All’inizio dell’autunno, a Venezia, sarà possibile ripercorrere le principali tappe dell’affermazione dei movimenti fin de siècle grazie ad una mostra che si profila di notevole interesse, organizzata presso la Collezione Peggy Guggenheim. Vivien Greene, curatrice delle raccolte ottocentesche e primo novecentesche del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, ha elaborato un progetto espositivo centrato sulla produzione dei Neo-impressionisti, dei Nabis e dei Simbolisti e pensato per documentare la genesi e l’evoluzione di tali fenomeni, nodali nell’orizzonte artistico del tardo Ottocento.
Una vera svolta si ebbe, in effetti, sul piano formale grazie agli artisti che saranno oggetto della rassegna, tutti impegnati, nonostante le profonde differenze, nel congegnare una pittura in grado di esibire i suoi fondamenti teorici e di porre in discussione le pratiche canoniche. In un terreno fecondato dall’esperienza dell’Impressionismo, George Seurat, Paul Signac e gli altri neo-impressionisti optarono per la scomposizione della stesura del colore in piccoli punti o tessere, perseguendo e ottenendo una certa inedita semplificazione delle forme.
Una chiara preferenza per la semplificazione qualificò anche l’operato dei Nabis (“profeti” in ebraico), un gruppo eterogeneo in cui spiccavano le personalità di Pierre Bonnard ed Edouard Vuillard. Ma l’effetto di sintesi delle loro composizioni derivò da una scelta relativa al colore affatto diversa rispetto a quella rivendicata dai colleghi: i Profeti proposero, infatti, campiture perlopiù piatte e omogenee, riducendo al minimo i passaggi di tono e facendo largo ricorso ad accostamenti cromatici non naturalistici. Unite ad una linea di contorno piuttosto pronunciata e schematica, tali proprietà spinsero nella direzione di uno stile decisamente incline all’astrazione e prepararono il campo alla non figuratività, che sarebbe divenuta di lì a qualche anno la lingua franca della pittura internazionale.
Parigi costituì inoltre una roccaforte importante del Simbolismo, movimento di certo meno compatto rispetto agli altri menzionati, almeno per quanto riguarda la condivisione dei principi stilistici. Tra gli altri, dimoravano sulle rive della Senna Maurice Denis, Paul Ranson e Odilon Redon, accomunati dalla ricerca di mezzi espressivi utili alla raffigurazione di paesaggi interiori e mondi onirici, di segni capaci di evocare la dimensione delle profondità psichiche piuttosto che la superficialità del reale e la banalità del quotidiano.
Prospettando un centinaio di opere (dipinti, disegni, stampe), l’esposizione veneziana intende dunque offrire la degna rappresentazione di uno dei momenti più fertili della storia della pittura, in cui il ritmo dei cambiamenti subì un’accelerazione profonda e sconosciuta prima di allora, sulla scorta anche della propensione altrettanto inedita per la riflessione teorica da parte degli artisti. Tutti semi decisivi che germoglieranno all’inizio del Novecento, nella tumultuosa stagione delle cosiddette avanguardie storiche.
(F. So, 18/7/2013)
LE AVANGUARDIE PARIGINE FIN DE SIÈCLE:
Signac, Bonnard, Redon e i loro contemporanei
A cura di Vivien Greene
Collezione Peggy Guggenheim
28 settembre 2013 – 6 gennaio 2014
Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro 701
I-30123 Venezia
Orario
Apertura 10-18 tutti i giorni
Chiuso il martedì e il 25 dicembre
Didascalie immagini
Paul Signac, Saint-Tropez. Fontaine des Lices, 1895, olio su tela, 65 x 81 cm, collezione privata
Félix Vallotton, Scène de rue (Scena di strada), 1895, penna d'oca, china, matite colorate e acquerello su carta, 24 x 38 cm, collezione privata