Fabre_logo_maxxiA cura di Germano Celant, è allestita al MAXXI una mostra che intende narrare l’attività di performer di Jan Fabre (Anversa, 1958) a partire dal 1976. L’iniziativa celebra la singolare versatilità dell’artista belga – arcinoto per le sue coloratissime installazioni con gli insetti – i cui lavori sono spesso contraddistinti da uno spessore teoretico non trascurabile, che lo eleva ben al di sopra dei tanti nipotini di Duchamp a piede libero.

Per affrontare i tipici problemi relativi alla “esposizione” retrospettiva delle performance (che di regola esistono soltanto nella finestra temporale in cui si compiono) è stato scelto di collocare negli spazi del museo 92 tavoli trasparenti, deputati a rappresentare i piani di lavoro in vetro su cui Fabre concepisce le sue azioni nello studio. Su di essi sono distribuiti più di 800 tra documenti, opere e elementi vari legati alle performance messe in atto negli ultimi decenni.

Fabre Jan_Ilad_1980La disposizione dei tavoli nella Galleria 4 dell’architettura di Zaha Hadid è intenzionalmente concepita per evocare la metafora del fiume di pensiero da cui scaturiscono le trovate dell’autore. L’ambiente museale è così quasi interamente occupato dalla “corrente” della creatività di Fabre, che si riverbera con disordine organizzato anche sulle pareti della galleria stessa, alludendo ai modi con i quali si generano le (sue) idee artistiche.

La nebulosa di frammenti provenienti dalle performance del passato che, a dispetto di quanto afferma pubblicamente qualcuno dei rappresentanti dell’istituzione, non può in alcun modo far rivivere ai visitatori le esperienze prodotte dall’artista fiammingo, svolge nondimeno egregiamente la sua funzione documentaria. Va da sé, comunque, che tra il documento e l’esperienza dell’arte performativa resta una distanza siderale, che appare francamente incolmabile per quante reliquie si possano esporre. Le opere portate all’attenzione del pubblico, ad ogni modo, ripercorrono l’intera cronologia di Fabre, permettendo di cogliere se non altro, sia pure in forma disarticolata, lo spettro molto ricco di soluzioni “sceniche” progettate dall’artista, sempre complesse sul piano simbolico e spesso persino urticanti.  

Tra le più lontane, spicca ad esempio Money Performance del 1978, riproposta poi due anni più tardi. Nella circostanza, Fabre utilizzava delle banconote per comporre giochi di parole (money/honey), quindi le stracciava e le ingoiava, bruciandone altre. Il senso dello “spettacolo”, animato da un certo spirito dadaista, insisteva ad evidenza sul valore sociale del denaro. Il valore degli Old Masters, d’altra parte, è uno dei noccioli semantici tematizzati nel 1980 in Ilad of the Bic-Art (Ilad è l’anagramma di Dalì), attraverso la beffarda messa in scena dell’“arte della penna biro”. L’azione del performer di Anversa consisteva nello scarabocchiare (e strappare) alcune riproduzioni di pittori del passato con una Bic blu, procedendo quindi a colorare sé stesso e tutte le superfici della galleria d’arte olandese teatro della performance.

Fabre Jan_Sanguis-Mantis_2001Più recente, Sanguis/Mantis (2001) costituisce un’esca per attivare la riflessione sullo statuto dell’artista, sul suo mestiere e i suoi limiti. Il sangue del titolo è quello dell’autore stesso, che ne impiega una parte per scrivere la sua teoria estetica. Mantis, invece, è il nome dell’insetto (mantide religiosa) che divora il maschio dopo l’accoppiamento. Ad esso si riferisce l’elmo con le antenne che Fabre indossa durante l’azione. La complicata combinazione degli elementi espressivi intende rappresentare il rapporto viscerale (alla lettera) e pericoloso tra l’autore e l’arte, che può fagocitare coloro che scelgono di congiungersi ad essa.

Nel copioso filone della critica alle istituzioni artistiche, invece, sebbene attraversata da ambizioni più ampie, si inserisce Art kept me out of jail (Homage to Jacques Mesrine), del 2008. Mesrine, celebre bandito francese, è il personaggio con cui Fabre si identifica, inscenando per le sale del Louvre un comportamento da criminale braccato dalla legge. L’idea che innerva la performance è di porre in luce il carattere “fuorilegge” dell’arte, costantemente tesa a sottrarsi alle regole. Il Louvre diventa pertanto la prigione dalla quale l’artista desidera scappare, rivendicando la propria libertà di fronte alle costrizioni imposte dal museo.

Fabre, infine, sigla la sua “presenza” al MAXXI con The man measuring the clouds (1997-2000), scultura in bronzo che costituisce un autoritratto carico di significato. Si tratta di un uomo in piedi su una scala, sporto nel vuoto, che attende di misurare le nuvole di passaggio con un righello. Ancora una metafora, dunque, congegnata per far pensare al mestiere dell’arte, al difficile compito degli artisti che si confrontano con l’impalpabile materia dell’ingegno e cercano di darle una misura rimanendo sempre in equilibrio precario, protesi verso il cielo ma inesorabilmente incapaci di svincolarsi dalla forza di gravità.
   Francesco Sorce, 28/10/2013

 

Fabre_Man measuring the clouds_1999JAN FABRE. STIGMATA. Actions & Performances 1976-2013
800 tra documenti, opere e elementi delle performance dal 1976 a oggi
16 ottobre 2013 – 16 febbraio 2014
a cura di Germano Celant

MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo
info: + 39 06.320.19.54; info@fondazionemaxxi.it | www.fondazionemaxxi.it
orario di apertura: 11.00 – 19.00
(martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, domenica) |11.00 – 22.00
(sabato) giorni di chiusura: chiuso il lunedì, il 1° maggio e il 25 dicembre
biglietto: €11,00 intero, € 8,00 ridotto.

Didascalie delle immagini
1. Jan Fabre, Ilad, 1980, per cortesia del MAXXI
2. Jan Fabre, Sanguis/Mantis, 2001, photo Maarten Vanden Abeele, copyright Angelos bvba,
    per cortesia del MAXXI
3. Jan Fabre, Man measuring the clouds, 1999, bronzo