Nella vicenda del ritrovamento dei 100 disegni di Caravaggio nel fondo Peterzano al Castello sforzesco di Milano, avvenuta nell’estate del 2012, ci sono state diverse ombre e alcune luci frettolosamente spente. La causa va ricercata in parte nel metodo utilizzato dai protagonisti per divulgarne la notizia e per via dell’approccio un po’ dilettantistico nell’enfatizzare senza prove inoppugnabili il supposto ritrovamento. La maggior parte della critica intervenuta sull’argomento, per non dire della quasi totalità, ha buttato via l’acqua sporca insieme al bambino. L’unico ad esporsi pubblicamente è stato il critico d’arte Vittorio Sgarbi che è intervenuto in una conferenza a difesa dei ricercatori protagonisti del supposto ritrovamento, condannando la criminalizzazione degli autori ed invitando ad una maggiore riflessione.
Gli autori della ricerca, Maurizio Bernardelli Curuz e Adriana Conconi Fedrigolli, commisero il 5 luglio del 2012 qualche leggerezza per il modo in cui gestirono la loro “scoperta” divulgandone la notizia in modo poco opportuno rivolgendosi all’ANSA anziché ad una rivista scientifica, evidentemente senza l’appropriata consapevolezza di muoversi all’interno di un campo minato. Sotto il profilo del metodo scientifico allargarono in maniera eccessiva i confini della loro “scoperta” e in diversi casi si spinsero a comparazioni poco credibili rendendo vane quelle poche cose che potevano costituire una base di partenza per uno studio più credibile e con risultati per loro diversi da quelli ottenuti. Non è però questa la sede per affermare ciò che c’è di buono o di sbagliato nello studio dei due ricercatori, anche se nel caso della tela di Peterzano raffigurante i Santi Paolo e Barnaba a Listi (Milano, Chiesa dei Santi Paolo e Barnaba) le argomentazioni a supporto di una realizzazione dopo gli anni 80 del Cinquecento appaiono più che convincenti, essendo ben argomentate sotto il profilo probatorio. Anche perché non si vuole prestare il fianco ai molti critici che nel luglio del 2012 come veri sacerdoti del Tempio scagliarono i loro strali verso gli autori, trovando terreno fertile per infierire senza rischiare molte contrapposizioni. Furono in pochi, chi per prudenza chi per saggezza, verso i giovani ricercatori ad utilizzare la ponderatezza tra cui Claudio Strinati e Mina Gregori a porsi qualche interrogativo sulla effettiva possibilità di una “scoperta” o di quello che almeno poteva contenere di buono quello studio, magari non così come proposto dai due studiosi, ma bensì come punto di partenza per una riconsiderazione critica dei disegni contenuti nel fondo.
Tuttavia l’impatto negativo dell’evento ha fatto sì che la questione dei disegni conservati nel fondo passasse per una fonte inutile, già studiata e senza possibilità d’appello. Nel mondo della storia dell’arte e quindi di conseguenza nel mondo accademico che vi ruota intorno, è noto come il feudalesimo sia ancora vivo, ancorché sotto vesti diverse, ed eserciti le sue prerogative signorili. Il difficile accesso nei circuiti scientifici o pseudo tali del mondo dell’arte ancora oggi resta un limite che preclude alla fine lo sviluppo dei saperi a causa della sua esclusività.
Di errori e congetture D.O.C. che si sono rivelate infondate nella storia dell’arte siamo satolli. Per Caravaggio basti pensare che per anni si è assistito a degli assiomi indiscutibili sul fatto che dipingesse “alla prima” senza ausilio del disegno preparatorio. Ci sono voluti decenni e bisogna dire grazie alla diagnostica artistica e agli strumenti utilizzati per le indagini di nuova generazione se qualcosa è cambiato. Difatti, abbiamo scoperto che Caravaggio quando dipingeva utilizzava il disegno non in maniera accademica, ma a tratti, utilizzando il colore nero con il pennello o la biacca e delineando alcuni tratti del modello da realizzare. Se coloro che sono stati tra i sostenitori della esclusività della pittura e realizzazione “alla prima” facessero oggi un mea culpa, potremmo scrivere una bella pagina sulla presunzione e sul metodo scientifico.
Ritornando al fondo Peterzano, per ricavarne qualcosa di utile occorre fare una riflessione di natura pratica. Se Lucia Aratori, madre del Caravaggio, spese una fortuna per far istruire il figlio per quattro anni dal pittore Simone Peterzano, qualcosa questo maestro dovette insegnargli. Questo allievo gli procurava una buona rendita e non era conveniente spedirlo a casa perché il maestro si era impegnato ad insegnargli il mestiere. Peterzano sicuramente gli insegnò come macinare i colori e come preparare il fondo di una tela, soprattutto - come in tutte le accademie o le scuole di pittura - dovette applicarlo al disegno per avviarlo alla carriera così come si era impegnato contrattualmente. Addirittura, viene da pensare, lo fece applicare così tanto, quattro anni di bottega sono lunghi, da fargli desiderare in futuro di non disegnare più, magari chissà per dimenticare l’autorità del Maestro. Questa riflessione, volutamente quasi banale, ci deve indurre a pensare al fatto che tra quelle migliaia di disegni presenti nel Castello sforzesco si possa trovare qualcosa di buono. Sarebbe auspicabile, per quanto è stato annunciato alla conferenza stampa a Milano per la presentazione della mostra “DENTRO CARAVAGGIO” il 28 settembre scorso, a proposito della costituzione da parte del Comune di Milano di un centro per la ricerca sugli anni milanesi di Michelangelo Merisi, che si cominci proprio dal fondo Peterzano. Pensare che il Merisi non abbia utilizzato suoi bozzetti alla stregua di meri appunti nel realizzare proprie opere sembra allo stato delle conoscenze leggermente riduttivo. Soprattutto perché sappiamo che ha utilizzato disegni per i propri modelli fatti da altri come ci ha dimostrato più volte Paola Caretta ed altri autori. Pertanto far studiare ad una equipe magari di studiosi esperti nello studio dei disegni il fondo Peterzano. Potrebbe essere una buona occasione per la storia dell’arte per ragionare in termini utilitaristici piuttosto che sensazionalistici.
 

Le immagini qui utilizzate sono tra quelle proposte nelle comparazioni fatte da Bernardelli Curuz e Conconi Fedrigolli.  1 particolare Vocazione di san Matteo, Cappella Contarelli in san Luigi dei francesi a Roma, Conversione di san Paolo coll. Privata Roma, san Francesco in meditazione museo Ala-Ponzone di Cremona. I disegni affiancati sono quelli del fondo Peterzano presso il Castello sforzesco di Milano.
 
29 ottobre 2017 - Giovanni Malatesta