Di Giovanni Cardone Maggio 2021
Fino al 25 luglio presso Castel dell’Ovo – Napoli si potrà ammirare la mostra ‘Troisi Poeta Massimo’ a cura Nevio De Pascalis e Marco Dionisi con la supervisione di Stefano Veneruso. Questa mostra allestita a Castel dell’Ovo intende omaggiare la città di Napoli con un grande progetto che attraversa gli ultimi quarant’anni di vita di Massimo Troisi. Io da buon napoletano non potevo mancare a questa mostra, egli per me è un mito mi sono immerso in un viaggio fatto di gioie, emozioni e ricordi. Il progetto nasce venticinque anni fa con la scomparsa di Massimo Toisi , un anniversario che ricorda a tutti noi la mancanza di un uomo e di un artista. Massimo Triosi era uno dei più grandi attori del cinema italiano, egli era un grande narratore di storie e un grande regista indipendente, nonché uno dei più grandi comici italiani ed autori di sketch in tv. Un personaggio amato da tutti che stappava sorrisi e commozioni immediate come capita solo ai grandi come : Totò, Eduardo, Mastroianni e Scola.
La grandezza di Troisi non poggia solo su un talento comico straripante e naturale, dietro questo talento c’è un pensiero fatto di consapevolezza, sensibilità e poesia. Questo è il tema di fondo che sin dal titolo s'intende raccontare "Troisi poeta Massimo", è un percorso tra fotografie private, immagini d'archivio, locandine, audiovisivi, installazioni audio-video e carteggi personali inediti che conducono il pubblico nell'animo umano del genio campano. Un Pulcinella senza maschera, come è stato definito, naturale erede di Eduardo e capace di attualizzare la tradizione partenopea, sfuggendo dai cliché. Oltre cento fotografie provenienti dall'archivio di famiglia, di amici e colleghi, dall’Archivio Storico Luce, dalle Teche Rai, l’Archivio Enrico Appetito e infine le foto scattate sul set da Mario Tursi. Una carrellata di ricordi che attraverso musica e immagini, mette in risalto la poetica, le tematiche, le passioni e i successi di uno dei più grandi attori italiani. La originalità di Massimo Troisi stava proprio nel fatto di essere un napoletano sui generis, ovvero timido, posato, abituato a parlare sottovoce. Uomo e attore napoletano che ha fatto conoscere all’Italia e al mondo una napoletanità diversa, priva di pizza, spaghetti e mandolini, di teatralità ed eccessi melodrammatici, scevra di luoghi comuni, eppure spesso espressa sottovoce, quasi mormorata in dialetto, sebbene un dialetto in qualche misura avvicinato all’italiano per facilitarne la comprensione presso un pubblico sempre più vasto, o più frequentemente in un italiano fortemente caratterizzato regionalmente. Una vita segnata dalla malattia da quando era bambino, egli contrae febbri reumatiche con gravi conseguenze cardiache, da ragazzo è costretto ad un complesso intervento chirurgico al cuore che tampona la situazione e gli consente di avere una vita normale, seppur con la certezza che col tempo avrebbe avuto bisogno di un trapianto.
Troisi esordisce come comico, dapprima nel teatro parrocchiale e in un garage affittato con alcuni amici, e poi negli anni Settanta costituisce insieme a Lello Arena ed Enzo Decaro il gruppo ‘La smorfia’. Poi ci fu il passaggio al cinema nel 1981 con Ricomincio da tre che conquista subito pubblico e critica, racconta la storia del napoletano Gaetano interpretato da Massimo Toisi che, stanco della solita vita, decide di trasferirsi a Firenze, dove conoscerà Marta interpretata da Fiorenza Marchegiani, dalla quale è subito attratto. Dopo un susseguirsi di avvenimenti ,tra cui l’arrivo a Firenze dell’amico di sempre Lello interpretato da Lello Arena e l’inizio della convivenza di Gaetano e Marta, la donna si scopre incinta, ma, avendo tradito il fidanzato, non è certa su chi sia il padre del bambino. Gaetano approfitta del matrimonio della sorella per allontanarsi da Marta, riflettere su quanto accaduto e decidere se tornare a Firenze. Nel film Troisi affronta vari argomenti quali: l’amicizia, l’amore, la gelosia, il tradimento e la malattia mentale, il rapporto con la famiglia, il disagio di fronte alla società e nell’affermare se stessi, il malessere individuale e collettivo. Pur volendo mistificare i luoghi comuni e i preconcetti su Napoli e i napoletani, nel personificare un emigrante napoletano non può e non riesce a fare a meno di cadere in alcuni tratti stereotipici. Il film successivo, Scusate il ritardo, è del 1983 e ne è protagonista Vincenzo-Troisi trentenne che vive in famiglia, disoccupato e riservato, pressoché incapace di esprimere le proprie emozioni. Il titolo vuole essere un rimando al contenuto, alla non-sintonia dei rapporti di coppia, ai ritardi e alle sfasature amorose, alla diversità dei ‘tempi’, alle intermittenze del cuore. È un film comico nella forma, ma pieno di tristezza, secondo la lezione di Eduardo De Filippo, Troisi riesce a far divertire raccontando storie serie facendo rispecchiare un’intera generazione in un giovane che non riesce a prendere posizioni ferme su nulla: amore, lavoro, stile di vita che nel contempo il personaggio interpretato da Troisi si caratterizza per cosmica insoddisfazione. In maniera non del tutto dissimile è trattato il tema dell’amore in Pensavo fosse amore… invece era un calesse del 1991, quasi come se amore e dolore fossero un binomio indissolubile. Anche in questo caso ad una donna, insoddisfatta e in cerca di rassicurazioni fa da controparte un uomo, che sebbene pronto a sposarsi, si sottrae, è incapace di comunicare e di prendere posizioni. Massimo Trosi si dedica in questo film esclusivamente all’amore declinato in più forme, ma sempre difficile, quando non impossibile, non a caso sosterrà: “secondo me un uomo ed una donna sono le persone meno adatte a sposarsi”. Era 1984 l’anno del sodalizio con Roberto Benigni in ‘Non ci resta che piangere’, grandissimo successo di pubblico, ma non apprezzato particolarmente dalla critica. La trama è semplice: due amici si ritrovano catapultati nel 1492 e decidono di raggiungere il Portogallo per impedire la partenza di Cristoforo Colombo, se l’America non viene scoperta, infatti, nel presente la sorella di Saverio-Benigni non dovrà soffrire per l’abbandono del fidanzato amricano Fred. È un film pieno di trovate divertenti, con un omaggio alla celeberrima scena della lettera di Totò, Peppino e la malafemmina e una serie di episodi iconici che, a quasi trent’anni di distanza, hanno ancora posto nel ricordo del pubblico, uno su tutti la scena alla dogana: “Chi siete? Cosa portate? Un fiorino!”. Era 1987 Le Vie del Signore sono finite ancora una volta però l’autore sorprende con un approccio diverso da quello che ci sarebbe aspettati: vera protagonista è la malattia dell’anima che si ripercuote sul corpo creando una paralisi psicosomatica, la malattia “reale” è presente ma non coprotagonista, piuttosto contrappeso. Fa ingresso dunque nel cinema di Troisi la psicoanalisi, cui si aggiungono il Fascismo e, immancabilmente, il rapporto uomo-donna, nonché la difficoltà della comunicazione tra gli individui. La malattia serve dunque ad esprimere quelle emozioni e quelle sofferenze che i personaggi di Troisi sembrano sempre incapaci di comunicare attraverso le parole e che evitano rifugiandosi e ripiegando sullo scherzo e, in questa pellicola, sulla malattia ovvero sulla pietà.
Non c’è quella bella sofferenza egli utilizza la malattia del fratello Camillo, come una sorta di scudo dietro cui nascondere i propri fallimenti, grazie alla sua malattia riesce a dare un senso alla propria vita, impiegando tutte le sue forze nell’accudire il fratello malato, preferisce dedicarsi alla vita del fratello piuttosto che doversi occupare della propria e fingere di non avere alcuna possibilità di vivere pur di non ammettere a se stesso e agli altri di non saperlo fare . La carriera di Trosi si concluderà, come è noto, con Il postino a cui, non fosse sopraggiunta la morte, sarebbe seguito un periodo di pausa per consentire all’attore di affrontare il trapianto al cuore, resta da chiedersi con lui quali tematiche avrebbe affrontato dopo un’esperienza di questo genere.
L’idea della mostra nasce dalla consapevolezza che Troisi ha rappresentato un “mito mite”, un antieroe moderno e rivoluzionario, che più di altri ha saputo descrivere, con sincerità, leggerezza e ironia, i dubbi e le preoccupazioni delle nuove generazioni. Filo conduttore della mostra, il lato più sensibile e intellettuale di Massimo che è stato un poeta senza definirsi tale, ha scritto poesie già in tenera età per ritagliarsi spazi d'intimità negati da una famiglia numerosissima e ha chiuso il cerchio con "Il Postino", film in cui la poesia non è solo testo, ma anche e soprattutto un modo di vivere, di vivere poeticamente. La mostra è stata suddivisa diciamo in ‘sezioni’racconta il percorso umano e artistico di Troisi in sequenza cronologia, insistendo poi con focus dedicati alle tematiche principali. Si parte dall'infanzia a San Giorgio a Cremano, con una serie di fotografie di famiglia molte delle quali assolutamente inedite, le prime letterine scritte, il primissimo documento di riconoscimento. E poi il calcio la vera passione di Massimo che fu limitata soltanto dalla malattia, e in questi anni per lui terribili ecco che Troisi si avvicina alla poesia. Senza velleità, ma solo per recuperare uno spazio intimo all'interno di una casa abitata da sedici persone come lui amava dire: ‘è stata la mia prima compagnia stabile’. Carteggi esposti per la prima volta al pubblico, dotati di una carica emotiva fuori dal comune, che denotano quella sensibilità che lo accompagnerà per tutta la sua vita. Molti anni dopo l'amico di una vita e collega Enzo Decaro, con la collaborazione di grandi artisti del calibro di James Senese ed Ezio Bosso, partendo proprio da quei testi ha realizzato dodici canzoni, in una delle sale della mostra si possono ascoltare suoni e parole e leggere i testi completi con proiezioni sulle pareti, entrando in questa sala mi sono emozionato come non mai ho scoperto un animo puro e gentile.
L'adolescenza di Massimo Troisi è legata indissolubilmente al teatro primo grande amore assieme al calcio ed esperienza basilare per la propria formazione umana e artistica. In mostra ci sono le foto delle sue prime recite, nel garage di via San Giorgio Vecchio 31 per l'occasione adibito a palcoscenico e nel contempo documenti che raccontano il sodalizio artistico con i suoi amici che lo porteranno al grande successo che il trio raggiunse con la tv, grazie alla partecipazione al programma Rai "Non Stop" di Enzo Trapani, trasmissione che lanciò nomi come Carlo Verdone e gruppi come I gatti di Vicolo dei Miracoli e i Giancattivi. Quello fu anche il luogo dell'incontro con Anna Pavignano, compagna e sceneggiatrice dei suoi film. Le fotografie esposte, appartenenti all'archivio di famiglia, alla Rai e al collega Enzo Decaro, che permettono al pubblico di ricordare momenti comici e spunti di riflessione entrati nella storia della televisioni italiana, infine a corollario di questo bellissimo percorso si possono ascoltare degli audiovisivi dalle Teche Rai con gli sketch inediti e mai andati in onda fino al 1980. Oltre ai programmi comici, infatti, celeberrime sono state le comparsate al fianco di amici e colleghi come Renzo Arbore, Gianni Minà, Roberto Benigni e Pippo Baudo. E nel 1982 per suggellare lo splendido rapporto col pubblico scrive ed inventa uno speciale per la Rai, "Morto Troisi, viva Troisi!", in questo speciale Troisi da buon dissacratore di se stesso cerca di entrare in punta di piedi nelle case degli italiani che lo consacrano, un’artista senza tempo. Si possono ammirare in mostra fotografie, ma soprattutto spezzoni video di assoluta comicità, sono esposte decine di fotografie di scena e fuori scena di Enrico Appetito di tutti i suoi film e di quelli realizzati al servizio di altri registi dal grande sodalizio con Ettore Scola all'avventura con Cinzia TH Torrini in Messico, anche preziosissimi cimeli tra cui la famosa bicicletta e alcuni oggetti di scena de "Il Postino" attrezzeria scenica Rancati, i costumi di "Non ci resta che piangere" provenienti dalla Sartoria Farani, il libro originale di Antonio Skàrmeta "Il postino di Neruda" con gli appunti della trasposizione cinematografica, tutte le locandine dei film, bozzetti e disegni originali di costumi, ambienti e scenografie tratte dal film "Il Postino".
Ad arricchire la sezione, una serie di interviste audio-video che sono state autoprodotte da Luce Cinecittà con gli interventi di amici e colleghi tra cui: Stefano Veneruso, Enzo Decaro, Gaetano Daniele, Anna Pavignano, Carlo Verdone, Gianni Minà, Renato Scarpa, Massimo Wertmuller, Massimo Bonetti e Marco Risi. Inoltre vi sono interviste tratte dal backstage dei film provenienti dall'Archivio Luce e un video amatoriale inedito con Ettore Scola durante una delle tante giornate passate insieme fuori dal set, poi c’è infine il lungo backstage de "Il Postino" realizzato dal nipote Stefano Veneruso e video amatoriali e privati realizzati da Troisi con amici e colleghi. Infine il percorso della mostra avrà anche degli ambienti dedicati ai focus, temi che sfuggono alla cronologia e che hanno accompagnato Troisi durante tutto l'arco della propria vita. Molto spazio è stato destinato al rapporto che Massimo aveva con la propria terra di origine, quella Napoli che stata raccontata della gesta di Diego Armando Maradona, e il rapporto amicale che aveva con Pino Daniele di questo percorso di vita di Massimo ci sono fotografie e video con le canzoni di Pino Daniele in sottofondo che hanno reso l'ambiente molto
suggestivo. Un'intera parete è stata dedicata al pubblico, che è stato coinvolto e reso parte integrante della mostra, con la raccolta ed esposizione di fotografie e pensieri che i visitatori stessi consegnano. Una stanza è stata interamente "affrescata" da un collage pop con fotografie, frasi e carteggi che riguardano il mondo di Troisi, dove un'opera in stile Mimmo Rotella "brivido pop" dell’artista Marco Innocenti permetterà allo spettatore di immergersi nel magico mondo del genio campano. Ad accompagnare la mostra un meraviglioso libro monografico edito da Luce-Cinecittà ed Edizioni Sabinae, curato da Nevio De Pascalis e Marco Dionisi con la supervisione di Stefano Veneruso.
Poesia di Benigni a Troisi
Non so cosa teneva dint’a capa;
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!;
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.
“Non si capisce”, urlavano sicuri,
“questo Troisi se ne resti al Sud!”
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m’ha mai parlato della pizza,
e non m’ha mai suonato il mandolino
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell’amato San Gennaro.
maggio 2021
Castel dell’Ovo, Borgo Marinari - Napoli
Dal 07 maggio 2021 al 25 luglio 2021
Da Lunedì a Sabato – 10.00 – 20.30 – Ultimo Ingresso Ore 19.00
Domenica – 10.00 – 18.30 Ultimo Ingresso Ore 17.00