1. Le fonti su Tiziano (secc. XVI e XVII).
Sebbene già Paolo Pino nel suo Dialogo di pittura (1), pubblicato a Venezia nel 1548, celebrasse il rango superlativo dell’arte di Tiziano (e in primis le sue eccelse qualità di colorista), il più antico profilo biografico e artistico dedicato al pittore è quello posto a conclusione del dialogo L’Aretino di Lodovico Dolce, edito a Venezia nel 1557 (2). Fatte le debite proporzioni, si potrebbe dire che nello scritto del Dolce il ruolo di Tiziano sia all’incirca paragonabile a quello assegnato a Michelangelo nella prima edizione delle Vite di Vasari: insuperabile pietra di paragone e culmine ideale nel quadro di una visione generale dell’arte pittorica. Il Dolce fornisce preziose indicazioni sulla formazione veneziana del pittore, segnalandone l’apprendistato compiuto presso entrambi i fratelli Bellini e l’iniziale stretto legame artistico con Giorgione. Descrive poi alcune fra le sue più celebrate opere pubbliche veneziane dando l’opportuno risalto al prestigio e alla quantità dei suoi principali committenti, tra i quali già allora si contavano i maggiori nobili e sovrani d’Europa. Di Tiziano il Dolce magnifica la qualità dell’invenzione e il talento nel disegno, ma soprattutto il magistero di colorista e la padronanza del chiaroscuro: virtù in grado di rendere vive e morbide le figure che animano i suoi dipinti.
Per estensione, quantità di informazioni (non tutte affidabili, come sempre), acume critico, universale diffusione ed influenza del testo, il vero spartiacque della letteratura su Tiziano è rappresentato dalla biografia contenuta nelle seconda edizione (1568) delle Vite di Giorgio Vasari (3). Oltre a dar conto di un imponente elenco di opere, in cui è presente la gran parte dei capolavori eseguiti da Tiziano fino alla metà del settimo decennio del Cinquecento, e a diffondersi in modo piuttosto dettagliato (pur tra imprecisioni e qualche incoerenza) sulla biografia del pittore, le pagine di Vasari costituiscono una fondamentale messa a punto critica che, per quanto condizionata dal suo deciso schieramento nella topica contrapposizione cinquecentesca fra disegno fiorentino e colore veneziano, non gli impedisce di rilevare con esattezza le qualità peculiari di Tiziano e di individuare senza esitazioni gli esiti alti della sua arte.
Vasari mostra un particolare riguardo per le eccelse e richiestissime virtù di ritrattista (“Non è stato quasi alcun signore di gran nome, né principe, né gran donna, che non sia stata ritratta da Tiziano, veramente in questa parte eccellentissimo pittore”) (4) e ben intende, davvero per tempo, i valori pittorici ed espressivi propri dell’ultima maniera tizianesca (“…il modo di fare che tenne in queste ultime [le opere tarde] è assai differente dal fare suo da giovane: con ciò sia che le prime son condotte con una certa finezza e diligenza incredibile, e da essere vedute da presso e da lontano; e queste ultime, condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che da presso non si possono vedere, e di lontano appariscono perfette... E questo modo sì fatto è giudizioso, bello e stupendo, perché fa parere vive le pitture e fatte con grande arte, nascondendo le fatiche”) (5).

Procedendo in ordine cronologico, i più significativi riferimenti a Tiziano nelle fonti cinquecentesche sono successivi alla sua morte e, pur dipendendo in varia misura dal Dolce e dal testo vasariano, riflettono un’ancor più accentuata storicizzazione in merito al valore della produzione tizianesca e al ruolo che essa ha rivestito negli sviluppi della pittura italiana del Cinquecento. Per importanza e qualità della riflessione dobbiamo citare in questa sede il dialogo
Il Riposo, opera di Raffaello Borghini, pubblicato a Firenze nel 1584
(6), e soprattutto il trattato di Giovan Paolo Lomazzo
Idea del Tempio della pittura (7), edito nel 1590, che costantemente si richiama all’arte tizianesca come esempio di compiuta padronanza delle virtù cardinali dell’arte pittorica (in particolare, va da sé, per quanto concerne colorito, lume e composizione).
Nel 1622 vede la luce a Venezia il primo di un gruppo di scritti seicenteschi di varia importanza e ampiezza che chiudono il capitolo delle fonti sul pittore e avviano di fatto la più matura riflessione storico-critica sulla sua opera. Si tratta del Breve compendio della vita di Tiziano (8), pubblicato anonimo a cura di Tiziano Vecellio il Giovane detto Tizianello (figlio di Marco Vecellio, cugino di Tiziano e attivo nella sua bottega a partire dal VII decennio). Il volumetto, pur senza aggiungere elementi di rilievo dal punto di vista critico o filologico a quanto sin lì prodotto dalla letteratura artistica, riveste un suo ruolo peculiare nella misura in cui offre informazioni e un punto di vista che derivano direttamente dalle memorie e dal contesto cadorino della famiglia Vecellio (9).
Rilievo e diffusione ben maggiore ebbe l’ampio scritto di Carlo Ridolfi, La maraviglie dell’arte, pubblicato a Venezia nel 1648 e imprescindibile miniera di informazioni sui tutti i protagonisti della pittura veneta del Cinquecento e del primo Seicento (10). Nonostante le inevitabili imprecisioni, il testo di Ridolfi costituisce lo sforzo più dettagliato di ricognizione dell’intera produzione di Tiziano, con particolare riguardo per le opere eseguite per il Veneto (o colà conservate nelle dimore private, di cui lo scrittore era attento conoscitore) e per i sovrani di Spagna. Oltre ad essere una fonte bene informata sui committenti delle opere, nonché sui collezionisti che all’epoca custodivano queste ultime in tutta Europa, Ridolfi si diffonde non di rado in descrizioni particolarmente accurate dei dipinti e attente in misura non comune agli aspetti iconografici.

La sistemazione seicentesca della personalità artistica tizianesca e la puntuale individuazione dei valori formali e stilistici della sua opera trovano definitivo compimento negli scritti principali di Marco Boschini, protagonista della cultura figurativa e letteraria veneziana nella seconda metà del Seicento:
La carta del navegar pitoresco e
Le ricche minere della pittura veneziana (11). Particolare interesse riveste la
Breve istruzione posta a premessa delle
Ricche minere che rappresenta il più sistematico, seppur succinto, sforzo di inquadramento storiografico compiuto da Boschini, generalmente indifferente alle istanze del genere biografico come a qualsiasi approccio e obiettivo critico “positivo”. A trionfare ancora, inevitabilmente, nel giudizio di Boschini, sono le eccelse capacità di colorista di Tiziano, la sua tecnica sempre libera e inventiva, la materia palpitante delle sue pennellate, la vividezza degli incarnati, la naturalezza dei tessuti e delle superfici degli oggetti, dei paesaggi e degli animali rappresentati, l’invenzione delle architetture: tutte virtù, sottolinea Boschini, che nella pittura di Tiziano restano pur sempre opportunamente subordinate e funzionali alla più persuasiva restituzione degli affetti umani.
2. La questione della data di nascita.
Tiziano nacque a Pieve di Cadore, comune montano del bellunese, figlio di Gregorio e Lucia. La famiglia Vecellio, insediata da secoli in Cadore, poteva vantare svariati possedimenti e un certo rango, annoverando con continuità tra le sue fila notai e uomini di legge; e anche il padre, dopo essere stato Capitano della locale milizia, ricoprì a Pieve alte cariche civili (12).
La data di nascita di Tiziano costituisce uno dei principali quesiti ancora aperti relativi alla sua biografia, dal quale derivano conseguenze di non trascurabile rilievo non solo per la ricostruzione della sua formazione e del suo catalogo giovanile ma anche in merito alla lettura della storia della pittura veneziana nei primi e cruciali decenni del Cinquecento.
Si tratta, peraltro, di un problema forse irresolubile, non sussistendo all’epoca presso la comunità del Cadore la consuetudine di registrare le nascite e i battesimi. In effetti, esiste un range di ben 17 anni fra le date estreme, 1473-1490, entro le quali, sulla base del discordante insieme di elementi disponibili, deve essere collocata la nascita di Tiziano (13). La data più alta, il 1473, corrisponde all’ipotesi di gran lunga meno accreditata, ricavandosi esclusivamente dal registro dei decessi - fonte notoriamente di scarsa affidabilità - della parrocchia veneziana di San Canciano, ove il 27 agosto 1576 si trova annotato, in riferimento al pittore, “Morto de anni cento e tre”.

Una datazione fra il 1476 e il 1478 può fondarsi in primo luogo sulla parola dello stesso Tiziano, il quale, in una celebre missiva a Filippo II datata 1 agosto 1571, si definisce novantacinquenne: un’affermazione, peraltro, della quale gli studiosi tendono in genere a screditare la buona fede, e quindi l’attendibilità, ritenendola funzionale a muovere a compassione il sovrano e sollecitarlo a saldare i molti arretrati a lui dovuti. In ogni caso, conferme nella stessa direzione cronologica si possono ricavare da alcune testimonianze dell’epoca, tra cui, particolarmente importante,
Il Riposo di Raffaello Borghini
(14), pubblicato nel 1584 (“Morì ultimamente di vecchiezza essendo d’età d’anni 98, o 99, l’anno 1576 essendo la peste in Vinegia, e fu seppellito nella Chiesa dei Frari”), nonché su due fonti risalenti alla prima metà del XVII secolo ma entrambe di primaria importanza. La prima è il
Breve compendio della vita del famoso Titiano Vecellio di Cadore opera pubblicata anonima nel 1622 a cura di Tiziano Vecellio il Giovane detto Tizianello (a lungo ritenuta scritta nei primi anni del XVII secolo da Giovanni Maria Verdizzotti, letterato, pittore dilettante, amico e segretario di Tiziano nei suoi ultimi decenni di vita: ma su questa ipotesi si nutrono oggi fondati dubbi, in favore del Tizianello medesimo)
(15). La seconda è
Le Maraviglie dell’arte di Carlo Ridolfi, pubblicata nel 1648, che al principio dell’approfondita biografia dedicata a Tiziano asserisce lapidariamente: “Nacque Tiziano figliuolo di Gregorio l’anno di Christo 1477”, per poi ribadire, in conclusione della stessa, “Onde d’anni 99 terminò il viaggio della vita, ferito di peste il 1576”
(16).
Risalendo la cronologia troviamo però che Ludovico Dolce, nel Dialogo della Pittura, dato alle stampe a Venezia nel 1557, più antica e diretta fonte tizianesca, situa la nascita dell’artista intorno al 1488-1490: sostiene, infatti, che Tiziano non era ancora ventenne quando, in collaborazione con Giorgione, eseguì gli affreschi del Fondaco dei Tedeschi in Venezia (databili 1508-1509) (17).

Nella seconda edizione delle
Vite di Giorgio Vasari, pubblicata nel 1568, il lungo capitolo su Tiziano reca indicazioni fra loro contrastanti quanto all’anno di nascita del pittore: proprio al principio viene indicata la data del 1480, ma nel suo sviluppo il testo suggerisce una cronologia più tarda, dapprima recuperando, pur con qualche vaghezza, il suggerimento del Dolce circa l’età del pittore al tempo dell’impegno al Fondaco dei Tedeschi, più avanti dicendo Tiziano di circa 76 anni (pur definendolo, si direbbe di nuovo non del tutto consequenzialmente, “vecchissimo” al tempo del loro ultimo incontro, durante il soggiorno veneziano compiuto dall’autore nel 1566), informazioni, queste ultime che sembrano convergenti nel collocarne i natali verso il 1488-1490
(18): ma gli appunti del Vasari, o di chi per lui, non dovettero essere così chiari riguardo la data di nascita dell’illustre collega.
Questo è, per sommi capi, lo stato della questione per quel che si può ricavare dalle principali fonti disponibili.
Il fatto che oggi si tenda ad accreditare maggiormente la datazione più bassa (1488-1490) dipende, più che da una superiore affidabilità degli elementi documentari a sostegno di tale ipotesi (per quanto il Dolce sia certamente da ritenere un canale d’informazione privilegiato), da considerazioni di ordine storico-artistico - invero un poco circolari - legate al corpus giovanile di Tiziano. Quest’ultimo, in effetti, comincia ad avere un qualche solidità, consistenza e qualità solo a partire dalla metà del primo decennio del XVI secolo, lasciando così scoperto quel giro d’anni, grossomodo tra il 1495 e il 1505, nel quale il pittore sarebbe dovuto essere già produttivo (e anzi, fra il 1500 e il 1505 pienamente produttivo) se fosse nato entro il 1480. Per di più, viene naturale presupporre che le opere più giovanili di Tiziano dovrebbero tradire in modo percepibile l’influsso dei suoi maestri veneziani, Gentile e soprattutto Giovanni Bellini, dei quali, però, nella sue più antiche cose note si registra oggettivamente una traccia assai flebile: ma resta che tale ragionamento, pur costituito di un suo fondamento logico e filologico, all’atto pratico potrebbe rivelarsi inesatto.
In ogni modo, enunciati i termini del problema, in questa sede ci limiteremo ad assumere che la data di nascita di Tiziano sia senz’altro da collocare tra il 1480 e il 1490, e forse, per azzardare un'ipotesi un po' più precisa, fra il 1485 e il 1488.
3. L’epistolario.
Tiziano si è avvalso con regolarità, in tutto il lunghissimo arco della sua attività, dello strumento epistolare. Si può dire, anzi, che il nucleo pervenuto sino a noi delle lettere a sua firma (oltre 100, scritte lungo tutto l’arco della sua vita), per quanto sovente non veramente riferibili alla sua penna ma frutto della collaborazione con vari letterati (in primis il sodale Pietro Aretino), non trovi comunque eguali fra i principali artisti del Cinquecento.
Tipicamente, si tratta in larga misura di corrispondenze professionali, indirizzate in primo luogo ai suoi committenti (fra i quali, giova rammentarlo ancora, pressoché tutte le personalità politico-religiose di massimo spicco planetario dell’epoca, a cominciare dai suoi principali interlocutori, Carlo V e Filippo II) e per lo più di tenore abbastanza formale; ma non mancano lettere indirizzate a familiari e amici. In ogni modo, oltre a costituire una fonte indispensabile per ricostruire l’articolatissima trama delle relazioni fra arte e potere nel XVI secolo, tale corpus fornisce un’ingente mole di notizie sulla biografia di Tiziano, gettando una luce insostituibile sul suo privato e facendone emergere peculiarità e idiosincrasie, generosità e debolezze.
Dopo l’ampia ma ormai datata raccolta contenuta in Tiziano, le lettere, a cura di C. Gandini (19), è infine uscita la scorsa estate la monumentale edizione aggiornata dell’epistolario tizianesco a cura di Lionello Puppi, auspice la Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, frutto di un setaccio d’archivio durato molti anni. Oltre a riordinare, ritrascrivere e commentare tutti i testi già pubblicati il volume ha messo a disposizione degli studiosi diverse lettere inedite, presentandosi ora davvero insostituibile, con l’intero corpus delle missive scritte e ricevute da Tiziano lungo un arco cronologico che va dal 1513 al 1576, l’anno della morte, anche grazie a una ricchezza di apparati e di indici davvero esaustiva (20).
Restano, infine, ancora preziosi il classico G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Tiziano. La sua vita e i suoi tempi, e l’accurata silloge Lettere sull’arte di Pietro Aretino, a cura di E. Camesasca (21). In anni recenti è stato pubblicato molto materiale documentario inedito, anche epistolare, su specifici rapporti di committenza o su particolari vicende private: vedi soprattutto, a questo riguardo, gli studi di Bodart (22), Mancini (23) e dello stesso Puppi (24).
4. L’attività grafica.
Per una pluralità di ragioni il capitolo relativo a Tiziano disegnatore è stato a lungo trascurato dagli studi. In larga misura ciò ha costituito il frutto, forse inevitabile, di una secolare concezione critica, affermatasi già con Vasari, tesa a confinare entro uno spazio qualitativamente e quantitativamente marginale la pratica del disegno nell’arte tizianesca, quando non a considerarlo propriamente il punto debole del pittore (per quanto a dispetto, non foss’altro, del grande interesse che l’artista mostrò di nutrire sin dalla giovinezza nei confronti della produzione incisoria, nonché dei suoi stretti rapporti, nel primo decennio del Cinquecento, con Marcantonio Raimondi e Giulio Campagnola e, più avanti, Ugo da Carpi, Niccolò Boldrini, Giovanni Britto e Cornelis Cort). Il numero decisamente contenuto degli esemplari sopravvissuti ha inoltre fatto sì che sin dal XVII secolo tale settore della produzione di Tiziano fosse poco presente sul mercato dell’arte e necessariamente trascurato da collezionisti e antiquari, e di conseguenza in seguito assai raro anche nelle maggiori raccolte museali europee. Dal punto di vista filologico, tale stato di cose ha reso il terreno assai sdrucciolevole, potendo contare gli studi su una quantità limitatissima di sicuri punti fermi sui quali poter edificare un corpus rigoroso e stabile. Il catalogo dei disegni di Tiziano è di fatto ancora soggetto a notevoli oscillazioni attributive, fluttuazione che coinvolge vari interpreti di primo piano sulla scena veneziana dei primi decenni del XVI secolo, quali Giorgione, Palma il Vecchio, Paris Bordon, Francesco Vecellio e soprattutto Domenico Campagnola, epigono e per un certo tempo sin quasi alter-ego di Tiziano sul fronte dei disegni di paesaggio e di più spiccato carattere decorativo.
È curioso ma anche significativo che nonostante i non pochi esemplari inclusi da alcuni e respinti da altri, i vari tentativi moderni di costruzione di un catalogo dei disegni di mano di Tiziano non superi mai la cinquantina di numeri. Nel complesso, i disegni sulla cui autografia si registra l’unanime accordo degli specialisti sono pochissime decine e sono soprattutto studi di composizione, figure intere o parti anatomiche per dipinti di grande formato, oppure scene pastorali o paesaggi per lo più con figure, animali e con caseggiati o borghi fortificati sullo sfondo.

Gli studi moderni su questo aspetto dell’attività di Tiziano prendono avvio in modo sistematico solo nei primi decenni del XX secolo con le indagini pionieristiche di conoscitori come Detlev Von Hadeln
(25) e soprattutto Hans e Erika Tietze
(26). Grazie al lavoro di questi studiosi, da un lato, il catalogo dei disegni di Tiziano è stato progressivamente scandagliato sempre più in profondità (per quanto necessariamente attraverso una quantità di ipotesi e suggerimenti che in larga misura la critica successiva è andata confutando, correggendo o rigettando), mettendone meglio in chiaro, oltre alle ardue problematiche attributive, gli aspetti tecnici, creativi e funzionali; dall’altro, è venuta progressivamente erodendosi “l’antica e consolidata pregiudiziale antigrafica” (per dirla con Maria Agnese Chiari) che aveva visto in Tiziano soprattutto il formidabile colorista e l’inventore di magistrali composizioni pittoriche, confinando a pratica marginale e meramente subordinata l’esercizio del disegno.
In anni più recenti Rodolfo Pallucchini, nella sua vasta monografia su Tiziano (27), pubblicò, a seguire quello dei dipinti, anche un catalogo dei disegni che allineava 23 fogli (non tutti confermati dagli studi successivi) secondo un coraggioso tentativo di sequenza cronologica. La scelta di Pallucchini non ha trovato riscontro nei cataloghi ragionati successivi curati da Whetey (1969-1975), Valcanover (1969), Pedrocco (2001) e Humfrey (2007), tutti incardinati sull’esclusivo corpus pittorico, implicitamente così riconfermando quella sorta di cesura nella considerazione critica fra i due aspetti dell’attività dell’artista, che, se può essere compresa alla luce della secolare storia della ricezione dell’arte Tiziano, oggi appare sempre più difficile da accettare.
A ricomporre in buona misura tale frattura, anche nella percezione comune, si sono peraltro incaricate in modo organico una serie di mostre, a partire da quelle tenutesi nel 1976, in occasione del IV centenario della morte del pittore, che furono riservate specificamente a questo aspetto della produzione tizianesca: Disegni di Tiziano e della sua cerchia, a cura di Konrad Oberhuber (28), Tiziano e il disegno veneziano del suo tempo, a cura di W.R. Rearick (29), e Omaggio a Tiziano, a cura di Bert Meijer (30). Accanto a questi tre cataloghi se ne deve logicamente collocare un quarto,Tiziano e la silografia veneziana del Cinquecento, a cura di M. Muraro e D. Rosand (31), frutto pure della medesima occasione celebrativa, che resta a tutt’oggi la ricognizione più approfondita di questo cruciale settore della produzione tizianesca.

Recuperando l’impostazione della grande mostra monografica dedicata a Tiziano nel 1938 - in cui erano presentati 18 disegni, per quanto oggi quasi tutti per lo più respinti - un ruolo importante nello studio della grafica tizianesca, e nella sistematica integrazione di questo aspetto nella lettura generale della produzione dell’artista, è stato assolto da alcune delle più recenti esposizioni dedicate a Tiziano e all’arte veneta del XVI secolo, a partire dalla grande rassegna londinese del 1983
The Genius of Venice (32). La notevole sezione dedicata ai disegni, curata da James Byam Shaw e composta di 84 numeri di catalogo, presentava 8 fogli attribuiti a Tiziano (non tutti però con unanime consenso della critica). Fra essi spiccavano comunque alcuni tra i suoi disegni più celebri, come lo studio preparatorio per il
Ritratto di Francesco Maria della Rovere degli Uffizi, lo studio per la perduta
Battaglia della Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale e lo studio per un
Angelo Annunciante (presumibilmente per l’
Annunciazionedella chiesa veneziana di San Salvador). Sette anni più tardi, la grande mostra monografica di Venezia e Washington
(33) esibiva una significativa rappresentanza di disegni: 9 fogli, fra cui i
Sei Studi di S. Sebastiano per il Polittico Averoldi, conservati al Kupferstichkabinett di Berlino, il
San Bernardino del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, di nuovo il
Francesco Maria della Rovere, il superbo
Cavaliere che cade di cavallodell’Ashmlean Museum di Oxford e lo
Studio di gambe per il Martirio di San Lorenzo dei Crociferi. Nel 1993 è stata la volta di
Le siècle de Tiitien (34) a incaricarsi nella misura più ampia di risarcire il disegno nel giudizio sull’arte di Tiziano e più in generale sulla pittura veneziana, ricalibrando attentamente e generosamente la proporzione in catalogo fra dipinti e produzione grafica. È così che dei complessivi 279 numeri di cui si componeva l’esposizione facevano parte ben 99 fogli (più qualche decina di incisioni): un nucleo davvero ampio e rappresentativo la cui cura era stata del resto affidata a due dei massimi specialisti della grafica tizianesca, Konrad Oberhuber e W. R. Rearick
(35). Fra questi disegni, ben 26 (con 4
versi) furono presentati col diretto riferimento a Tiziano, uno di essi come frutto della collaborazione con Giorgione e un altro, il ventisettesimo, proposto come “attribuito a Tiziano”.
Oltre a Konrad Oberhuber e W.R. Rearick, la studiosa che negli ultimi decenni si è dedicata con più costanza a questo settore della pratica artistica tizianesca è stata senz’altro Maria Agnese Chiari Moretto Wiel, la quale già nel 1979 si era cimentata, in collaborazione con Terisio Pignatti, in un primo catalogo dei disegni del maestro cadorino che ammontava a 55 disegni con 7 versi (36). Nel suo successivo corpus dei disegni di Tiziano la studiosa ha infine limato sensibilmente tale nucleo, portando il catalogo tizianesco a 39 disegni con 7 versi (37).
5. La bottega.

La letteratura critica ha per lunghissimo tempo trascurato, per non dire ignorato, le problematiche, al contempo complesse e ancora piuttosto nebulose, connesse all’attività della bottega di Tiziano. Da un lato, infatti, la questione si presenta oggettivamente intricata, alla luce del catalogo imponente delle opere che presentano il marchio di fabbrica del maestro e delle evidenti e notevoli oscillazioni qualitative che è agevole riscontrare al suo interno, indice di un sicuro e abituale ricorso all'ausilio di aiuti. D’altro canto le modeste pezze d’appoggio documentarie disponibili sulla questione sembravano non consentire molto più che ipotesi ruotanti intorno al gruppo di nomi da sempre strettamente connesso all’attività di Tiziano: dal fratello Francesco a Girolamo Dente, da Polidoro da Lanciano al figlio Orazio.
Inoltre l’influenza esercitata dalla pittura di Tiziano è stata tale che si può dire, in termini appena iperbolici, che non ci sia dipinto veneto eseguito tra il 1520 e i primi decenni del secolo successivo che non presenti tracce più o meno cospicue di tizianismo. Un simile stato di cose rende ancora più arduo farsi strada con sicurezza nella selva di opere di collaboratori, aiuti, seguaci, imitatori, copisti: categorie all’interno delle quali si celano anche artisti di primo piano attivi sulla scena lagunare.
Negli ultimi due decenni l’argomento è stato finalmente approfondito come merita e il frutto più cospicuo di questo rinnovato interesse degli studi si può considerare il recente, imponente e riassuntivo volume collettivo Le botteghe di Tiziano (38), opera di un gruppo di autori da tempo impegnati a dissodare la questione. Si tratta di uno sforzo editoriale volto a analizzare il fenomeno in tutte le sue principali diramazioni, indagando in particolare il complesso ma flessibile funzionamento della poderosa macchina produttiva tizianesca e i principali pittori, italiani, tedeschi, fiamminghi, spagnoli, che nel corso di sei decenni, con i più svariati compiti e per un tempo molto variabile, sono transitati al suo interno. Il libro indaga, così, il nodo delle repliche e delle copie da Tiziano, l’importanza delle incisioni, l’irraggiamento del tizianismo nell’arte europea, dedicando una spazio specifico alle figure di Francesco e Orazio Vecellio.
1) P. Pino, Dialogo di pittura (1548), a cura di S. Falabella, Roma 2000, pp. 121-122.
2) L. Dolce, Dialogo della pittura intitolato l’Aretino (1557), in P. Barocchi (a cura di), Trattati d’arte del Cinquecento tra Manierismo e Controriforma, Bari 1960, II, pp. 141-206.
3) G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, VII, pp. 425-469.
4) Ivi, p. 450.
5) Ivi, p. 452.
6) R. Borghini, Il Riposo (1584), a cura di M. Rosci, Milano 1967, pp. 524-529.
7) “Ma fra tutti risplende come sole fra piccole stelle Tiziano, non solo fra gli Italiani, ma fra tutti i pittori del mondo, tanto nelle figure quanto nei paesi (…) E spezialmente esso Tiziano ha colorito con vaghissima maniera i monti, i piani, gli arbori, i boschi, le ombre, le luci e le inondazioni del mare e dei fiumi, i terremoti, i sassi, gli animali e tutto il resto che appartiene ai paesi. E nelle carni ha avuto tanta venustà e grazia, con quelle sue mischie e tinte, che paiono vere e vive, e principalmente le grassezze e le tenerezze che naturalmente in lui si vedono; la medesima felicità ha dimostro nel dar i colori ai panni di seta, di velluto e di broccato, alle corazze diverse, agli scudi e ai giacchi e ad altre simili cose, co’ i lumi così fieri, che la verità li resta di sotto (…)”, G.P. Lomazzo, Idea del Tempio della pittura (1590), in Scritti sulle arti, a cura di R.P. Ciardi, Firenze 1973, vol. I, p. 287.
8) Tizianello, Breve compendio della vita di Tiziano (1622), a cura di L. Puppi, Milano 2009.
9) Per ogni ragguaglio sullo scritto, sino alla questione del suo autore, vedi l’ampia introduzione di Lionello Puppi, infra pp. 13-31.
10) C. Ridolfi, La maraviglie dell’arte (1648), a cura di D. Von Hadeln, Berlin 1914-1924, pp. 151-210.
11) M. Boschini, La carta del navegar pitoresco (1660), ed. a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966; Id., Le ricche minere della pittura veneziana, 2° edizione, Venezia 1674.
12) Sulla famiglia dei Vecellio, o Vecelli, resta prezioso il classico G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Tiziano, la sua vita e i suoi tempi (1877), Firenze, 1974, in part. pp. 22-30, e C. Fabbro, Tiziano, la vita e le opere, Belluno, 1976, pp. 14-23, dove si trovano concentrati i risultati di una vita di studi documentari dedicati a Tiziano.
13) Il problema è ben sintetizzato nel vecchio saggio di F.J. Mather Jr., When was Titian Born?, “The Art Bulletin”, XX, 1938, pp. 13-25, e più di recente da C. Hope, Titian, London 1980, pp. 11-12, e C. Gilbert, Some Findings on Early Works of Titian, “The Art Bulletin, LXXII, 1980, pp. 70-71. Ma il contributo più lucido sulla questione resta sempre, a mio avviso, quello di E. Panofsky, Tiziano. Problemi di iconografia (1969), Venezia 1992, pp.178-181.
14) R. Borghini, Il Riposo (1584), a cura di M. Rosci, Milano 1967, p. 529.
15) “(…) Nacque Tiziano nel 1477 (…)”, Tizianello, Breve compendio della vita di Tiziano (1622), a cura di L. Puppi, Milano, 2009, p. 50. L’attribuzione dello scritto direttamente al Tizianello, che sin qui era ne stato sempre considerato esclusivamente l’editore, è proposta dal curatore e dettagliatamente argomentata nella sua puntuale introduzione (pp. 13-31); vedi anche C. Hope, The Early Biographies of Titian, in "Titian 500", a cura di J. Manca, Washington 1993, p. 173.
16) C. Ridolfi, Le Maraviglie dell’Arte (1648), a cura di D. Von Hadeln, Berlino, 1914-1924, pp. 152 e 209.
17) “… Dipingendo Giorgione la faccia del Fondaco de’ Tedeschi, che riguarda sopra il Canal Grande, fu allogata a Tiziano quell’altra che soprasta alle mercerie, non avendo agli allora appena venti anni”, L. Dolce, L’Aretino ovvero Dialogo della pittura (1557), Bologna, 1974, pp. 63-64.
18) G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori (1568), a cura di G. Milanesi, Firenze, 1878, VII, pp. 426, 428-429, 459.
19) Tiziano, le lettere. Dalla silloge di documenti tizianeschi di Celso Fabbro, a cura di C. Gandini, Belluno 1977 (con una nuova edizione a cura di U. Fasolo e C. Gandini, Roma 1989).
20) L. Puppi (a cura di), Tiziano. L’Epistolario, Firenze 2012.
21) G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Tiziano. La sua vita e i suoi tempi [1877-1878], 2 voll., Firenze 1974; Lettere sull’arte di Pietro Aretino, a cura di E. Camesasca, Milano 1957.
22) D. Bodart, Tiziano e Federico II Gonzaga. Storia di un rapporto di committenza, Roma 1998.
23) M. Mancini, Tiziano e le corti d’Asburgo, Venezia 1998.
24) L. Puppi, Per Tiziano, Milano 2004.
25) D. Von Hadeln, Zeichnungen des Titian, Berlin 1924.
26) H. Tietze, E. Tietze-Conrat, The Drawings of the Venetian Painters in teh XVth and XVIth Centuries, New York 1944; H. Tietze, Titian. Paintings and Drawings, Cambridge (Mass.) 1950.
27) R. Pallucchini, Tiziano, Firenze 1969, pp. 330-333.
28) Disegni di Tiziano e della sua cerchia, cat. della mostra, a cura di K. Oberhuber, Venezia, Fondazione Cini, Venezia 1976.
29) Tiziano e il disegno veneziano del suo tempo, cat. della mostra, a cura di W.R. Rearick, Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle stampe degli Uffizi, Firenze 1976.
30) Omaggio a Tiziano. Mostra di disegni, lettere e stampe di Tiziano e artisti nordici, cat. della mostra, a cura di B.W. Meijer, Firenze, Istituto Universitario Olandese, Parigi, Institut Néederlandais, Firenze 1976.
31) Tiziano e la silografia veneziana del Cinquecento, a cura di M. Muraro e D. Rosand, cat. della mostra, Venezia, Fondazione Cini, Venezia 1976.
32) The Genius of Venice 1500-1600, a cura di C. Hope e J. Martineau, cat. della mostra, London, 1983.
33) Tiziano, a cura di F. Valcanover e D.A. Brown, cat. della mostra, Venezia - Washington, Venezia 1990.
34) Le siécle de Titien. L’age d’or de la peinture à Venise, cat. della mostra, Paris, 1993, Réunion des musée nationaux, Paris 1993.
35) Lo stesso Rearick è tornato a occuparsi dei disegni di Tiziano in un ottica più ampia e generale in una delle sue ultime fatiche, Il disegno veneziano del Cinquecento, Milano 2001, pp. 31-43, 59-69, 139-144.
36) T. Pignatti, M.A. Chiari, Tiziano. Disegni, Firenze 1979.
37) M.A. Chiari Moretto Wiel, Tiziano. Corpus dei disegni autografi, Milano 1989.
38) G. Tagliaferro e B. Aikema, con M. Mancini e A.J. Martin, Le botteghe di Tiziano, Firenze 2009.
Luca Bortolotti, 28/02/2013