Paola D'Agostino, napoletana, specialista in scultura antica, è tra i più giovani Direttori entrati in carica con la Riforma Franceschini ed è
anche tra coloro che hanno maturato una lunga esperienza professionale soprattutto all'estero, al Metropolitan di New York, nel Dipartimento di scultura e Arti decorative europee e, per ultimo, alla Yale University Art Gallery. Ha scritto saggi e organizzato mostre e convegni in varie parti del mondo e ci ha confessato di sentirsi privilegiata nel dirigere il Bargello, incarico accettato quasi per una sorta di ricompensa per tutto quello che culturalmente e didatticamente il nostro paese le aveva concesso.
D. Dott.sa
D’Agostino ormai è più di un anno che lei e gli altri suoi colleghi nominati Direttori museali in base alla
Riforma Franceschini siete in carica, si può stilare un bilancio di cosa non andava e cosa invece ora va?
R. E’ chiaro che
il ministro Franceschini non avrebbe dato il là ad una riforma così impegnativa se avesse pensato che dopo un anno tutte le cose che non andavano sarebbero state risolte; il nostro mandato, com’è noto, è a scadenza e credo che le somme bisognerà tirarle a tempo debito. Per quanto riguarda
il Bargello, prima era in una megastruttura che si occupava di tutto, non solo della gestione dei musei ma anche del territorio, ora siamo in una fase diversa e certo scontiamo delle difficoltà per quanto riguarda le risorse ed il personale in confronto agli
Uffizi e alla
Galleria dell’Accademia.
D. Questo è un problema che ci hanno sollevato tutti i Direttori che abbiamo intervistato fino ad ora, cioè il fatto che la gestione del personale sia ancora nelle mani di Roma, nonostante l’autonomia.
R. In realtà, al di là del fatto che la gestione del personale resti nelle mani di Roma, come dice lei, noi abbiamo problemi strutturali, perché dopo la prima revisione delle piante organiche, seguita alla Riforma, il
Bargello ha assunto una nuova fisionomia, con l’accorpamento in un gruppo di cinque straordinari siti, ovvero oltre al Bargello,
Orsanmichele, Casa Martelli, palazzo Davanzati e le Cappelle Medicee, un gruppo che dovrebbe avere 121 persone in organico mentre invece in concreto siamo a 63.
D. Come crede di risolvere questo problema? Auspica e si aspetta una qualche iniziativa del ministro ?
R. No, non è un problema che riguarda
Franceschini, il fatto è che il personale non è mai stato sostituito, non si è impostata una strategia di
turn over più dinamica a questo riguardo con le conseguenze che vediamo, ed alle quali si aggiunge per l’appunto la impossibilità, come Direttore, di una gestione diretta del personale. E comunque, nonostante tutto posso dirle che siamo almeno riusciti finora a riaprire il secondo piano del museo, con un gravoso sforzo economico a carico della Direzione, ricorrendo a personale a tempo determinato.
D. Mi pare quindi che anche lei lamenti la mancanza di una vera autonomia da questo punto di vista, che è quanto hanno sottolineato anche gli altri suoi colleghi.
R. Io credo che la questione vera sia che occorrerebbe rivedere completamente tutto il tema che riguarda la gestione del personale, e sono anche convinta che il
ministro Franceschini prima o poi lo farà. Del resto, lei sa bene che quando siamo di fronte a cambiamenti così importanti ci vuole tempo per arrivare in porto e comunque molte cose sono già state avviate, penso al concorso –che non si faceva da molto tempo- e alle tante situazioni di stasi che si stanno via via modificando; insomma credo che il processo sia ben avviato.
D. Senta dott.ssa D’Agostino, ma poi lei è riuscita a parlare direttamente con
Franceschini? Mi pare che lo avesse richiesto.
R. Si, effettivamente il ministro è venuto qui e abbiamo parlato a lungo, tra l’altro ho apprezzato molto che sia venuto in visita privata, diciamo così. Ma devo aggiungere che finora ho sempre trovato ascolto a Roma; certo, ci sono ancora delle criticità, per quanto mi riguarda qui al
Bargello, ad esempio non sono ancora riuscita a risolvere la questione degli orari del personale che in effetti che non si può superare se non in collaborazione con Roma
.
D. L’impressione che se ne ricava però è che ognuno stia procedendo per conto proprio; prendiamo il caso dei finanziamenti che arrivano dai privati, qualcuno vi ricorre, qualcun altro no..
R. Ecco, guardi, credo proprio che su questo punto ci sia una specie di demonizzazione: non è che il privato sia buono o cattivo, dipende da quello che si fa, dalle collaborazioni che si instaurano con i privati e da questo punto di vista posso dire che il
Bargello è un esempio virtuoso per quanto ha

potuto realizzare nel corso degli anni giovandosi dell’intervento di associazioni e strutture esterne. Vero è che le cose sono cambiate perché in pratica cambia il ruolo del museo; la sua missione educativa e culturale resta la stessa, ma ora deve allargarsi al mondo perché i fruitori sono sempre più internazionali. Ma per rispondere alla sua domanda, ci sono delle linee guida che
il Ministero ha fornito e poi ognuno nella sua autonomia può regolarsi per gestire determinate questioni; ad esempio, qui matrimoni non se ne fanno se è questo che voleva sapere e tuttavia esistono le concessioni di spazi, ad esempio credo che se si chiedono spazi per un concerto di qualità non vedo perché dovrebbero essere negati. I requisiti insomma li verifica il
Museo, non li detta il privato. Le faccio l’ esempio di Venezia che non mi riguarda direttamente, ma che rende bene l’idea: qui non mi pare disdicevole quello che ha fatto la
Samsung per le
Gallerie dell’Accademia: ha fornito schermi, pagato parte degli allestimenti ecc, rendendo più fruibile il sito, aumentando la ricezione delle collezioni ad un pubblico più vasto; dunque bisogna stare sempre attenti a non criminalizzare. Del resto io lo dico sempre ai colleghi Direttori: noi abbiamo l’onore di essere custodi temporanei di un patrimonio straordinario, ma siamo sempre un organo dello stato, siamo servizio pubblico. Per quello che mi riguarda, ho lasciato un lavoro che adoravo perché ho ragionato che era arrivato il momento di fare la mia parte, per quanto possibile, cercando di restituire all’Italia quello che avevo imparato con la mia formazione.
D. E’ apprezzabile, e tuttavia devo dirle che molti tra coloro –ex soprintendenti e studiosi- che abbiamo sentito commentare
la Riforma hanno rilevato il rischio che questa privilegi o comunque indirizzi verso una gestione manageriale delle istituzioni museali a scapito della crescita civile e culturale che dovrebbe essere invece lo scopo principale, ed anche aver staccato il museo dal controllo del territorio si ritiene sia stato un grave errore.
R. Si, so che un’accusa che si fa è questa di aver staccato il
Museo dalla tutela del territorio. Ma io credo che dipenda da come s’intende
la Riforma, da come la si metta in pratica, e comunque faccio rilevare che per statuto c’è l’obbligo di favorire ed incrementare il rapporto con il territorio. Non so dirle se fosse giusto o sbagliato: c’erano problematiche prima come ce ne sono adesso. Posso dire che personalmente non mi sognerei mai di scindere l’istituzione dal territorio, e molti miei funzionari continuano a fare tutela anche perché non sarebbe possibile fare altrimenti; basta che lei faccia un giro per le sale del
Bargello e se ne renderà conto, per non parlare dello stesso
Orsanmichele o delle
Cappelle Medicee.
D. A proposito, lei pensava di riaprire finalmente
Orsanmichele; c’è riuscita?
R. No, è aperto ancora solo una volta a settimana.
D. E’ la solita questione della mancanza di personale?
R. Si, sempre questo è il punto, come le ho già accennato, siamo sotto organico, ed a questo si aggiunge la necessità che abbiamo di adeguare i sistemi di sicurezza. Pensi proprio ad
Orsnamichele: con tutto l’apparato dell’
ex Polo che esisteva prima della
Riforma non si riusciva a tenerlo aperto più di una volta a settimana, come faccio ora io; mi auguro però di riuscire al più presto ad aprirlo almeno un giorno in più, ma occorrerebbe sbloccare dei meccanismi che nel corso degli anni hanno portato allo stallo.

D. Allude a problemi di carattere sindacale, ai rapporti con queste organizzazioni ?
R. I sindacati esistono in tutte le strutture di lavoro, in qualche caso il rapporto è buono e collaborativo, in altri meno; per me il fatto vero è che qui una struttura operativa si è dovuta creare praticamente
ex novo perché non esisteva e senza aver avuto alcuna iniezione di risorse umane; ora però le cose iniziano a cambiare visto che dopo i direttori ora c’è il concorso per i funzionari e poi è auspicabile si passi al resto del personale.
D. E’ vero, però a quanto pare ci saranno molti architetti ed archeologi e pochi storici dell’arte.
R. Di storici dell’arte ce ne sono pochissimi è vero, però se pensiamo all’ambito di un ministero come quello dei
Beni Culturali, da sempre il più bistrattato …
D. Dopo quello dell’Istruzione …
R. Diciamo che vanno di pari passo sotto questo aspetto; ma, per rispondere al suo rilievo, è vero che di storici dell’arte ne dovrebbero essere assunti molti di più, però dobbiamo considerare che
la Riforma è entrata in vigore da poco, e se pensiamo ai tempi biblici che caratterizzano le amministrazioni italiane credo si debba essere moderatamente soddisfatti. Detto questo, sono certa che
lo stesso Franceschini abbia ben presenti questi rilievi e sia consapevole che occorrono dei miglioramenti, degli aggiustamenti, ma lo ripeto molte cose stanno muovendosi nella direzione giusta, a mio parere. Io ho trovato tre storici dell’arte in organico al momento dell’insediamento, sono riuscita ad averne sei e ne sono orgogliosa, perché ho fatto capire che in un gruppo ci cinque musei se non ci sono almeno sei storici dell’arte ed un archeologo non si va da nessuna parte.
D. Insomma, bene o male ritorniamo al problema della gestione delle risorse umane.
R. Certo, la questione resta, la gestione deve cambiare; noi per parte nostra possiamo fare qualcosa a livello locale, come le ho detto, possiamo fare buoni accordi, buone pratiche, ma gli atti formali devono venire dal
Ministero.
D. La stessa cosa credo si debba dire riguardo alle questioni amministrative, alla cronica carenza di organici che spesso mette in difficoltà anche i Direttori; lei come se la cava da questo punto di vista ? si sente tranquilla quando firma un atto?
R. Tranquilli non si può mai dire, da noi
non c’è un Direttore amministrativo e però posso contare su dei supporti esterni, mandati dal ministero, perché noi –come sa- non possiamo assumere.
D. Ma tutto questo lo ha detto a
Franceschini, quando siete stati a colloqui diretto
qui al Bargello?
R. Certamente, e lui ha risposto che ne è ben consapevole e che sta cercando di fare quanto possibile, fidando anche su questa immissione di nuovi funzionari. Devo dire che penso si debba dare credito a questo ministro che si muove, gira, va a vedere di persona le situazioni, anche quelle minori, ascolta le persone che vi lavorano, vuole verificare direttamente; non è una pratica usuale per molti politici italiani e glielo dico come persona che ha vissuto all’estero e quindi posso istituire dei paragoni;
Franceschini ha il pregio di volersi rendere conto e soprattutto non promette a caso; infatti non mi ha detto ‘ok, tra sei mesi tutto sarà risolto’; invece ha visto ed ha annotato, credo che sia proprio il suo
modus operandi questo di toccare con mano le realtà.
D. Parliamo adesso del
Bargello; ci può dire cosa sta preparando ?, quali iniziative ha in cantiere per farlo crescere ancora di più e ampliarne il

prestigio ?
R. In questo primo anno abbiamo pensato a governare al meglio le strutture, differenziando le aperure dei musei nel periodo delle aperture prolungate fino a tardi e soprattutto cercando di qualificare l’offerta, ad esempio non con le visite guidate di tipo tradizionale ma offrendo degli approfondimenti sulle collezioni, con visite a tema, approfondimenti, lezioni e seminari. Lo scopo è anche quello di rendere tutti coscienti della grande tradizione culturale che ci appartiene, perché ci si rende conto di come questi nostri musei e le preziosità che custodiscono siano poco conosciuti. Ecco, personalmente vorrei proprio fare una grande campagna di sensibilizzazione per far conoscere il nostro patrimonio e far si che sempre più gente frequenti i musei e si senta partecipe della cultura che contengono.
D. Pensa a cosa in particolare, ad esempio a qualche mostra ?
R. Certo, perché no ? Quando è ben meditata e serve anche a far conoscere le collezioni di un museo, a dare risalto a quanto il museo conserva e dunque può spingere il visitatore a tornare perché ha preso atto della ricchezza delle collezioni. Questo fa maturare il piacere di sentirsi parte di una stessa cultura, di una stessa tradizione e di una storia comune.
D. Allora mi dica cosa sta preparando …
R. No glielo dirò a febbraio …
Pietro di Loreto Firenze gennaio 2017