di
Antonio E.M. GIORDANO
Un'occasione da non perdere per una gita nel Frusinate, per visitare i capolavori artistici della cittadina di Arpino (le mura poligonali dell'acropoli, i dipinti e la casa del pittore manierista
Giuseppe Cesari detto
il Cavalier d'Arpino nonché
last but not least le opere di un grandissimo scultore, uno dei rari vincitori italiani del
Praemium Imperiale del Giappone) è data dalla
Fondazione Umberto Mastroianni -
Centro Internazionale di Arti Visive, che ospita fino al 5 marzo nel
Castello di Ladislao, in piazza Caduti dell'aria, l’emozionante mostra
Frare: Ut Sculptura a cura di
Loredana Rea.

Si tratta di una trentina di potenti opere di
Giancarla Frare, a china e/o pigmenti naturali su carta, talvolta con innesto fotografico. Artista dalla forte personalità, di origine veneta ma formatasi al
l'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studia Scenografia, con interessi anche nella scultura, nella fotografia e nell'incisione, come allieva d
i Augusto Perez, Mimmo Jodice e
Bruno Starita. Dopo aver pubblicato raccolte di poesie,
Frare consegue vari premi e vanta una lunga serie di esposizioni in Europa, America e in Asia. Le opere di
Giancarla Frare sono ora in collezioni e musei italiani ed esteri come gli
Uffizi e il
Museo di Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il
Museo d'Arte Moderna Ca' Pesaro di Venezia, l'
Albertina di Vienna, lo statunitense
Portland Art Museum e altri ancora. Dalla sua poliedrica formazione
l'artista deriva una straordinaria capacità di visione sintetica ("
pittura densa eppure scabra, raffinata ed essenziale [...], scarnificata" spiega
Loredana Rea in catalogo), in un Bel composto che sfronda l'immagine dall'accattivante policromia per raggiungere il
culmen di espressività drammatica quasi al limite dell'acromatopsia. Bianchi, neri e grigi in svariate
nuances concedono appena la convivenza di qualche tonalità della terra e del cielo. In queste visioni interiori, paesaggi psichici, in bilico tra figurazione e astrazione (scrive
Daniela Fonti nel testo in catalogo), protagonista è la natura primigenia del mondo, una
lithos che non è pietra all'intonso stato minerale ma Lapis in veduta angolare e spigolosa, tagliata dalla mano umana. Diventa pertanto riflessione sulla Storia, non soltanto della civiltà ma anche dell'Arte, approccio con l'antico, in dialogo con la
Land ed Earth Art (come nota
Franco Fanelli in catalogo). Ecco allora che l'innesto fotografico, nell'opera di un

decennio dell'artista, diventa flusso della memoria storica, frantumi del passato, materiale lapideo del
Foro Romano e del
Palatino, come già il Bestiario fantastico della scultura medievale nel ciclo
Hic sunt Leones del 2010-2011.
In sintonia con questa riflessione sulla
caducitas del tutto e del senso della durata nell'immagine della pietra (evidenzia
Carlo Fabrizio Carli in catalogo) è un verso del travagliato esponente della
Finis Austriae nonché ispiratore della
Frare, il poeta
George Trakl: "
Potente è il silenzio nella pietra". "
La pietra [...] è frammento di architettura, decorazione, scultura, scelto per impedire il lento, inevitabile disparire nell'oblio di un tempo senza tempo" (
Loredana Rea).
Ecco allora che dalla contemplazione del passato, come per magia, s'accende una luce teatrale e quasi metafisica, che genera lunghe ombre.
È l'eterno conflitto, di retaggio indoiranico dal dualismo mazdeo o Zoroastriano e dal Mitraismo, tra luce e tenebre, tra bene e male, tra vita e morte, dove il solare Mithra nasce dalla petra genetrix. Il nome Gian-carlo significa "dono di Dio"

e "uomo libero": per vincere l'azione di un divino
Kronos/Aion/Shiva distruttore, nell'eterna battaglia esistenziale della condizione umana,
Frare - come Prometeo ruba agli dei il fuoco della conoscenza - dalle mani del dio solare Mithra ruba il coltello e la fiaccola, taglia la pietra d'angolo, l'alchemico
Lapis filosofale e lo tramuta in oro, per liberare gli uomini dallo
spleen e per donarlo agli uomini in forma di pietra viva ovvero di Arte.
di
Antonio E.M. Giordano Arpino (Fr) 26 / 2 / 2017