Degno di particolare menzione il
panel delle personalità coinvolte nell’evento: coordinati dal Vice-Prefetto, dott.
Ambrogio M. Piazzoni, sono infatti intervenuti S.E. Mons.
Jean-Louis Brugués, Bibliotecario di S.R.C., il professor
Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, il dottor
Pietro Zander della Fabbrica di San Pietro e il professor
Lorenzo Quilici, archeologo e grande specialista della Via Appia.

Il volume illustra per la prima volta i
226 acquerelli della Via Appia, conservati nella Biblioteca Vaticana, eseguiti dal pittore romano
Carlo Labruzzi (1748-1817) nel corso di un
viaggio da Roma a Benevento lungo la regina viarum nell’autunno del 1789, insieme al suo committente Sir Richard Colt Hoare, appassionato studioso dei classici latini e inveterato epigrafista. Dell’opera, la cui eco travalicò i confini del Bel Paese, si riscoprirono le tracce soltanto nel 1903 grazie a
Thomas Ashby, celebre archeologo studioso di Roma e del Lazio, che acquistò il nucleo di acquerelli sul mercato antiquario inglese.
Il volume ripercorre le tappe biografiche e artistiche di
Carlo Labruzzi in termini inediti ed originali e, grazie alle approfondite ricerche condotte dai due autori, contribuisce a delineare il corretto profilo di quello che va finalmente riconosciuto come uno dei maggiori pittori romani del periodo tra XVIII e XIX secolo.
La pubblicazione del volume - circa seicento pagine e centinaia di illustrazioni a colori e bianco e nero - è stata resa possibile grazie al contributo della Fondazione Roma – Arte – Musei e della Fondazione Cavalieri di Colombo.
L’interesse di questo lavoro ci ha spinto a porre qualche domanda all’amico
Pier Andrea De Rosa, uno dei due autori.
D. Vorrei chiederti innanzitutto come si colloca il volume nel contesto del ricco panorama degli studi sulla pittura italiana tra Settecento e Ottocento.
Il volume si inserisce all’interno di un momento assai significativo per le ricerche sulla pittura del periodo: il 2012 e il 2013 si stanno, infatti, qualificando come anni particolarmente intensi e innovativi. L’inizio di questo percorso di studi si è aperto con la mostra su
Giovanni Battista Lusieri,
Expanding Horizons. Giovanni Battista Lusieri and the panoramic landscape, tenutasi ad Edimburgo tra giugno e ottobre 2012 presso la
National Gallery of Scotland: la prima monografica realizzata sul grande vedutista nato a Roma nel 1754, data che fino a qualche anno fa era una mera ipotesi induttiva e che solo di recente è stata confermata grazie al ritrovamento da parte mia dell’originale dell’
atto di nascita dell’artista. Ancora nel corso dell’estate 2012, è seguita la mostra–vendita di opere di
Carlo Labruzzi alla londinese
Dickinson Gallery,
Carlo Labruzzi, The Grand Tour: 47 acquerelli policromi e monocromi presentati ìn catalogo da Sir
Timothy Clifford, con superlativo successo di pubblico e di mercato. Ed è proprio nella scia di questa mostra che il nostro volume va correttamente inquadrato.
D. Leggendo il volume si ricava l’impressione che il volume si divida in due grandi sezioni distinte, ma nello stesso tempo inscindibili. Puoi darmi qualche ragguaglio più diretto?
L’intuizione è fondata, poiché il volume costituisce il primo studio approfondito dell’opera di Carlo Labruzzi contenendo, da un lato, la
biografia completa (quasi anno per anno, per quanto possibile) e dall’altro
un’analisi critica della sua pittura e della sua arte incisoria. L’intero
corpus vaticano dei disegni della Via Appia è stato messo a confronto - ribadisco, per la prima volta - con gli altri due nuclei custoditi presso l’
Accademia di San Luca e il
British Museum: questo ha permesso di proporre al lettore in un'unica pubblicazione
tutti gli acquerelli conosciuti di Labruzzi dedicati alla Via Appia, compresi quelli provenienti da raccolte private.
Grazie inoltre alle ricerche e alle intuizioni di
Barbara Jatta, l’opera ci guida ad una migliore e più precisa definizione anche del Labruzzi incisore, che si rivela tra i maggiori del tempo suo.
Si è giunti pertanto alla conclusione, riallacciandosi anche a quanto affermato da Timothy Clifford nel catalogo della mostra Dickinson, che Labruzzi abbia anticipato, contrariamente a quanto finora ritenuto, quella non esigua schiera di artisti, in specie ultramontani, che recarono un contributo determinante alla
pittura di veduta nella Roma degli ultimi tre decenni del ‘700.
D. Lascerei a te il compito di concludere questa nostra conversazione con l’aggiunta di qualche ulteriore notizia o approfondimento.
C’è qualcos’altro, in effetti, che si potrebbe aggiungere per chiudere il percorso iniziato con la citazione di Giovanni Battista Lusieri: nella primavera di quest’anno si è tenuta al
British Museum la mostra
In search of Greece che ha rappresentato una fondamentale, quanto insospettata, rivalutazione dell’arte di un altro importante vedutista romano dello stesso periodo,
Simone Pomardi. Benché in questa mostra fossero esposti esclusivamente acquerelli eseguiti da
Pomardi nel corso di un viaggio nella Grecia classica compiuto assieme al suo committente, l’archeologo
Edward Dodwell, la manifestazione determinerà un approccio nuovo verso la sua arte, sulla quale avevo io stesso curato un saggio monografico pubblicato nel 2011 dalla casa editrice Artemide di Roma con il titolo
Simone Pomardi e la Roma del suo tempo.
Ma, nel rievocare questa felice stagione 2012-2013 del nostro vedutismo, non vorrei passare sotto silenzio una delle manifestazioni più intriganti, in atto in questi giorni a Roma. Intendo l'esposizione dei cinquantadue illuminanti disegni di
Gaspar van Wittel nella sede della
Biblioteca Nazionale Centrale a Castro Pretorio. In definitiva, Vanvitelli è il padre riconosciuto di tutti gli artisti che abbiamo citato e inviterei quanti ci leggeranno a non perdere questa mostra davvero particolare, che resterà aperta fino al 13 luglio (sulla quale vedi l’articolo di news-art,
https://news-art.it/news/i-disegni-di-gaspar-van-wittel--la-collezione-della-bibliot.htm).
Manuela D’Aguanno, 02/05/2013