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Il volume indaga un motivo ricorrente nelle opere giovanili di Caravaggio: la caraffa di vetro con fiori, presente nelle sue tele profane.
A partire dalla formazione lombarda, Merisi venne elaborando il soggetto, inserito in numerose e celebri composizioni dal Ragazzo morso dal ramarro, al Suonatore di liuto, al Ritratto di Maffeo Barberin, alla versione, nota attraverso copie, del Ragazzo con il vaso di rose, fino a giungere all’esemplare dipinto in forma isolata nello spazio già posseduto dal cardinale Francesco Maria Del Monte, suo  grande protettore e mecenate, ma di cui si sono perse le tracce.
Attraverso la disamina di queste opere che, costituendo i primi esempi di natura morta "pura" ebbero un ruolo generativo nella nascita di questo nuovo genere pittorico, si sviluppa la complessa vicenda del difficile inserimento del pittore lombardo nell’ambiente artistico romano, attraverso i rapporti conflittuali che ebbe con i suoi colleghi, in particolare con Giuseppe Cesari, detto Cavalier d’Arpino e Tommaso Salini, ma giungendo anche attraverso il mecenatismo di Del Monte al successo e alla fama internazionale.
La caraffa di fiori costituì un tema iconografico che, oltre a sintetizzare gli interessi dell’artista verso una pittura rivolta al naturale, si rivestì di profondi significati moraleggianti incentrati sul tema della vanitas, motivo che incontrò un vastissimo successo tra i pittori italiani nel corso del Seicento.