Polittico: Madonna col Bambino e i santi Nicola di Bari, Giovanni Evangelista, Pietro e Benedetto; nel tondo della cuspide centrale: Cristo benedicente; negli altri tondi: quattro angeli, tempera su tavola, cm. 142 x 337 (misure totali), 1295-1300, Firenze, Galleria degli Uffizi.

Cenni Storici
             Il polittico della Badia di Giotto è uno dei massimi capolavori dell’artista e un’opera capitale nella storia dell’arte italiana. Il dipinto, ricordato dalle cronache antiche, fu eseguito per la Badia Fiorentina, una delle chiese più importanti di Firenze, tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec. e in maniera più precisa, secondo la recentissima datazione proposta dopo il restauro dal direttore dei lavori Dott. Angelo Tartuferi, tra la fine del 1295 e il 1300. Giotto, come sappiamo, è stato l’artista fondamentale nella storia dell’arte italiana ed il massimo innovatore della pittura. Trasformò il linguaggio espressivo dall’antico al moderno e, come dice Cennino Cennini, pittore e cronista trecentesco: “tradusse l’arte dal greco in latino e la ridusse al moderno”. Con lui nasce l’epoca nuova che porterà al Rinascimento e a tutti gli sviluppi successivi.

               La situazione in cui ci siamo trovati ad operare era frutto di molteplici vicissitudini che il polittico ha subito nel corso della sua vita. Le cause sono state molteplici e di varia natura tali che, combinate insieme, hanno portato ad una accentuata alterazione e scurimento della superficie dipinta fino a rendere estremamente difficoltosa una seppur minima possibilità di lettura dei suoi reali valori plastici e pittorici.

             Gli aspetti che dobbiamo considerare per comprendere in maniera approfondita le cause di degrado sono la conoscenza della tecnica pittorica e la sua storia conservativa.

               Il complesso lavoro d’intervento legato ad una storia così articolata aveva bisogno di un progetto di restauro approfondito e realistico, e per questo gli importanti studi ed esperienze avute negli anni dall’Opificio delle Pietre Dure sui restauri delle altre fondamentali opere di Giotto sono state per noi essenziali e di riferimento. È stata quindi nostra intenzione continuare lungo queste linee guida gli studi scientifici e tecnici per portare un contributo significativo a una maggiore conoscenza delle opere del Maestro.

             Come testimoniano vari scritti e documenti, risulta che in antico l’opera fosse gravemente danneggiata e, per quanto abbiamo riscontrato, non sono attendibili le ipotesi descritte dalle fonti antiche secondo le quali il polittico ha subito danni dovuti ad alluvioni o cause ambientali. Si pensa invece che questo degrado sia dovuto soprattutto ad azioni umane che hanno provocato gravi danni, oltre all’uso e alla manipolazione, con puliture aggressive e ridipinture inevitabilmente accentuate anche dalla delicatezza e fragilità della stesura pittorica. L’ultimo intervento di restauro di importanza storica eseguito nel 1958 e diretto da Ugo Procacci, presso la Soprintendenza Fiorentina, permise di liberare il polittico dallo sporco secolare e dalle ridipinture permettendo per la prima volta agli studiosi di poter studiare l’opera correttamente. Dalle relazioni dell’epoca e dalla documentazione fotografica conservata abbiamo un’esauriente rapporto su quello che i restauratori e gli studiosi si trovarono di fronte; una situazione gravissima di ridipinture antiche e fortissime abrasioni della pellicola pittorica.

          Grazie alle analisi diagnostiche che hanno preceduto e guidato il restauro, è stato possibile approfondire e chiarire sia gli aspetti conservativi che quelli strutturali. Le prime fasi del restauro hanno riguardato la raccolta dei documenti antichi e le indagini.

          Gli istituti coinvolti sono stati IFAC-CNR, ICVBC-CNR, Università di Torino, Cultura Nuova, PanArt. Una nuova indagine non distruttiva è stata applicata per la prima volta al mondo su un dipinto, svolta a cura del National Institute of Information and Communications Technology (NICT) di Tokio. Si tratta di una tecnica d’immagine nella regione dei Terahertz (intorno a 1.2 THz), che permette di ottenere una sequenza stratigrafica dei materiali costituenti l’opera in maniera non invasiva e senza alcun contatto con la superficie pittorica. Questo ci ha permesso di “vedere” all’interno del dipinto fino ad una profondità di circa due–tre cm e di scoprire come era la struttura interna, costituita da un primo strato di gesso piuttosto grossolano a contatto del legno, poi uno strato di tela e successivamente due strati di gesso, il primo a granulometria più grossa e l’ultimo più sottile al di sopra del quale era steso lo strato pittorico. Altra osservazione interessante è stata la definizione chiara dell’oro coperto dal colore originale. La nostra è stata la prima esperienza sui dipinti ma questa tecnica d’indagine raccoglie una grande quantità di informazioni e quindi ha ancora moltissime possibilità di sviluppo, infatti dopo la nostra applicazione sul polittico e la conoscenza reciproca fra CNR di Firenze e l’Istituto Giapponese esiste già un gruppo di lavoro comune e un progetto di ricerca in atto.
 
              Le altre analisi effettuate ci hanno confermato l’estremo stato di degrado e di fragilità della pittura. L’indagine stratigrafica ha poi evidenziato le caratteristiche dei materiali impiegati: la preparazione è povera di legante e costituita da gesso a grossa granulometria, quindi molto sensibile all’umidità; il colore era steso in maniera fluida ed estremamente sottile in alcune zone, tanto da sembrare quasi un acquarello. Ciò può spiegare in parte la consunzione dovuta a puliture aggressive in alcune zone, come sul volto e sul velo della Madonna; queste hanno causato lacune della preparazione di quasi un millimetro di spessore, ma purtroppo questi danni non sono circoscritti solo ad alcune zone, ma sono diffusi su tutte le figure e sul fondo oro.

            La radiografia totale della tavola ne ha evidenziato la complessa tecnica di costruzione. Il supporto è piuttosto integro e di ottima qualità, essendo costituito da tavole di legno di pioppo con taglio sub-radiale e andamento verticale delle fibre, il cui articolato assemblaggio rende molto stabile e robusta la struttura. I cinque pannelli cuspidati sono costituiti ognuno da una tavola centrale e due regoli laterali fissati con chiodi quadrangolari inseriti sui fianchi oltre a delle grappe metalliche applicate sul retro, mentre i pannelli sono uniti tra di loro con cavicchi lignei. Sullo spessore delle cuspidi sono presenti dei regoli a protezione delle testate del legno. I pannelli sono alti cm 91 e il totale del polittico è di cm 340; la tavola centrale della Madonna è leggermente più larga e alta. Il collegamento tra le tavole era assicurato da due robuste traverse, andate perdute, poste sul margine inferiore e alla base delle cuspidi, di cui rimangono l’impronta e i grossi chiodi infissi dal davanti e ripiegati sul retro. Le traverse attuali furono applicate nel restauro eseguito nel 1958. Una caratteristica rilevante dell’opera è il fatto che l’architettura in cui sono inserite le figure è scavata e ricavata dallo spessore delle tavole stesse; infatti, se si escludono le lesene e le cornici esterne delle cuspidi applicate sulla faccia anteriore, tutte le parti in rilievo ed aggetto sono ricavate ad intaglio nel legno. Sia questo tipo di lavorazione che la modalità costruttiva denotano la mano di maestranze che impiegavano tecniche di scuola duecentesca nella creazione delle tavole, ed è quindi rilevante notare il contrasto tra la modernità della pittura e l’arcaicità del supporto ligneo.

             È probabile che la tavola sia stata leggermente ridotta ai lati, ma, osservando l’impronta visibile sul retro delle traverse originali, possiamo confutare l’ipotesi della consistente riduzione in altezza che determinò l’aggiunta, durante il restauro del 1958, di una base di 6,5 cm per “ristabilire le proporzioni originali”. L’assemblaggio di tali tipi di supporto prevedeva che le traverse fossero applicate al margine inferiore e superiore delle tavole, in modo che quella in basso costituisse la base dell’intero polittico; così, il fatto che l’alterazione cromatica lasciata sul retro corrisponda alle misure originali delle traverse, ci permette di affermare che l’altezza dei pannelli sia rimasta invariata.
            
             Per quanto riguarda la pellicola pittorica, l’intervento di pulitura e integrazione è stato preceduto dallo studio scrupoloso di una situazione in cui i numerosi ritocchi, risalenti a varie epoche, si sovrapponevano in modo confuso ad una pittura originale degradata e delicatissima.
            
           Se la particolare tecnica pittorica di Giotto, grazie alla quale la solidità volumetrica delle figure è resa attraverso delicati passaggi tonali e velature di colore, fa del polittico di Badia una delle opere più preziose del Maestro, è anche vero che questa la rende sensibile a qualsiasi intervento e forma di degrado: i ritocchi, i depositi di sporco e la presenza di sostanze estranee rendevano difficoltosa la corretta lettura dell’immagine e dei suoi reali valori cromatici.
            
            Di fronte ad una situazione in cui pittura, elementi architettonici e doratura si presentavano a diversi stadi di degrado, è stata nostra intenzione effettuare un intervento volto a mantenere l’equilibrio d’insieme dell’opera e a ritrovarne l’unità potenziale attraverso il recupero e la lettura dei frammenti originali senza accanimenti presuntuosi e pericolosi. La nostra regola è stata prudenza ed equilibrio.

         La documentazione del restauro, ottenuta grazie al raffronto tra le diverse tipologie d’indagine diagnostica, ci ha permesso di individuare la stratificazione degli interventi, nonché di chiarire la tecnica pittorica e l’effettivo stato conservativo dell’opera, come sul volto e sul velo della Madonna.
   
         Dopo l’analisi approfondita dei materiali, la pulitura del film pittorico si è svolta in maniera graduale, mirando a togliere i disturbi dei vecchi interventi per recuperare una leggibilità criticamente più corretta, nel rispetto del reale stato di conservazione del colore originale.
         
           Per fare questo in un primo grado di pulitura abbiamo rimosso le vernici ingiallite e lo sporco di deposito presente sulla superficie, in seguito sono stati asportati i ritocchi più recenti e le vecchie ridipinture lasciate nell’ultimo restauro. L’azione si è svolta comunque in modo selettivo e la scelta di non rimuovere alcuni interventi è stata dettata talvolta dalle pessime condizioni della pittura sottostante, altre volte da ragioni di opportunità. Ad esempio non sono state pulite le iscrizioni su fondo rosso, a causa della lacunosità evidente nella scritta del San Nicola, di cui un’antica pulitura lasciava intravedere un colore originale ormai quasi inesistente ed in pessime condizioni; lo stesso discorso è valso per le ridipinture sulle decorazioni alla base delle cuspidi.

         In altre zone abbiamo constatato che le vecchie ripassature di colore erano talmente integrate nel tessuto pittorico da non permettere un intervento puntuale, come sulle ombre della veste di San Benedetto e sulla dalmatica di San Nicola: questi ultimi ritocchi in particolare, di colore giallo-verde molto trasparente, eseguiti in antico per intensificare il contrasto nelle pieghe del panneggio, difficilmente distinguibili dalle velature di mano giottesca anche se individuati e riconosciuti come non originali dalle stratigrafie.
        
         Per quel che riguarda la cornice esterna e le lesene, sono state pulite recuperando, anche se in minima parte, la cromia originale di alternanza di blu, oro e rosso.

         Dopo la fase di pulitura è emerso il reale stato di conservazione della pellicola pittorica con estese abrasioni e gravi consunzioni del colore, ma nonostante questa grave situazione già conosciuta i risultati della nuova rilettura criticamente corretta sono stati straordinari e inaspettati, e quindi anche nella fase di restauro pittorico abbiamo cercato di limitare al massimo il nostro intervento lasciando la pittura con le sue consunzioni e abrasioni e limitando le integrazioni alle cadute di colore.
            
       Il ritocco è stato eseguito in una prima fase con colori ad acquarello, diminuendo l’intensità delle abrasioni più evidenti, quindi abbiamo provveduto ad integrare le lacune sotto livello, con stucco a gesso e colla di coniglio, sul quale è stata eseguita una base con tempera a selezione così da rendere riconoscibile l’intervento a distanza ravvicinata. Nelle mancanze sui volti delle figure, dato il peso visivo che questi elementi hanno nell’equilibrio della composizione, si è utilizzata una selezione ben definita ma molto sottile, per valorizzare i brani di pittura originale e non influenzare negativamente la corretta lettura dell’immagine.

       Alla prima verniciatura, fatta con mastice steso a pennello in uno strato molto sottile, è seguito il ritocco con colori a vernice, con tecnica differenziata o imitativa secondo le caratteristiche delle mancanze. I pigmenti utilizzati sono di marca Windsor & Newton, miscelati con balsamo del Canada.

       Nella verniciatura finale, aumentando la diluizione della resina in essenza di trementina, il mastice è stata applicato a spruzzo in passaggi successivi, in modo da attenuare la brillantezza della superficie ed ottenere al contempo la giusta saturazione dei colori.


          In conclusione, il restauro di un’opera d’arte è sempre un momento di approfondimento e di conoscenza sia dell’opera sia dell’artista che l’ha creata, e ci può fornire nuove importanti informazioni per lo studio della storia dell’arte. Per questo motivo fin dall’inizio del progetto di restauro è stata prevista sia la pubblicazione di un catalogo del restauro, sia una pubblicazione on-line di tutta la documentazione del restauro in maniera molto approfondita e dettagliata e disponibile a tutti in modo chiaro e completo.

           La pubblicazione del catalogo è stata effettuata dalla casa editrice Mandragora nel gennaio 2012 con il titolo Giotto, il restauro del Polittico di Badia, a cura di Angelo Tartuferi vicedirettore della Galleria degli Uffizi, direttore del restauro e responsabile del dipartimento della pittura antica XIV- XVI secolo degli Uffizi.

            Questo catalogo è il primo di una collana che dovrebbe raccogliere i risultati dei grandi restauri che verranno eseguiti nel tempo dalla Galleria degli Uffizi.
 
            Nel sito ufficiale della Galleria degli Uffizi che è all’indirizzo www.polomuseale.firenze.it è stato creato un Link dove verranno raccolti e pubblicati on-line i risultati dei restauri e dove è visibile il restauro del polittico. Questa sezione è curata da “Cultura nuova” di Massimo Cimenti, che ha creato il sistema di raccolta dati “Modus Operandi” che ha riunito la documentazione digitale del restauro e permette di condividere le banche dati in rete attraverso uno strumento denominato “Modus Explorer”.

           È possibile accedere all’indirizzo www.modusexplorer.net per consultare, oltre a Giotto, altri restauri eseguiti con questo tipo di documentazione.
       

Stefano Scarpelli, Roma giugno 2012
scarpellistefano@tin.it



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