paolo rosa(1)“L'arte piomba tra gli uomini e serve a tutti, è una cosa che ha e deve avere una utilità […] perché nutre le nostre sensibilità e le nostre intelligenze. Svolge una dimensione radicata nella funzione sociale che direi politica, decisamente forte.”

Nella notte tra il 19 e il 20 agosto è venuto a mancare Paolo Rosa, storico fondatore di Studio Azzurro. La sua morte è giunta improvvisa, un fulmine a ciel sereno, privandoci dell'opera e delle parole di un artista di grande sensibilità e intelligenza.
Nato a Rimini nel 1949, Paolo Rosa si formò a Milano all'Accademia di Brera. Conclusi gli studi entrò nel circuito artistico occupandosi di Arti Visive e di cinema sperimentale partecipando a esposizioni internazionali come il Festival dei Due Mondi di Spoleto (1974), la Quadriennale di Roma (1974) e la Biennale di Venezia (1976). Promosse inoltre iniziative come "Laboratorio di Comunicazione Militante" e "Fabbrica di Comunicazione". Nel 1980 realizzò con Fabio Cirifino e Leonardo Sangiorgi il film Facce di festa che presentò alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: anni fertili, gli Ottanta, nei quali fondò Studio Azzurro assieme agli stessi Cirifino e Sangiorgi, avventura in cui successivamente sarebbe stato coinvolto anche Stefano Roveda.


studio azzurroLo studio milanese si espresse da principio attraverso il linguaggio del cinema, ma seguì con curiosità e interesse le nuove tecnologie. Vennero così concepiti numerosi videoambientiLuci di inganni, Il nuotatore, Vedute e i cicli Storie per corse e Osservazioni sulla natura – ma anche spettacoli teatrali come La camera astratta (1987), commissione di Documenta 8 di Kassel.
Paolo Rosa collaborò anche nel campo della produzione indipendente. Lavorò con Giorgio Barberio Corsetti, interprete del lungometraggio L'osservatorio nucleare del sig. Nanof (1985) e degli spettacoli Prologo a diario segreto contraffatto (1985), Correva come un lungo segno bianco (1986) e La camera astratta. Fondò con altri registi "Indigena", una cooperativa per la promozione del cinema indipendente, con la quale realizzò, assieme a Cochi Ponzoni, il mediometraggio La variabile Felsen (1988) e il film-saggio Rimini Lux, che nacque dall'elaborazione di materiali di repertorio dell’Istituto Luce. Gli anni Novanta segnarono l'interesse di Rosa e di Studio Azzurro per la ricerca intorno all'interattività e alla multimedialità: studi che ne sollecitarono l'applicazione nell'ambito delle arti visive e che sfociarono nella creazione di una serie di installazioni e di "ambienti sensibili". Una fase di assidua sperimentazione – l'impiego, ad esempio, di telecamere a infrarossi e raggi X – e attenzione per gli aspetti della fruizione sensoriale dell'opera d'arte.

L'approccio di Rosa non sembrò seguire logiche gerarchiche o scale di valori fra le discipline artistiche e dello spettacolo. Si occupò in modo trasversale di musica, arte e teatro, spesso intrecciandoli. La sua ricerca faceva incontrare il processo artistico con l'interattività e si poneva in qualche modo all'interno di quella che è stata definita, nel corso degli anni Novanta, una dimensione estetica di tipo relazionale.
Tra il 1999 e il 2008 creò con Studio Azzurro numerose opere tra le quali vanno ricordate Megalopolis, per la Biennale di Architettura di Venezia, la mostra Aristocratic Artisans di New York, il film Il Mnemonista, la personale dello studio Embracing Interactive Art e Meditazioni Mediterraneo. Ancora nel 2004 l’opera contemporanea Neither per la Staatsoper di Stoccarda, nel 2006 uno spettacolo interattivo incentrato sul genio di Galileo e nel 2008 il Museo Laboratorio della Mente a Roma premiato nel 2010 dall'ICOM come miglior museo italiano.
Paolo Rosa concepì anche opere interattive attente ad una lettura del territorio sociale, come Portatori di storie e Sensitive City – quest'ultima commissionata dall’EXPO 2010 di Shangai. Va ricordata infine la mostra Fare gli Italiani – 150 anni di storia italiana di cui Rosa curò personalmente la progettazione e fu direttore artistico. L'ultima fatica, dal titolo In Principio (e poi), è stata l'installazione per il Padiglione della Santa Sede nella 55.Biennale di Venezia, opera che ha visto Rosa ancora una volta operativo in seno a Studio Azzurro.

In Principio (e poi), 2013 - studio azzurro 2013Impegnato anche nell'insegnamento, all'Accademia di Brera e allo IULM, Paolo Rosa è stato per molti, e non solo per i suoi studenti, un punto di riferimento e un costante termine di confronto. Attento e lucido osservatore del sistema dell'arte, ha scritto con Andrea Balzola il libro dal titolo L'arte fuori di sé. Un manifesto per l'età post-tecnologica, edito da Feltrinelli nel 2011. Come egli stesso sottolineò nell'ottobre dello stesso anno, durante una presentazione del libro a Trento, L'arte fuori di sé era nato “da una esigenza fisiologica […] da vent'anni di lavoro dall'interno”. In qualche modo questa pubblicazione ci aiuta oggi a leggere in profondità l'impegno più che trentennale di un uomo e di un artista che amava l'espressione “pensare con le mani”. Ne illumina il percorso creativo e al contempo evidenzia un approccio in cui etica ed estetica venivano chiamate a dialogare.

L'arte era per Rosa “il risultato di una stratificazione emozionale lunga e potente che è quella della sofferenza e della gioa. […] Sono gli stati d'animo che creano dei percorsi che racchiudono in sé tutto ciò, il percorso che lo stesso spettatore riesce a leggere”. Un'arte che, come ebbe ad affermare lo stesso Rosa riprendendo Remo Bodei, “crea combinazioni capaci di disincagliare il nostro sentire”.
Alessandra Benacchio, 21/08/2013

Didascalie immagini:
1. Paolo Rosa
2. Studio Azzurro
3. STUDIO AZZURRO, In Principio (e poi), 2013
installazione multimediale Padiglione della Santa Sede, 55.Biennale di Venezia