di Vincenzo Vagli avv.to
È noto come il concetto attuale di patrimonio culturale evochi una dimensione di valori che vanno ben al di là della mera percezione estetica e monumentale di derivazione idealistica, che connotava la legge n.1089 del 01.06.1939 sulla Tutela delle cose d’interesse artistico o storico.
La definizione di bene culturale, natacon la Convenzione dell’Aja del 14.05.1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, si è difatti ampliata nel tempo, alimentata dalla maturazione epistemologica che ha investito le discipline di riferimento, che operano ormai secondo premesse storiche e antropologiche, lontane dai primordi antiquari e storico-artistici che limitavano l’orizzonte a un numero circoscritto di beni e si rivolgevano ad una fascia sociale già educata alla loro comprensione
[1].Il risultato di questi mutamenti è la nozione di cui all’
art.2, comma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, d.lgs. 22.01.2004 n.42: “
sono beni culturali le cose immobili e mobili che ai sensi degli articoli 10 e 11,presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”; i beni culturali sono quindi la rappresentazione di valori e l’espressione di un ambiente storico e sociale, meritevoli per questo di tutela.
.png)
Tra questi rientrano i
giocattoli, la cui storia ha accompagnato di pari passo l’evoluzione delle civiltà,sia nell’elaborazione creativa del mondo reale, sia nel progresso scientifico, industriale e tecnologico di un dato periodo. I ritrovamenti archeologici, le opere d’arte e le opere letterarie ci dicono che fin dalle epoche
più antiche i bambini amavano intrattenersi con giocattoli del tutto simili a quelli moderni, quali ad esempio bambole e soldatini. Ma è soprattutto nel XIX secolo che i giocattoli assumono rilievo, quando l’attività ludica viene considerata come una componente fondamentale dello sviluppo del bambino e, di conseguenza, la produzione dei giocattoli diviene una importante attività imprenditoriale; pian piano si passa dai prodotti artigianali a produzioni industriali di serie, all’uso di tecnologie e metodologie di progetto sofisticate,alla nascita di regolamentazioni specifiche sulla sicurezza (cfr. EN71, marchio CE), all’applicazione di copyright e così via.Alcuni tipi di giocattoli sono passati di moda molto presto, rimanendo in commercio pochi anni, altri solo pochi mesi. Molti però, sia quelli la cui origine si perde nella storia come le bambole o la palla, sia quelli più recenti, come le macchinine, sembrano essere sempre di moda, fanno probabilmente parte del bagaglio culturale comune ai vari popoli e in essi osserviamo un’evoluzione o quanto meno una storia, delle loro caratteristiche specifiche, per esempio nella scelta dei materiali. In questo senso i giocattoli sono fenomeni che riflettono, e al tempo stesso contribuiscono a definire, la cultura e il costume di un determinato periodo storico; testimoniano altresì l’esistenza di giochi tipici di culture scomparse o profondamente trasformate, che altrimenti non sarebbe stato possibile conoscere
[2].
Nell’immenso, universale palcoscenico del gioco, lo spettacolo di giostre e treni, pagliacci e bambole, soldatini e navi, automobiline e aeroplani, reifica una dimensione nella quale anche l’uomo si immerge fino a diventarne parte attiva e integrante, mentre il giocattolo diviene metafora del vero, non più per essere, ma per alludere
[3].Tutto ciò spiega il perché i giocattoli siano beni di interesse culturale, nel senso essenzialmente storico e etnoantropologico.
In quanto tali, sono tutelabili dal Codice dei beni culturali nei modi e nei casi indicati e nel rispetto del limitetemporale di 70 anni di cui all’art.1, comma 175, lett.a)n.2 della legge 04.08.2017 n.124che, però, non riguarda i beni accolti stabilmente in collezioni museali pubbliche e private (art.10, comma 2, del Codice) e quelli la cui rilevanza, per condivisa constatazione sociale, testimonia l’elevato grado di civiltà raggiunto dalla società
[4].

Il
Mibact, riconoscendo l’importanza del gioco e dei giocattoli, evidenzia che “
giocare è sempre stata una cosa serissima” e che la dimensione fluida e pervasiva del ludico riguarda tutti i campi della società;
per suscitare interesse e curiosità, ha dedicato a questo tema una campagna istituzionale nel mese di febbraio 2018, su tutti i propri account social, incentrata sulla presenza dei giocattoli nei musei statali italiani, intendendo sia gli oggetti veri e propri che i giocattoli presenti in dipinti, affreschi o gruppi scultorei
[5].
Molte collezioni e svariati musei si dedicano ai giocattoli, antichi e moderni. A Roma, al riguardo, esistono due situazioni ben diverse tra loro. La prima è bloccata da anni e merita attenzione: si tratta di un’immensa collezione di giocattoli, creata originariamente dall’antiquario svedese Peter Pluntky a Stoccolma,acquisita con delibera n.106 del 02.03.2005 sotto la giunta dell’allora sindaco Walter Veltroni per oltre cinque milioni di euro e composta da circa 11 mila pezzi tra giochi, volumi e giocattoli, i più antichi risalenti al XIII e XV secolo, la maggior parte agli anni tra il 1860 e il 1930, più della metà di fabbricazione tedesca ma anchedi manifattura svedese, inglese, francese, italiana e americana, in giacenza da anni nei
depositi della Centrale Montemartini di Roma, in attesa di una collocazione adeguata. Il Comune di Roma avrebbe voluto destinare l’intera raccolta alla creazione del futuro
Museo del Gioco e del Giocattolo da allestirsi nelle storiche scuderie reali di
Villa Ada ristrutturate per l’occasione e da finanziarsiattraverso fondi dell’amministrazione comunale e la legge per Roma Capitale, ma il progetto non vide mai la luce, anche per il parere contrario di “Amici di Villa Ada”, WWF e Italia Nostra alla scelta di Villa Ada quale sede per il museo
[6].
Sempre a Roma, però, di fronte a un museo pubblico mai compiuto, lo sforzo dei privati dimostra invece che una realtà museale, anche se piccola, ideata per la tutela e la valorizzazione dei beni in essa contenuti, se voluta, può essere realizzata, anche senza l’impiego di capitali ingenti.

Si tratta del
Museo della memoria giocosa, di stampo etnoantropologico, storico e didattico dei giochi e dei giocattoli del Novecento, nato nel 1999 a Roma nella zona del Pigneto. E’ un museo creato su iniziativa privata, arredato in stile casa borghese anteguerra, che raccoglie la vasta collezione che fu di Fritz BilligHoenisberg e trae origine da un lascito di famiglia. La gestione avviene sotto forma di associazione culturale didattica e l’accesso è consentito al pubblico in forma gratuita, con la possibilità di versare un contributo volontario all’ingresso. La collezione comprende migliaia di pezzi di provenienza non solo europea, del periodo 1835/1962. All’interno ci sono inoltre un teatro, locandine e manifesti pubblicitari, le biblioteche tematiche sul gioco, la storia dei giocattoli, le rassegne iconografiche degli eventi ludici, dello spettacolo e della cronaca del Novecento; la biblioteca di letteratura, dei libri satirici e comici e infine l’archivio fotografico Billig con migliaia di diapositive a disposizione degli storici che ne fanno richiesta.
[7]Con l’apertura della collezione al pubblico, la passione e la visione particolare del collezionistasono state proiettateverso prospettive future, in un lungimirante atto di condivisione e inclusione culturale. In questo modo il privato “diventa” pubblico, mettendo in atto nuovi percorsi di conoscenza, memoria e identità culturale.
[8]Il museo non è inteso come mero contenitore esi rivolge soprattutto agli studenti della scuola primaria, come promotore di una didattica
inclusiva, accessibile e personalizzata, mediante la storicizzazione del giocattolo; un lungo percorso nella storia, nella tecnologia e nella vita quotidiana del Novecento attraverso i giocattoli
[9].
[1]D. Manacorda,
I beni culturali tra ricerca tutela valorizzazione e gestione, atto dal convegno di Milano
individuazione e tutela dei beni culturali. Problemi di etica, diritto ed economia del 7.4.2016 presso Istituto lombardo accademia di scienze e lettere.
[2] R. Farnè,
Giocattolo, in
Enciclopedia italiana Treccani, V Appendice, vol. XVII, 1992, pag.154 ss.
[3] F. Palmieri,
La memoria giocosa, storia di un museo dei giocattoli del ‘900 che è anche un’avventura di famiglia, Città di Castello (Pg), edizioni Ares, 2004, pag.37 ss
[4] A. L. Tarasco,
Ai confini del patrimonio culturale tra luoghi comuni e processi di produzione della cultura, in
Aedon, 2018, 1.
[5]“#FEBBRAIOALMUSEO CON LA LEGGEREZZA DEL GIOCO | La campagna social di @museitaliani tutta incentrata su giocattoli, svago e divertimento”, dal sito web ufficiale del Mibact
[6] V. Caporilli, “I
l mancato MEGG e la più grande collezione europea di giocattoli di Roma”, da www.artwave.it del 26.02.2018
[7] Sito ufficiale del Museo della memoria giocosa, Roma, in www.lamemoriagiocosa.it
[8]E.Inchingolo,
Futuro pubblico delle collezioni private, in rubrica
Museo quo vadis?, in
Il Giornale delle Fondazioni del 16.3.2018 – 07:00.
[9]F. Palmieri,” La scuola al museo, formazione e sussidiarietà di un museo dei giocattoli”, in Fogli itinerari mensili di costume, n.356, 2010, pag.7