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Molte pale eoliche non entrano mai in funzione perché una volta incassati i soldi non vengono attivate. La criminalità organizzata ha da tempo fiutato l’affare: l'eolico è, sì, alta tecnologia del design industriale e del montaggio dei generatori, alta sapienza amministrativa nella vendita dei certificati verdi, ma è anche altro. Ossia, terreni sui quali si devono collocare le pale e cemento che serve per costruire le basi delle strutture. Dunque, le mafie possono intervenire direttamente, comprando i terreni e determinandone il prezzo. E poi, ancora, distribuendo tangenti, assicurando sub-appalti alle imprese amiche, come dimostrato dalla recente confisca da parte della magistratura di 130 milioni di euro al “re dell’eolico” Vito Nicastri nella provincia di Trapani, imprenditore riconducibile al boss Matteo Messina Denaro.
La nuova frontiera dell’eolico selvaggio si chiama
Off-shore, ovvero impianti in mare a poche miglia dalla costa. Nel golfo di Manfredonia, come in quello di Gela e Licata, in luoghi in cui la risorsa principale dovrebbe essere lo sviluppo turistico e l’offerta culturale. Nel primo caso, dopo una lunga battaglia condotta da Italia Nostra e da numerosi comitati civici, il governo Letta lo scorso febbraio ha ritirato il progetto. Nel caso di Gela il progetto partito nel 2008, con un’ipotesi industriale che in origine prevedeva ben 138 pale da 3,4 MW ciascuna, è in corso di valutazione dal TAR siciliano dopo un ricorso a seguito di un’accelerazione voluta dal governo Monti e dall’allora ministro Passera. La sentenza è attesa per la fine di aprile.
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Il coordinamento
No Peos (Pale eoliche off-shore) che raccoglie diverse associazioni e comitati tra Gela e Licata, ha evidenziato il conflitto tra il parco eolico e le numerose zone di pregio naturalistico e storico-archeologico presenti in terra e in mare. L'intero Golfo di Gela è considerato di rilevante importanza per le migrazioni di molte specie di uccelli provenienti dall'Africa verso il Nord Europa. Nelle acque del golfo giacciono inoltre relitti navali che la Soprintendenza del mare intende valorizzare con un parco archeologico subacqueo. Nei prossimi mesi sarà allestito nel Museo di Gela un importantissimo relitto greco del IV secolo a. C., ritrovato integro proprio a poche miglia dalla costa. Diversi Enti interpellati per esprimere il loro parere sul progetto, dal ministero Beni Culturali alla Regione Sicilia, passando per la soprintendenza Beni Culturali di Caltanissetta e i Comuni di Agrigento, Gela e Licata, si sono dichiarati contrari alla realizzazione del parco eolico in evidente “
contrasto con la pianificazione locale orientata verso lo sviluppo del territorio nel settore turistico” e perché “
risulta inconciliabile con la promozione e valorizzazione delle risorse naturali e paesaggistiche” (Figg. 2-3-4).
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Gela continua a pagare in termini di ambiente e paesaggio per la presenza da cinquant’anni del petrolchimico/raffineria dell’Eni di cui bisognerebbe prevedere la riconversione, e che negli ultimi tempi è stato teatro di frequenti incidenti. A poca distanza, nelle campagne di Niscemi, incombe l’ultimazione dell’
impianto di super-antenne del MUOS per le comunicazioni dell’esercito americano, contro il quale esiste una ferma e giustificata protesta per i pericoli riguardo alla salute dei cittadini. La direzione che ampia parte della popolazione delle città interessate, e alcune forze politiche chiedono, è che venga invertita la tendenza a considerare il paesaggio e le testimonianze storiche e archeologiche di questi luoghi come aspetti secondari, o magari un ostacolo, ma per contro risorse di sviluppo sostenibile per l’ambiente, la crescita culturale e le conoscenze per le future generazioni.
Dinanzi alle mura Timoleontee (Fig. 5-6), raro esempio intatto di testimonianza difensiva della Sicilia greca, potrebbero ergersi sull’orizzonte marino le torri delle pale eoliche, frutto di una visione gravemente deformata del concetto di sfruttamento delle “energie rinnovabili”.
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Non si può pensare che per appena il 2% del fabbisogno energetico nazionale si siano già devastate montagne e vallate con la costruzione di strade e colate cementizie, e adesso si vogliano sottoporre ad aratura i fondali marini, ricchi di importanti testimonianze archeologiche, deturpardo per sempre un braccio di mare teatro della storia del Mediterraneo. Parafrasando il poeta Zanzotto, dopo lo “sterminio dei campi” s’impedisca, in tutti i sensi, lo sterminio dei mari.
Tommaso Casini, 20/04/2014
Per approfondire:
https://www.facebook.com/groups/611426688949722/files/
http://www.komitee.de/it/uccelli-giardino/il-problema-delle-pale-eoliche
http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2013/12/tar-e-grandi-impianti-eolici-recenti-sentenze-a-favore-della-tutela-del-paesaggio/
Le immagini sono tratte da:
Foto intestazione: Giovanni Iudice, "Acta est Fabula" per Unesco-Morgantina, tecnica mista su carta cm 30x20, 2014
https://www.facebook.com/giovanni.iudice.75?fref=ts
http://it.wikipedia.org/wiki/Mura_Timoleontee