La particolarità del territorio siciliano, così fortemente connotato nella sua storia e cultura, da sempre motiva il viaggio alla ricerca delle tracce storico-artistiche presenti in questa parte di Italia, sospesa tra realtà e utopia, dove passato e presente si intrecciano denotando lo spazio urbano. Qui - dove un tempo Cesare Brandi si chiedeva per chi un viaggio in Sicilia non rappresentasse un premio, o quasi il compimento di un voto (1) - una molteplicità di temi si rivela allo sguardo con tutte le sfumature possibili e il rapporto con il passato appare più saldo che in altri luoghi.

Baglio di Stefano, sede della Fondazione Orestiadi, Gibellina Nuova_ Sullo sfondo,  Mimmo Paladino, La Montagna  di Sale, 1990

Il viaggio allora diviene volontà di percepire un altrove in tutte le sue caratteristiche e affrontare esperienze di immersione nel tempo alla ricerca di una nuova consapevolezza delle trasformazioni del paesaggio. La Valle del Belìce è un luogo fortemente connotato da una duplice matrice che corre sul filo dell'identità e della memoria, stratificata nel tempo e fissata in una pluralità di segni che denotano la morfologia del paesaggio.

Gibellina Nuova la si può dunque pensare in molti modi. Chi vi arriva è incantato dalla pluralità di temi che essa rappresenta, raccordati nella Stella, che muta e maestosa è opera d'arte, segno, luce, pensiero. Una porta sempre aperta accoglie i viaggiatori in transito e li orienta attraverso il territorio. Simbolo stesso della città, la grande Stella (Ingresso al Belìce) di Pietro Consagra preannuncia la particolarità del luogo, che va vissuto attraverso lo sguardo mentale prima, fisico poi.
 
Pietro Consagra, Ingresso al Belice, ferro e acciaio bifrontale, 1981 Gibellina nuova

L'occhio percorre il paesaggio fino a posarsi sul Baglio di Stefano, sede della Fondazione Orestiadi, luogo eletto dal Senatore Ludovico Corrao al dialogo culturale con il Mediterraneo e i popoli del mare nostrum, all'insegna della pace e della mediazione culturale: un tema quanto mai attuale.
A partire dal 2000 una nuova sede gemella della Fondazione si trova nella Medina di Tunisi all'interno nel Palazzo Bach Hamba, luogo che incarna il sogno mediterraneo tanto inseguito dal suo fondatore, per credere che un orizzonte di fratellanza culturale tra i popoli del mediterraneo sia possibile e auspicabile.

Palazzo Bach Hamba, sede della Fondazione Orestiadi a Tunisi, istitutito nel 2000In quella parte di Sicilia protesa verso il Maghreb, le analogie tra i segni e le forme riscontrabili nel patrimonio artistico rivelano l'esistenza di una matrice culturale comune intessuta dalle popolazioni originarie del Medio Oriente, la Grecia e l'Africa con la Sicilia, ponte dell'Europa verso il continente africano, in cui sono visibili le tracce intatte del suo lontano passato che è comune a tutti i popoli del Mediterraneo.

L’esperienza di cooperazione tra le varie culture nell'antico e prestigioso Palazzo Bach Hamba contribuisce a creare un'identità in grado di diffondere un forte messaggio culturale mescolando arti, segni, forme, l'antico e il moderno. Nelle sue diverse sezioni, l'attuale proiezione mediterranea della Fondazione fa dell'istituto stesso un'installazione totale, capace di rivelare al visitatore uno spazio composito e di indurre a una nuova organizzazione degli stati d'animo individuali, delle memorie collettive e delle considerazioni sull'arte.
La sua attività è interamente proiettata all'esterno verso il mondo arabo-islamico, avendo come tratto unificante il sentimento per l'alterità e l'interesse per la ricerca di segni e forme comuni.

Con i suoi atelier la Fondazione dà luogo ad un laboratorio creativo che testimonia il passaggio dell'artista attraverso un ventaglio di stili diversi tra loro, risultato di una vasta dialettica che abbraccia arte, storia e antropologia, in grado di sviluppare continue aperture sul futuro.
Non solo artisti ma anche poeti e letterati, che arricchiscono il dibattito attraverso l'analisi delle sfumature che caratterizzano le differenze.

Nel corso degli anni, i maggiori poeti del Mediterraneo hanno trasmesso al pubblico della Fondazione i valori universali e le bellezze particolari delle loro aree culturali di appartenenza.

Tra i numerosi protagonisti occupa un posto di rilievo il poeta siriano Adonis (2), che ha scelto da diversi anni la Sicilia come terreno privilegiato. I suoi versi mostrano una parola che diviene profetica, ibridata attraverso un linguaggio che fonde pensieri, luoghi, profumi, tesi a creare una sintesi armonica che diventa dialogo capace di comunicare l'incessante bisogno di bellezza.
Ad essi e ad ogni innamorato dell’arte, il compito di tramandare al futuro tali preziose testimonianze.

L'Oriente e l'Occidente

Il poeta arabo Adonis(1)Qualcosa lungo il cunicolo della storia
si estendeva
Una cosa ornata, esplosiva
In grembo un figlio dalla nafta intossicato
ninnato da un mercante intossicato
un Oriente che, come il bimbo, chiedeva,
gridava
e l'Occidente una tomba
sola
di cenere un mucchio ...
                            Adonis

Museo delle Trame mediterranee, Fondazione Orestiadi

Note:

1. CESARE BRANDI, Sicilia mia, (a cura di MARCELLO CARAPEZZA) Sellerio, Palermo 1989, in Viaggi e Scritti Letterari, a cura di Vittorio Rubiu Brandi, Bompiani, 2009, p. 1279.
2 Adonis, ovvero Ali Ahmad Said Asbar, nasce nel 1930 nei pressi di Latakia, in Siria, e adotta lo pseudonimo di Adonis all’età di diciassette anni. Studia filosofia alla Università di Saint-Joseph di Beirut, dove ottiene il dottorato nel 1973. Gli anni di formazione di Adonis sono stati influenzati dalla lettura delle opere di Jubran Khalil Jubran e Sa‘id ‘Aql. Dopo che nel 1955 viene imprigionato per sei mesi per la sua attività politica come membro del Partito Socialista siriano, si trasferisce in Libano, acquisendo la cittadinanza libanese. Nel 1960 riceve una borsa di studio a Parigi e dal 1970 al 1985 è professore di Letteratura Araba presso l’Università Libanese. Nel 1976 insegna alla Università di Damasco e nel 1980 insegna arabo alla Sorbonne. Ha in seguito insegnato e tenuto corsi presso molte università occidentali ed è tornato definitivamente a Parigi nel 1985. Poeta e studioso di poetica è considerato il caposcuola dei nuovi poeti arabi. Nel 1957 ha fondato la rivista di poesia ash-Shi‘r e nel 1968 il giornale di politica e cultura Mawaqif. La sua poesia, di tono fortemente politico, è stata definita una poesia dei luoghi, poiché luoghi quali Marrakesh, Fez e Il Cairo diventano simboli dei sentimenti provati dal poeta. A proposito dell’attuale situazione della poesia, in una recente intervista, Adonis ha così dichiarato: “Da un punto di vista orizzontale, la poesia non gode di buona salute. Non ci sono lettori. Ma da un punto di vista verticale, la qualità, l’interesse dei suoi appassionati è maggiore di prima. La poesia sta perdendo riconoscimenti, ma ne guadagna in profondità. Oggi, il pubblico preferisce svagarsi con la televisione, che li distoglie dal pensare, dall’approfondire, dal riflettere. La poesia non si può sostituire. Se la filosofia tace, se la cultura, in genere, non risponde alle domande dell’essere umano, resta la poesia che è molto simile all’amore”. Adonis è considerato oggi il più grande poeta arabo vivente.

Si veda http://www.violettanet.it/poesiealtro_autori/ADONIS.htm