmente coerente a se stesso e alle sue teorie filosofiche estetiche. L’evoluzione decisiva avviene sul piano del linguaggio pittorico, con il superamento del simbolismo e di un naturalismo post-impressionista (di intensa spiritualità), attraverso un processo progressivo di sintetizzazione e purificazione degli elementi e delle partiture compositive. Utilizzando, in modo estremamente personale, la sintassi cubista, Mondrian arriva alla soglia dell’astrazione nelle sue famose serie di alberi e di facciate di edifici. E poi fa il passo definitivo, con i quadri caratterizzati da strutture segniche più e meno, e nel 1920-21 con la messa punto del suo essenziale codice neoplastico di composizione basato sull’uso di griglie lineari ortogonali, e di campiture piatte e quadrangolari con colori primari (blu, giallo, rosso) e non-colori (nero, bianco e grigio). Anche se il neoplasticismo in pittura si manifesta solo e unicamente attraverso la propria espressione artistica l’opera d’arte non abbisogna di essere spiegata a parole, moltissimo di ciò che riguarda il neoplasticismo può venire espresso direttamente con parole, moltissimo può essere chiarito da ragionamenti. Ecco perché è possibile all’artista di oggi di parlare della propria opera. Attualmente il modo di lavorare è perfettamente chiaro soltanto a chi è arrivato a quel punto proprio attraverso una pratica di lavoro. Mentre cresce e progredisce, il nuovo parlerà da se stesso, spiegherà se stesso, anche se è normale che il profano chieda spiegazioni sulle nuove forme artistiche e se è logico che l’artista, dopo la nascita del nuovo cerchi di acquistarne coscienza. E infatti la coscienza nell’arte è proprio uno dei tratti caratteristici del nuovo di oggi: l’artista non è più uno strumento cieco dell’intuizione. L’artista odierno, dunque, dà chiarimenti circa la sua opera, non la spiega. La chiarificazione richiede uno sforzo continuo, ma nello stesso tempo porta avanti la propria evoluzione. La chiarificazione comporta anche il conseguimento della chiarezza lungo la via del sentimento e della ragione, sempre lavorando e ragionando su quanto si è già raggiunto con la propria opera. La pittura libera è stata resa possibile dall’incomparabile vitalità della vita moderna, che ha avuto la forza di rompere con la forma. Poiché la pura distruzione non è possibile, la vita ha costruito il nuovo: l’espressione plastica pura ed equilibrata dei rapporti. Ci si trovò di fronte alla necessità di accettare un nuovo modo di vedere. Era questo un modo di vedere più consapevole, poiché la visione di forma e colore come mezzi d’espressione in se stessi scaturiva dalla percezione cosciente di ciò che fino allora era stato intuito in modo inconscio, e cioè che non sono le cose in sé a creare la bellezza nell’opera d’arte, bensì i rapporti di linea e colore (Cézanne). L’espressione plastica naturalistica venne sempre più intensificata, cioè la forma divenne più tesa e il colore più marcato. L’arte di quest’epoca rivela spesso una minore affinità con quella che l’ha immediatamente preceduta che non con l’arte dei primitivi olandesi e fiamminghi o con l’arte rinascimentale come quella del Mantegna o con l’arte paleocristiana in generale o con quella dell’Antico Oriente e dell’India. Negli antichi, però, quest’intensificazione dell’arte era sentita in modo assai più profondo. La nostra epoca ha abbandonato ben presto l’antico modo di intensificazione del naturale: ha scelto piuttosto la maniera decorativa. La vita astratto-reale trova appunto una manifestazione astratta nella pittura astratto-reale, ma deve ancora trovare una sua manifestazione tangibile. La vita (superficialmente) astratta della società attuale ha la sua manifestazione esteriore: questa rappresenta da un lato un terreno propizio allo sviluppo della vita astratto-reale e dall’altro costituisce in realtà un ostacolo all’esteriorizzazione pura di questa vita. La vita sociale e culturale trova la sua estrinsecazione più compiuta nella metropoli. Se la visione determinata dell’unità di natura e spirito è la caratteristica della nuova coscienza del tempo, noi assistiamo al manifestarsi di questo modo di vedere in taluni gruppi, che vediamo formarsi attorno a singoli individui. Anche all’interno dei gruppi esistono vie diverse: e se l’evoluzione generale è certa, reciproche incomprensioni sono spesso inevitabili. In passato tutti percorrevano una stessa via perché – in ogni determinato periodo culturale – dominava un’unica religione. Oggi l’immagine di Dio non è più fuori dell’uomo: oggi sta avanzando universalmente l’individuo maturo. Anche se il tragico maggiore è dovuto alla propria dualità (ineguale) di spirito e natura, il tragico esiste anche nella vita esteriore. A causa di uno squilibrio nei rapporti reciproci il tragico esiste tra il maschile e il femminile e fra la società e il singolo. L’arte riesce a realizzare l’unità dei due opposti: ecco perché essa precede la vita reale. La vita reale, per raggiungere l’unità, deve attendere l’equivalenza degli opposti. Per poter percepire plasticamente il tragico è necessaria la sensibilità del temperamento artistico; per poter esprimere il tragico bisogna essere artisti. L’artista vede il tragico con tale chiarezza da sentirsi costretto a esprimere il non-tragico. Tutti sanno che nulla al mondo è pensabile per se stesso e in se stesso, ma è invece giudicato attraverso il confronto col suo contrario (Filone Alessandrino). Soltanto oggi, che lo spirito del tempo è maturo per questo, che il rapporto equilibrato fra interiore e esteriore, fra spirituale e naturale si fa sempre più comprensibile, lungo la via dell’arte (ovvero la via esteriore) l’artista giunge al riconoscimento consapevole di questa verità degli antichi: verità che da tempo è stata riportata alla luce dal pensiero logico (Hegel). È chiaro che il contrario plastico del naturale concreto non può essere l’estrema astrazione di pensiero e che il contrario plastico di ciò che è la massima esteriorità non può essere la massima interiorità. In natura esso compare per mezzo del naturale (la massima esteriorità) come rapporto di posizione, misura e valore di quell’esteriore: come espressione plastica di rapporti, che in se stessa è nulla e tuttavia si presenta come il nucleo plastico di tutte le cose. Gli antichi sapienti rappresentavano l’eterno rapporto di interiorità ed esteriorità per mezzo della croce. Ma né questo né alcun altro simbolo può essere però il mezzo d’espressione plastica della pittura astratto-reale: un simbolo, infatti, rappresenta da un lato una nuova limitazione e dall’altro è troppo assoluto. In precedenza si percepiva o l’interiore o l’esteriore: questo fatto divideva il mondo in profani e in (cosiddetti) credenti. L’uomo moderno è invece in grado di vedere l’esteriore in rapporto equilibrato con l’interiore e viceversa: è in grado di conoscere sia l’uno sia l’altro per mezzo del rapporto. Benché l’osservatore determini in parte l’impressione di quel che vede, è purtuttavia anche ciò che è visto a dirci qualcosa di determinato attraverso la forma con cui ci appare. Anche le forme più perfette, più generali e geometriche esprimono qualcosa di determinato (le figure geometriche, inoltre, sono viste spesso alla luce di un simbolismo tradizionale, che intralcia la visione pura). Distruggere il più possibile questa limitazione (l’individuale) nell’espressione plastica è il compito dell’arte. A questo punto possiamo definire la caratteristica della pittura come l’espressione più coerente di rapporti puri. Infatti è un particolare privilegio della pittura il poter esprimere liberamente rapporti: ciò significa che i suoi mezzi espressivi, coerentemente elaborati, consentono l’espressione plastica di estremi opposti come semplice rapporto mediante la posizione, senza che debbano assumere forma o anche parvenza di forma chiusa (come accade in architettura). E così la nostra epoca è pervenuta alla pittura astratto-reale. Il neoplasticismo è astratto-reale perché sta fra l’assoluto-astratto e il naturale, concreto-reale. Essa non è così astratta come l’astrazione del pensiero e non è così reale come la realtà tangibile. Possiamo dire che il Neoplasticismo e il principio generale del plasticismo. Benché l’arte, da un lato, sia l’espressione plastica della nostra emozione estetica, non possiamo concluderne che essa si riduca all’espressione estetica delle nostre sensazioni soggettive. La plastica tragica è una potenza negativa di cui la concezione antica si serve per imprigionare. Servendosi di essa si moralizza, si professa, si insegna... Non dimentichiamo che la nostra società vuole l’utile accanto al bello. Attualmente lo sforzo verso la generalizzazione non fa altro che accentuare la particolarità dell’opera architettonica. Vale per quest’ultima ciò che si verifica per ogni forma stilizzata o ricondotta alla sua espressione geometrica: il particolare spicca tanto più nettamente quanto più si è riusciti ad abolire il capriccio. Così vediamo sorgere al nostro tempo edifici che hanno lo stile severo dei templi antichi, ma non è qui il nuovo. Essa [l’arte della parola] dovrà esprimersi plasticamente attraverso la molteplicità del rapporto variato. Come nella pittura la nuova plastica dispone del suo rapporto dimensionale, nell’arte della parola essa ha a sua disposizione non soltanto quest’ultimo bensì anche il contenuto, come rapporto di opposizione. Attraverso i suoi aspetti multipli e i suoi rapporti diversi, una sola e medesima cosa sarà meglio nota, varie parole si esprimeranno in una plastica più definita. Ogni artista dovrà cercare il modo migliore di pervenirvi. Egli utilizzerà e migliorerà i perfezionamenti apportati nella sintassi, nella tipografia, ecc., già trovati dai futuristi, dai cubisti e dai dadaisti. Egli si servirà anche di tutto ciò che gli viene dalla vita, dalla scienza e dalla bellezza. Nella mentalità tradizionale operano ora l’intelligenza ora il sentimento: di volta in volta l’uno domina l’altro. Questa mentalità separò i due e fece nascere l’inimicizia. Se i futuristi disprezzano l’intelligenza è dunque perché, in quest’argomento, pensano ancora secondo la vecchia mentalità. La nuova plastica è d’accordo con i futuristi nel volere l’eliminazione dell’io nell’arte. Essa si spinge addirittura più avanti di loro. Essi volevano sostituire la psicologia dell’uomo, ormai esaurita, con “l’ossessione lirica della materia. Il futurismo si appella, innanzitutto, alla sensazione” (D. Braga). Così la loro lirica rimane descrittiva e, in pittura, i futuristi cadevano addirittura nel simbolismo. Per l’uomo nuovo il teatro è, se non un impaccio, in ogni caso qualcosa di superfluo. Lo spirito nuovo, raggiungendo il suo punto culminante, interiorizzerà il gesto e la mimica: esso realizzerà nella vita quotidiana ciò che il teatro rappresentò e descrisse. Alcuni scritti di Mondrian furono pubblicati ha sue spese anche lo scritto del 1920 pubblicato a Parigi ‘Le Neoplasticisme’.E un movimento che affonda le radici nel pensiero poetico di Mondrian e cresce nell’esperienza di altri architetti e designers da Theo van Doesburg a Vilmos Huszár (1884-1960) poi anche lo scultore Georges Vantongerloo (1886-1965), Jacobus Johannes Pieter Oud, Bart van der Leck, Gerrit Thomas Rietveld e László Moholy-Nagy . Mondrian studia i rapporti reciproci di linee rette e piani di colore, alla ricerca di un’armonia che raggiungerà soltanto dopo il suo rientro a Parigi nel 1920. Attraverso l’impiego della matematica ordisce un sistema di linee rette che si intrecciano a intervalli regolari secondo un modulo costante. E ottiene una griglia che vincola tutti gli elementi del dipinto a un unico piano. Il grande dipinto a scacchiera è risultato del nuovo metodo di lavoro. Ma Mondrian non è soddisfatto: questi dipinti sono soltanto un aggregato monocorde di colori temperati e linee a intervalli regolari, quindi un insieme ripetitivo e non armonico. Nel giugno 1919, finita la guerra, Mondrian rientra a Parigi. Negli anni Venti e Trenta conduce una vita sociale piuttosto vivace, nonostante la sua personalità ascetica e solitaria e le difficoltà economiche che lo costringono a mantenersi dipingendo crisantemi per il mercato. Entra in contatto con circoli artistici come “Cercle et Carré” (1930) e la rivista-movimento “Abstraction Création” (1932). Matura una predilezione per musiche e danze come il fox-trot e il charleston, che in quegli anni approdano in Europa sostenute dal grande successo della Revue Nègre di Josephine Baker, al Théâtre des Champs Élysées nel 1925. A Parigi riflette sull’ostacolo della ripetizione e lo risolve prima liberandosi della griglia modulare poi agendo sui colori. Nei suoi scritti teorici aveva sempre promosso l’uso dei colori primari, come unici colori “reali” e adatti a un’arte veramente moderna. Dipinge piani di colore puro (giallo, rosso o blu), li associa a campiture di non colore (bianco o grigio) e linee nere. Forgia così un nuovo vocabolario di elementi dalle funzioni chiaramente distinte. Ogni elemento raggiunge la massima forza visiva, ma nessuno deve risultare dominante, affinché non si istituisca un rapporto gerarchico. Dosa le proporzioni e le ripetizioni in modo intuitivo, bilancia gli spessori delle linee nere e la dialettica oppositiva tra piani di colore e non colore. I grandi capolavori che tutti associamo al nome di Mondrian nascono negli anni parigini dal 1920 al 1932. Nei suoi scritti definisce l’armonia raggiunta nei dipinti di questi anni “equilibrio statico”. Infatti la linea retta nera, il piano di colore puro, i rapporti ortogonali sono modulati secondo tipologie compositive fisse, cui i critici, per comodità di studio hanno persino dato un nome: il “tipo aperto”, il “tipo centrale”, il “tipo periferico” e la serie dei tableaux losangiques. I dipinti del “tipo aperto” sono qualificati da un piano di non colore che si apre sul limite della tela; quelli del “tipo centrale” nascono da un incrocio di linee che fa da perno asimmetrico alla composizione. E infine, nel gruppo dei dipinti di “tipo periferico” si distingue chiaramente un piano quadrangolare che ingenera ai lati un sistema di linee e piani colorati. Mondrian realizza anche una serie di circa 16 dipinti a losanga, tele di formato quadrato regolare, ruotate di 45° a poggiare su un angolo. Alcuni critici trovano che Mondrian abbia sperimentato questo formato perché influenzato dal dibattito sulle linee rette oblique nell’arte astratta e in architettura. La questione vedeva protagonisti alcuni collaboratori di “De Stijl” e soprattutto Theo van Doesburg. Negli anni Venti egli elabora una propria poetica, l’elementarismo, in cui sostiene che in pittura occorre ruotare di 45° il rapporto originario neoplastico (quello ortogonale), offrendo così un fondamento teorico all’impiego delle linee oblique. In realtà i tableaux losangiques di Piet Mondrian sono connessi soltanto marginalmente a quella questione. Mondrian ama questo formato soprattutto perché gli permette di sperimentare nuove possibilità di equilibrio. Le linee verticali e orizzontali istituiscono rapporti ortogonali tra loro ma si giovano della dissonanza con i margini obliqui della tela generando un’armonia fatta di contrasti. Non solo, il quadrato poggiante su un angolo agisce come potenziale moltiplicatore dei rapporti e degli elementi del dipinto. Una minima variazione, come lo spessore di una linea o l’orientamento di un piano avvia nel formato a losanga una amplificazione “geometrica” dalle variazioni inesauribili. Con un procedimento uguale e inverso ai romantici, Mondrian proietta l’età dell’oro in un futuro evoluto. Nella sua visione, i dipinti sono un prototipo pittorico delle leggi universali dell’arte e della vita, in vista di una società dove arte e vita, estetica ed etica siano fuse. All’inizio degli anni Trenta Mondrian raggiunge il vertice dell’economia e dell’equilibrio; diviene meno percettibile la distinzione in tipologie, per un momento sembra che la sua arte sia perfettamente consonante al suo programma. Ma non è così, l’arte di Mondrian vive in evoluzione continua, il pensiero è sempre un gradino oltre la pratica, la ricerca è incessante. In risposta a una critica che accusa il neoplasticismo di essere un sottoprodotto accademico e decorativo del cubismo scrive su “Cahiers d’Art” del gennaio 1931: “la linea e il colore sono il luogo e il mezzo attraverso cui tutto viene espresso . I piani rettangolari, formati dalla pluralità di linee rette in opposizione rettangolare sono dissolti nella loro omogeneità e ne emerge il solo ritmo, lasciando che i piani siano nulla”. Un’ansia distruttiva domina l’artista che dopo avere raggiunto un’armonia fatta di elementi statici e distinti tra loro, come i piani e le linee nere, pone le basi per la svolta che porterà ai grandi dipinti degli anni Quaranta. Mondrian mette in discussione uno dopo l’altro gli elementi del vocabolario classico, come in Composizione con giallo, blu e doppia linea del 1933, uno dei primi dipinti dove la linea nera orizzontale viene raddoppiata. La campitura bianca tra le due linee nere ha uno spessore così esiguo, da essere una linea essa stessa. Mondrian cancella la distinzione tra piano e linea, e prosegue su questa strada, moltiplica le linee alla ricerca di un intreccio che esprima un insieme ritmato, dove non si riconosca più né un fulcro generatore né un orientamento, e nemmeno una distinzione di funzioni tra gli elementi della composizione. Finalmente con Place de la Concorde (1938-1943) fa il salto decisivo. Associa le linee e le campiture bianche a tratti di colore che non sono né piani né linee e così scardina definitivamente il sistema codificato negli anni Venti, alla ricerca di una pittura di puro ritmo, che esprima puro movimento. La politica aggressiva della Germania, il ristagno della vita culturale a Parigi, spingono Mondrian a meditare l’opportunità di cambiare paese. Gli Stati Uniti sembrano la meta ideale. In quel paese, già dal 1926 i suoi dipinti partecipano a numerose esposizioni, la maggior parte delle quali patrocinate dalla Société Anonyme di Katherine Dreier. Hilla Rebay, artista e moglie di Salomon Guggenheim nel 1930 gli aveva fatto visita a Parigi e aveva acquistato un suo dipinto. Moholy-Nagy e Gropius avevano fondato una nuova Bauhaus a Chicago e ventilavano a Mondrian l’eventualità di una cattedra. Tuttavia, per ragioni di opportunità Mondrian sceglie una meta più vicina, Londra. Nella capitale inglese frequenta gli amici conosciuti a Parigi, ma anche Peggy Guggenheim che ricorda nelle sue memorie la passione dell’artista, ottimo ballerino di charleston, per la musica negra. Partecipa a qualche esposizione ma appena si presenta l’occasione, ed è il settembre del 1940, parte per New York. Mondrian arriva a New York preceduto da una certa fama. Coltiva la passione per la musica dai ritmi sincopati, il rag-time e scopre con ammirazione l’ultima novità, il boogie woogie. Ama ballare da solo nel suo studio ma anche in locali alla moda come il Café Society Downtown. È invitato a prendere parte alla American Abstract Artist Association e frequenta i ritrovi e le mostre dell’associazione. Mondrian a New York è un uomo di grande popolarità, espone assiduamente in gallerie importanti come la Valentine Dudensing Gallery e Art of this Century di Peggy Guggenheim. Scrive su riviste specializzate, il suo lavoro e la sua vita sono oggetto di articoli sui quotidiani. In mostre recenti è stato dimostrato che lo studio di Mondrian a New York diventa presto centro di attrazione per numerosi giovani artisti. Alcuni diventano suoi amici oltre che seguaci come Charmion von Wiegand (1898-1983), Harry Holtzman (1912-1994), Fritz Glarner (1899-1972), altri come Burgoyne Diller (1906-1965), Leon Polk Smith (1906-1996) o Ilja Bolotovskij (1907-1981) subiscono la sua influenza più a distanza. In questi anni attenua il rigore teorico dell’estetica e dimostra una creatività più flessibile che affascina e coinvolge i giovani astrattisti americani. Mondrian ha ormai più di 68 anni e numerose difficoltà di salute, ma il suo genio è inesauribile. Realizza dipinti impensabili solo cinque anni prima, con quella vitalità artistica e la capacità di intercettare gli stimoli esterni che è di poche grandi personalità nella storia. La serie New York – New York City e Broadway Boogie Woogie, col trattamento scabro della superfici, saranno un grande insegnamento per i futuri sviluppi dell’astrattismo, soprattutto in America. Victory Boogie Woogie è l’ultimo dipinto di Mondrian. Incompiuta, è una tela dal formato a losanga, realizzata con una tecnica mista di pittura e collage. A New York scopre i nastri adesivi colorati e li usa durante la lavorazione di dipinti. Mondrian vuole comunicare un senso di movimento, di ritmo palpitante. Aveva già provato con la serie dei dipinti New York – New York City e Broadway Boogie Woogie, dove introduce un sistema di linee colorate, ma nel quale – e sono parole sue – “c’era ancora troppo di vecchio”, troppo di statico. Nell’ultimo dipinto non è possibile stabilire una gerarchia di funzioni: il bianco che potrebbe fungere da sfondo in realtà balza davanti, sopra i blocchi colorati. Lo stesso si può dire per le campiture di colore. Non ci sono più nemmeno le linee colorate, solo scie di coriandoli dove il colore sembra incastonato in uno strato unitario di pittura densa e materica. Prevale un senso pervasivo di ritmo. Mondrian attraversa tutta la storia della pittura della prima metà del Novecento, dal simbolismo, al cubismo e alle avanguardie, fino a tentare le possibilità più estreme della nuova arte astratta. Tuttavia è evidente la chimera implicita alla ricerca di Mondrian. Come segnala anche Jean Clair in Critica della modernità (1983), il progetto di scoprire lo spirito del mondo ed esprimerlo attraverso l’arte fallisce perché sconfina nell’utopia. E questo scacco accomuna Mondrian a Kandinskij, a Malevi?, cioè tutti gli artisti che, quasi epigoni dei romantici, continuano a fare arte nell’orizzonte teorico dell’idealismo. Hilma af Klint fu una pioniera dell’astrattismo pittorico ed oggi è considerata tra degli artisti più importanti della Svezia. Nata il 26 ottobre 1862 nel castello di Karlberg a Solna, vicino a Stoccolma, Hilma era la quarta di cinque fratelli in una famiglia di ufficiali della marina. La famiglia trascorreva le estati nelle tenute di Hanmora, Tofta, e Adelsö, nei pressi del lago di Mälaren. L'ambiente idilliaco e lo stretto contatto con la natura avrebbero esercitato una grande influenza sul futuro dell’artista. Il grande talento artistico di Hilma af Klint si manifestò molto precocemente: dopo aver studiato in quello che oggi  è il Konstfack di Stoccolma, af Klint venne ammessa all'Accademia Reale Svedese di Belle Arti all'età di 20 anni - Hilma era per altro parte della prima generazione di donne ad essere accettata nella prestigiosa scuola. Le donne erano ammesse in una speciale sezione femminile, dove venivano istruite separatamente dai loro colleghi maschi. A quei tempi non venivano considerate in possesso della stessa capacità creativa degli uomini e venivano formate soltanto per dipingere copie di opere d'arte o lavorare come illustratrici. Hilma af Klint conseguì ottimi voti, tanto da ricevere una borsa di studio che le permise di accedere a uno studio di proprietà della Royal Swedish Academy, all'angolo tra le vie Hamngatan e Kungsträdgården. A suo tempo, questo edificio era considerato un centro culturale di primaria importanza per la capitale della Svezia. Tra i numerosi studi, il palazzo ospitava anche il Blanchs Café e il Blanchs Salon, entrambi frequentati sia dall'Accademia che dall'Associazione degli artisti. Hilma af Klint lavorò nello studio di Hamngatan fino al 1908, quando si dovette trasferire per prendersi cura della madre cieca. Dopo una delusione d’amore in adolescenza, Hilma aveva deciso di rimanere nubile e per 12 anni sacrificò la sua indipendenza per occuparsi della madre. Il resto della sua vita era votato esclusivamente all'arte e alla ricerca spirituale. In quegli anni si autoproclamò ritrattista e paesaggista e partecipò a numerose mostre, tra cui alcune al Blanchs Salon e al Baltic Exhibition di Malmö nel 1914. Dal 1906 dipinse quasi esclusivamente in uno stile non figurativo. Aveva però deciso di non mostrare le sue opere più intime e spirituali e tanto meno di venderle - privandosi così di una stabilità finanziaria, per quanto minima ed incerta. Nel 1917, Klint iniziò a lavorare nel suo studio di nuova costruzione a Munsö, vicino alla tenuta di famiglia ad Adelsö. Il nuovo spazio era stato finanziato dai suoi amici, che per molti anni la sostennero economicamente. Dopo la morte della madre nel 1920, Klint si trasferì a Helsingborg e in seguito a Lund nel 1935. Nel 1944, quando aveva 80 anni, tornò a Stoccolma e visse con suo cugino Hedvig af Klint a Djursholm. L'artista morì quello stesso autunno per le ferite riportate in un incidente stradale. Come molti suoi contemporanei, negli ultimi anni del secolo Klint si dedicò alla spiritualità. Per un breve periodo fu membro dell'Associazione Edelweiss e della Società Teosofica tra il 1889 e il 1915. Venne anche anche influenzata da Rosencreutz, il cui simbolismo si intravede in gran parte della sua arte. All'età di 60 anni sviluppò un grande interesse per l'antroposofia: conosceva personalmente Rudolf Steiner e negli anni '20 e '30 trascorse lunghi periodi di tempo presso la sede della Società antroposofica Goetheanum a Dornach, in Svizzera. Nel 1896 af Klint fondò insieme ad altre quattro artiste un gruppo chiamato "The Five". Le donne si incontravano ogni venerdì per alcuni incontri spirituali durante i quali incanalavano la loro scrittura e i loro disegni. Tennero anche un registro di tutti i messaggi ricevuti dagli spiriti durante le loro sedute, chiamato "The High Ones". Col tempo, Hilma percepì di essere la più privilegiata del gruppo. Dopo dieci anni di esercizi esoterici accettò, all’età 43 anni, un incarico da "The High Ones" che consisteva nell’eseguire i "Dipinti per il tempio". Questo lavoro, che la tenne occupata tra il 1906 e il 1915, avrebbe cambiato la sua vita. La serie "Dipinti per il tempio" è composta da 193 quadri organizzati metodologicamente in gruppi e sottogruppi. In quel periodo, Hilma af Klint visse una rivoluzione artistica senza alcun passaggio graduale, passando all'improvviso da un modo di dipingere tradizionale ad uno stile astratto unico. In breve tempo realizzò una grande quantità di dipinti enormi, colorati e saturi di simboli. Non vi è alcuna prova del coinvolgimento di Hilma af Klint nel movimento astratto sviluppato da alcuni artisti europei. Tuttavia, i suoi interessi spirituali furono condivisi da molti dei pionieri dell’astrattismo come Wassily Kandinsky, Kazimir Malevich, Piet Mondrian e František Kupka. Tutti loro erano stati ispirati dalla teosofia e dallo spiritismo e miravano a raggiungere, ognuno a suo modo, una modalità espressiva che travalicasse il mondo fisico. La fine della missione della "Pittura per il Tempio" coincise con quella del suo ruolo di guida spirituale del gruppo. Hilma af Klint non smise di esprimere la dimensione spirituale attraverso la sua arte: proiettava piante e animali, organismi e materia in grafici simbolici. Il formato di questi dipinti è molto più piccolo rispetto alle opere precedenti e le immagini e le tecniche mostrano un grande livello di diversione. Hilma era convinta che la realtà non fosse limitata alla dimensione fisica: credeva in un mondo interiore parallelo e la sua arte mediava messaggi da lì. Per raggiungere un livello più alto di intuizione, af Klint si immerse in arte, filosofia e religione. Nel 1921, Klint studiò la Teoria dei colori di Goethe che era stata di grande ispirazione per Rudolf Steiner. Quell'anno non realizzò quadri ufficiali, ma quello successivo iniziò a dipingere con la tecnica degli acquerelli “bagnato su bagnato”. Questa tecnica era ispirata all’arte antroposofica, ma Kilt si allontanò dai canoni usando la vernice nera, considerata proibita nel movimento artistico antroposofico. Hilma af Klint credeva che la sua parola potesse influenzare non solo la coscienza delle persone in generale, ma anche la società stessa. Tuttavia, era convinta che i suoi contemporanei non fossero pronti. Di conseguenza chiese che i suoi lavori venissero mostrati in pubblico soltanto 20 anni dopo la sua morte. Ci vollero però 40 anni prima che la sua arte venisse esposta per la prima volta al pubblico, con la mostra "The Spiritual in Art - Abstract Paintings 1890-1985" al Los Angeles County Museum of Art nel 1986. La svolta internazionale fu immediata e da allora il suo lavoro è stato esposto in musei in tutta Europa, negli Stati Uniti e in America Latina. 
La mostra è suddivisa in dieci sezioni:
1. RADICATO NELLA NATURA
Hilma af Klint e Piet Mondrian iniziarono la loro carriera come paesaggisti di formazione accademica alla fine del XIX secolo, prima di sviluppare modelli di pittura radicalmente nuovi nel XX secolo. Sebbene non si conoscessero l'un l'altro – o del lavoro dell'altro – questa mostra esplora come entrambi hanno sviluppato le possibilità dell'arte astratta, allontanandosi dalle convenzioni della rappresentazione che gli erano state insegnate.Durante la loro carriera, le nuove tecnologie come il microscopio, la radiografia e la fotografia hanno sfidato la percezione umana. L'evidenza di mondi invisibili all'occhio umano ha catalizzato cambiamenti attraverso la scienza, la spiritualità e le arti. Piuttosto che vedere i dipinti astratti di Klint e Mondrian semplicemente come un violento rifiuto delle apparenze naturali, i loro processi di fare arte sono qui presentati come un modo di pensare attraverso la natura. A modo suo, ogni artista stava creando un linguaggio astratto che potesse esprimere l'interconnessione dell'arte con tutte le forme di vita. Vista dalla prospettiva odierna della crisi ambientale e planetaria, la loro grande attenzione a relazioni così fragili è ancora più rilevante. La mostra dedica stanze ai singoli artisti e li unisce attraverso temi o motivi condivisi. Al centro della mostra c'è 'The Ether', ispirato alla nozione ottocentesca di un'energia invisibile che collega tutte le cose. Qui sei invitato a immergerti nei contesti culturali degli artisti ea riflettere sui circoli creativi che li circondavano. I progressi sismici sociali, tecnologici e artistici tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo incoraggiarono molti a mettere in discussione la natura dell'universo. Questo è uno spazio per considerare come gli sviluppi nelle diverse sfere della conoscenza sono stati ripresi dagli artisti, alimentando i loro sviluppi artistici e le loro prospettive sul mondo.
Pittori di paesaggi
Nel 1882, af Klint si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Stoccolma, dove studiò per cinque anni. Le donne avevano iniziato ad essere accettate all'Accademia solo nel 1864 e spesso incontravano ancora ostacoli alla loro carriera. Durante gli studi, af Klint divenne famosa per i suoi paesaggi e ritratti, affermandosi come un'artista rispettata. Avrebbe continuato a produrre dipinti in questa tradizione anche mentre realizzava le sue opere astratte. Successivamente, nel 1910, entrò a far parte della Società Svedese delle Artiste Donne, servendo come segretaria. Mondrian studiò alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam, dal 1892 al 1897. Fu associato alla "Scuola dell'Aia" di pittori realisti durante un periodo di rinnovata energia e sperimentazione nella pittura olandese nella seconda metà del XIX secolo. Il loro lavoro era caratterizzato da colori tenui, pennellate sciolte e superfici strutturate.
 
 
2. EVOLUZIONE
Questa sala riunisce opere di entrambi gli artisti, esplorando il tema dell'evoluzione spirituale e artistica. Nelle loro opere Evolution , af Klint e Mondrian sperimentano il simbolismo attraverso la scelta del motivo, del colore e della forma. Domburg, sull'isola di Walcheren nella provincia olandese della Zelanda, divenne una comunità di artisti, nota per il suo caratteristico paesaggio e la qualità della luce. Mondrian vi visitò per la prima volta nel 1908 e vi trascorse ogni estate fino al 1914. Questa fu una fase importante nella sua ricerca per trovare il proprio linguaggio visivo, coinvolgendo la sperimentazione con il colore, lo stile e la tecnica. Le torri di Domburg, in combinazione con scene di dune e paesaggi marini, alla fine portarono Mondrian a concentrarsi sui principi orizzontali e verticali che sono caratteristici del suo successivo lavoro astratto. In questo periodo dipinge il trittico dell'Evoluzione . È stato visto rappresentare il progresso dell'umanità dal regno fisico verso quello spirituale usando il simbolismo della Teosofia, un movimento esoterico che interessava entrambi gli artisti.Le opere di Af Klint in questa stanza del 1908 rappresentano l'ascesa dell'umanità verso uno stato spirituale superiore. Ha utilizzato un simbolismo colorato che ricorre in altre sue opere, inclusa la spirale o la lumaca per rappresentare l'evoluzione. Questa serie dimostra come af Klint abbia sperimentato diversi linguaggi visivi all'interno di un'unica opera, dal simbolismo e dalle forme organiche all'astrazione. I titoli si basano su un sistema che stava sviluppando, in cui i numeri corrispondono a determinate forme geometriche, che si riferiscono a diversi aspetti del mondo e del cosmo.
I dipinti per il tempio
The WUS/Seven-Pointed Star Series , Group VI , The Evolution fanno parte di The Paintings for The Temple , che af Klint ha definito la sua "più grande commissione". Tra il 1906 e il 1915, af Klint creò opere che credeva fossero state commissionate dalla sua guida spirituale, Amaliel. Amaliel era una delle cinque guide, o "Alti Maestri" - esseri che si pensava esistessero su un piano superiore di coscienza - che comunicavano con af Klint e il suo collettivo spirituale, I Cinque, o in svedese "De Fem". La commissione alla fine consisteva in 193 opere in diverse serie, molte delle quali sono esposte in questa mostra.
3. METAMORFOSI
Le raffigurazioni di fiori in questa stanza dimostrano l'attenta osservazione di ogni artista della natura e della sua biodiversità. Dalla fine degli anni 1890, Mondrian disegnava, dipingeva ed esponeva principalmente fiori singoli. Dipingeva fiori che sbocciano e appassiscono come un modo per tracciare i processi naturali nel tempo. Af Klint a volte dipingeva una pianta in due fasi della sua vita, in primavera e in estate - la sua meditazione sui modelli ciclici in natura. Lo stato "incompiuto" dei disegni di entrambi gli artisti risuona con la caducità della loro materia. La preferenza di Mondrian per la pittura di fiori coltivati, come gigli e crisantemi, contrasta con l'interesse di af Klint per le piante originarie dei paesi nordici, come il fiordaliso e la parsimonia marina. La sua scelta dell'acquerello su carta, così come la disposizione delle piante sul foglio, mostrano la sua familiarità con le convenzioni del disegno botanico. Nel diciannovesimo secolo l'illustrazione botanica era una delle poche attività artistiche professionali aperte alle donne e molte, come af Klint, si sono esperte in questo campo. Entrambi gli artisti sono andati oltre le rappresentazioni realistiche dei fiori. Mentre af Klint avrebbe continuato a impegnarsi con i loro significati spirituali più profondi, Mondrian spiega "mi piaceva dipingere fiori, non mazzi di fiori, ma un singolo fiore alla volta, in modo da poter esprimere meglio la sua struttura plastica". 
La loro precoce immersione nel linguaggio delle piante e del mondo vegetale ha offerto a ciascun artista un mezzo per articolare corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo - l'idea che la struttura del cosmo si specchia nella più piccola entità vivente.
4. L'ALBERO
L'albero divenne un punto focale per Mondrian e af Klint. Mondrian dipinse una serie di alberi tra il 1908 e il 1911, e af Klint trascorse due anni lavorando a L'albero della conoscenza dal 1913. La serie di Af Klint attinge a un concetto comune a molte tradizioni mitologiche e religiose. L''axis mundi', spesso descritto come 'l'albero del mondo', è una forma che collega ogni parte dell'universo, dal microcosmo al macrocosmo. Nella mitologia norrena, l'Yggdrasil è un frassino al centro del cosmo, che raggiunge i cieli mentre le sue radici si estendono in profondità nel sottosuolo. In questa serie, af Klint ha combinato la precisione dei diagrammi botanici e scientifici con ornamenti ispirati all'art nouveau, un movimento decorativo che utilizzava linee fluide e sinuose basate su forme vegetali. Dopo aver viaggiato a Parigi nel 1911 e aver incontrato il cubismo, Mondrian iniziò a rielaborare disegni e dipinti di alberi. Il cubismo era un approccio visivo radicalmente nuovo per scomporre oggetti e figure in piani distinti, enfatizzando la superficie bidimensionale della tela. In The Red Tree , Mondrian ha dipinto un albero non come un elemento del mondo reale ma come una 'espressione plastica' – l'energica pennellata dei rami sembra celebrare l'atto stesso del dipingere. Negli alberi successivi, il tronco ei rami sono condensati in una rete di verticali e orizzontali, mentre Mondrian si concentrava sulla distillazione dell'immagine nelle forme essenziali dell'albero. In molte culture e sistemi di pensiero, gli alberi sono collegati a forze mistiche al di là del mondo visibile. Concentrarsi sulla struttura dell'albero ha permesso agli artisti di esplorare queste delicate forze vitali a modo loro.
5. COLORE DINAMICO
Mondrian e af Klint hanno sperimentato in modi distinti le relazioni dinamiche di forma e colore per esprimere l'"universale". Durante le estati trascorse a Domburg, Mondrian affinò gradualmente le sue raffigurazioni delle torri e delle vedute del mare fino a dissolverle in una completa astrazione. Vedeva i verticali come il principio "maschile", che rappresenta lo spirituale, e l'orizzontale come espressione del principio "femminile", materiale. Dal 1914, il lavoro di Mondrian consisteva in orizzontali e verticali che non si intersecavano, come si vede nei dipinti di questa sala. Il suo obiettivo finale era quello di "esprimere plasticamente" un'armonia universale basata sull'equilibrio delle forze di opposizione. Af Klint ha dipinto la serie The Erosnel 1907. Ha usato colori chiari e pastello e linee eleganti accompagnate da lettere e testo. Le diagonali lineari si evolvono in forme dinamiche che ricordano fiori, foglie o ovali. Tutti gli elementi di questa serie sembrano essere progettati per bilanciare le forze "maschili" e "femminili" opposte: l'uso dei colori contrastanti blu e giallo, le lettere AO (alfa e omega) e le parole svedesi Asket (ascetico) e Vestale. Af Klint usava spesso questi nomi in modo intercambiabile in riferimento a se stessa e alla sua collaboratrice Anna Cassel nei suoi taccuini, suggerendo una fluidità di genere o un'unità tra maschile e femminile. Potrebbe aver preso il titolo della serie dalla mitologia greca, dove Eros è il dio dell'amore. Nel testo "Metamorfosi" del poeta romano Ovidio, incontriamo Eros nel racconto di Amore e Psiche,
6. RELIGIONI MONDIALI
Nel 1920 af Klint creò la Serie II , un gruppo di opere su diverse religioni. In un linguaggio astratto ridotto di cerchi segmentati, visualizza varie religioni in punti particolari del loro sviluppo. Cerchi e croci orbitano, collidono e tagliano in due geometrie più grandi. La serie II può essere vista come parte del progetto in corso di af Klint per elaborare le relazioni tra le forme esterne e le loro forze sottostanti. La Società Teosofica era una vasta rete transnazionale che ha reso la traduzione e la diffusione dei testi una parte fondamentale della loro espansione. Le loro tecnologie editoriali erano spesso basate su nuovi canali di comunicazione utilizzati per supportare le attività imperiali britanniche in India. In linea con il principio teosofico secondo cui tutte le religioni sono collegate da una verità spirituale fondamentale, periodici affiliati come The Theosophist , The Path , The Lamp e Luciferarticoli pubblicati regolarmente sulle religioni del mondo. Le idee che si muovono attraverso queste reti si sono rivelate convincenti per molti artisti e scrittori che le hanno incontrate. Nel 1904, af Klint si unì alla loggia di Stoccolma della Società Teosofica, Adyar (dal nome del luogo in cui aveva sede) e Mondrian si unì alla Società Teosofica di Amsterdam nel 1909. Nei suoi quaderni di schizzi del 1912-14 Mondrian scrisse: «Tutte le religioni hanno lo stesso contenuto fondamentale; differiscono solo nella forma. La forma è la manifestazione esterna di questo contenuto ed è quindi un veicolo indispensabile per l'espressione dei principi primari'. Questo risuona con l'esplorazione di af Klint in questa serie.
7. NUOVE VECCHIE GEOMETRIE
La serie Swan risale al 1914, quando af Klint viveva a Stoccolma e gran parte del mondo era consumato dalla prima guerra mondiale. A questo punto, ha affermato di non essere più diretta dalle sue guide spirituali. In tutta la serie, c'è uno spostamento tra immagini figurative e forme astratte. Due cigni impegnati in conflitto, resi in bianco e nero opposti, si trasformano in una serie di cubi interconnessi. La serie ha segnato uno sviluppo nel linguaggio visivo di af Klint da viticci organici, spirali e forme simboliche a forme sempre più geometriche e piani di colore solido. Af Klint avrebbe incontrato la nozione di una quarta dimensione invisibile dello spazio attraverso la Teosofia e il lavoro di un importante membro e filosofo, Rudolf Steiner. La sua rappresentazione di forme smaterializzate, come i cubi trasparenti, suggerisce la sua familiarità con queste teorie. Tali idee sono in gran parte scomparse dopo che la teoria della relatività di Albert Einstein è stata resa popolare, trasformando la comprensione dello spazio e del tempo. Il cigno era un popolare simbolo occulto di unità, ampiamente discusso dalla principale teosofa Helena Blavatsky nel suo libro The Secret Doctrine , di proprietà di Klint. L'arco visivo verso un eventuale stato di riconciliazione in The Swan potrebbe essere stato una risposta di Klint allo sconvolgimento politico e sociale. Ha detto, "dove la guerra ha strappato piante e ucciso animali ci sono spazi vuoti che potrebbero essere riempiti con nuove figure, se ci fosse sufficiente fede nell'immaginazione umana e nella capacità umana di sviluppare forme superiori". Af Klint ha continuato a utilizzare la geometria nella sua ricerca di "immagini primordiali" e a trasmettere il suo messaggio filosofico di unità nella serie III e nella serie V.
8. SPAZIO E RITMO
Dal 1914, Mondrian era interessato a come lo spazio potesse essere portato in vita attraverso l'esperienza della pittura. Questa stanza presenta alcuni dei suoi dipinti neoplastici, composti da linee orizzontali e verticali, colori primari e grigio, bianco e nero. Mondrian sviluppò la sua teoria del neoplasticismo un linguaggio visivo di 'relazioni pure' – intorno al 1920. Aveva abbandonato ogni forma di simbolismo: i suoi dipinti diventavano griglie irregolari e spesso venivano descritti come 'ritmi jazz'. Prima di questo, nel 1918, aveva scoperto l'impatto spaziale della forma a losanga, che appare in gran parte del suo lavoro successivo come Picture No. III: Losanga Composition with Eight Lines and Red , con linee doppie e triple. Ha fatto riferimento all '"equilibrio dinamico" per spiegare come una composizione viene prodotta attraverso relazioni spaziali di linee e piani di colore.
Mondrian intendeva che il neoplasticismo funzionasse come un linguaggio pittorico. Si propone di ridurre la pittura ai suoi principi fondamentali, rimuovendo i singoli aspetti (che chiama "tragici") per esprimere l'"universale". Di conseguenza, il suo lavoro è spesso considerato distaccato dalla vita, ma questo semplifica eccessivamente il complesso rapporto che i suoi dipinti hanno con il mondo. Per Mondrian, "l'essenza più profonda dell'arte" è rimasta sempre la stessa; era rendere visiva, tangibile e, soprattutto, percepibile 'la bellezza della vita'.
9. CONFLUENZE
Gran parte di questa stanza è dedicata a una serie che Klint chiamò Parsifal , che potrebbe prendere il nome dall'opera di Richard Wagner. I sottotitoli delle singole opere includono "Ether" e "Astral". Questi sono termini usati dai leader della Società Teosofica, Annie Besant e Charles W. Leadbeater. Nei loro libri, Thought Forms and Occult Chemistry , si riferiscono a forze invisibili a cui è possibile accedere solo acquisendo una coscienza superiore. Le credenze occulte di Af Klint sono diventate una cornice per sperimentare oltre i limiti della sua formazione artistica. Af Klint ha creato Parsifal nel 1916 nel suo studio sull'isola di Münso, in Svezia. Era diventata meno interessata alla città di Stoccolma, nonostante la sua scena artistica internazionale in crescita. Ha immaginato di costruire una comunità residenziale e di ricerca a Münso, dove lei e i suoi amici avrebbero potuto trascorrere anni alla ricerca di piante, animali e minerali. Sono inoltre esposte due opere successive di Mondrian. Composizione con linee gialle esemplifica l'arte neoplastica di Mondrian. Il rapporto tra linee orizzontali e verticali evoca una griglia che si espande oltre il nostro campo visivo, suggerendo un ambiente totalizzante. Rose in a Glass è dipinta su uno sfondo giallo brillante con i ritmi delicati dei petali delineati da una linea morbida e raggiante. Mentre Mondrian era ambivalente nei confronti delle sue opere floreali e gli studiosi hanno suggerito che fossero in gran parte un'impresa commerciale, ha continuato a produrle verso la fine della sua carriera, anche senza una commissione.
10. IL FUTURO
La mia missione, se avrà successo, è di grande importanza per l'umanità. Perché sono in grado di descrivere il percorso dell'anima dall'inizio dello spettacolo della vita fino alla sua fine. Hilma af Klint, 1917. I dieci più grandi fanno parte di The Paintings for The Temple , un corpus di opere che Klint riteneva fosse stato commissionato dalle sue guide spirituali. Rappresentano le fasi della vita, dall'infanzia alla vecchiaia. Af Klint anima questo ciclo utilizzando motivi organici e geometrie astratte. Ad esempio, la lumaca si riflette nella spirale logaritmica, una forma profondamente connessa con i processi di crescita ed evoluzione. Le forme botaniche si trasformano in forme astratte man mano che le immagini virano dal microscopico al cosmico. Af Klint sognava di costruire un tempio a forma di spirale, dove i suoi quadri potessero essere appesi insieme come un "bellissimo rivestimento murale". Salire attraverso il tempio significava muoversi verso uno stato superiore dell'essere. Nonostante la loro vasta scala, af Klint ha lavorato rapidamente per produrre The Ten Largest in pochi mesi nel 1907. Stava completamente ribaltando le convenzioni contemporanee della creazione artistica in termini di scala, colore e forma. Af Klint e Mondrian usavano l'arte per rendere visibili le leggi della natura, leggi che secondo Mondrian sostenevano l'ambiente naturale così come il design architettonico. Il neoplasticismo era un modello visivo per un futuro equo e armonioso. Entrambi gli artisti credevano che i loro linguaggi visivi sarebbero stati meglio compresi dalle generazioni a venire. Af Klint stabilì infatti che molte delle sue opere non sarebbero state esposte per vent'anni dopo la sua morte. A modo loro, hanno sfidato la separazione tra arte e vita. L'arte è diventata il loro processo di riflessione sui modelli universali e un modo per rendere visibile la fragile connessione tra le forme di vita.
L'ETERE
Ora sei nell'Etere. Prendendo il titolo dalla visione dell'inizio del XIX secolo secondo cui un'energia invisibile collegava tutto ciò che è visibile, questo è un luogo in cui convergono scoperte, credenze e creatività. Esplora oggetti e immagini che riflettono il contesto culturale e i circoli creativi che circondavano Klint e Mondrian tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. Questi materiali rivelano il profondo legame di Klint e Mondrian con l'ecologia, ovvero un'immensa ma fragile rete di connessioni tra tutti gli esseri viventi. Mostrano le loro elaborazioni e modi di pensare attraverso la natura che sono alla base dei loro dipinti astratti. Durante la loro vita, le concezioni popolari del mondo stavano cambiando, poiché scoperte e sviluppi significativi da vari campi della conoscenza arrivavano all'attenzione del pubblico. Questa stanza chiede come tali cambiamenti siano stati accolti dagli artisti e dai loro colleghi - come l'arte si intersechi con altre inclinazioni culturali, scientifiche e spirituali del giorno. La stanza è strutturata da tre temi interconnessi che puoi visualizzare in qualsiasi ordine: Conoscenza vegetale, Vite interiori e Mondi invisibili. Quaderni di schizzi, appunti e libri appartenuti agli artisti sono presentati tra oggetti risonanti provenienti da altre sfere. È una visualizzazione delle idee che circolano nell'etere - il lavoro di scienziati, guide spirituali e pensatori culturali il cui impatto si è esteso oltre i loro campi per impollinare il pensiero degli altri. La scrittura e le immagini legate alla natura, alla scienza, alla spiritualità e all'arte hanno plasmato l'evoluzione artistica di Klint e Mondrian e visioni del mondo più ampie. Sono esposte anche opere d'arte dei loro contemporanei più stretti, che riflettono interessi condivisi in queste aree di conoscenza.
Vite interiori
La fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo segnarono un cambiamento significativo nei concetti di spiritualità come reazione al materialismo. La credenza religiosa nella creazione del mondo da parte di un unico Dio era stata destabilizzata dalla teoria dell'evoluzione di Charles Darwin, esposta in On the Origin of Species (1859). La teosofia, un movimento spirituale eclettico, assorbì l'evoluzione nella sua ideologia. Molti promotori di credenze occulte attingevano alle scoperte scientifiche e tecnologiche dell'epoca. Questi movimenti spirituali, spesso enigmatici, sono stati visti da alcuni come all'avanguardia di ciò che significa essere moderni. La teosofia si occupava dell'idea che tutto nell'universo fosse interconnesso. Helena Blavatsky, la fondatrice della Teosofia, ha descritto un'energia invisibile alla base di ogni cosa.
 
Mondi invisibili
Durante la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo, diversi sviluppi scientifici e tecnologici hanno cambiato il modo in cui vediamo il mondo. I raggi X, scoperti nel 1895, facevano apparire trasparente la materia solida, rivelando forme prima invisibili. Ciò ha sollevato domande fondamentali sull'esistenza di mondi impercettibili all'occhio umano. Lo sviluppo della telegrafia senza fili alla fine del 1890, basato sulla scoperta delle onde elettromagnetiche nel 1888, suggeriva che lo spazio vuoto fosse pieno di onde vibranti. All'inizio del ventesimo secolo questa sostanza misteriosa e invisibile chiamata "etere dello spazio" era discussa nella letteratura popolare e nelle riviste occulte. Queste nuove idee sulle possibilità delle dimensioni oltre la percezione, così come le riformulazioni del rapporto tra spazio e materia, hanno fornito materiale ricco per molti artisti.
 
 
Universo vegetale
Il botanico svedese Carl Linnaeus sviluppò un sistema di classificazione che comprendeva piante, esseri umani, animali e minerali. I suoi influenti lavori pubblicati dimostravano nuovi modi di ordinare tutte le piante e includevano illustrazioni botaniche di esemplari importati dalle loro regioni native dai colonizzatori europei. Gli studi sulle forme organiche di botanici e biologi, come Ernst Haeckel, hanno fornito ispirazione agli artisti. Ad esempio, le curve organiche e le linee sinuose del movimento art nouveau erano chiaramente ispirate all'illustrazione botanica. Le idee di crescita e vita vegetale possono anche contribuire indirettamente alla nostra comprensione di un'opera d'arte stessa come organismo vivente.
 
Tate Modern di Londra
Hilma di Klint e Mondrian
dal 20 Aprile 2023 al 3 Settembre 2023
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00