Tradizionalmente, come noto, la disciplina delle “cose d’arte” è stata imperniata su di un principio “difensivo”, teso ad assicurare “la conservazione, l’integrità e la sicurezza”(1). A ciò si aggiunge, originariamente, la natura demaniale ed incommerciabile delle “cose d’arte”(2).
Il carattere pubblico della fruizione e del godimento del bene culturale è frutto solo di un’ideale illuministico, proprio dell’epoca in cui la tutela non è più intesa come pura conservazione ma come strumento di crescita culturale. Di ciò è testimone l’articolo 9 della Costituzione, laddove prescrive che "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione".
L’idea che il bene culturale non appartenga più allo Stato ma sia oggetto di “fruizione” pubblica è rafforzata poi dall’articolo 33 della Costituzione in cui si stabilisce che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Si passa, dunque, da un’idea statica della tutela ad un’idea dinamica della gestione del bene culturale ed è proprio in questo che si innesta il tema della “valorizzazione” del bene culturale stesso.
Il concetto di “valorizzazione” dei beni culturali è, tuttavia, di conio recente (3) ed, in sostanza, con tale terminologia si fa riferimento a tutte quelle attività utili ad apprestare i mezzi necessari a consentire e/o migliorare la possibilità di accesso conoscitivo ai beni culturali, così da agevolare l’apprendimento dei valori degli stessi beni. Il concetto di valorizzazione, pertanto, diviene di più ampia portata rispetto a quello di tutela del bene culturale: in esso, infatti, si può ricomprendere qualsiasi iniziativa ed attività che sia posta “a favore” del bene culturale. Ed è proprio in quest’ottica che l’attività organizzativa di mostre di opere d’arte rientra nel concetto di valorizzazione.
L’autorizzazione per l’organizzazione di eventi espositivi e mostre di opere d’arte trova la propria disciplina nell’art. 48 del Codice dei Beni culturali. Al di là di quanto espressamente previsto da tale norma, preme evidenziare come la stessa sia necessariamente connessa ai concetti di fruizione e di circolazione del bene culturale, anch’essi disciplinati nel medesimo testo normativo.
Superati alcuni limiti imposti dal legislatore, i principi normativi in materia di fruizione e circolazione di opere d’arte, soprattutto in periodi come quello attuale di indiscussa crisi finanziaria, dovrebbero trovare ampia applicazione, atteso che i beni culturali dovrebbero rappresentare per lo Stato Italiano dei mezzi strategici per giungere a trovare delle soluzioni innovative.
In tale ambito, la soluzione potrebbe essere quella che prevede, per fini espositivi, la circolazione ed il prestito di opere d’arte sia in ambito nazionale che internazionale con lo scopo di mettere a reddito i beni culturali senza che lo Stato Italiano perda la disponibilità degli stessi. Le forme di prestito onerose, però, sono limitate tanto dall’attuale disciplina legislativa italiana in materia di circolazione di beni culturali quanto da alcuni principi di diritto transnazionale.
La disciplina italiana in materia di circolazione e prestiti di beni culturali è dettata da due principali fonti:
- il D.Lgs. 22.01.2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio(4);
- i Principi generali per la gestione dei prestiti e lo scambio di opere d’arte tra istituzioni culturali approvati nel 1995 e rivisti nel 2001(5).
Come noto, le norme sulla circolazione hanno avuto da sempre lo scopo di proteggere le opere d’arte dello Stato Italiano e di far si che le stesse fossero utilizzate all’interno del nostro territorio, considerando il prestito ad istituzioni estere come “eccezione”.
Ciò appare chiaro ove si considerino le seguenti norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio:
- artt. 53 e 54 con i quali si individuano i beni del demanio culturale ed i beni inalienabili;
- art. 58 che disciplina l’autorizzazione alla permuta;
- gli artt. 65, 66,67 e 71 in materia di circolazione internazionale;
- rt. 68 che disciplina l’attestato di libera circolazione.
Anche la normativa transnazionale (si vedano, ad esempio, i principi 10.1; 10.9; 1.2; 9.2 dei Principi generali per la gestione dei prestiti e lo scambio di opere d’arte tra istituzioni culturali) pur non precludendo la possibilità di stipulare accordi per il prestito oneroso di opere d’arte, auspica uno scambio “alla pari” tra le istituzioni. Come si evince dalla lettura delle norme citate, il concetto di circolazione dei beni culturali è connesso a quello di “prestito” dei beni stessi: termine, quest’ultimo, che costituisce il presupposto per l’organizzazione di mostre ed eventi espositivi di opere d’arte, quali attività di valorizzazione dei beni culturali stessi.
“Nei tempi moderni, quando il mostrare è globale all’interno del c.d. villaggio elettronico disegnato dai media televisivi, le mostre d’arte assolvono al ruolo prezioso di comunicare dal vivo emozioni, suggestioni e soprattutto sentieri, anche i più nascosti, della storia dell’uomo e della sua creatività”(6).
L’organizzazione di una mostra si divide in diverse fasi:
- l’iniziativa;
- lo studio di fattibilità tecnico-economica;
- la progettazione;
- l’approvazione del progetto;
- l’esecuzione.
Come detto, l’organizzazione delle mostre e delle esposizioni presuppone il prestito dell’opera d’arte ed, in particolare, l’autorizzazione a tale prestito.
La disciplina, sul punto, è diversa a seconda che tale prestito avvenga in ambito nazionale piuttosto che in ambito internazionale.
I principi legislativi del prestito di opere d’arte per mostre ed eventi espositivi che si svolgono nel territorio nazionale si leggono nell’art. 48 del Codice di beni culturali, in base al quale:
- il prestito può avere ad oggetto solo alcuni beni, ossia quelli indicati nelle lettere 1), b), c) e d) del comma 1;
- l'organizzatore dell'esposizione deve inoltrare, almeno quattro mesi prima dell'evento (art. 48, comma 2), la richiesta di prestito dei beni al Ministero ove l’autorizzazione abbia ad oggetto beni appartenenti allo Stato o sottoposti a tutela statale;
- la richiesta deve specificare: (i) il titolo; (ii) la tempistica di svolgimento; (iii) la sede espositiva, di cui dovrà fornire un rapporto sui sistemi di sicurezza (facility report); (iv) il progetto tecnico-scientifico della manifestazione con l'elenco dei pezzi e degli Uffici prestatori; (v) il responsabile della custodia delle opere in prestito; (vi) la stipula della polizza assicurativa a copertura di eventuali danni, per il valore complessivo dei beni concessi in prestito (art. 48, comma 4);
- deve essere garantita l'integrità e la sicurezza delle opere;
- l’organizzatore deve indicare il valore complessivo per cui intende assicurare i beni.
Per prassi, tra l'organizzatore e il prestatore viene stipulato un contratto di prestito in cui si indicano le condizioni di trasporto e le modalità della movimentazione. Il Ministero e/o le Soprintendenze prestatrici trasmettono alla Direzione Generale il parere di competenza ai fini del rilascio dell'autorizzazione. Al parere sono allegate le schede conservative delle opere contenenti i dati anagrafici del bene, il valore assicurativo e la documentazione fotografica, nonché il carteggio completo ricevuto dal richiedente. La Direzione Generale, acquisita tutta la documentazione e condotta l'istruttoria, ove il parere risulti positivo, emana il dispositivo autorizzativo, che è un decreto a firma del Direttore Generale.
L’autorizzazione, nella sostanza, viene concessa a condizione che la movimentazione non comporti alcun rischio per le opere e che, per i beni statali, venga assicurata la pubblica fruizione. In casi particolari, connessi alla peculiarità delle opere o alla rilevanza della manifestazione in rapporto alla politica culturale dell'Amministrazione, il progetto espositivo può essere sottoposto al parere del Comitato Tecnico-Scientifico per i Beni Archeologici.
Presupposto, invece, del rilascio dell’autorizzazione per il prestito all’estero di beni culturali italiani é il rilevante interesse culturale della manifestazione. L’uscita dall’Italia del bene culturale è, in ogni caso, temporanea ed avviene purché sia garantita la loro integrità e sicurezza (art.66).
Secondo il medesimo articolo 66, infatti, “non possono comunque uscire: a) i beni suscettibili di subire danni nel trasporto o nella permanenza in condizioni ambientali sfavorevoli; b) i beni che costituiscono il fondo principale dei una determinata ed organica Sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica”.
In questo caso:
- l’organizzatore della mostra ha l’obbligo di denunciare all’Ufficio Esportazione i beni che intende esportare, indicando per ciascuno di essi il valore venale ed il responsabile della custodia all’estero, al fine di ottenere il rilascio dell’attestato di circolazione temporanea (art. 71);
- l’Ufficio esportazione valuta la congruità del valore complessivo indicato dall’organizzatore e rilascia o nega, con parere motivato, l’attestato di circolazione temporanea avviando contestualmente, in quest’ultimo caso, il procedimento di dichiarazione d’interesse culturale;
- il termine per il rientro dei beni oggetto del prestito, suscettibile di proroga, non può mai essere, comunque, superiore a 18 mesi;
- nel caso i beni non appartengano allo Stato o ad enti pubblici, l’organizzatore garantisce l’uscita temporanea dei beni culturali tramite versamento di una cauzione, anche in forma di polizza fideiussoria, per un importo pari o superiore del dieci per cento al valore del bene. Qualora i beni non rientrino entro il termine stabilito la cauzione viene incamerata dal Ministero.
L’Ufficio Esportazione della Soprintendenza ha competenza solamente per le opere d’arte contemporanea, ossia quelle di autore vivente o comunque eseguite da meno di 50 anni. Per l’esportazione di tutti gli altri beni culturali è necessario rivolgersi invece all’Ufficio Esportazione oggetti d’arte antica, medioevale e moderna.
Alla luce di quanto dedotto, però, superare l’interpretazione diffusa della normativa citata e le finalità per cui è stata prescritta, consentirebbe di garantire una maggiore valorizzazione dei beni culturali. Al di là delle citate prescrizioni normative, infatti, la circolazione internazionale dei beni, compatibilmente con le esigenze della conservazione del bene medesimo, è divenuta uno strumento indiscutibilmente essenziale per la promozione della cultura.
In tale ambito, come detto, l’organizzazione di mostre ed eventi espositivi, anche in territori esteri, costituisce una delle principali forme di valorizzazione dei beni culturali.
Roma, 18.2.2014