Giovanni Cardone Settembre 2022
Fino al 13 Novembre 2022 si potrà ammirare al MASI – Museo d’Arte della Svizzera Italiana - Lugano la mostra Marcel Broodthaers – Poesie Industriali a cura di Dirk Snauwaert e Charlotte Friling. La mostra è organizzata in collaborazione con WIELS, Bruxelles. Presentazione al MASI Lugano a cura di Francesca Benini in collaborazione con Maria Gilissen Broodthaers, Marie-Puck Broodthaers e Succession Marcel Broodthaers. In una mia ricerca storiografica e scientifica sulla figura di Marcel Broodthaers apro il mio saggio dicendo : Marcel Broodthaers nasce a Bruxelles il 28 gennaio 1924. Cresce nell’Europa del secondo grande conflitto, in un paese che vive l’occupazione tedesca fra il ’40 e il ’44 e una fine della guerra particolarmente aspra lui stesso partecipa brevemente alla resistenza belga come staffetta. Fa parte di una generazione di giovani che all’uscita dalla guerra vogliono tradurre lo spirito della libertà riconquistata in nuove sperimentazioni artistiche.
Broodthaers nel corso della sua carriera, prima di poeta e intellettuale e poi di artista visuale, resterà sempre molto legato al proprio paese, interrogandosi sulla sua storia, sulla sua identità e sul suo ruolo nella ridisegnata geografia mondiale a lui contemporanea. Conoscere il contesto artistico nel quale l’artista belga si forma è di conseguenza un punto di partenza imprescindibile. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale l’eredità più importante, e ancora vivace e attiva, è quella del surrealismo. Diversi raggruppamenti si susseguono negli anni, in seguito a scissioni o distaccamenti in specifiche città. A Bruxelles si forma un primo circolo nel 1926 intorno a Paul Nougé, E.L.T. Mesens et René Magritte; nel 1934 nella regione di Hainaut in Vallonia Achille Chavée fonda il gruppo Rottura da cui, al suo ritorno dalla Spagna, dove era andato a combattere nelle Brigate Internazionali, si separerà per creare nel 1938 il ‘Groupe surréaliste en Hainaut’che si allinea sulle posizioni del partito comunista dichiarandosi “staliniano”. Proprio il rapporto con il partito comunista e le sue esigenze sarà uno dei motivi di scontro più acceso all’interno della corrente surrealista belga, e una delle ragioni del deterioramento dei rapporti fra Magritte e il resto degli artisti. In particolare, Christian Dotremont aspira a trovare un accordo fra creazione surrealista ed esigenze del partito comunista: fonda nel 1946 la sua rivista Les deux soeurs, da cui nasce il manifesto del Surrealismo Rivoluzionario, che sostiene la necessità di un apporto oggettivo e sostanziale del movimento artistico alla causa comunista. Nel trattato La cause est entendue, firmato dai surrealisti rivoluzionari francesi e belgi a Parigi il primo lugliodel 1947. La nota conclusiva aggiunge inoltre che le tesi pubblicate rappresentano l’essentiel du surréalisme, e che chiunque non si riconosca in esse o le tradisca non si può considerare un surrealista. Negli stessi mesi René Magritte invece si fa promotore del Surréalisme en plein soleil, che lui stesso ha ideato: una declinazione della corrente artistica che vuole dare alla Liberazione del dopoguerra la profondità del suo rinnovamento reclamando gioia e piacere. L’idea di Magritte è di rompere con un surréalisme cristallisé, freddamente politico, e trasformare il surrealismo in un’arte che possa assicurare al pubblico un piacere nuovo e fondativo. «Contre le pessimisme général, j’oppose la recherche de la joie, du plaisir» . Lo scontro è inevitabile, perché agli occhi dei surrealisti rivoluzionari un tale pensiero non può che significare una riduzione dell’attività artistica a mero decorativismo. Un secondo tratto fondamentale del surrealismo belga è la sua fisionomia spiccatamente letteraria. Dotremont, Noiret, Havrenne, personaggi di spicco all’interno del movimento, le cui pubblicazioni vengono sponsorizzate dai vari gruppi surrealisti, sono poeti e non pittori.
A questo si aggiungono le numerose riviste che vengono curate dai surrealisti belgi, fra cui per esempio L’Invention Collective fondata da Magritte e Raoul Ubac, a cui si aggiungono Nougé, Marien e Scutenaire in un vero e proprio circolo, e in un secondo momento Dotremont. La pittura ritornerà ad avere un ruolo egemone in Belgio con il ritorno da Parigi a Bruxelles di Pierre Alechinsky e con la nascita di CoBrA, una delle più interessanti declinazioni europee dell’Espressionismo Astratto, movimento artistico che nell’arco di soli tre anni, fra il 1948 e il 1951, raccoglie numerose personalità fra Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam (dove avranno un particolare supporto da Willem Sandberg che nel 1948 organizza una grande mostra allo Stedelijk Museum). La sigla CoBrA è coniata dallo stesso Dotremont a partire dalle iniziali delle città protagoniste. Broodthaers interagisce in maniera attiva con i vari protagonisti di questo contesto in pieno fermento post-conflittuale. Dal 1943 al 1951 è membro del partito comunista, e partecipa alle riunioni dei vari gruppi surrealisti. A quelle della Centrale surréaliste al Café Parisien di Bruxelles, dove probabilmente incontra per la prima volta Magritte, e alle prime sorte intorno al Surréalisme révolutionnaire nel 1947, per cui firma a maggio, salvo poi defilarsi in un secondo momento proprio insieme a Magritte, il manifesto Pas de quartiers dans la révolution! Pur partecipando quindi alle iniziative dei surrealisti, di cui condivide l’orientamento politico, Broodthaers propende da subito verso Magritte e le sue scelte: il pittore di Lessines nel 1945 gli dona una copia del poema di Mallarmé Un coup de dés jamais n’abolira le hasard, un testo che si rivelerà fondamentale per la poetica broodthaersiana, e che creerà un legame mitico fra i due. Presumibilmente Magritte vede in quel giovane, che allora si professa poeta, un punto di rottura con il surrealismo storico che lui stesso voleva superare.
La traiettoria personale che segue Broodthaers però lo ricongiungerà a Magritte solo negli anni ’60. È significativo per la formazione di Broodthaers il confronto con un surrealismo belga marcatamente letterario. Dotremont, più vecchio di soli due anni, ha una carriera in parte simile alla sua. Nella sua attività di poeta è ugualmente influenzato da Mallarmé, e abbandonate le istanze politiche rivoluzionarie del surrealismo belga, con la creazione di CoBrA inizia a ragionare sul rapporto fra arti visive e linguaggio. Comincia un dialogo a riguardo con vari artisti e insieme ad Asgern Jorn già nel 1948 realizza le prime “peintures-mots”, come testimonia una lettera inviata all’artista Constant. Questo percorso terminerà con l’invenzione dei ‘logogrammi’, una sorta di forma ibrida fra testo e immagine in cui si congiungono una ricerca sul segno linguistico e una sulla materialità che si esprime attraverso il segno visivo. Broodthaers, con le particolarità del caso, avrà un percorso simile: nel passaggio dalle parole alle immagini il confronto con Dotremont va preso in considerazione. Non avrà nulla a che vedere con CoBrA invece, ma vive e si forma nei loro stessi ambienti e avrà modo di conoscere bene i loro lavori. In relazione alla mostra di CoBrA La Fin et les Moyens del marzo 1949, Palais des Beaux-Arts commenta nei suoi diari in questo modo un ruolo fondamentale nel rassemblamento dei vari artisti. Nel 1942 Broodthaers si iscrive, su pressione della famiglia, alla facoltà di chimica dell’Université libre de Bruxelles anche se avrebbe preferito studiare storia dell’arte. È un’esperienza che dura solo un anno: abbandonati gli studi lavora per un breve periodo in una banca. È uno dei tanti lavoretti che svolgerà in gioventù, quando la professione di poeta non gli garantisce entrate sufficienti. Inizia a scrivere poesie già nel 1943, e la prima pubblicazione ufficiale risale al 1945, quando sulla rivista poetica di tendenza surrealista Le Ciel bleu dà alle stampe il poema L’Ile sonnante. Lavora anche come venditore di libri, e in un’occasione si improvvisa banditore d’asta organizzando in una casa ufficiale un’asta di volumi preziosi . Molte poesie degli anni giovanili mostrano alcuni degli interessi che Broodthaers continuerà a esplorare, con un linguaggio e con modalità diversi, dopo aver deciso di dedicarsi alle arti visive. La poesia, che racconta di fantomatici episodi e cambi di mestiere inventati da Broodthaers, è firmata con tre parole messe tra parentesi, «Château d’If.» (in altri componimenti modificato in “Château d’Af.”): uno pseudonimo o un riferimento alla piccola villa-fortezza che Alexandre Dumas si fece costruire come luogo di lavoro, che letto in inglese suona quasi come “Castello dei Se”, e che aggiunge enigmaticità alla poesia . Le Roi Midi del 1954 mostra la sua inclinazione verso l’ironia e lo scherzo. Souvenir d’Espagne (1954), contenuta nel volume manoscritto di dieci pagine che Broodthaers dedica ai coniugi Bourgoignie (Paul, uno scrittore, e Suzanne, che ospita negli anni alcuni incontri dei surrealisti), svela invece la passione di Broodthaers per il ricorso a riferimenti colti intrecciati. In questa prima fase della sua carriera le raccolte più interessanti che pubblica sono tre. Mon Livre d’Ogre nel 1957 fece una serie di poesie di gusto ermetico, fra cui una in particolare si distingue per come anticipa l’immaginario successivo di Broodthaers artista visual. Il terzo, Pense-Bête, viene pubblicato nel 1964. Pense-Bête è un’espressione francese che significa “promemoria”, ma letteralmente si traduce “pensa-bestia”, quindi “pensa stupidamente”. I componimenti sono preceduti da un testo scritto dall’autore stesso riguardo al proprio modo di fare poesia. Consapevole del proprio stile enigmatico, il poeta dichiara: «Le gout du secret et la pratique de l’hermétisme, c’est tout un et pour moi, un jeu favori» . Uno degli aspetti più interessanti di queste pubblicazioni è l’attenzione che Broodthaers presta all’aspetto fisico e alla decorazione dei volumi. Di frequente i versi si dispongono nello spazio con una libertà di memoria mallarmeiana, e sono introdotti da interventi grafici di vari artisti. Nelle prime 33 copie di Mon Livre d’ogre il frontespizio include una litografia colorata di Serge Vandercam (artista membro di CoBrA, che illustrerà pure alcune copie di Minuit) . Nel volume La Bête noire del 1961, invece le poesie sono accompagnate da incisioni di Jan Sanders. Ma il caso più eclatante si ha con Pense-Bête pubblicato nello stesso anno in cui Broodthaers decide di diventare artista. Qui è l’autore stesso che realizza in molte copie degli interventi grafici di diverso tipo: impronte digitali timbrate con l’inchiostro (un chiaro rimando ai lavori di Piero Manzoni, che nel 1962 lo aveva autografato come “scultura vivente”) e forme geometriche regolari o fantasiose sono abbinate alle poesie, arrivando a coprirle talvolta impossibilitandone la lettura. Sono i primi esperimenti di Broodthaers di armonizzazione e dialogo fra arte del linguaggio e arti visive, che si pongono in parallelo alle esperienze contemporanee di Dotremont. I primi contatti che Broodthaers instaura con il mondo dell’arte nascono da un altro gioco di ruoli, sorto da una sincera curiosità verso i meccanismi dell’apparato culturale e da tentativi di entrare a farne parte in diversi modi. Nel 1957 si fa assumere come operaio nei cantieri dell’esposizione universale che avrebbe avuto luogo l’anno successivo nella capitale belga. L’obiettivo è realizzare un reportage dall’interno per documentare i lavori e lo spirito della fiera. Viene colpito in particolare dalla costruzione dell’Atomium a Laeken, per cui realizza un reportage fotografico e scrive un articolo pubblicato sulla rivista Le Patriote Illustré, in seguito assunto come guida per le esibizioni realizzate dalla fiera nel Palais des BeauxArts de Bruxelles.
Negli anni successivi farà nuovamente la guida, saltuariamente, per le collezioni del museo. Sono esperienze importanti, in cui per la prima volta si veste del ruolo di mediatore fra l’arte e il pubblico. Negli stessi anni organizza pure dei programmi di proiezioni pubbliche: L’exploration du monde nel 1957, che viaggia per numerose città belghe, e Poésie cinéma, una selezione che realizza lui stesso. Nel 1962 offre una visita, in qualità di poeta, della mostra al Palais des Beaux-Arts di Rothko e delle photopeintures di Livinus, che in un articolo pubblicato nel Journal des Beaux-Arts descrive come un précurseur, erede di Moholy Nagy e Man Ray. Sono anni in cui si pone come commentatore: un’attività che gli permette di riflettere a lungo sui diversi medium, i mezzi di espressione impiegati nella sua contemporaneità dagli artisti, e di ragionare sul rapporto che questi hanno con l’arte del passato. All’inizio degli anni ’60, sempre per il Journal des Beaux-Arts di Bruxelles, realizza una serie di reportage da Londra dal titolo Un poète en voyage… A LONDRES. Immergendosi nell’atmosfera della capitale londinese, che per la sua vivacità spesso paragona in maniera scherzosa alla situazione ben più tranquilla di Bruxelles, ha modo di visitare numerose gallerie di arte contemporanea. Spicca in particolare l’espressione «come un vero critico». Un’altra esperienza fondamentale è la visita nel 1963 alla mostra di Jim Dine alla Galerie d’Aujourd’hui, per cui scrive l’articolo GARE AU DEFI! Le Pop Art, Jim Dine et l’influence de René Magritte. Nella recensione dimostra il suo interesse per la corrente della Pop Art, dimostrando di apprezzare in particolare George Segal (che aveva visto alla Galerie Sonnabend) e tracciando in un’interpretazione personale un percorso che da Dada e Magritte arriva alle ultime sperimentazioni Pop. «Ces artistes poursuivent la construction de la route infernale inaugurée par Dada, mouvement international. Eh bien, Vive Dada, Vive Dadapop, Vive Jim Dine» . L’attività di commentatore (in senso lato) non impedisce a Broodthaers di sperimentare la via della creazione già in questa prima fase della sua carriera. La produzione più significativa è il cortometraggio (di sette minuti) La Clef de l’Horloge , un ‘poema cinematografico’ in onore di Kurt Schwitters. Realizzato in notturna all’interno del Palais des Beaux-Arts nelle sale che ospitavano una mostra sull’artista tedesco, la pellicola mostra un’evidenziazione di alcuni particolari delle opere di Schwitters illuminati nell’oscurità della galleria. La sperimentazione passa attraverso un’assenza di conoscenze tecniche. «He did not have a budget but found a way to make the most of any available resources. Without a tripod he balanced the camera on the shoulder of one of the guards; without lightning he used a torch to highlight the details on the works» . La chiave dell’orologio è un racconto sul passare del tempo, scandito dal ticchettare di un orologio usato come colonna sonora. Broodthaers si interessa alla figura di questo artista che un decennio dopo la morte cominciava a guadagnare fama, e anticipa l’apprezzamento che negli anni ’60 ne faranno Rauschenberg e gli artisti del Nouveau Réalisme. Sono molti gli aspetti di Schwitters che possono averlo affascinato. La sua doppia identità di artista e poeta (scrive riguardo: «still very much alive, his work touched me as if by poetry – the film you are about to see…») .
Le sue sperimentazioni spaziali, per cui negli anni ’20 si impone come pioniere delle prime opere-ambiente (Francesco Poli descrive la perduta Kathedrale des erotischen Elends - Cattedrale della miseria erotica, come «un’architettura labirintica caratterizzata dalla presenza di cavità e anfratti, dove secondo logiche associative misteriose si sovrappongono e materializzano in presenza fisiche tracce inconsce, esperienze e ricordi»). E’difficile capire se la maturità dei concetti che esprime, capaci in poche parole di cogliere il senso del trattamento dell’oggetto artistico nell’epoca del Pop e del Nouveau Réalisme, corrisponda a quanto aveva pensato nel realizzare il cortometraggio. Ma sicuramente anche in età giovanile aveva intuito, magari più istintivamente, la portata della poetica dell’artista tedesco, come dimostrano le parole che nel ’57 accompagnano il cortometraggio: «From wheat fields dotted with poppies and cornflowers / to modern panoramas of cities, my gaze whether circular or / horizontal sees only the night» . La notte nel film di Broodthaers diventa una metafora dell’ode agli scarti come momento crepuscolare ma ancora ricco di poeticità della società umana. La pellicola viene presentata però come ‘poema cinematografico’: il cinema è ancora per Broodthaers un mezzo linguistico, ma già si preannuncia un indirizzo più plastico. Magritte. Mallarmé. Schwitters. Pop Art. Nouveau Réalisme. Quando Broodthaers decide di diventare artista, abbandonando momentaneamente l’attività di poeta, ha alle spalle quarant’anni di formazione intellettuale, di articolato sostrato culturale, che a livello concettuale gli permettono di raggiungere fin da subito un’originale complessità. Le arti visive lavorano su tutt’altro livello, e Broodthaers ne è consapevole. Imparerà col tempo ad affinare le proprie capacità e a trovare la propria posizione, ma le sue esperienze pregresse rimangono un punto imprescindibile per comprendere a fondo la sua parabola artistica. Nel 1964, anno della sua prima mostra ufficiale, Broodthaers ha quaranta anni e innumerevoli lavori alle spalle. Non proprio un esordiente studente dell’accademia. Ho quarant’anni, sono ormai un buono a nulla. Un uomo in piena crisi di mezz’età. Una presentazione studiata a tavolino, diventata mitica, che racconta la volontà di Broodthaers di svoltare. Come poeta non ha successo, è poco noto, e vuole rimarcare la sua incapacità di vendere. Al di là del desiderio di creare un racconto, sono diversi i motivi che lo spingono a dedicarsi alle arti visive. In primo luogo, il desiderio di confrontarsi finalmente con un linguaggio che si sviluppa nello spazio reale e non solo in quello mentale o della pagina stampata.
Ancora più interessante però è la sua aspirazione a creare un rapporto diretto con il pubblico. In un’intervista in occasione di una mostra del 1974 ritornerà sulla questione . Broodthaers comincia a ragionare sul concetto di mediazione nel momento in cui il pubblico si trasforma da gruppo di lettori senza volto a insieme di persone con cui ci si può relazionare direttamente. La Galerie Saint Laurent è uno spazio espositivo particolare: a metà fra una galleria e una libreria, una mostra organizzata lì richiama alla mente l’installazione di Duchamp e Breton nella vetrina del Gotham Book Mart del 1945. Lo spettatore per arrivare all’esposizione deve attraversare i corridoi con gli scaffali di libri: l’ambiente ideale per un ex-poeta ancora in fase di transizione. Fra le prime sperimentazioni scultoree, spicca Pense-Bête alcune copie invendute del suo ultimo volume di poesie erano incollate da un blocco di gesso a cui si aggiungono due sfere in plastica rosa lucida. Le altre opere in mostra, che accompagnano le dichiarazioni già stampate sugli inviti, hanno ugualmente come protagonisti gli oggetti del fascino proibito di Broodthaers: i libri. L’artista esordisce con quanto gli è più familiare, in un rapporto ovidiano di odi et amo nei confronti dell’oggetto che aveva segnato i suoi primi quarant’anni di vita e da cui ora cerca faticosamente di allontanarsi. Nell’intervista già citata del ’74 ricorda la reazione del pubblico che lo aveva molto colpito. Questa finta reazione di delusione registra il gioco di ambiguità che Broodthaers già da queste prime esperienze sperimenta sulla specificità dei medium. Tratta i libri come oggetti ma si stupisce quando la gente li contempla come tali senza aprirli per leggerli. I primi anni di attività si caratterizzano in seguito proprio per la creazione di sculture-oggetti. Con alcune tematiche ricorrenti. I colori della bandiera del Belgio sono spesso presenti. Tre esempi. Fémur d’homme belge del 1964-1965 consiste in un femore dipinto in rosso, giallo e nero, e ha l’aspetto di una parodia del mito della razza e della nazione. Un simile trattamento lo subisce La Valise belge del 1964,, dipinta all’esterno e contenente alcuni oggetti tipicamente belgi . Les Fouilles, che fanno riferimento al critico ideatore del movimento del Nouveau Réalisme, presenta una serie di fantomatici ritrovamenti archeologici, che nel loro insieme paiono una parodia delle opere di artisti come César, Spoerri o Arman. Broodthaers e Restany si conoscono, e nel ’66 l’artista belga avrà l’occasione di esporre alla Galerie J della moglie del critico: oltre a Les Fouilles, gli dedicherà un’altra opera, Un Coup de Fil à Pierre Restany, in cui gioca sul senso letterale dell’espressione “coup de fil” in francese (“un taglio di filo”, fare una telefonata). Con gli artisti del Nouveau Réalisme condividerà alcune modalità di espressione, ma da un punto di vista concettuale se ne chiamerà sempre fuori, definendosi invece Pop. L’interpretazione delle correnti artistiche a lui contemporanee da parte di Broodthaers è opinabile, ma porta comunque a decisioni precise su come essere artista. In Les Fouilles alcuni frammenti nelle casse sono ancora dipinti con i colori della bandiera belga. Broodthaers insiste sulla propria identità nazionale. Nel momento in cui il Pop americano domina e influisce egemonicamente sulla scena artistica occidentale, dove tanta risonanza hanno le bandiere americane di Jasper Johns o le icone della cultura statunitense rappresentate da Warhol o Lichtenstein, l’artista belga oppone quanto è più proprio al suo paese. Non con spirito nazionalista, ma con grande capacità di autoironia, presentando la propria patria come il piccolo paese spesso provinciale e nato da contingenze storiche del tutto particolari, che lo hanno costretto a riunire gruppi linguistici diversi che difficilmente provano un senso di coesione e di comunità. In Grande Casserole del 1966, un pentolone nero rigurgita cozze dando l’impressione di essere costantemente sul punto di ebollizione. Pot Moule Coeur del 1966 è un contenitore in vetro pieno di cozze immerse in una resina trasparente. Tableau d’oeufs (meilleurs voeux) del 1966 è un semplice arrangiamento di sei uova su tela , accompagnate da altrettante firme “MB”, che ricorda gli Achrome di Piero Manzoni realizzati con pagnotte dipinte di bianco. Petite cage avec des oeufs (1965-1966) è un chiaro omaggio a Duchamp, mentre Frites è un piatto trionfante di patatine fritte in legno dipinte di nero. Tutto quello che un belga possa mai desiderare.
La riflessione sugli oggetti e sul loro significato nasce dalla lezione del connazionale Magritte, ritrovato a vent’anni dall’incontro del 1945 Magritte visita e apprezza la mostra alla Galerie Laurent nel 1964. Le opere di Broodthaers, che si distinguono per il ricorso a materiali organici e naturali (mentre gli artisti Pop si concentrano maggiormente su prodotti di creazione umana, anche se le Frites dell’artista belga possono essere accostate alle sculture in cui Claes Oldenburg ricostruisce vivande in cartapesta), sottintendono un significato che va ben oltre l’impatto visivo della facile riconoscibilità degli elementi. Le cozze, le uova, sono tutte contenitori svuotati. Contengono un vuoto, una forma in potenza, e rappresentano per questo la perfezione. La perfezione nella potenzialità e nel fungere da stampo per una forma perfetta. Broodthaers traduce in un linguaggio tridimensionale le figure retoriche della ripetizione e della metonimia, per cui si usa il nome del contenente per il contenuto. E realizza così un parallelo fra linguaggio scritto e linguaggio visuale, la materializzazione di un’idea in un oggetto che richiama alla mente la lezione di Kurt Schwitters. Pur riconoscendo in seguito l’influenza che ha subito da Segal, di cui già da “critico” aveva scritto, Broodthaers insiste sul concetto di vuoto. Che va interpretato anche alla luce di una concezione particolare dello spazio. Nel passaggio dallo scritto al visuale infatti Broodthaers opera una traslazione: passa da uno spazio fittizio, immaginario, ad uno concreto, tridimensionale. Nella visione dell’artista, il padre di questo passaggio fondamentale, che è alla base di tutta l’arte contemporanea (la cui più grande conquista nel suo pensiero è proprio questo nuovo dialogo fra spazio letterario e spazio reale), è Mallarmé. Con il suo poema Un coup de dés jamais n’abolira le hasard, scoperto dall’artista belga grazie a Magritte nel 1945, il poeta francese abbandona ogni convenzione di impaginazione per disporre liberamente nella pagina le parole e i versi. Broodthaers ritornerà spesso negli anni al poema di Mallarmé, che già lo aveva molto influenzato nei suoi componimenti poetici, traducendolo in diverse opere scultoree e libri d’artista. Fin da subito l’opera di Broodthaers non si può riassumere in una semplice produzione di oggetti. Si è vista la sua affermazione circa il cambiamento del suo pubblico, diventato reale nel momento in cui passa da essere poeta a essere artista. Il rapporto con il pubblico è fondamentale, le sue sculture sono fatte per essere esibite, osservate e comprate.
Nel momento sociale dell’esposizione guadagnano, nel loro insieme, il proprio valore. Broodthaers anche in età giovanile aveva nelle sue corde l’idea di performance e di arte come spettacolo e interazione. Durante la programmazione di film L’exploration du monde nel 1957 per esempio una volta presenta un film scozzese vestito in kilt, un’altra volta un film di Chaplin in un costume chapliniano. Dopo la svolta del ’64 realizza una serie di performance vere e proprie. In Sophisticated Happening by Marcel Broodthaers: Peinture sculpture musique nature critique poésie instinct clarté Dada Pop trap op, eseguita alla Galerie Smith di Bruxelles il 23 luglio 1964, un oggetto misterioso coperto da un telo è posizionato al centro dello spazio espositivo. Accompagnato da La Brabançonne, l’inno nazionale belga, Broodthaers lo scopre in maniera cerimoniosa, svelando una sedia dipinta di rosso, giallo e blu con sopra appoggiati dei gusci d’uovo. In seguito, comincia a leggere articoli recenti riguardo alla commercializzazione dell’arte. Exposition surprise invece, realizzata nel settembre del ’64 al Parc du Mont des Arts di Bruxelles, aiutato da un gruppo di colleghi artisti e poeti, dispone una selezione di sue opere in una mostra improvvisata nel verde, mentre in sottofondo dei musicisti caraibici e sudamericani suonano tamburi d’acciaio . In simili occasioni già si profila un artista che fa della mediazione il proprio strumento di espressione. Nel 1966 la galleria Wide White Space di Anversa ospita la mostra di Broodthaers Moules Oeufs Frites Pots Charbon. Nel catalogo l’artista si presenta come “re delle cozze” ,continuando scherzosamente il proprio gioco dei ruoli. Un’indicazione ancora più importante la dà in un altro catalogo, relativo alla prima Biennale di Lignano del 1968. Poche parole, ma fondamentali. Broodthaers non dice “ho creato”, o “ho assemblato”, ma “ho messo in scena”, vale a dire esposto. Affinando le proprie abilità artistiche Broodthaers farà delle mostre uno dei propri mezzi espressivi più importanti.
Le esibizioni verranno concepite come vere e proprie opere d’arte, come le performance irripetibili nella loro circoscrizione spazio-temporale. Il prossimo capitolo continuerà quindi con una selezione di alcune delle più significative mostre ideate da Broodthaers nel corso della sua carriera, volta a dimostrare le sue capacità di artista-curatore.
La mostra è così suddivisa :
Le Poesie industriali
“Quello che mi interessava era la deformazione che il materiale dava alla rappresentazione.” Broodthaers affida la produzione delle sue placche a una ditta che si occupa di stampare i cartelli stradali e le targhe con i nomi delle vie per la città di Bruxelles, gli stessi che forse hanno innescato l’interesse dell’artista per il processo di termoformatura. Questa tecnica, che si è rapidamente sviluppata negli anni sessanta, consiste nello scaldare delle lastre di plastica ad alta temperatura e sottoporle al processo di sottovuoto per farle aderire a uno stampo che crea la formatura in rilievo. Alla tecnica industriale basata sul principio di produzione di massa, l’artista contrappone la realizzazione manuale di un modello originale, composto da una base su cui posiziona e incolla elementi come lettere, segni e forme, prefabbricati o realizzati appositamente. A pressione avvenuta, questi elementi si distinguono dallo sfondo per il loro volume e, in alcuni casi, per i diversi colori applicati successivamente dai produttori. Impiegando questo processo Broodthaers realizza quasi sempre due versioni dell’opera simultaneamente ma, anche se concepite come positivo/negativo, pressoché nessuna placca è un’inversione esatta dell’altra. Nelle placche Broodthaers fa convivere aspetti industriali – quali la scelta del materiale e la produzione in serie – con metodi legati al mondo dell’arte, considerando ogni soggetto delle placche come un’edizione limitata a sette copie. Tuttavia, in parte anche a causa dei limitati mezzi finanziari, l’artista non produce quasi mai l’intera edizione di un soggetto in una volta sola. Alcune placche sono postume e un numero limitato esiste come “errori” dichiarati da Broodthaers stesso, contraddicendo i principi sia dell’edizione limitata assoluta sia dell’oggetto d’arte.
In occasione di questa mostra, confrontando un grande numero di copie dello stesso soggetto, è stato possibile scoprire variazioni di colore e di composizione, alcune intenzionali, altre del tutto casuali, che a loro volta smentiscono il principio dei multipli d’arte. Con la produzione delle placche e il modo in cui le concepisce e le presenta, Broodthaers riesce a palesare l’ambivalenza tra oggetto industriale riproducibile e opera d’arte originale e unica.
Le prime placche
Académie I, Académie II [Accademia I, Accademia II] è il primo soggetto della serie di trentasei placche in rilievo realizzate da Broodthaers fra il 1968 e il 1972. Il titolo piuttosto incongruo in un periodo caratterizzato dall’antiaccademismo nelle arti e dalla contestazione sociale sulla scena internazionale, rende bene il tono delle placche e colloca questi Poèmes industriels fra il retaggio di un passato recente, il movimento di contestazione sociale del Maggio ’68 e l’affermarsi di una pratica artistica critica nell’era della pubblicità e della comunicazione visiva. Le parole “Académie I” e “Académie II” spiccano dallo sfondo, rimandando innanzitutto all’Académie française del XVIII secolo, quella di Diderot e Voltaire, e alludendo alle tre principali scuole di filosofia dell’Akademeia di Platone.
Téléphone [Telefono] è il secondo soggetto concepito da Broodthaers. Con il testo monocromo appena leggibile e la tattilità del rilievo, Téléphone sollecita diversi dei nostri sensi. Il formato continuo del testo ricorda lo stile telegrafico o la scrittura Braille. La ripetizione “Je je je je je je je je” (io) richiama la sua poesia Ma rhétorique (La mia retorica) del 1961 e verrà poi ripresa in altri testi come la lettera aperta del 7 giugno 1968 esposta in mostra, nella quale troviamo la ripetizione del pronome personale “io” e la frase “Je dis je” (io dico io). Un’altra lettera aperta alla quale Broodthaers associa dichiaratamente e formalmente la placca Téléphone, è quella del 7 settembre 1968 in cui l’artista annuncia l’apertura imminente del suo Musée. Alla fine di questa, le parole “Oggetto Metallo Spirito” disposte come quelle al fondo della placca, traducono il suo desiderio di far incontrare la poesia con l’arte visiva.
Le Drapeau noir (tirage illimité) [La Bandiera nera (tiratura illimitata)] è stata realizzata in due versioni: la prima nel giugno 1968 con i nomi delle città in cui le manifestazioni studentesche hanno innescato il movimento di contestazione sociopolitica che ha scosso il mondo occidentale dell’epoca, e la seconda dopo maggio 1969, in cui l’artista aggiunge altre tre città, Praga, Città del Messico e Berkeley, per far capire come l’ondata di protesta sia arrivata in tutto il mondo. I vari elementi della composizione creano un rebus, un enigmatico doppio senso che permette all’artista di prendere le distanze dai dogmatismi, dalla propaganda e dalle ideologie totalitarie. Anche la dicitura “tirage illimité” (tiratura illimitata), che compare pure nella sua lettera aperta del 27 giugno 1968, evoca il concetto di accessibilità universale e il desiderio di vedere la placca “propagare all’infinito la lunghezza d’onda della poesia.” Nelle due placche Multiple (Multiplié) illimité [Multiplo (Moltiplicato) illimitato] e Multiple (Multiplié) inimitable [Multiplo (Moltiplicato) inimitabile] il tema principale è la riproducibilità dell’arte attraverso il multiplo. Per definizione, un multiplo non è unico, ma prodotto in serie, “moltiplicato” per superare i privilegi, la rarità e l’esclusività. Broodthaers rende ancora più complesso questo status definendo le sue placche “multipli inimitabili illimitati”, introducendo un ossimoro, una contraddizione fra i concetti di imitazione del modello “originale” autentico e l’opera d’arte come merce standardizzata illimitata.
Musée d’Art Moderne, Département des Aigles
Ispirandosi al contesto insurrezionale del Maggio ’68 e seguendo la produzione dei suoi primi Poèmes industriels, Broodthaers istituisce un museo fittizio, il Musée d’Art Moderne, Département des Aigles. Ne annuncia l’apertura nella lettera aperta del 7 settembre 1968 e lo inaugura ufficialmente il 27 settembre con la prima sezione, Section XIXe siécle. Il Musée, situato presso la sua abitazione al civico 30 di Rue de la Pépinière a Bruxelles, è al tempo stesso casa di famiglia, spazio conviviale, palcoscenico di un progetto, luogo di lavoro, di discussione e dibattiti politici, di eventi e apertura al pubblico. Nel suo Musée d’Art Moderne, Broodthaers fa del complesso apparato museale un soggetto su larga scala. Questo progetto lo occupa quasi a tempo pieno per quattro anni, durante i quali allestisce dodici sezioni temporanee del museo in sette città in Belgio, Olanda e Germania. Le sezioni sono dedicate a periodi storici, come il XVII e il XIX secolo; a forme d’arte, come l’arte popolare o il cinema; ad attività amministrative, come la documentazione e la pubblicità e a temi specifici, come l’aquila o il fallimento dello stesso museo. Con alcune rare eccezioni, le opere d’arte sono assenti dalle mostre del Musée d’Art Moderne, Département des Aigles dove, a seconda della sezione e della sede, si potevano invece ammirare casse per imballaggio vuote, lettere, cartoline, fotografie, film, diapositive e iscrizioni dipinte direttamente sui muri e sulle finestre. Dal 1968 al 1972 l’attività artistica di Broodthaers coincide per lo più con quella di direttore/curatore autoproclamato di questa istituzione itinerante. Il contenuto delle Poesie industriali così come quello delle lettere aperte, è spesso strettamente legato al progetto del Musée e, di conseguenza, ad aspetti del mondo dell’arte e delle sue istituzioni. Si può quindi supporre che l’aggettivo “industriale” non si riferisca solo alla produzione delle placche, ma anche al contesto tematico in cui si collocano le opere, ovvero l’industria culturale che proprio all’epoca di Broodthaers cominciava a entrare sempre di più nella vita contemporanea.
Musée d’Art Moderne, Les Aigles, Section XIXe siècle (Les Portes)
[Museo d’Arte Moderna, Le Aquile, Sezione XIX secolo (Le Porte)] è l’unico soggetto realizzato da Broodthaers in un formato così grande da avvicinarsi alle dimensioni di una porta vera. Nell’opera due placche verticali distinte sono messe una accanto all’altra per rappresentare una porta finestra, ognuna divisa in due da un’intelaiatura orizzontale e delimitata lateralmente da un’intelaiatura verticale con forme regolari e irregolari che rappresentano i mattoni e le pietre di un muro. I riquadri sembrano contenere dei vetri attraverso i quali si può leggere a caratteri maiuscoli “Musée d’Art Moderne” a sinistra e “Les Aigles Section XIXe siècle” a destra. Linee diagonali bianche, nere o blu, evocano una pioggia battente. Tre gocce di pioggia scorrono lungo i vetri e forme irregolari, che ricorrono simili in molte altre placche, fluttuano come nuvole o formano vapori brumosi. Se le parole sulle finestre del Musée erano destinate a essere lette dall’interno, l’effetto ottico creato dalle placche porta lo spettatore all’esterno, sotto la pioggia battente, a contemplare l’entrata del Musée come una promessa di rifugio. Tra le placche palesemente legate al Musée vi è Museum, enfants non admis [Museo, bambini non ammessi]. La parola latina “MUSEUM” campeggia al centro della placca in caratteri maiuscoli dorati che le conferiscono nobiltà e autorevolezza. Sotto, in un carattere più piccolo, l’avvertimento in rosso “enfants non admis” si ispira al linguaggio della segnaletica stradale o delle regole e istruzioni rivolte agli utenti delle istituzioni pubbliche. I tre puntini di sospensione rossi, in basso a sinistra, precedono la fine di una frase che colloca questo museo in una durata interminabile, indefinita e improbabile: “…toute la journée, jusqu’à la fin des temps.” (tutto il giorno, fino alla fine dei tempi). Questa espressione, così come il riferimento alle funzioni museali e alle forme accademiche, verranno ripresi e riformulati nella lettera aperta del 19 settembre 1968 qui esposta: “On joue ici tous les jours, jusqu’à la fin du monde” (qui si gioca tutti i giorni fino alla fine del mondo). Broodthaers mantiene anche un legame compositivo fra la placca e la lettera scritta dal suo Musée d’Art Moderne, Département des Aigles. La placca Chez votre fournisseur (Le Vinaigre des Aigles) [Presso il vostro fornitore (L’Aceto delle Aquile)] evoca il museo di Broodthaers attraverso la figura dell’aquila, un soggetto ricorrente nell’opera visiva dell’artista di cui la fonte, come ha spiegato lui stesso, è un passo di una sua poesia datata agosto 1949: “O Tristesse envol de canards sauvages / Viol d’oiseaux au grenier des forêts / O mélancolie aigre château des aigles”. L’ultimo verso esprime il simbolismo dell’aquila, nel quale è ancorato il Musée d’Art Moderne, Département des Aigles, come metafora di solitudine e melanconia, ma anche di imperialismo, guerra e autorità. Broodthaers spiega come “aigre château des aigles” sia diventato “vinaigre des aigles”, e poi Département des Aigles: “È una reminescenza letteraria.” Il dittico Section XVIIe siècle [Sezione XVII secolo] introduce un nuovo capitolo nella storia del Musée di Broodthaers inaugurato ad Anversa il 27 settembre 1969. Subito dopo la chiusura della Section XIXe siècle, anche questa nuova sezione esponeva casse di trasporto vuote, scritte dipinte su vetri e una ventina di cartoline appese al muro che riproducevano dei capolavori del XVII secolo di Pieter Paul Rubens.
Magritte, Mallarmé e altri modelli
René Magritte è uno dei principali modelli di riferimento di Broodthaers, a tal punto che l’artista si considera il suo erede critico. In molte opere, visive e letterarie, Broodthaers rimanda chiaramente al maestro, come nel caso della placca Rue René Magritte Straat nella quale, oltre all’iscrizione e ai mattoni, pure la nuvola in alto a sinistra evoca Magritte, ricordando il tipico sipario citato da Broodthaers anche nella lettera aperta del 27 agosto 1968: “Una delle conseguenze impreviste della mia attività è stata la riscoperta di Magritte. Ho potuto scostare il sipario intessuto dai surrealisti che nasconde l’elemento di attualità della sua opera.” Ispirandosi a “Ceci n’est pas une pipe” nel celebre quadro Il tradimento delle immagini (1928-1929) di Magritte, Broodthaers rappresenta con humour un cartello stradale che a ben guardare è solo l’immagine di un cartello stradale e, inoltre, di uno che non esisteva ancora, poiché Magritte era morto soltanto l’anno prima. Del resto, la piccola targa di sbieco “Rue René Magritte Straat” è realizzata con la stessa plastica termoformata delle placche vere, la cui tecnica richiama a sua volta i cartelli stradali e pubblicitari smaltati. Broodthaers produce così una mise en abîme, amplificata dalle proporzioni e dal colore della cornice nella cornice. Al centro di Modèle : la pipe [Modello: la pipa] si vede raffigurata una pipa circondata e in parte coperta da sbuffi di fumo a forma di tasselli di puzzle. La versione positiva della placca riprende i colori della bandiera nazionale belga, mentre le sfumature di marrone della versione in negativo evocano il colore del tabacco. La scritta “Modèle : la pipe” sotto il pittogramma rimanda a “Ceci n’est pas une pipe” di Magritte. Broodthaers definisce il pittore surrealista e la pipa dei “modelli”, degli esempi fondamentali dai quali possono nascere segni come riferimento, copia o indice. In Modèle : la virgule [Modello: la virgola], realizzata in una sola versione, vediamo una virgola sopra il fornello della pipa e in basso, in grandi caratteri maiuscoli, il titolo. Le caratteristiche e la composizione della placca sembrano unire Il tradimento delle immagini di Magritte con la spazializzazione del linguaggio e della punteggiatura di un altro dei principali modelli di riferimento di Broodthaers: Stéphane Mallarmé. Per Mallarmé – poeta della musicalità suggestiva, della poetica associativa e del caso nella strutturazione e destrutturazione del significato – la contropartita del silenzio della lingua costituisce la struttura di base della poesia, che impone al testo un ritmo di presenza e assenza. Riprendendo e ampliando questo concetto, Broodthaers mette in risalto la virgola sia per il suo effetto decorativo sia come “modello” temporale, in quanto segno di punteggiatura che dà un ritmo, così da farne un elemento (tipo)grafico dirompente e presentare un nuovo modo di scrittura, lettura e interpretazione dei testi. Tutte le versioni di Pipe alphabet [Pipa alfabeto] sono state prodotte verso il 31 ottobre 1969, data della lettera aperta in cui Broodthaers cita per la prima volta la Section Littéraire del suo Musée. Se il motivo della pipa ricorda l’imagerie di Magritte, il gioco con le lettere, la punteggiatura, la spaziatura e i riferimenti indicizzati sono strettamente legati alla placca L’Alphabet (L’Alfabeto) e alla misteriosa poesia di Mallarmé Un coup de dés jamais n’abolira le hasard (Un tiro di dadi mai abolirà il caso, 1897), che Magritte mostra a Broodthaers quando si conoscono a metà degli anni quaranta. Broodthaers considera Mallarmé non solo un poeta rivoluzionario, ma addirittura il fondatore dell’arte moderna, perché è riuscito a richiamare l’attenzione del lettore sulle qualità visive della poesia, un potenziale che anche lui cerca di sviluppare il più possibile nella sua stessa opera. Livre tableau ou Pipes et formes académiques [Libro quadro o Pipe e forme accademiche] è strutturato come un dittico pittorico o un libro aperto, con il taglio che si vede chiaramente nel mezzo. Il positivo e il negativo di questa placca contengono dieci forme geometriche fondamentali, presentate in prospettiva, e due pittogrammmi di pipa. Sotto ogni figura si trova l’abbreviazione “Fig.” che in generale è usata come riferimento indicizzato per collegare un’immagine alla sua didascalia in un libro illustrato e implica la percezione ma non ancora l’interpretazione, associando l’ambito visivo a quello linguistico, il reale all’astratto. In Livre tableau ou Pipes et formes académiques Broodthaers scombussola il sistema delle strutture primarie universali, basato sulle forme geometriche elementari, contrapponendo il campo simbolico rappresentato dalla pipa di Magritte. Fig. 1 Fig. 2 (Pipes cassées) [Pipe rotte], è il seguito visivo e concettuale di Livre tableau. L’artista riprende la stessa struttura a dittico, così come altri elementi della composizione, ma nel disordine più totale. Contrariamente alle “Fig.” di Livre tableau, queste non hanno più la funzione di rimandare a un’illustrazione, ma sono immagini e segni a pieno titolo. Qui, l’ordine visivo e il rigore del sistema di classificazione stabilito e sovvertito in Livre tableau implodono letteralmente. Fig. 1 Fig. 2 (Pipes cassées) è l’ultima apparizione del motivo della pipa nelle placche di Broodthaers. L’espressione francese “se casser la pipe” significa “morire” e forse l’orologio nell’angolo in basso a destra simboleggia proprio il tempo che passa. Il soggetto della pipa si ritrova anche nell’Interview avec le chat [Intervista al gatto]. Un’opera sonora realizzata a Düsseldorf nel 1970, in cui sembra che Broodthaers sottoponga al suo gatto il quadro di Magritte, interrogandolo su questioni legate all’arte contemporanea, alla figurazione/astrazione e al mercato, alle quali il gatto risponde con miagolii che diventano sempre più frequenti e stridenti man mano che l’intervista procede. La conversazione si trasforma quasi subito nella ripetizione da parte di Broodthaers della celebre frase “Ceci est une pipe; ceci n’est pas une pipe”, inframmezzata dall’incessante miagolio dell’intervistato, e si conclude dicendo che è stata registrata presso il Musée d’Art Moderne, Département des Aigles che in quel momento l’artista aveva trasferito a Düsseldorf. Il desiderio di Broodthaers di superare l’antitesi magrittiana fra l’oggetto reale e la sua rappresentazione emerge anche nel suo ricorso non dogmatico e pionieristico al mezzo filmico nel quale affina ulteriormente il rapporto fra immagine e concetto, in un’incessante analisi del potenziale espressivo di segni e simboli. Come si può vedere nella proiezione La Pipe (Gestalt, Abbildung, Figur, Bild) [La Pipa (Forma, Illustrazione, Figura, Immagine)], Broodthaers infrange molte regole del medium filmico: sperimenta con la bidimensionalità, gioca con i contrasti fra immagine statica e immagine in movimento, fra oggetti quotidiani e simboli – come la pipa – e usa i sottotitoli per corredare le immagini con testi scritti. Nel film La Pipe, gli oggetti appaiono e scompaiono dietro una nuvola di fumo che sembra uscire dalla pipa. Broodthaers pone il pubblico davanti all’arbitrarietà esistente fra l’oggetto reale e la sua rappresentazione visiva (anche filmica) o linguistica, rafforzando questo concetto anche attraverso i termini “Bild” (immagine), “Bildung” (figurazione) e “Gestalt” (forma). Puzzle (Triangle) [Puzzle (Triangolo)] e Plaque vide [Placca vuota] sono le uniche placche della serie di trentasei soggetti sulle quali non ci sono lettere o testi. In Puzzle (Triangle) gli unici motivi presenti sono il pittogramma normalmente utilizzato nei cartelli stradali per mettere in guardia gli utenti da potenziali pericoli e delle nuvole di fumo nere.
Plaque vide è interamente bianca e non presenta rilievi, a parte la cornice nera. Il supporto vergine, con la sua negazione o rappresentazione cancellata, fa eco all’assenza di opere d’arte nel Musée d’Art Moderne, Département des Aigles di Broodthaers. Plaque vide ricorda inoltre anche il concetto di “significante vuoto o fluttuante” in semiotica, unità elementare di base, priva di contenuto, referente o eccesso di significato.
La “parete Bassenge”
Fra marzo e aprile del 1969, Broodthaers espone per la prima volta alla Galerie Gerda Bassenge di Berlino una quindicina di placche con i soggetti che aveva realizzato fino ad allora, che dispone su più livelli e colonne, occupando un’intera parete. Questo allestimento, che evoca una facciata densa di pubblicità con un eccesso di messaggi e immagini che le rende illeggibili, è stato poi ripreso in altre occasioni e riproposto anche in questa mostra.
In Porte A [Porta A] la scritta “Porta A” ricorda le indicazioni e la segnaletica che servono a facilitare l’orientamento all’interno delle istituzioni pubbliche, suggerendo al tempo stesso la possibile presenza di altre entrate e uscite. Le parole sulla placca sono una serie di opposti che descrivono un’architettura – della porta e dello spazio in cui questa conduce, ma anche della placca stessa: entrata/uscita, larga/stretta/, legno/acciaio. Tutti i nomi e gli aggettivi scelti da Broodthaers evocano l’ambiguità del linguaggio e mettono in discussione la chiarezza che ci si aspetta da un’istituzione storicizzata quale un museo, come suggerisce la parola “musée” in basso. Influenzata dai giochi linguistici di Magritte, e in particolare dal suo utilizzo della scrittura in pittura e dal ricorso alla spaziatura tipografica di Mallarmé, la creazione di Broodthaers, composta da parole fluttuanti e isolate, suggerisce la liberazione delle parole e dei loro significati, svincolati da regole grammaticali e sintattiche.
In 1. David 2. Courbet 3. Ingres 4. Ingres 5. Wiertz, Broodthaers presenta questi quattro pittori come personalità chiave del suo Musée d’Art Moderne, Département des Aigles, Section XIXe siècle. Eccezione fatta per Antoine Wiertz, erano tutti presenti nel Musée attraverso una serie di cartoline affisse alla parete che riproducevano i loro capolavori. Per Broodthaers questi artisti incarnavano l’insorgere di idee radicali, di nuove forme espressive e di una riorganizzazione societaria. Jacques-Louis David era uno dei capifila del movimento neoclassico repubblicano, mentre Gustave Courbet è considerato il padre del movimento realista. Wiertz era un pittore di cui Broodthaers stimava l’opera e il ruolo nella storia dell’arte. Jean-Auguste-Dominique Ingres era noto per aver inventato l’idealismo estetico del repertorio classico. Broodthaers ripete due volte il suo nome e il colore di questa versione della placca potrebbe ispirarsi ai preziosi tessuti blu e oro della misteriosa La Grande Odalisque (1814), quadro esposto come riproduzione su cartolina nella Section XIXe siècle di Broodthaers.
Sezione Cinema
Broodthaers s’interessa al mezzo filmico a partire dagli anni cinquanta. Egli considera le sue innovazioni tecniche e le sue istituzioni, come il cinema, mezzi decisivi per la creazione della cultura e della storia moderna. Contrariamente alle convenzioni classiche del medium, i suoi film si caratterizzano per un approccio libero che contempla, ad esempio, l’utilizzo di tecniche cinematografiche del passato. Nell’ottobre 1970, Broodthaers trasferisce il suo Musée d’Art Moderne, Département des Aigles a Düsseldorf dove prende in affitto lo scantinato sotto la sua abitazione di Burgplatz e inaugura Cinéma Modèle, una rassegna cinematografica di cinque settimane che può essere considerata una versione preliminare della Section Cinéma. La rassegna prevedeva la proiezione di film rispettivamente dedicati a un artista o a uno scrittore che Broodthaers considerava modelli di riferimento: Jean de La Fontaine (Le corbeau et le renard) [Il corvo e la volpe], Kurt Schwitters (La Clef de l’horloge) [La chiave dell’orologio], Magritte (La Pipe) [La pipa], Mallarmé (La pluie) [La pioggia] e Charles Baudelaire (A Film by Charles Baudelaire) [Un film di Charles Baudelaire].
In Cinéma Modèle [Modello Cinema], la doppia cornice delle placche di plastica ricorda uno schermo di proiezione. Il motivo della virgola, che si riscontra soprattutto nelle placche più letterarie ispirate a Mallarmé, compare in dimensioni e colori diversi, quasi come la rappresentazione visiva di altrettanti “modelli” di cinema. Gli orologi che segnano mezzogiorno e mezzanotte sono un altro rimando al tempo e alla sequenzialità dei film.
In Modèle (virgule, point) [Modello (virgola, punto)] la punteggiatura predomina sul testo, diventando al tempo stesso poesia-immagine e immagine-oggetto. Di questo soggetto risulta una sola versione. La composizione, ridotta all’essenziale, e la spaziatura ricordano l’utilizzo dello spazio bianco nella poesia di Mallarmé, che trova il suo equivalente nel silenzio. Nelle placche precedenti, Broodthaers gioca con numerosi aspetti, ritmi ed effetti tipografici della punteggiatura; qui, invece, la sua insistenza sui segni (punti e virgole) diventa il soggetto centrale della placca e il “modello”, proprio come recita l’iscrizione. Allo stesso indirizzo in cui ha luogo la rassegna Cinéma Modèle, Broodthaers inaugura due mesi dopo, nel gennaio 1971, la Section Cinéma del suo Musée d’Art Moderne, Département des Aigles. Questa sezione si articolerà in due momenti: il primo, dall’inaugurazione fino alla chiusura nel giugno 1972, commentato dall’artista come segue: “Con mio grande rammarico, la realtà poetica è superata. Cosa resta? Il pessimismo e un museo che fa riflettere, un luogo di comunicazione e non un rifugio per opere d’arte” e il secondo intitolato “Théorie des Figures” (Teoria delle Figure) che durerà da giugno a ottobre 1972. Tra le placche direttamente legate a questo capitolo del suo museo, vi è Museum – Musée, Section Cinéma [Sezione Cinema]. Broodthaers realizza inizialmente la versione rettangolare che rimane un prototipo unico. Per la seconda versione della placca decide di scontornare la freccia che sembra orientare verso il Museum – Musée, Section Cinéma. Tuttavia, una seconda freccia più piccola, all’interno di quella più grande, rivolta nella direzione opposta, sconcerta e scombussola l’orientamento. Per quanto possa sembrare funzionale, il cartello illustra un “controsenso”, rispecchiando forse le riflessioni controcorrente di Broodthaers sul cinema e sul museo in quanto istituzioni. Queste due placche M.B. riproducono le iniziali dell’artista ingrandite e in rilievo, così come l’ultimo dei ventiquattro fotogrammi con cui è composto il suo film in bianco e nero della durata di un secondo, intitolato Une seconde d’éternité (D’après une idée de Charles Baudelaire) [Un secondo d’eternità (Da un’idea di Charles Baudelaire)], prodotto nel 1970 e qui proiettato. Osservando attentamente le lettere sulla placca si nota che sono state realizzate in ventiquattro tratti, lo stesso numero di fotogrammi necessari a dare l’illusione di movimento per un secondo di film in stop motion. Broodthaers utilizza spesso la celluloide come supporto e anche in questo caso ha dipinto i tratti della sua firma con l’inchiostro di china direttamente sulla pellicola 35 mm. Il film e le placche di Broodthaers, così come altre opere che hanno lo stesso soggetto, sono una critica all’ossessione del mercato dell’arte sulla firma dell’artista come prova di autenticità e valore.
Lettere, letteratura e poesia
L’Alphabet [L’Alfabeto] esiste in due versioni principali (A e B) che formano un dittico. Mentre alcune versioni mettono l’accento su esperimenti con codici di colori, altre sembrano concentrarsi su segni di punteggiatura sovradimensionati, come a stravolgere l’ordine e l’autorevolezza apparenti dell’alfabeto latino che riproducono parzialmente. Il tema, la materialità e la disposizione di L’Alphabet rivelano l’interesse di Broodthaers per le molteplici possibilità sensoriali della lettura, dello spazio e del ritmo. Le idee veicolate in questa placca ruotano nuovamente intorno a Mallarmé. Il desiderio di portare la poesia o il linguaggio e la scrittura nelle arti visive è un tema fondamentale dell’opera artistica di Broodthaers ed emerge chiaramente anche nel film La pluie (projet pour un texte) [La pioggia (progetto per un testo)]. All’inizio della pellicola si vede Broodthaers che sta scrivendo e all’improvviso è travolto da una pioggia chiaramente artificiale. L’artista continua a scrivere imperterrito sotto una cascata d’acqua sempre più impetuosa. La pioggia cade sulla cassetta usata come tavolino e sul quaderno, cancellando la scrittura e facendo traboccare il vasetto d’inchiostro. Broodthaers non sembra affatto disturbato da quello che sta succedendo intorno a lui e continua a scrivere. L’acqua forma delle chiazze che si mescolano all’inchiostro. Nell’ultima immagine, Broodthaers posa finalmente la penna. La pagina è coperta di macchie d’inchiostro confuse e annacquate. In quel momento compare in sovraimpressione la scritta “progetto per un testo”. Il progetto di Broodthaers di liberare la scrittura e il linguaggio dalla pagina è altrettanto illustrato nei suoi esperimenti con l’argilla, con cui infrange i codici meccanici della comunicazione stampata e stravolge la perfezione grafica dei caratteri standardizzati. Contrariamente alla maggior parte delle altre placche e ai loro stampi, composti da un insieme di forme in legno e metallo facilmente reperibili o personalizzabili, tutti i caratteri per a, air [a, aria] sono stati realizzati dall’artista in argilla. La tattilità del loro spesso rilievo contrasta nettamente con i segni riproducibili meccanicamente e dalla forma perfetta delle altre placche. Se le lettere generiche o i font dei caratteri di base usati nella realizzazione stampata possono essere considerati stampi vuoti, significanti fluttuanti che si possono riempire di diversi significati, i segni realizzati a mano da Broodthaers sono unici e diventano il soggetto della placca, sia nel senso di soggetto dell’opera sia come portatori di soggettività dell’artista che li ha realizzati. Le placche L’oie, l’aile [L’oca, l’ala] sono un enigma simbolista che il lettore/ spettatore è invitato a decifrare. Se a prima vista queste placche sembrano seguire la consueta logica positivo/negativo, la differenza nella composizione denota una struttura più complessa. Concepite come dittici, la seconda riga di ogni rilievo è occupata da una parola in un carattere più piccolo: “L’oie” in positivo, “l’aile” in negativo. L’artista propone due livelli di lettura, il primo basato sulle parole e sul loro significato, il secondo sulla composizione, sui segni grafici e sul modo in cui articolano, imitano o illustrano un concetto e/o un’idea. Una terza lettura decisamente ludica delle parole può essere fatta ad alta voce: in francese la pronuncia della lettera “l” suona come la parola “aile”, ala, ma anche come il pronome femminile “elle”, che può riferirsi sia a “l’ala” sia a “l’oca”. Broodthaers esplora la musicalità, il ritmo e la logica associativa della lingua parlata, collegandosi alla poesia sonora d’avanguardia o alle origini della poesia nel canto.
Société [Società] sembra la trascrizione di appunti volanti su un foglio di carta che rivela una concatenazione di idee, preparatoria alla stesura di un testo. Le lettere, le parole, i segni di punteggiatura e i pittogrammi sembrano rinchiusi in scatole rettangolari e quadrate impilate in una disposizione che ricorda un muro di mattoni. Tutte le parole sono evocative e suggestive, senza tuttavia formare una frase compiuta dal punto di vista sintattico. Di conseguenza, anche la placca può essere letta come un insieme di elementi linguistici accuratamente scelti per la loro sonorità o per il loro effetto tipografico. Société, che rimanda alla composizione tipografica con i caratteri in piombo, rivela la ricerca di Broodthaers sulla tipografia, sulla forma grafica dei caratteri e sui processi di stampa. Anche questa placca ricorda le ricerche strutturali di Mallarmé e la sua ambizione di scrivere la poesia definitiva, rimandando in particolare alla sua poesia (tipo)grafica Un tiro di dadi mai abolirà il caso. Broodthaers gioca anche sull’assenza di significato immediato e chiaro, ispirandosi alla tradizione della poesia visiva e concreta, così come alla poesia associativa simbolista. Nella sua frontalità, la placca è l’unione di letteratura e arte visiva. Nel 1972 Broodthaers decide di mettere fine al progetto del Musée d’Art Moderne, Département des Aigles nel momento stesso in cui riceve un riconoscimento istituzionale. Quell’anno, dopo essere stato presentato in piccole gallerie, musei regionali o luoghi privati, il Musée è stato incluso nella documenta 5 di Kassel, la celebre edizione curata da Harald Szeemann che porta le strategie dell’arte concettuale alla ribalta nel discorso artistico internazionale. Con la chiusura del museo si conclude anche la produzione delle Poesie industriali e, qualche anno dopo, nel 1974, quella delle lettere aperte. In occasione della mostra è stato pubblicato il catalogo “Marcel Broodthaers. Lettere aperte e conversazioni “ a cura di Francesca Benini alcune lettere sono state tradotte in italiano questo catalogo è stato coedizione tra Casagrande e MASI Lugano.
MASI – Museo d’Arte della Svizzera Italiana – Lugano
Marcel Broodthaers – Poesie Industriali
1 Maggio 2022 al 13 Novembre 2022
dal Martedì al Venerdì dalle ore 11.00 alle ore 18.00
Giovedì dalle ore dalle ore 11.00 alle ore 20.00
Sabato e Domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00
Lunedì Chiuso