Giovanni Cardone Marzo 2023
Fino al 9 Luglio si potrà ammirare al Palazzo Ducale di Genova la mostra Man Ray.Opere 1912-1975 a cura di Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola, il progetto è firmato Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e Suazes. L’esposizione raccoglie circa 340 pezzi, fra fotografie, disegni, dipinti, sculture e  film:  il percorso espositivo è, per la qualità delle opere e per la loro provenienza da importanti collezioni nazionali e internazionali, un appuntamento imperdibile  per tutti coloro che desiderano immergersi nel fecondo periodo delle avanguardie di inizio Novecento e nella creatività di uno dei protagonisti assoluti di quella stagione, attivo poi anche nella seconda metà del secolo. La volontà dell’artista di rompere gli schemi e creare nuove estetiche, unita all’ironia e alla sensualità che permeano ogni sua opera, sono gli elementi che ne hanno ispirato e caratterizzato la poetica. Lo stesso Man Ray racconta nella sua autobiografia del carico di «entusiasmo a ogni nuova direzione imboccata dalla mia fantasia, e con l’aiuto dello spirito di contraddizione progettavo nuove escursioni nell’ignoto». In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Man Ray apro il mio saggio dicendo : Posso affermare che il 5 febbraio 1916 viene inaugurato a Zurigo il Cabaret Voltaire. Le serate del locale, fondato dal regista teatrale Hugo Ball e animate da un gruppo di intellettuali europei anarchici rifugiatisi in Svizzera durante la prima guerra mondiale, diventano presto note per le manifestazioni artistiche inusuali e provocatorie che vi si svolgono: messa in scena di spettacoli, letture e recitazioni di poesie, esposizione di opere d’avanguardia e d’arte “primitiva”. La nuova visione dell’arte che si propone durante queste serate si chiamerà dadaismo. Gli artisti che si riconoscono nel movimento rifiutano ogni atteggiamento razionalistico e considerano la distruzione dell’arte tradizionale, legata alle convenzioni borghesi, come passaggio necessario per la nascita di un’arte nuova coincidente con la vita. L’atto creativo dadaista si affida a un meccanismo di pura casualità. Come ci ricorda uno dei massimi esponenti del movimento, il poeta rumeno ed estensore dei “manifesti” dadaisti Tristan Tzara : “Per fare un poema dadaista. Prendete un giornale. Prendete delle forbici. Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza che contate di dare al vostro poema. Ritagliate l’articolo. Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che formano questo articolo e mettetele in un sacco. Agitate piano. Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro, disponendoli nell’ordine in cui hanno lasciato il sacco. Copiate coscienziosamente. Il poema vi assomiglierà. Ed eccovi ‘uno scrittore infinitamente originale e d’una sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo della strada’”. L’arte dadaista riceve, inoltre, un decisivo contributo dalle teorie psicoanalitiche sviluppate in quegli anni da Sigmund Freud. In proposito lo scultore e pittore tedesco Hans Arp afferma: “La legge del caso, che racchiude in sé tutte le leggi e resta a noi incomprensibile come la causa prima onde origina la vita, può essere conosciuta soltanto in un completo abbandono all’inconscio. Io affermo che chi segue questa legge creerà la vita vera e propria”. Alla concretizzazione della nuova estetica dadaista contribuiscono in maniera essenziale i ready-made, opere realizzate con oggetti comuni senza finalità estetiche, che, isolati dal contesto originario, sono presentati come opere d’arte. L’effetto prodotto da queste “creazioni” è che qualsiasi oggetto può essere considerato opera d’arte, e di conseguenza che niente è arte. L’artista non è più, quindi, colui che sa produrre arte, ma colui che sa proporre nuovi significati all’arte. Marcel Duchamp, benché ufficialmente non ne abbia mai accettato l’appartenenza, è considerato uno dei protagonisti all’origine del movimento.
Le sue prime esperienze pittoriche sono molto eterogenee, attraversando il neoimpressionismo, il fauvismo, il simbolismo e il futurismo. Particolare attenzione è posta da Duchamp alla nascente avanguardia cubista, da cui però si distacca presto, dopo che nel 1912 il suo quadro Nudo che scende le scale n. 2 viene rifiutato dal Salon des Indépendants, poiché ritenuto non sufficientemente cubista. Nel 1915 Duchamp si reca per la prima volta a New York, dove, insieme al gallerista Alfred Stieglitz e agli artisti Man Ray e Francis Picabia, dà vita al dada americano (1915-1919). In questi anni espone i primi ready-made, tra cui Ruota di bicicletta (1913) e la celebre Fontana (1917). Attraverso quest’ultima opera, in realtà un normale orinatoio rovesciato, Duchamp riesce ad attuare un’operazione di lucida provocazione concettuale: presenta Fontana alla mostra organizzata dalla Society of Independent Artists di New York e firma l’opera con lo pseudonimo R. Mutt. Malgrado la giuria decida di non esporre il pezzo, una fotografia dell’opera compare sulla rivista “The Blind Man”, pubblicata dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di prendere le parti dello sconosciuto autore, scrive: “Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha scelta. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto”. Negli anni successivi Duchamp sospende la sua produzione artistica, divenendo consulente di collezionisti privati e gallerie americane, oltre che appassionato giocatore di scacchi. Dal 1946 al 1966 si dedica segretamente a un’ultima enigmatica opera dal titolo Etant donnés: 1° la chute d’eau, 2° le gaz d’éclairage, che consiste in una parziale visione di una donna nuda sdraiata su dei rovi, con in mano una lampada a gas accesa. Quest’opera, della cui esistenza si è appreso solo dopo la sua morte, chiude il percorso di un artista che ha avuto il merito di aprire la strada a tutte le forme d’arte concettuale che si svilupperanno negli anni successivi. Benché il dadaismo si fosse sostanzialmente sviluppato in ambito europeo, negli stessi anni prende forma un analogo approccio all’arte negli Stati Uniti. Protagonista del movimento americano, oltre al gallerista Stieglitz, Duchamp e Picabia, è il pittore e fotografo Man Ray. Dopo i primi lavori di matrice cubista realizzati a New York tra il 1910 e il 1915, l’artista statunitense (il cui vero nome era Emmanuel Radnitzki) ha sviluppato la sua personale ricerca artistica soprattutto attraverso la fotografia, intesa come la fine “della fatica di riprodurre le proporzioni e l’anatomia dei soggetti”. Soggetti delle prime fotografie, realizzate nel 1915, sono i cosidetti Oggetti d’affezione, concepiti attraverso l’accostamento di diversi oggetti d’uso comune e fotografati con meticolosa attenzione alle luci e alle ombre. Nel 1921 si trasferisce con Marcel Duchamp a Parigi, dove diviene fotografo professionista. In questo periodo nascono le Rayografie, ossia i negativi degli oggetti in precedenza appoggiati sulla carta, che Man Ray introduce anche nel cinema, nella scultura e nei ready-made. Altro tema rilevante nella produzione dell’artista americano sono i ritratti, in cui la scelta di fotografare in pose apparentemente casuali e in maniera estremamente ravvicinata sembra proiettare i soggetti al di fuori del loro spazio. Agli inizi degli anni Venti l’intensa stagione del movimento dadaista si avvia verso la conclusione, avendo in ogni caso avuto il merito di assolvere al suo principale obiettivo: distruggere attraverso la provocazione la concezione statica e cristallizzata dell’arte. Molti dei principali protagonisti del movimento scelsero nuove strade che si concretizzarono, nella seconda metà degli anni Venti, con la nascita del movimento surrealista. Vorrei ricordare che Emmanuel Radnitsky detto Man Ray nasce nel 1890 a Philadelphia,  proveniente da una famiglia di emigrati molto modesti, suo padre era sarto di mestiere, cresce circondato dai suoi fratelli, sorelle, genitori molto premurosi  malgrado delle condizioni di vita a volte difficili. La famiglia domicilia a Brooklyn, sette anni dopo la sua nascita, città dove comincia i suoi studi. Molto presto, disegna. Così, tra il 1904 ed il 1909, gli studi secondari lo conducono a dei corsi di disegno libero e industriale. Malgrado dei risultati promettenti alla fine di questo cursus, il futuro artista rinuncia ad una borsa universitaria ottenuta per studiare l'architettura.
Preferendo la vita attiva, si dedica ad un gran numero di piccoli mestieri, passando da venditore di giornali, ad apprendista incisore, e grafico. Allo stesso tempo, si iscrive ad un'accademia di arti plastiche in cui si danno dei corsi con dei modelli. Cercando sempre di perfezionarsi ulteriormente, si reca alla galleria 291 di Alfred Stieglitz, in cui quest'ultimo gli suggerisce di iscriversi alla "Ferrer Modern School". Man Ray segue il suo consiglio e si candida alla scuola libertaria che dispensa allora numerosi corsi di disegno e di acquarello. Tra il 1912 ed il 1913, vive la pratica anarchica all'interno di questa struttura, e disapprende un po' alla volta l'accademismo delle sue precedenti formazioni. Nella sua testimonianza ad Anne Guerin nel 1964, ricorda questo periodo fondativo della sua opera avvenire: "È allora che intesi parlare di un centro sociale a nord della città, ci si poteva iscrivere ad un corso serale in cui dei modelli posavano. Potevo iscrivermi quando potevo, il corso era gratuito per i membri che si effettuavano una colletta per pagare il modello.  Questo centro era stato fondato, in ricordo  dell'esecuzione dell'anarchico spagnolo Francisco Ferrer, da dei simpatizzanti di quest'ultimo. Era finanziato da uno scrittore benestante newyorchese. Oltre i corsi artistici, c'erano dei corsi di letteratura, di filosofia ed una scuola per i bambini dei membri che desideravano allevare la loro progenitura in un ambiente più liberale di quello offerto dalle scuole pubbliche. Tutti i corsi erano gratuiti, alcuni scrittori e pittori conosciuti fungevano benevolmente da professori. Di fatto tutto era libero, anche l'amore. La maggior parte disapprovavano le convenzioni imposte dalla società ". Il suo professore, Robert Henri, pittore moderno molto rinomato all'epoca ed anarchico, spiega allora ai suoi studenti che l'artista deve sempre restare individualista, al di fuori di ogni gruppo o scuola, "Tutto l'interesse del corso artistico del centro Ferrer, è di instaurare l'idea che ogni studente è il suo proprio maestro che gli studenti possono imparare gli uni dagli altri tanto quanto il loro professore, o anche per caso" . Man Ray trae dai corsi di Robert Henri numerose lezioni. In seguito, quando dà spiegazioni sulla sua opera, sulla sue evoluzione come artista, spesso sorgono nelle sue espressioni uno spirito anarchizzante. La ricerca del piacere, della libertà e della realizzazione dell'individualità, sono gli unici moventi della razza umana suscettibili di acquisizione, nella nostra società, attraverso l'opera creatrice . Le sue prime esposizioni sono realizzate all'interno del centro Ferrer, nel dicembre 1912, prima del suo tentativo nella celebre galleria dell'Armory .Un anno dopo, prende il nome di Man Ray. Il 1913 si rivela come l'anno cardinale per il giovane, egli sceglie definitivamente il mestiere del pittore. Frequentando Adolf Wolff, altro professore del centro anarchico, Man Ray si innamora della sposa di quest'ultimo, Adon Lacroix. Il pittore libertario non si oppone, ed aiuta anche il giovane artista a trovare un laboratorio. Durante questo periodo, decide di ritirarsi in mezzo alla natura come il suo idolo letterario, Walden. Questa iniziazione nel New Jersey, a Ridgefield, in una comunità di artisti nella foresta, accende nuovi bisogni, nuovi gusti artistici. Dopo questo ritiro, torno al mondo civilizzato con uno sguardo nuovo. Questo soggiorno fuori dalla civiltà si trova confortato dalla grande esposizione detta "Armory show", in cui Man Ray scopre le avanguardie europee e con esse, Marcel Duchamp e Francis Picabia. La rivelazione di queste opere moderne entusiasma il giovane ed orienta le sue future creazioni. Così l'anno successivo, da poco sposato, acquista il suo primo apparecchio fotografico allo scopo di realizzare delle riproduzioni delle sue tele. Sin dal 1915, pubblica sulla rivista 291 di Stieglitz. In aprile, Adon Lacroix pubblica  a sua volta una raccolta di poesie illustrate da lui, A book of diverse writing. Man Ray nel mese di settembre incontra il suo idolo, Marcel Duchamp, a New York. A partire da questo periodo, l'artista spicca il volo. Alla fine del 1915, fa la sua prima esposizione personale a New York alla "Daniel Gallery". I due anni che seguono lo portano a staccarsi sempre più dalla pittura per preferire la fotografia. Sperimenta diverse tecniche come il "Cliché-verre"*. Poi, realizza nel 1917 una serie di collage, Revolving doors, e dipinge Suicide considerato come una delle prime aerografie della storia della pittura. Man Ray assiste alle conferenze organizzate da Duchamp e Picabia. Scopre dei personaggi libertari come Arthur Cravan, il grande provocatore che all'epoca provocava molto scandalo. Questo gusto per il rovesciamento delle convenzioni e delle buone maniere non può che piacere all'Americano, Cravan incarna Dada in persona. Nel marzo del 1919, in compagnia di Philippe Soupault, Adon Lacroix, e Duchamp, fa uscire l'unico numero della rivista TNT. Il suo interesse per il cinema si fa già sentire con la sua tela Admiration-cinematograph che reca un riquadro a sinistra della sua opera, segmentata, che ricorda la pellicola filmica. Man Ray si avvicina a Dada, cercando ad ogni costo la libertà di creazione. Nel 1920, inizia una corrispondenza con il papa del movimento Dada, Tristan Tzara. La realizzazione di oggetti, come quelli di Duchamp, lo interessa vivamente, egli crea allora il suo primo oggetto, L'Enigma di Isidore Ducasse. Nella stessa idea, collabora all'opera di Duchamp, e realizza insieme a lui, Rotative plaque verre (optique de précision). Lo stesso anno, intraprende un primo tentativo di sperimentazione di film stereoscopico con l'aiuto di due telecamere, poi gira un secondo film d'avanguardia, nel quale l'artista rade i peli pubici della Baronessa Elsa Von Freytag-Loringhoven, donna eccentrica vicina ai Dadaisti del momento . Il film è stato, secondo Man Ray, distrutto durante lo sviluppo. In aprile, espone sempre a New York, Lampshade di cui dà, alcuni anni dopo, nel suo film Le Retour à la raison -Il Ritorno alla ragione, una versione in movimento, girando su se stesso. Ray, Duchamp, Rotative plaque verre  optique-de-precision -Sotto qualunque forma esso venga rappresentato, disegno, pittura, fotografia, l'oggetto deve divertirsi, ismarrire, annoiare o ispirare la riflessione però mai suscitare l'ammirazione per la perfezione tecnica . Gli artigiani eccellenti riempiono le strade, ma i sognatori pratici sono rari . L’anno successivo, edita una rivista con Duchamp con il nome di "New York Dada", di cui esce soltanto. un numero. Man Ray si definisce dunque come un artista Dada, che partecipa alle enunciazioni teoriche contestatrici e libertarie. Tutto lo richiama verso Parigi. In seguito alla partenza nel giugno del 1921 di Duchamp per la Francia, il fotografo non tarda a raggiungerlo, non avendo più molti contatti negli Stati Uniti, essendosi separato da tre anni dalla moglie. Il 21 luglio, giunge a Parigi, ed alloggia presso Duchamp. Quando sono giunto in Francia, mi sono imbattuto nel gregge dei rivoluzionari, dei Dadaisti, e così via. Ho loro mostrato alcuni dei miei lavori ed essi hanno trovato che erano esattamente del genere per il quale combattevano . I due pittori proseguono le loro ricerche cinegrafiche, soprattutto presso Jacques Villon, dove girano delle sequenze che mostrano dei dischi ottici fissati su una ruota di bicicletta in movimento. I piani montati daranno il film Anemic cinéma. Alla fine del 1921, Man Ray lavora molto sui ritratti fotografici  scopre il procedimento che lo farà conoscere nel mondo, la Rayografia  Il suo lavoro è oggetto di un aprima esposizione parigina in dicembre, alla libreria "Six" di Philippe Soupault. Vi espone Admiration of the orchestrelle for the cinematograph. Durante questo periodo, Man Ray incontra Kiki de Montparnasse, che diventa ben presto la sua modella. Essendosi trasferito nel suo laboratorio di rue Campagne Première,si volge sempre più sulle possibilità offerte dal cinema. Tristan Tzara gli chiede nel 1923, di realizzare un film Dada per una serata al Théâtre Michel, "Le Cœur à Barbe". Avendo poca ispirazione, Man Ray tenta degli esperimenti, soprattutto di gettare degli oggetti sulla pellicola alla maniera della rayografia. Mi procuravo un rullo di pellicola di una trentina di metri, mi installavo in una camera oscura dove ritagliavo la pellicola a piccole strisce che attaccavo con delle spille sul mio tavolo di lavoro. Cospargevo alcune strisce con sale e pepe sulle altre strisce, gettavo, casualmente, degli spilli e delle puntine. Il risultato alla proiezione sorprende e provoca una zuffa tra gli spettatori in sala. Il sale, gli spilli, le puntine erano perfettamente riprodotte, in bianco su sfondo nero come le lastre dei raggi X . Chiamai il film "Ritorno alla Ragione". Le immagini somigliavano ad una tempesta di neve i cui fiocchi volavano in tutti i sensi invece di cadere, e che si trasformavano in un campo di margherite, come se la neve, cristallizzata, diventasse fiore. Seguiva la sequenza delle puntine: bianche, enormi, esse si intrecciavano e volteggiavano come in una danza epilettica. La mostra di Palazzo Ducale si articola in sezioni che ne ripercorrono cronologicamente la biografia, dai suoi esordi nella New York di inizi Novecento, passando per la Parigi delle avanguardie storiche tra anni Venti e Trenta, fino a giungere agli ultimi anni della sua carriera e della vita, trascorsi tra gli Stati Uniti e Parigi. Un viaggio che comincia  nella prima sezione con una serie di autoritratti dell’artista, nei quali già si ritrova quell’idea di corpo che sarà centrale in tutta la sua produzione; autoritratti fotografici, tra cui quello celeberrimo con la barba tagliata a metà, ma anche calchi dorati, maschere, in una continua rappresentazione di sé e della propria ambigua e sempre mutante identità. Ad essi si affiancano alcuni ritratti di Man Ray realizzati da grandi protagonisti dell’arte della seconda metà del Novecento come Andy Warhol (una splendida tela e una preziosa serigrafia), David Hockney e Giulio Paolini, a dimostrazione del rispetto e della considerazione di cui Man Ray ha sempre goduto nell’ambiente artistico. La seconda sezione della mostra – "New York" – racconta il rapporto con la metropoli americana, dove l’artista tiene la sua prima personale alla Daniel Gallery nel 1915. In questo periodo realizza alcuni dei suoi primi capolavori, come i collages della serie Revolving Doors esposti in mostra, e le due versioni della scultura By Itself. È la stagione del Dada americano, che Man Ray vive da protagonista assieme a colui che sarà prima il suo mentore e poi l’amico e complice artistico di una vita, Marcel Duchamp, autentico faro dell’avanguardia mondiale nella prima metà del Novecento. È proprio questo rapporto creativo con Marcel Duchamp a costituire laterza sezione della mostra genovese. Qui si trovano due autentiche icone dell’arte del XX secolo come La tonsure e Elevagede poussiére (entrambe realizzate nel 1921), fotografie che rimettono in discussione l’idea stessa di ritratto e di realtà, là dove la superficie impolverata di un vetro diventa un paesaggio alieno, futuribile. La sezione che segue è dedicata a Parigi e alla “scoperta della luce”. Man Ray giunge nella capitale francese nel 1921, accolto dallo stesso Duchamp e dall’intera comunità dadaista: il racconto degli Anni Venti e Trenta e dell’evasione dell’artista dalle abitudini e dalle convenzioni sociali americane viene sviluppato interamente attraverso la fotografia, tecnica alla quale Man Ray deve la parte più consistente della sua fama. A Parigi tiene una personale alla Librairie Six di Parigi e l’anno dopo pubblica i primi Rayographs, le immagini fotografiche ottenute senza la macchina fotografica che saranno accolte con entusiasmo dalla comunità artistica parigina. Una comunità che vive, tra Dadaismo e Surrealismo, la sua stagione d’oro negli anni Venti e Trenta, e di cui Man Ray è insieme protagonista e testimone. Proprio in questa sezione sono esposte le immagini dei personaggi che animavano il contesto culturale dell’epoca, che diventano protagoniste di alcuni dei capolavori assoluti dell’artista. Ad esempio, la leggendaria modella Kiki De Montparnasse (soggetto di una delle icone più celebri del XX secolo, Le Violon d’Ingres, esposto in mostra), oppure Lee Miller (assistente, compagna, musa ispiratrice e a sua volta grande fotografa, protagonista e complice di alcuni degli scatti più celebri di Man Ray), Meret Oppenheim e Nush Eluard, o artisti e intellettuali come Erik Satie, Antonin Artaud e Georges Braque. Nella “Ville Lumière”,  Man Ray decide infatti di dedicarsi alla fotografia anche come professione, trovando uno studio, relazioni e strumenti propri per sostentarsi economicamente e instaurare legami di committenza con il mondo della moda, dell’arte e della cultura. È così che l’artista diventa il narratore per immagini di una delle stagioni più ricche di fascino della cultura del XX secolo, il ritrattista di un mondo irripetibile. La mostra prosegue con le sezioni "Corpo surrealista" e "Corpo, ritratto e nudo".Temi fondamentali e ricorrenti nella ricerca visiva di Man Ray sono quelli del corpo e della sensualità, che nel periodo surrealista  diventano il centro della sua ispirazione, come dimostrano alcune delle immagini più note dell’artista esposte in questa occasione: le fotografie come Larmes, La Prière, Blanche et Noire, dipinti e grafiche come A l’heure de l’observatoire – LesAmoureux, con le labbra di Kiki ingigantite che volano sopra il paesaggio, un’altra delle grandi icone inventate da Man Ray nella sua carriera, per giungere a una scultura come Venus restaurée, ironica e geniale riflessione sulla classicità. Unpunto cardine nella storia del movimento è l’Exposition Internationale du Surréalisme del 1938, illustrata all’interno del percorso espositivo dalla serie fotografica Resurrectiondesmannequins (1938), e da numerosi prodotti editoriali creati a più mani per raccontare le varie modalità di rappresentare questa rivoluzione culturale e le intersezioni dell’avanguardia con il mondo reale. Nella serie Mode au Congo (1937), ad esempio, i copricapi centrafricani acquistati da Man Ray all'Esposizione coloniale di Parigi del 1931 sono sfoggiati come haute couture da modelle femminili, tra cui la compagna dell’epoca AdyFidelin.  In questa sezione sono mostrate anche altre opere fotografiche come i ritratti di Meret Oppenheim al torchio da Louis Marcoussis e Models (1937), nucleo di lavori che presenta una raccolta quotidiana di fotografie di modelle e artiste che Man Ray aveva frequentato durante il primo periodo parigino, espressione di come l’erotismo e l’amore libero rappresentino non solo uno dei ricordi più intimi dell’autore ma anche uno dei motori propulsori della sua creatività. Il 1940 segna l’anno del ritorno di Man Ray in America prima a New York e successivamente a Los Angeles, un ritorno causato dall’impossibilità di vivere nella Parigi occupata dai nazisti. Nella sezione "Los Angeles/Paris" vengono indagati gli anni in cui l’artista preferisce rimanere ai margini della scena e lavorare in ritiro solitario, dedicandosi in particolare alla sua prima grande passione, la pittura. Allo stesso tempo, sono tempi segnati dalla relazione con la ballerina e modella Juliet Browner, musa della sua vita e protagonista della meravigliosa serie fotografica 50 Faces of Juliet, realizzata tra il 1941 e il 1955. Si tratta di cinquanta ritratti della donna realizzati con diverse tecniche e stili, spaziando tra i vari registri per esplorare le possibilità creative offerte dalla fotografia. Continua comunque in questi anni anche la realizzazione di nuovi ready made, così come possibile vedere ad esempio in MrKnife and Miss Fork (1944-1973). La sezione finale della mostra vede Man Ray attivo nuovamente a Parigi e in Europa, dove si consolida la sua fama di maestro dell’arte delle avanguardie. È una sorta di revisione, rilettura e aggiornamento del proprio percorso, rappresentata in mostra dagli splendidi dipinti Decanter (1942) e Corps à Corps (1952), da ready made come Pêchage(1972) e Pomme à vis (1973). La mostra si chiude dunque come era cominciata, con un maestro della luce che continua a reinventare il mondo attraverso l’arte, con infinita ironia e intelligenza. La mostra evidenzia l’originalità, le innovazioni e i contributi dell’artista nell’evoluzione e nell’ideazione anche del cinema d’avanguardia, con pellicole storiche proiettate in un ambiente autonomo quali – tra le altre – Le Retour à la raison (1923), Emak Bakia (1926), L'Étoile de mer (1928) e LesMystèresduchâteaududé (1929). Il catalogo, edito da Dario Cimorelli Editore, contiene la riproduzione di circa 150 opere, i saggi dei due curatori e un saggio di Matteo Fochessati dedicato al fondamentale rapporto tra Man Ray e l’editoria d’arte: si tratta di una delle tante particolarità della mostra, nella quale sono esposti alcuni dei preziosi volumi composti da Man Ray insieme ai compagni di strada surrealisti, tra cui i celebri e scandalosi Facile e 1929, realizzati  con i poeti e amici Paul Eluard, Benjamin Peret e Louis Aragon.  
Palazzo Ducale di Genova
Man Ray.Opere 1912-1975
dall’11 Marzo 2023 al 9 Luglio 2023
dal Martedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Lunedì Chiuso