L’attenzione adesso sarebbe quasi doverosa da parte dei visitatori che quotidianamente

attraversano questa singolare e interessante galleria vaticana. Essa è detta “dei candelabri” in virtù dei monumentali antichi candelabri marmorei, provenienti, alcuni, da rinvenimenti in lavori di scavo dello
Stato Pontificio ad Otricoli, altri furono prelevati tra i reperti archeologici di
Santa Costanza al tempo di
Clemente XIV (1779-1774) nel 1772; essi sono collocati nelle sei aperture laterali del corridoio, lungo ben 70 metri, scandito appunto dalle sei campate con arcate sostenute da coppie di colonne doriche in marmo colorato. Questo antico corpo architettonico, già edificato nella seconda metà

del sec. XVI con i Papi
Pio V (1504-1572) e
Gregorio XIII (1502-1585), si presentava all’inizio come loggia aperta sul cortile bramantesco e fu chiusa al tempo di Papa
Pio VI Braschi (1775-1799) tra il 1785 e il 1788; successivamente venne completamente rinnovata nell’apparato decorativo durante il pontificato di Papa
Leone XIII Pecci (1878-1903) che volle arricchirla con delle belle pitture intese anche a rendere noti i criteri ispiratori del suo apostolato, che fu particolarmente sensibile alle trasformazioni sociali del suo tempo, incluse la scienza e l’arte.
Il programma decorativo fu affidato all’artista perugino
Annibale Angelini (1812-1884), pittore e decoratore, poi proseguito dai pittori
Domenico Torti (1830-1890) e
Ludovico Seitz (1844-1908), tutti di estrazione neoclassica con opere di evidente reminiscenze raffaellesche, non prive di gusto romantico per le suggestive messe in scena delle pitture che ornano le volte al di sopra delle ampie arcate che disegnano una suggestiva fuga prospettica di ambienti separati tra di loro.

A
Domenico Torti si riferiscono le pitture della seconda e della terza sala; in particolare questo artista interpretò correttamente lo spirito della modernità di
Leone XIII, ed è singolare che proprio una tra le sue pitture a secco, che rappresentano le arti maggiori e quelle minori, (si veda
L’Allegoria delle Arti,) figura anche la prima macchina fotografica, modello
Daguerre-Giroux del 1839. A
Ludovico Seitz, che fu anche direttore della
Pinacoteca Vaticana, spettano le bellissime pitture della quarta campata, la più grande della galleria, (si veda il suo grandioso, spettacolare,
La Grazia divina e il lavoro,), e i monocromi della quinta e della sesta sala.
L’importante restauro, perciò, oltre a recuperare sia strutturalmente che decorativamente la “
Galleria dei Candelabri”, fa emergere la qualità dei lavori delle due personalità artistiche, il
Torti e il
Seitz, molti attivi a Roma e nel Lazio, ancora poco noti e poco indagati dagli stessi studiosi del secondo Ottocento italiano.
E una ragione in più per soffermarsi su questi ambienti appena restaurati è dovuta anche alla grande quantità di sculture, mosaici e rilievi classici, tutti disposti lungo le pareti laterali di ciascuna sezione, dovuti a copie romane da originali greci del periodo ellenistico del III e I sec. a.C., come
l’Artemide Efesina, il
Corridore greco, il
Guerriero persiano, il
Ganimede con l’aquila, e sarcofagi che raccontano gli episodi dei più noti miti dell’antichità, quali la tragedia dei figli di Niobe, o il ratto delle figlie di
Leucippo da parte dei
Dioscuri Castore e Polluce.
Il
Restauro della Galleria dei Candelabri è stato presentato il 10 maggio nella
Sala Conferenze dei Musei Vaticani da
Antonio Paolucci,
Direttore dei Musei Vaticani, Micol Forti, Curatore delle collezioni di arte contemporanea dei Musei Vaticani,
Francesca Persegati, Responsabile del cantiere di restauro,
Padre Mark Haydu, Patrons of the Art in the Vatican Museum.