Di Giovanni Cardone Giugno 2021
Fino al 14 novembre 2021 si potrà ammirare a Villa Campolieto- Ercolano la mostra ‘Così Fan Tutti’ Opere della Collezione di Ernesto Esposito a cura Marianna Agliottone, la mostra promossa e prodotta dalla Fondazione Ente Ville Vesuviane e segna il momento della sua “ripartenza”. In collaborazione con Fondazione Ernesto Esposito, Noh art, Università Suor Orsola Benincasa, Banca di Credito Popolare di Torre del Greco, il progetto è stato realizzato con il sostegno della Regione Campania e con il patrocinio morale del Comune di Ercolano. Nel visitare la mostra sono stato ricevuto da Francesca Scognamiglio che è la Risposabile della Comunicazione Fondazione Ente Ville Vesuviane, insieme abbiamo salito il lungo scalone vavitelliano, e da Lucia Anna Iovieno che è la Responsabile Conservazione e Valorizzazione Fondazione Ente Ville Vesuviane che ha iniziato ha spiegarmi come è nata la mostra e come sono state selezionate le opere per creare un dialogo con l’ambientazione settecentesca di Villa Campolieto, poi mi dice, abbiamo tentato di coinvolgere il pubblico dal titolo facendo si che il fruitore si senta parte del gioco espositivo. A questa forza trascinante abbiamo attinto per creare una esposizione che si è sviluppata lungo il percorso delle sale del piano nobile di Villa Campolieto, per potersi confrontare con la qualità spaziale dell’edificio che a sua volta dialoga magistralmente con la natura circostante. La scelta delle opere è frutto di una selezione condivisa ma nasce soprattutto dalla volontà di rendere gli spazi parte integrante dell’esposizione, ci siamo fatti  condurre dal genius loci è abbiamo pensato ad opere che potessero interagire con l’architettura, esaltarla e esserne esaltate. Poi Lucia Anna Iovieno mi ha introdotto lungo il percorso della mostra fatto di linguaggi diversi e che mi ha permesso nel contempo di capire l’intera collezione di Ernesto Esposito fatta da grandi maestri dell’arte contemporanea, la mostra che si apre con un’opera meravigliosa di Dahn Vo ‘We the people’ in cui l’artista ha scomposto la statua della Libertà e cerca di dialogare con le statue di Minerva e Mercurio raffigurate negli affreschi della sala il percorso si chiude con la video installazione di Candice Breitz Double Whitney (I Will Always Love You) in cui la grande Whitney Houston canta nel Salone delle Feste. La lunga prospettiva del braccio settentrionale si chiude con il grande arazzo del giovane artista brasiliano Alexander Maxwell Lucia Anna Iovieno mi spiega che questa opera su tela di questo meraviglioso artista narra delle immagini che rappresentano la favela brasiliana che riesce ad interagire con gli arredi ottocenteschi del “salottino dorato”. Arriviamo nella famosa Sala degli Specchi dove la Iovieno mi descrive la scultura di Satoshi Hirose, ‘Beans of Mythology’, che è al centro della Sala e la sua forza centripeta attira a sé l’architettura e la natura che si gode da quella sala. Durante il percorso espositivo c’è un opera Jannis Kounellis che vorrei ricordare per la sua sintesi e continua sperimentazione, questo lo si evidenzia nell’opera esposta in mostra dove la ricerca che il maestro fa dell’immagine dei cappotti ha una fortissima valenza simbolica, è un'allegoria tragica, come quella della sindone, della passione e del sacrificio. Quest’opera così travolgente di Kounellis mi ha commosso perché ho un grande ricordo di quest’artista, unico nel suo linguaggio ma nel contempo egli ti ammagliava con la sua personalità e semplicità. Nel mio percorrere le sale insieme a Lucia Anna Iovieno ho potuto ammirare un’opera meravigliosa di Gilbert & Georg nel loro lavoro tantissime volte hanno ripreso il tema della crocifissione, che non è espressione della fede religiosa ma una osservazione dell'esperienza della sofferenza umana questi due artisti, anche di loro ho bel ricordo dato che molte volte li ho intervistati ed venuto fuori tutta loro ironia e tutto il loro glamour che ti lascia senza parole.
Sono rimasto incantato dei dipinti Claire Tabouret e Ryan Mendoza, quello della Tabauret crea atmosfere modellate da strati acrilici di colori forti, in un impeto espressionista che gioca molto con la luce e con la percezione dello spettatore, posto di fronte a smorfie, a volti coperti o mascherati, a contrasti tra abiti e ambienti. Il riferimento resta l’essere umano, miscelando aure misteriose e angoscianti con ambientazioni fluttuanti in contesti indefinibili, nel tentativo di interagire con l’osservatore. Mentre quello di Ryan Mendoza ha suscitato la mia curiosità verso un artista che con pochi tratti ha descritto un messaggio così forte e cruento, questa figura deformata dal colore materico e da tratti corposi, spinge l’osservatore in un contesto di violenza fisica o sessuale domestica, a cui chiaramente allude il titolo dell’opera. L’arte di Ryan Mendoza prova a indagare sé stessa e noi spettatori sui contrasti derivanti dalle paure dell’individuo e dalla vuota coscienza del nostro essere umani. Infine insieme Lucia Anna Iovieno siamo entrati in una della sale di Villa Campolieto dove da lontano ho intravisto un opera di un’artista meraviglioso ed un grande amico, Angelo Volpe avendolo più volte intervistato, artista unico nel suo genere mi fa piacere che la mostra prende titolo dalla sua opera la quale costruisce una estetica grottesca e onirica, alla costante ricerca di nuove identità dell’individuo, in mutamento dinamico di forme e contenuti derivante dalla globalizzazione e dall’ibridazione culturale. Io che sono stato nel suo studio li ti accorgi che nei suoi dipinti c’è un’umanità deformata e decadente, ma nel contempo gioiosa e romantica, in un dualismo anche di genere e in una ricerca della memoria e della storia, il tutto reso attraverso cromìe forti e vivaci, tra volti e atmosfere disturbate e disturbanti pur ironiche, che ti spingono ad interrogarti sulla nostra condizione umana. Come dice il Presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane Gianluca Del Mastro:  “ Il nostro intento è quello di valorizzare la “grande bellezza” delle Ville, di rendere le incantevoli strutture, diffuse su un territorio vastissimo, contenitori e catalizzatori di eventi e mostre, momenti di riflessione collettiva, in cui la cultura si fa suono, parola, immagine. In questo senso è benvenuta la mostra ”Così fan tutti”, che presenta opere di arte contemporanea dalla collezione di Ernesto Esposito. L’architettura e le pitture settecentesche di Villa Campolieto si fondono con le opere di grandi interpreti in un dialogo senza soluzione di continuità, tra giochi di luci e ombre, sotto lo sguardo attento dello sterminator Vesevo. E non è un caso che la Mostra sia stata organizzata proprio quest’anno: antico e moderno si incontrano in maniera sublime nel momento in cui la Fondazione festeggia i suoi cinquanta anni di vita, e, ancora di più, nel tempo in cui le Ville Vesuviane, così come il mondo intero, vivono la loro rinascita e la loro rigenerazione dopo il buio dell’anno pandemico”. Oppure come afferma Roberto Chianese, Direttore Generale Fondazione Ente Ville Vesuviane: “Questa mostra segna l’inizio di un nuovo percorso intrapreso dalla Fondazione. A distanza di cinquant’anni, proseguendo nel solco tracciato dall’Ente per le Ville Vesuviane, la Fondazione si apre al dialogo potenziando il proprio ruolo di catalizzatore di processi economici, sociali e culturali sul territorio campano. L’Arte ha il compito di suscitare emozione, riflessione, dialogo, a volte scontro. Il contrasto tra la storia della Villa Campolieto, le sue architetture e i suoi affreschi, e le sculture, i colori e i materiali delle opere esposte, si propongono di stimolare questo confronto che si amplifica e diviene ancora più urgente in un territorio straordinario e dalle potenzialità ancora inesplorate, che la Fondazione, con i propri luoghi di aggregazione, orienta verso azioni di coesione sociale tese a superare le contraddizioni del presente che siamo chiamati a vivere”. Questa mostra vuole unire l’arte contemporanea e il linguaggio settecentesco di Villa Campolieto che fu commissionata nel 1755 all’architetto Mauro Gioffredo dal Principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda che, come gran parte della corte napoletana, aveva deciso di realizzare in quei territori una residenza per essere più vicino alla nuova residenza del re. Il progetto non fu continuato da Gioffredo ma bensì da Luigi Vanvitelli e suo figlio Carlo. I due subentrarono nel 1763 e, fino alla morte del padre avvenuta nel 1773, hanno sovrinteso insieme i lavori. Alla scomparsa di Luigi il figlio ereditò anche molti dei cantieri reali che lui seguiva, dimostrando un grandissimo ingegno.
L’elemento all’interno di Campolieto che porta indiscutibilmente la firma del Vanvitelli è lo scalone d’onore che si ispira a quello realizzato da lui nella Reggia di Caserta. Stravolgendo totalmente il progetto originario di Gioffredo, Vanvitelli realizzò un scala rampante centrale e due laterali che danno alla struttura un aspetto più regale. All’interno la villa conserva ancora una buona parte dei suoi originari affreschi, come il ciclo raffigurante il mito di Ercole nel Salone delle Feste. La stanza più particolare, ancora una volta merito dell’ingegno del Vanvitelli, è la “stanza del gazebo”. Grazie alla struttura del Vanvitelli e gli affreschi di Fischetti e del Magrì sembra davvero di entrare all’interno di un gazebo in legno dove si arrampica, asse per asse, un vitigno. Si è incantati nel ritrovarsi quasi all’aria aperta con queste foglie davvero realistiche e scorgere tra queste il golfo di Napoli e le isole, ma si è anche sorpresi nell’incontrare alcuni personaggi! Infatti i due artisti hanno raffigurati alle pareti i proprietari di casa, sembra quasi di prender parte ad una loro festa! La stanza non è solo una bellissima opera ma anche un documento della vita quotidiana dell’epoca. Oltre ha festeggiare i cinquanta anni della Fondazione Ente Ville Vesuviane la quale possiede 122 degli immobili monumentali settecenteschi compresi tra Napoli, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco, dando ha questo patrimonio una forte valorizzazione culturale e nuova dignità . Era il 1984 quando ci fu un importante restauro che le diede nuova linfa che gli permise di ospitare una delle più grandi mostre di arte contemporanee passate alla storia, ovvero ‘Terrae Motus’, ideata dal gallerista napoletano Lucio Amelio che, coinvolgendo i maggiori artisti contemporanei, organizzò una rassegna ideata per essere “una macchina per creare un terremoto continuo dell'anima”, dedicata alla catastrofe che aveva devastato il 23 novembre 1980 la Campania e la Basilicata. L’arte e Napoli negli ottanta fu condizionata da eventi drammatici e tellurici da quella sciagura nacque il prodigioTerrae Motus”, una collezione voluta dal grande Lucio Amelio, per cui Napoli ribadì la sua vocazione di città centro della ricerca e della riflessione artistica a livello internazionale oltre che restituire all’arte contemporanea un compito anche civile, di denuncia e riflessione sociale. La collezione “Terrae Motus”,una storia che appartiene a quella parte di Napoli che non sa e non vuole rinunciare ad essere protagonista del suo destino fu costituita fisicamente subito dopo il terremoto, come necessità di porre attenzione al contesto storico, umano e urbano di quel periodo e di riuscire a reagire creativamente alla devastazione. Bisognava esorcizzare il quotidiano drammatico del post-sisma lasciandolo declinare dagli artisti chiamati a raccolta dal noto gallerista, fra quelli già affermati ma anche fra quelli individuati come giovani promesse. Nel 1984 “Terrae Motus” venne esposta presso Villa Campolieto che divenne centro dell’arte nel mondo, un evento unico, che portò ad Ercolano collezionisti stranieri e direttori di musei internazionali. Tra i nuovi artisti scelti da Amelio in quegli anni apparvero McDermott & McCGough, Bowes, Boetti, Schuyff, Baseliz, Taaffe, e poi gli storici Longobardi, Tatafiore, Fabro, Brown, Kounellis, Paolini, Paladino. Collegandosi idealmente a quella straordinaria esposizione, la Fondazione Ente Ville Vesuviane espone trentacinque opere della raccolta di Ernesto Esposito, importante e raffinato collezionista napoletano che, con Lucio Amelio, ha vissuto la stessa intensa stagione artistica e quella esperienza iniziale nelle sale di Villa Campolieto. Una collezione in continuo “rinnovamento” che offre l'opportunità di comprendere come si stia evolvendo l’arte contemporanea mondiale. Il percorso espositivo, si sviluppa in più  ‘sezioni’ la collezione Ernesto Esposito, noto stilista vanta opere provenienti da tutto il mondo che spaziano dalla fotografia alla pittura, dalle installazioni ai video fino a opere monumentali.
 
 
 
 
Ernesto Esposito
Ernesto Esposito è un celebre designer di calzature di alta moda che ha collaborato con le aziende più famose del mondo, da Marc Jacobs a Karl Lagerfeld e Chloé a Louis Vuitton. La sua passione per l'arte è iniziata nel 1970 dopo aver visitato una mostra di Andy Warhol al Musée d'Art Moderne de la Ville di Parigi. Dopo questo spettacolo straordinario, ha acquisito la sua prima opera d'arte: la "Sedia elettrica, 1964"di Andy Warhol grazie al gallerista napoletano Lucio Amelio. La passione di Ernesto per i viaggi lo ha anche aiutato a stabilire una vera amicizia con artisti di tutto il mondo; all'età di vent'anni conosce Cy Twombly, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Jannis Kounellis e Gilbert & George. Oggi, la collezione Ernesto Esposito conta più di 900 opere del XX e XXI secolo come Andy Warhol, Joseph Beuys, Alex Katz, Ed Ruscha, Ilya Kabakov, Jannis Kounellis, Richard Prince e comprende dipinti, fotografie, video, sculture e installazioni. Non segue criteri o movimenti artistici specifici.
 
Villa Campolieto Corso Resina 283 , Ercolano – Napoli
Così Fan Tutti  Opere delle Collezione Ernesto Esposito
Dal 7 maggio al 14 novembre 2021
Dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 18 - ultimo ingresso alle ore 17.00